Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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Questa
settimana ho partecipato ad un format di incontro con il pubblico
presso il Circolo Filologico Milanese che è stata una vera esperienza
formativa. Il format si chiama 5x15 e 5 ospiti sono invitati a proporre
un loro intervento, una loro storia, un loro pensiero che non superi i
15 minuti di tempo. Si impara in questo modo il senso della misura, del
dialogo tra mondo ed interventi diversi, dei messaggi incisivi nei toni
e limpidi nel loro senso, del non avere maschere o filtri che possano
sviare il pubblico oltre i 15 minuti. Il tempo, misurato, con i minuti
obbliga alla qualità del tempo delle parole. È il Libro del Qohelet,
8,5 che ci ricorda che: "La mente del saggio conosce il tempo
opportuno...."
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
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Quando
la programmazione culturale cessa di rappresentare una priorità
istituzionale, bisogna trovare un modo per visualizzarne le conseguenze
nell'immediato. Oggi questo spazio rimane intenzionalmente vuoto, per
volontà dell'autore.
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L'ambasciatrice Usa:
"Favorevoli ai due Stati"
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“Gli
Usa sostengono ancora la soluzione dei due Stati per il negoziato tra
israeliani e palestinesi. Stiamo solo cercando di pensare fuori dagli
schemi, per vedere se esistono altre strade da percorrere per arrivare
alla pace”. Parole di Nikki Haley, ambasciatrice americana alle Nazioni
Unite, che ha parzialmente corretto la percezione emersa dall’incontro
alla Casa Bianca tra Trump e Netanyahu. Ieri mattina il Consiglio di
Sicurezza Onu, come riporta tra gli altri La Stampa, ha tenuto la
riunione sulla situazione in Medio Oriente (che viene convocata ogni
mese). All’uscita Haley, parlando con i giornalisti, ha affermato:
“Sono nuova qui, ma questa riunione mi ha colpito in negativo. Con
tutto quello che succede al mondo, dai missili della Corea del Nord a
quelli iraniani, dalla Siria all’Isis, noi dobbiamo incontrarci ogni
mese per attaccare Israele?”.
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valdesi ed ebrei insieme in piazza castello Torino, il gran falò delle libertà
Grande
attesa, curiosità, emozione, impegno. Una grandissima folla a Torino ha
voluto cogliere l’occasione del “Falò della libertà per i diritti di
tutti”, organizzato dalla Chiesa Evangelica Valdese, insieme alla
Comunità ebraica e al Comune per ribadire il proprio no a ogni
discriminazione. Il pastore Paolo Ribet ha ricordato alle migliaia di
presenti il senso di una tradizione molto sentita nelle Valli Valdesi,
dove ogni anno alla vigilia del 17 febbraio ci si raccoglie intorno ai
falò per ricordare la concessione nel 1848 dei diritti civili e
politici da parte di Re Carlo Alberto. Come ha ricordato il presidente
Dario Disegni, la Comunità ebraica non poteva non rispondere con
entusiasmo, per affiancare il Concistoro valdese in quella che è stata
davvero una festa della libertà e per la libertà di tutti. Gli
“Israeliti regnicoli” – ha ricordato Disegni – ottenevano poco più di
un mese dopo, il 29 marzo, l’emancipazione con il regio decreto n. 688,
con il quale venivano loro riconosciuti i diritti civili e la facoltà
di conseguire i gradi accademici, mentre nei mesi successivi sarebbero
stati poi riconosciuti l’ammissione alla leva militare, il godimento
dei diritti politici e l’accesso alle cariche civili e militari. “Non
va però dimenticato – ha continuato – che occorrerà attendere ancora un
secolo da quel 1848, passando attraverso la vergogna delle leggi
razziste del 1938, per vedere finalmente sanciti dalla Costituzione
della Repubblica l’eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge
senza distinzione di religione con l’articolo 3, il diritto di tutti di
professare liberamente la propria fede religiosa, sancito dall’articolo
19 e il fondamentale principio dell’eguale libertà davanti alla legge
di tutte le confessioni religiose, con l’articolo 8, che segnerà
finalmente il superamento dell’articolo 1 dello Statuto albertino, che
riaffermava l’esistenza di una ‘religione dello Stato’, mentre gli
altri culti esistenti erano ‘tollerati conformemente alle leggi'”.
