Jonathan Sacks,
rabbino
|
“Questi
sono i tempi che mettono alla prova l'animo degli uomini”, disse Thomas
Paine. E ora sfidano il nostro di animo. È un momento pieno di
conseguenze per la storia dell'Occidente.
|
|
David
Bidussa,
storico sociale
delle idee | “In
Ungheria mancano tre cose: la solidarietà, perché quasi un cittadino su
due vive sotto la soglia di povertà; la concorrenza, perché il governo
valuta le aziende solo sulla base delle simpatie politiche; il
sentimento nazionale, perché il Paese è diviso tra destra e sinistra”.
Così András Fekete-Györ, 28 anni, fondatore del movimento centrista
Momentum, a proposito della richiesta del premier ungherese Viktor
Orbán di chiudere i porti italiani agli immigrati.
| |
Leggi
|
 |
Israele, alta tensione
|
“L’operazione
nella notte dell’esercito israeliano in Cisgiordania ha portato
all’arresto di 25 alti esponenti di Hamas, il movimento terroristico
che controlla Gaza. Ieri il leader di Hamas Ismail Haniyeh ha
telefonato per congratularsi con la famiglia di Omar al-Abed, il
terrorista che ha assassinato venerdì sera tre civili israeliani nella
loro casa nell’insediamento di Halamish (Libero e Giornale). I
sopravvissuti alla strage, racconta Repubblica, hanno invece ricevuto
la visita del capo dell’esercito israeliano Gadi Eizenkot e del
ministro della Difesa Avigdor Lieberman che ha tuonato contro Abu
Mazen: “Esigiamo che condanni esplicitamente il massacro terribile di
una famiglia innocente”, ha detto il ministro. Ma il presidente
dell’Autorità palestinese, che aveva condannato l’attacco del 14
luglio, davanti a tanta violenza ha per ora preferito condizionare la
ripresa dei contatti con Israele all’annullamento delle misure di
sicurezza alla Spianata delle Moschee. Avvenire parla di “ombra di una
nuova intifada” e spiega che ieri altri due manifestanti palestinesi
(cinque il bilancio delle vittime palestinesi in totale) sono morti
durante gli scontri con la polizia israeliana alla periferia di
Gerusalemme.
Gerusalemme e lo status quo. Intanto sulla questione delle misure di
sicurezza al Monte del Tempio, il generale israeliano Yoav Mordechai fa
sapere che l’esercito è pronto “a valutare controlli alternativi ai
metal detector”. “I palestinesi, e gran parte dei musulmani nel resto
del mondo, – scrive il Corriere – considerano le nuove misure un primo
passo verso la modifica delle regole fissate cinquant’anni fa da Moshe
Dayan: la Spianata nella Città Vecchia di Gerusalemme è amministrata
dal Waqf, solo i musulmani possono pregare in quello che è il terzo
luogo più sacro dell’islam, agli ebrei è consentito vistarlo ma non
recitarvi i salmi”. Uno stutus quo che il Primo ministro israeliano
Benjamin Netanyahu si è impegnato a mantenere mentre alcuni membri del
suo governo vorrebbero modificare. Fortemente pessimista quanto critico
nei confronti di Netanyahu, lo scrittore Assaf Gavron che a Repubblica
dice che il Premier “ha bisogno di mostrare i muscoli per tenersi
stretto una poltrona minacciata non tanto dalle tensioni con i
palestinesi ma dagli scandali che lo riguardano”.
Vittorio Dan Segre e il valore della diplomazia. Raccontando di un
incontro a Gerusalemme dedicato al grande diplomatico Vittorio Dan
Segre – organizzato dal nipote Gabriele nel Centro Konrad Adenauer –
Sergio Romano spiega come quest’ultimo si sia “battuto per Israele come
giornalista e soldato”, ma come fosse “giunto alla conclusione che
soltanto la scelta della neutralità fra i maggiori protagonisti delle
interminabili crisi medio-orientali avrebbe spezzato la catena dei
conflitti”. Ma, scrive Romano parlando dei conflitti asimettrici
attuali, “la neutralità è possibile soltanto quando le potenze rivali
smettono di temersi e di odiarsi” (Corriere).
Il piano del terrore dell’Isis. Nel 2015, un anno dopo l’inizio della
guerra contro l’Isis in Iraq e in Siria, le Nazioni Unite calcolavano
che fra le file del Califfato combattessero almeno 20 mila stranieri, 4
mila dei quali europei. Oggi l’Interpol ha messo insieme una lista di
almeno 173 terroristi che sarebbero stati addestrati per tornare in
Europa ed eseguirvi sanguinosi attentati suicidi (Il Messaggero).
