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17 Febbraio 2017 - 21 Shevat 5777
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
Questa settimana ho partecipato ad un format di incontro con il pubblico presso il Circolo Filologico Milanese che è stata una vera esperienza formativa. Il format si chiama 5x15 e 5 ospiti sono invitati a proporre un loro intervento, una loro storia, un loro pensiero che non superi i 15 minuti di tempo. Si impara in questo modo il senso della misura, del dialogo tra mondo ed interventi diversi, dei messaggi incisivi nei toni e limpidi nel loro senso, del non avere maschere o filtri che possano sviare il pubblico oltre i 15 minuti. Il tempo, misurato, con i minuti obbliga alla qualità del tempo delle parole. È il Libro del Qohelet, 8,5 che ci ricorda che: "La mente del saggio conosce il tempo opportuno...."
 
Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
Quando la programmazione culturale cessa di rappresentare una priorità istituzionale, bisogna trovare un modo per visualizzarne le conseguenze nell'immediato. Oggi questo spazio rimane intenzionalmente vuoto, per volontà dell'autore.
 
L'ambasciatrice Usa:
"Favorevoli ai due Stati"
“Gli Usa sostengono ancora la soluzione dei due Stati per il negoziato tra israeliani e palestinesi. Stiamo solo cercando di pensare fuori dagli schemi, per vedere se esistono altre strade da percorrere per arrivare alla pace”. Parole di Nikki Haley, ambasciatrice americana alle Nazioni Unite, che ha parzialmente corretto la percezione emersa dall’incontro alla Casa Bianca tra Trump e Netanyahu. Ieri mattina il Consiglio di Sicurezza Onu, come riporta tra gli altri La Stampa, ha tenuto la riunione sulla situazione in Medio Oriente (che viene convocata ogni mese). All’uscita Haley, parlando con i giornalisti, ha affermato: “Sono nuova qui, ma questa riunione mi ha colpito in negativo. Con tutto quello che succede al mondo, dai missili della Corea del Nord a quelli iraniani, dalla Siria all’Isis, noi dobbiamo incontrarci ogni mese per attaccare Israele?”.
 
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  davar
valdesi ed ebrei insieme in piazza castello
Torino, il gran falò delle libertà
Grande attesa, curiosità, emozione, impegno. Una grandissima folla a Torino ha voluto cogliere l’occasione del “Falò della libertà per i diritti di tutti”, organizzato dalla Chiesa Evangelica Valdese, insieme alla Comunità ebraica e al Comune per ribadire il proprio no a ogni discriminazione. Il pastore Paolo Ribet ha ricordato alle migliaia di presenti il senso di una tradizione molto sentita nelle Valli Valdesi, dove ogni anno alla vigilia del 17 febbraio ci si raccoglie intorno ai falò per ricordare la concessione nel 1848 dei diritti civili e politici da parte di Re Carlo Alberto. Come ha ricordato il presidente Dario Disegni, la Comunità ebraica non poteva non rispondere con entusiasmo, per affiancare il Concistoro valdese in quella che è stata davvero una festa della libertà e per la libertà di tutti. Gli “Israeliti regnicoli” – ha ricordato Disegni – ottenevano poco più di un mese dopo, il 29 marzo, l’emancipazione con il regio decreto n. 688, con il quale venivano loro riconosciuti i diritti civili e la facoltà di conseguire i gradi accademici, mentre nei mesi successivi sarebbero stati poi riconosciuti l’ammissione alla leva militare, il godimento dei diritti politici e l’accesso alle cariche civili e militari. “Non va però dimenticato – ha continuato – che occorrerà attendere ancora un secolo da quel 1848, passando attraverso la vergogna delle leggi razziste del 1938, per vedere finalmente sanciti dalla Costituzione della Repubblica l’eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge senza distinzione di religione con l’articolo 3, il diritto di tutti di professare liberamente la propria fede religiosa, sancito dall’articolo 19 e il fondamentale principio dell’eguale libertà davanti alla legge di tutte le confessioni religiose, con l’articolo 8, che segnerà finalmente il superamento dell’articolo 1 dello Statuto albertino, che riaffermava l’esistenza di una ‘religione dello Stato’, mentre gli altri culti esistenti erano ‘tollerati conformemente alle leggi'”.