Ada Treves twitter @atrevesmoked Leggi
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IL CONVEGNO IHRA-VATICANO "Profughi, un dramma di tutti" “Ci
teniamo ad essere percepiti non solo come un gruppo di esperti di
storia del Novecento, ma come una istituzione che riflette sul passato
per elaborare soluzioni positive ed etiche in grado di fronteggiare le
sfide preoccupanti del presente. Questo è il nostro contributo alla
ricerca della giustizia e della pace”.
Aprendo i lavori del convegno internazionale “Refugee Policies from
1933 until Today: Challenges and Responsibilities” che va concludendosi
a Palazzo Cancelleria a Roma, il presidente dell’IHRA-International
Holocaust Remembrance Alliance, l’ambasciatore Minhea Costantinescu,
spiega così il senso di un’iniziativa che ha richiamato nella
prestigiosa sede vaticana, in collaborazione con la Santa Sede,
co-organizzatrice dell’evento, esperti di storia, diritti,
comunicazione e mediazione. Una riflessione allargata, sviluppata
diverse sessioni, su tematiche considerate imprescindibili per chi
opera nel campo dei diritti umani. A partire dall’emergenza profughi,
che ha stimolato un ampio confronto su due piani: rispetto della
legalità e rispetto della vita umana.
“L’IHRA si occupa di questi temi indirettamente, trattando in prima
istanza altre questioni. Ma si tratta comunque di un segnale forte che
lanciamo su realtà che non possono essere ignorate, su argomenti che
fanno parte della nostra quotidianità” sottolinea l’ambasciatore Sandro
De Bernardin, capo della delegazione italiana all’IHRA. Proprio
l’Italia, nel 2018, sarà chiamata a guidare l’istituzione ereditando il
testimone dalla Svizzera, che a sua volta lo erediterà nei prossimi
giorni dalla Romania. Un passaggio di consegne particolarmente
significativo per il nostro paese, anche perché avverrà nell’anno
dell’ottantesimo anniversario dalla promulgazione delle Leggi Razziste. Leggi
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#baggio50 - una testimonianza speciale 'Tornai in Israele, mi persi Roby Ancora oggi è il mio tormento' “È
fine stagione, il presidente Corioni mi propone un rinnovo triennale
del contratto. So per certo che di lì a poco ci farà una sorpresa. Non
so ancora chi arriverà, ma so che non sarà uno dei tanti. Arriverà un
campione, sarà una vera e propria ciliegina per le rondinelle.
Purtroppo per motivi personali non posso accettare il prolungamento,
devo tornare in Israele per risolvere alcune questioni in sospeso.
Ancora oggi quella scelta mi tormenta, perché mi ha tolto la
possibilità di vivere un’esperienza unica”.
Oggi è apprezzato opinionista televisivo, ma a cavallo tra Anni Novanta
e Duemila Tal Banin è stato protagonista in Serie A con la maglia del
Brescia. Tre stagioni a buon livello, ancora tanti amici in Lombardia
tra ex compagni di squadra e tifosi. Ma anche un grande rimpianto.
Quello di non aver giocato con Roberto Baggio, la ciliegina che di lì a
poco, in quell’imprevedibile calciomercato (si era nell’estate del
2000), Corioni avrebbe annunciato. Domani il campionissimo di Caldogno
compirà 50 anni. Un anniversario di cui sta parlando tutta l’Italia.
Tal non si sottrae e al portale dell’ebraismo italiano www.moked.it
dice: “Mi unisco agli auguri dei tanti che stanno rivolgendo un
pensiero affettuoso a Roby, che è stato uno dei più grandi di sempre.
Ci siamo sfiorati, c’è mancato davvero poco che potessi affrontare al
suo fianco anni indimenticabili per Brescia, che è oggi la mia seconda
casa. Non aver giocato con lui resta un grande dispiacere, anche se
posso consolarmi col fatto di aver condiviso il centrocampo con un
giovane talento destinato a scrivere un pezzo di storia, il leggendario
Andrea Pirlo”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
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qui torino - memoria Varsavia, frammenti ricomposti Nel
1954 a Potsdam Babelsberg nella Germania dell’Est, alcuni archivisti
ritrovano per caso in un bunker nazista due scatole contenenti un
filmato muto di circa sessanta minuti, senza sceneggiatura, dal titolo
“Il ghetto”.
