Diario di un soldato – Hag HaSigd

David Zebuloni, studenteMettiamo per un attimo da parte il referendum: il sì, il no e il forse. Mettiamo da parte Lapo Elkann e le sue notti in bianco (e al verde) negli States. Dimentichiamoci persino delle fiamme che hanno devastato Haifa e parte del Golan. Rimuoviamo le ceneri dalla nostra testa e dal nostro cuore, giusto per un istante, perché oggi si festeggia. “Hag HaSigd” è il nome della ricorrenza che il Parlamento israeliano ha proclamato giorno di festa nazionale, nel 2008.
Una vera conquista per la comunità ebraica etiope, residente in Israele dalla fine degli anni Settanta. Una comunità che ha lottato a lungo prima di riuscire a planare nella Terra Promessa e che, ancora oggi, lotta per riuscire ad aggiudicarsi uno spazio comodo all’interno della società israeliana. Una comunità che img_20161202_091908festeggia il “Sigd” a cinquanta giorni dallo Yom Kippur, come per rinnovare il patto tra l’uomo e Dio e ricordare l’unione tra il popolo e il suo libro, avvenuta sul modesto Monte Sinai.
“Questa festività è riuscita a preservarci nei secoli, ad alimentare in noi il desiderio di tornare nella nostra terra, ad unirci e non mischiarci, a sognare e pregare nonostante le difficoltà. Ed eccoci qui”, racconta rav Sharon Shalom.
Ed eccoli qui, infatti, raggruppati a migliaia che marciano a Gerusalemme, che coronano il sogno dei loro avi, che rimarcano la loro appartenenza a questo angolo di terra.
Perché il giorno del “Sigd” non perde di significato dagli anni ottanta in poi, al contrario, si rafforza ed intensifica come mai prima d’ora. Perché il giorno del “Sigd” non smette mai di farci sperare in un futuro migliore.

David Zebuloni