Ada Treves twitter @atrevesmoked
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IL CONVEGNO IHRA-VATICANO
"Profughi, un dramma di tutti"
“Ci teniamo ad essere percepiti non solo come un gruppo di esperti di storia del Novecento, ma come una istituzione che riflette sul passato per elaborare soluzioni positive ed etiche in grado di fronteggiare le sfide preoccupanti del presente. Questo è il nostro contributo alla ricerca della giustizia e della pace”.
Aprendo i lavori del convegno internazionale “Refugee Policies from 1933 until Today: Challenges and Responsibilities” che va concludendosi a Palazzo Cancelleria a Roma, il presidente dell’IHRA-International Holocaust Remembrance Alliance, l’ambasciatore Minhea Costantinescu, spiega così il senso di un’iniziativa che ha richiamato nella prestigiosa sede vaticana, in collaborazione con la Santa Sede, co-organizzatrice dell’evento, esperti di storia, diritti, comunicazione e mediazione. Una riflessione allargata, sviluppata diverse sessioni, su tematiche considerate imprescindibili per chi opera nel campo dei diritti umani. A partire dall’emergenza profughi, che ha stimolato un ampio confronto su due piani: rispetto della legalità e rispetto della vita umana.
“L’IHRA si occupa di questi temi indirettamente, trattando in prima istanza altre questioni. Ma si tratta comunque di un segnale forte che lanciamo su realtà che non possono essere ignorate, su argomenti che fanno parte della nostra quotidianità” sottolinea l’ambasciatore Sandro De Bernardin, capo della delegazione italiana all’IHRA. Proprio l’Italia, nel 2018, sarà chiamata a guidare l’istituzione ereditando il testimone dalla Svizzera, che a sua volta lo erediterà nei prossimi giorni dalla Romania. Un passaggio di consegne particolarmente significativo per il nostro paese, anche perché avverrà nell’anno dell’ottantesimo anniversario dalla promulgazione delle Leggi Razziste.
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#baggio50 - una testimonianza speciale
'Tornai in Israele, mi persi Roby Ancora oggi è il mio tormento'
“È fine stagione, il presidente Corioni mi propone un rinnovo triennale del contratto. So per certo che di lì a poco ci farà una sorpresa. Non so ancora chi arriverà, ma so che non sarà uno dei tanti. Arriverà un campione, sarà una vera e propria ciliegina per le rondinelle. Purtroppo per motivi personali non posso accettare il prolungamento, devo tornare in Israele per risolvere alcune questioni in sospeso. Ancora oggi quella scelta mi tormenta, perché mi ha tolto la possibilità di vivere un’esperienza unica”.
Oggi è apprezzato opinionista televisivo, ma a cavallo tra Anni Novanta e Duemila Tal Banin è stato protagonista in Serie A con la maglia del Brescia. Tre stagioni a buon livello, ancora tanti amici in Lombardia tra ex compagni di squadra e tifosi. Ma anche un grande rimpianto. Quello di non aver giocato con Roberto Baggio, la ciliegina che di lì a poco, in quell’imprevedibile calciomercato (si era nell’estate del 2000), Corioni avrebbe annunciato. Domani il campionissimo di Caldogno compirà 50 anni. Un anniversario di cui sta parlando tutta l’Italia.
Tal non si sottrae e al portale dell’ebraismo italiano www.moked.it dice: “Mi unisco agli auguri dei tanti che stanno rivolgendo un pensiero affettuoso a Roby, che è stato uno dei più grandi di sempre. Ci siamo sfiorati, c’è mancato davvero poco che potessi affrontare al suo fianco anni indimenticabili per Brescia, che è oggi la mia seconda casa. Non aver giocato con lui resta un grande dispiacere, anche se posso consolarmi col fatto di aver condiviso il centrocampo con un giovane talento destinato a scrivere un pezzo di storia, il leggendario Andrea Pirlo”.


Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked 

qui torino - memoria
Varsavia, frammenti ricomposti
Nel 1954 a Potsdam Babelsberg nella Germania dell’Est, alcuni archivisti ritrovano per caso in un bunker nazista due scatole contenenti un filmato muto di circa sessanta minuti, senza sceneggiatura, dal titolo “Il ghetto”.
Bisogna aspettare il 2006 perché qualcuno si imbatta in quel materiale e decida di montarlo e renderlo finalmente fruibile a un ampio pubblico. Protagonista di questa impresa è Yael Hersonski, giovane regista israeliana. Il film esce negli Stati Uniti, poi in Germania e in Israele. Finalmente, pochi giorni fa è arrivato il turno dell’Italia: a proiettarlo in anteprima con sottotitoli in italiano è il Museo della Resistenza di Torino, per iniziativa del Goethe Institut of Turin, del Gruppo studi ebraici e dell’Istituto Salvemini. La proiezione, in qualche modo una vera e propria prima nazionale, è stata preceduta da una presentazione a cura di Sarah Kaminski, docente di ebraico all’Università degli Studi di Torino e membro del Gruppo di studi ebraici e seguita da un dibattito condotto dal critico cinematografico Michele Marangi, introdotto da Tullio Levi.


Alice Fubini
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QUI TORINO - memoria
1938, le immagini dell'infamia
Anche se il 27 gennaio sembra ormai lontano, a Torino sono ancora molte le iniziative legate al Giorno della Memoria. Tra queste rientra quella promossa dall’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, che ha proposto al pubblico torinese la proiezione del cinegiornale Luce relativo alla visita di Mussolini alla città di Trieste del 18 settembre 1938. L’importanza specifica di questo filmato sta nel fatto di contenere i diciotto minuti essenziali dell’annuncio dell’introduzione delle Leggi razziste in Italia.
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roma - LE LEZIONI DI BAHARIER AL PICCOLO ELISEO
"Vi racconto il vero Isacco"
Prosegue con un nuovo appuntamento, domenica 19 alle 11, il ciclo di letture e interpretazioni bibliche di Haim Baharier al Piccolo Eliseo di Roma.
Quinto incontro di una serie di sei, l’evento di domenica sarà dedicato alla figura di Isacco. Una figura sul conto della quale, anticipa Baharier, è successo di tutto nel campo dell’esegesi e dell’interpretazione. “Da una parte – riflette lo studioso – è stato considerato paradigma lampante di anticipazione: il Sacrificio del capro espiatorio successivamente divinizzato. Dall’altra un atto di devozione suprema, infine impedito da Dio stesso a mo’ di riconoscimento. Un grande commentatore dell’Ottocento asserisce che grazie all’obbedienza assoluta, testarda, del padre Abramo e il silenzio di Isacco, suo figlio, il popolo di Israele resiste a tutte le prove”.
Tutto ciò però, ammonisce Baharier, non è molto convincente. “Di figli il popolo di Israele ne ha persi, nolente, un’infinità lungo la sua storia, mentre l’Isacco del testo non è morto! E se leggessimo le stesse parole in altro modo e ne scaturisse una tutt’altra interpretazione? E se fosse una questione melodica e non soltanto di frasi e di parole e di grafemi? A mio parere, per il mio orecchio, la melodia di questo testo suggerisce ben altro…”.
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qui roma - melamed
Educazione, la sfida ebraica
“L’ebraismo e i grandi educatori del ‘900 – Le religioni come sistemi educativi”.
Uno studio, quello di Antonella Castelnuovo, che apre a molteplici spunti e riflessioni. Proponiamo per i nostri lettori il video dell’incontro, parte del ciclo di appuntamenti “Educazione ebraica: dal Talmud a noi oggi”, tenutosi negli scorsi giorni al Centro Bibliografico UCEI con la partecipazione, oltre che dell’autrice del volume (pubblicato da Belforte), della Presidente UCEI Noemi Di Segni, dell’assessore UCEI a Scuola, Giovani e Formazione Livia Ottolenghi, del rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni, dello storico Alberto Melloni e del docente di pensiero ebraico Massimo Giuliani.
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pilpul
Esame di Stato
Quest’anno al liceo classico i commissari esterni di italiano saranno insegnanti di greco e latino. Per le prime 24 ore dopo l’uscita delle materie qualcuno di noi ha pensato che ci fosse un errore sul sito del Ministero. In realtà la cosa ha una sua logica, che sarebbe troppo complicato (e certamente non interessante) spiegare in questa sede. Del resto chi ha l’abilitazione per insegnare greco e latino ha certamente anche quella per italiano (e infatti lo insegna al ginnasio); inoltre mi risulta che in molte scuole le distinzioni tradizionali tra le cattedre siano cadute. Da noi, comunque, si è scatenato il panico: da una parte le colleghe di greco e latino che ragionano sui mezzi legali per sottrarsi (per esempio farsi nominare Presidente di Commissione), dall’altra noi insegnanti di italiano che non sappiamo bene quali consigli dare agli allievi (“Ripassate bene i Promessi sposi”, “Evidenziate i collegamenti con testi greci e latini”). Oppure ci domandiamo come saranno giudicati gli scritti dei nostri ragazzi da colleghi che, a differenza di noi, non hanno trascorso quasi due decenni in elucubrazioni, discussioni, giornate di studio e seminari sulle griglie di valutazione della prima prova o su cosa si intenda per “saggio breve”.
Probabilmente le preoccupazioni sono eccessive e con un po’ di buon senso (unito al timore di ricorsi) tutto andrà per il meglio. Certo, temi sul fascismo o sulla Shoah potranno essere corretti da persone (una minoranza, ma ce ne sono) che considerano irrilevanti tutti i fatti avvenuti dopo il 476. E come saranno giudicate le tesine che prendono spunto dai viaggi ad Auschwitz o dalle attività svolte per la Giornata della Memoria? Susciteranno diffidenza o un entusiasmo eccessivo? Non ci sarà il rischio che qualcuno eviti di interrogare su certi argomenti per timore di fare brutte figure? Staremo a vedere; intanto confidiamo nei commissari interni di storia.