Bisogna aspettare il 2006 perché qualcuno si imbatta in quel materiale
e decida di montarlo e renderlo finalmente fruibile a un ampio
pubblico. Protagonista di questa impresa è Yael Hersonski, giovane
regista israeliana. Il film esce negli Stati Uniti, poi in Germania e
in Israele. Finalmente, pochi giorni fa è arrivato il turno
dell’Italia: a proiettarlo in anteprima con sottotitoli in italiano è
il Museo della Resistenza di Torino, per iniziativa del Goethe Institut
of Turin, del Gruppo studi ebraici e dell’Istituto Salvemini. La
proiezione, in qualche modo una vera e propria prima nazionale, è stata
preceduta da una presentazione a cura di Sarah Kaminski, docente di
ebraico all’Università degli Studi di Torino e membro del Gruppo di
studi ebraici e seguita da un dibattito condotto dal critico
cinematografico Michele Marangi, introdotto da Tullio Levi.
Alice Fubini Leggi
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roma - LE LEZIONI DI BAHARIER AL PICCOLO ELISEO "Vi racconto il vero Isacco" Prosegue
con un nuovo appuntamento, domenica 19 alle 11, il ciclo di letture e
interpretazioni bibliche di Haim Baharier al Piccolo Eliseo di Roma.
Quinto incontro di una serie di sei, l’evento di domenica sarà dedicato
alla figura di Isacco. Una figura sul conto della quale, anticipa
Baharier, è successo di tutto nel campo dell’esegesi e
dell’interpretazione. “Da una parte – riflette lo studioso – è stato
considerato paradigma lampante di anticipazione: il Sacrificio del
capro espiatorio successivamente divinizzato. Dall’altra un atto di
devozione suprema, infine impedito da Dio stesso a mo’ di
riconoscimento. Un grande commentatore dell’Ottocento asserisce che
grazie all’obbedienza assoluta, testarda, del padre Abramo e il
silenzio di Isacco, suo figlio, il popolo di Israele resiste a tutte le
prove”.
Tutto ciò però, ammonisce Baharier, non è molto convincente. “Di figli
il popolo di Israele ne ha persi, nolente, un’infinità lungo la sua
storia, mentre l’Isacco del testo non è morto! E se leggessimo le
stesse parole in altro modo e ne scaturisse una tutt’altra
interpretazione? E se fosse una questione melodica e non soltanto di
frasi e di parole e di grafemi? A mio parere, per il mio orecchio, la
melodia di questo testo suggerisce ben altro…”. Leggi
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qui roma - melamed Educazione, la sfida ebraica “L’ebraismo e i grandi educatori del ‘900 – Le religioni come sistemi educativi”.
Uno studio, quello di Antonella Castelnuovo, che apre a molteplici
spunti e riflessioni. Proponiamo per i nostri lettori il video
dell’incontro, parte del ciclo di appuntamenti “Educazione ebraica: dal
Talmud a noi oggi”, tenutosi negli scorsi giorni al Centro
Bibliografico UCEI con la partecipazione, oltre che dell’autrice del
volume (pubblicato da Belforte), della Presidente UCEI Noemi Di Segni,
dell’assessore UCEI a Scuola, Giovani e Formazione Livia Ottolenghi,
del rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni, dello storico Alberto
Melloni e del docente di pensiero ebraico Massimo Giuliani. Leggi
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Esame di Stato
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Quest’anno
al liceo classico i commissari esterni di italiano saranno insegnanti
di greco e latino. Per le prime 24 ore dopo l’uscita delle materie
qualcuno di noi ha pensato che ci fosse un errore sul sito del
Ministero. In realtà la cosa ha una sua logica, che sarebbe troppo
complicato (e certamente non interessante) spiegare in questa sede. Del
resto chi ha l’abilitazione per insegnare greco e latino ha certamente
anche quella per italiano (e infatti lo insegna al ginnasio); inoltre
mi risulta che in molte scuole le distinzioni tradizionali tra le
cattedre siano cadute. Da noi, comunque, si è scatenato il panico: da
una parte le colleghe di greco e latino che ragionano sui mezzi legali
per sottrarsi (per esempio farsi nominare Presidente di Commissione),
dall’altra noi insegnanti di italiano che non sappiamo bene quali
consigli dare agli allievi (“Ripassate bene i Promessi sposi”,
“Evidenziate i collegamenti con testi greci e latini”). Oppure ci
domandiamo come saranno giudicati gli scritti dei nostri ragazzi da
colleghi che, a differenza di noi, non hanno trascorso quasi due
decenni in elucubrazioni, discussioni, giornate di studio e seminari
sulle griglie di valutazione della prima prova o su cosa si intenda per
“saggio breve”.