|
|
Leggi
|
|
|
la famiglia salomon, vittima dell'odio
Yosef, Chaya, Elad, vite spezzate
dal terrorismo palestinese
Venerdì
la famiglia Salomon si era riunita per festeggiare l'arrivo di un nuovo
nipotino, nato la mattina stessa. Stavano aspettando altri ospiti nella
casa di Halamish, insediamento in Cisgiordania, perché partecipassero
alla festa. Per questo la porta era stata lasciata aperta. Ma a entrare
è stato Omar al-Abed, diciannovenne palestinese di un villaggio vicino,
che armato di un lungo coltello ha cominciato a pugnalare i membri
della famiglia. Il giovane terrorista ha ucciso il nonno Yosef, 70
anni, e i suoi figli Chaya, 46 anni, ed Elad, 36 anni. Tova, la nonna
della famiglia e moglie di Yosef, è stata ferita gravemente e portata
all'ospedale di Shaare Zedek a Gerusalemme dove ha subito un intervento
chirurgico sabato mattina. Quando ha ripreso conoscenza le è stata data
la tragica notizia della morte del marito e dei due figli. Nello stesso
ospedale, due piani sotto, la nuora di Tova e Yosef aveva partorito
poche ore prima il loro nipotino. Leggi
|
abbas blocca la cooperazione sulla sicurezza
Gerusalemme, riportare l'ordine
è la priorità di Israele
Il
14 luglio scorso tre terroristi arabo-israeliani hanno aperto il fuoco,
nei pressi del Monte del Tempio a Gerusalemme, uccidendo due agenti di
polizia israeliana. I terroristi, uccisi dalle forze di sicurezza
israeliane, erano riusciti a introdurre le armi all'interno della zona
della Spianata delle Moschee (Monte del Tempio per l'ebraismo) grazie a
un complice, ora sotto custodia. L'attacco ha fatto così emergere una
breccia nella sicurezza israeliana ed è stata aperta un'indagine per
fare chiarezza. Nel mentre sono stati presi dei provvedimenti
temporanei che hanno scatenato le proteste dei palestinesi e innescato
l'escalation di violenza di cui da giorni parlano i quotidiani di tutto
il mondo. Ma è necessario ricordare che il punto di partenza è stato
l'attentato del 14 luglio: a seguito di questo la polizia israeliana ha
deciso di utilizzare i contestati metal detector all'ingresso della
Moschea Al Aqsa e di vietare del tutto agli uomini con età inferiore ai
50 anni l'accesso del luogo sacro ai musulmani. Azioni che hanno
scatenato le proteste dei palestinesi, e l'istigazione alla rivolta da
parte di movimenti terroristici come Hamas, che controlla la Striscia
di Gaza ma che ha molti operativi anche in Cisgiordania. Proprio a
Hamas, seppur non fosse un miliziano, era legato il terrorista che ha
accoltellato e brutalmente ucciso ad Halamish, insediamento nella West
Bank, tre israeliani. Prima di attaccare la famiglia, l'attentatore
aveva postato su Facebook una sorta di testamento, dicendo di voler
morire in difesa della Moschea Al Aqsa. Qui l'altro punto della
questione. Leggi
|
il caso dell'omicidio halimi
"Sarah, uccisa dall'antisemitismo La Francia apra gli occhi"
Sarah
Halimi poteva essere salvata? Secondo i parenti della donna, ebrea
ortodossa di 66 anni, uccisa lo scorso 4 aprile nella sua casa a
Belleville (quartiere di Parigi), la polizia non ha agito correttamente
e per questo a fine giugno i legali della famiglia Halimi hanno
presentato una denuncia “per mancata assistenza a persona in pericolo”.
Un esposto che in realtà ha un altro scopo, ovvero che le autorità
riconoscano che quell'omicidio ha matrice antisemita e islamista: il
presunto responsabile è Kobili T., maliano musulmano, accusato di aver
picchiato brutalmente la sua vittima e di averla poi gettata dal terzo
piano. L'uomo, 27 anni, è stato sentito gridare: “Ho ucciso lo Sheitan
(il diavolo, in arabo)”. “La battaglia della nostra famiglia non è di
far condannare la polizia: avrebbero potuto e voluto salvarla, ma hanno
agito male – ha dichiarato alla stampa francese il fratello della
vittima, William Attal – Noi lottiamo affinché la giustizia riconosca
che si tratta di un omicidio di matrice antisemita e islamista”. La
procura che ha aperto l'indagine sta invece indagando per omicidio
volontario senza prendere in considerazione la premeditazione né
l'elemento antisemita. Una scelta che ha creato una vera e propria
mobilitazione in Francia con l'appello lanciato da diversi
intellettuali francesi, tra cui lo storico Georges Bensoussan e il
filosofo Alain Finkielkraut, che denunciano un atteggiamento sbagliato
da parte delle autorità rispetto al caso, a partire dal mancato
riconoscimento del carattere antisemita del crimine. Leggi
|
L’angoscia e il suo nome
|
Seguo
il dibattito – decoroso, ossia privo di gratuite invettive – da una
bacheca di un’amica, sulla scorta di una sua comunicazione, nella quale
dava corpo ai crescenti timori verso la crescita dell’intolleranza e,
con essa, delle pulsioni antisemitiche. Da manifestazioni occasionali,
nel loro ripetersi e sommarsi, rinforzandosi quindi vicendevolmente,
l’autrice ne ricava un senso di crescente oppressione, anche per se
stessa. Soprattutto per il suo futuro. Più che la comunicazione, da me
condivisa in toto nel merito come nel metodo, l’interesse – però – mi è
stato sollecitato dalle risposte al post. Tutte connotate da un senso
di rispettosa partecipazione. Ma dalle quali, senza indulgere in alcun
giudizio e cercando invece di cogliere il filo logico delle altrui
argomentazioni, mi è parso di cogliere, in più di un caso, il
persistere di una serie di “equivoci” di fondo.
Claudio Vercelli
Leggi
|
|
|