Anna Segre, insegnante

Il ritorno dello Yiddish
È proprio vero, come ha scritto il direttore di questa testata commentando l’uscita del film Menashe (2017) di Joshua Weinstein, l’Yiddish torna a fare spettacolo e forse in qualche modo sta rinascendo. Ne parla persino l’Economist in un recente articolo dal titolo “The revival of Yiddish in music and literature”. Per adesso si tratta soprattutto di una rinascita musicale, letteraria e cinematografica – nel 2014 uscì il film Tsili di Amos Gitai con molti dialoghi in questa lingua – ma anche a livello accademico ci sono numerose università nel mondo che offrono corsi in Yiddish, e molti ragazzi, specie in Israele, negli Usa e nell’Est Europa, riscoprono un interesse nel suo studio e nella sua cultura, a volte a livello puramente autodidattico. New York City è forse la nuova capitale dello Yiddish, come lo sono state Vilnius o L’vov prima della seconda guerra mondiale, le organizzazioni culturali o teatrali che si dedicano al suo recupero e alla sua preservazione non si contano, ed è nelle comunità Litvish o Hassidiche, come quelle di Brooklyn, Kyrias Joel o New Square, dove il mame-loshn è ancora vivo e raggiunge oltre il 90% dei parlanti, tanto che viene insegnato ai più giovani.

Francesco Moises Bassano
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Diario del soldato - Dana
La fotografia conquista il web in poche ore, rimbalza da un utente all’altro e diventa virale.
Dana Ofir sorride raggiante, seduta su quella sedia a rotelle che quasi sparisce sotto il peso della sua storia.
L’attentato avvenuto a Gerusalemme appena un mese fa avrebbe dovuto piegarla, il suo corpo esile non avrebbe dovuto reggere il colpo di un camion lanciato per uccidere. Eppure così non è stato. Dana ce l’ha fatta, non si è arresa, non ha
rinunciato a realizzare il suo sogno, non ha abbandonato il corso per diventare Ufficiale dell’esercito israeliano. Ed oggi, miglia di persone in tutto il paese festeggiano insieme a lei un traguardo che pareva irraggiungibile.
Questo è il lieto fine di una ragazza che rappresenta alla perfezione l’eroina dei tempi moderni: più fragile ed umana rispetto a quella dei fumetti, più forte e determinata rispetto ai suoi nemici.


David Zebuloni 

Creatività
Cosa significa essere creativi? Secondo alcuni filosofi non si dà creatività che sia puro estro.

Ilana Bahbout


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