Probabilmente le preoccupazioni sono eccessive e con un po’ di buon
senso (unito al timore di ricorsi) tutto andrà per il meglio. Certo,
temi sul fascismo o sulla Shoah potranno essere corretti da persone
(una minoranza, ma ce ne sono) che considerano irrilevanti tutti i
fatti avvenuti dopo il 476. E come saranno giudicate le tesine che
prendono spunto dai viaggi ad Auschwitz o dalle attività svolte per la
Giornata della Memoria? Susciteranno diffidenza o un entusiasmo
eccessivo? Non ci sarà il rischio che qualcuno eviti di interrogare su
certi argomenti per timore di fare brutte figure? Staremo a vedere;
intanto confidiamo nei commissari interni di storia.
Anna Segre, insegnante
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Il ritorno dello Yiddish
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È
proprio vero, come ha scritto il direttore di questa testata
commentando l’uscita del film Menashe (2017) di Joshua Weinstein,
l’Yiddish torna a fare spettacolo e forse in qualche modo sta
rinascendo. Ne parla persino l’Economist in un recente articolo dal
titolo “The revival of Yiddish in music and literature”. Per adesso si
tratta soprattutto di una rinascita musicale, letteraria e
cinematografica – nel 2014 uscì il film Tsili di Amos Gitai con molti
dialoghi in questa lingua – ma anche a livello accademico ci sono
numerose università nel mondo che offrono corsi in Yiddish, e molti
ragazzi, specie in Israele, negli Usa e nell’Est Europa, riscoprono un
interesse nel suo studio e nella sua cultura, a volte a livello
puramente autodidattico. New York City è forse la nuova capitale dello
Yiddish, come lo sono state Vilnius o L’vov prima della seconda guerra
mondiale, le organizzazioni culturali o teatrali che si dedicano al suo
recupero e alla sua preservazione non si contano, ed è nelle comunità
Litvish o Hassidiche, come quelle di Brooklyn, Kyrias Joel o New
Square, dove il mame-loshn è ancora vivo e raggiunge oltre il 90% dei
parlanti, tanto che viene insegnato ai più giovani.
Francesco Moises Bassano
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Diario del soldato - Dana |
La fotografia conquista il web in poche ore, rimbalza da un utente all’altro e diventa virale.
Dana Ofir sorride raggiante, seduta su quella sedia a rotelle che quasi sparisce sotto il peso della sua storia.
L’attentato avvenuto a Gerusalemme appena un mese fa avrebbe dovuto
piegarla, il suo corpo esile non avrebbe dovuto reggere il colpo di un
camion lanciato per uccidere. Eppure così non è stato. Dana ce l’ha
fatta, non si è arresa, non ha rinunciato
a realizzare il suo sogno, non ha abbandonato il corso per diventare
Ufficiale dell’esercito israeliano. Ed oggi, miglia di persone in tutto
il paese festeggiano insieme a lei un traguardo che pareva
irraggiungibile.
Questo è il lieto fine di una ragazza che rappresenta alla perfezione
l’eroina dei tempi moderni: più fragile ed umana rispetto a quella dei
fumetti, più forte e determinata rispetto ai suoi nemici.
David Zebuloni
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Creatività
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Cosa significa essere creativi? Secondo alcuni filosofi non si dà creatività che sia puro estro.
Ilana Bahbout
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