Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Le
Comunità ebraiche italiane, come molte altre della diaspora, si
ritrovano sempre più attanagliate dall’assillo del progressivo
decremento demografico. In effetti le previsioni statistiche non sono
affatto rassicuranti e per alcune comunità il destino di estinguersi
sembra ormai ineluttabile. Eppure nello scorso Shabbat abbiamo letto
nella Torà “… non perché siete i più numerosi di tutti gli altri popoli
vi ha scelto l’Eterno ma, piuttosto, perché siete i meno numerosi di
tutti…” ( Devarim, 7; 7). La piccolezza a cui la Torà si riferisce in
questo passaggio non è solo un dato numerico ma soprattutto etico e
comportamentale.
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
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Sarà
l’avanzare dell’età, saranno gli imprevisti della vita, ma con il
passare del tempo hai la strana sensazione che si stia rafforzando in
te la convinzione che essere ebrei non possa significare soltanto
accettare passivamente un’identità ricevuta, per strana coincidenza o
per scelta. E ti chiedi se per essere e sentirsi ebrei possa bastare
una bella biblioteca di libri ebraici e la lettura di tanti autori
ebrei, o essere orgogliosi di Freud e di Einstein; o se sia sufficiente
ricordare ogni giorno la Shoah, o appoggiare toto corde Israele e
Netanyahu. Anche l’osservanza della casherut è cosa che, alla fine, non
costa più di tanta fatica. È accettazione passiva di una dieta che,
alla fine, non ti fa sentire molto diverso da un rigoroso vegetariano.
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Raggi, passo indietro
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A
Roma, passo indietro dopo le proteste della Comunità ebraica locale
dell’amministrazione guidata da Virginia Raggi che aveva annunciato di
voler intitolare due luoghi della Capitale a due figure diametralmente
opposte: da una parte rav Elio Toaff, tra le più autorevoli figure
dell’ebraismo italiano del Novecento, dall’altra il leader palestinese
Yasser Arafat. Un’associazione che rappresenta però un oltraggio, “una
scelta offensiva e antistorica” ha scritto alla Raggi la presidente
della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello, denunciando come
“Arafat del terrorismo odierno è stato il precursore se non l’ideatore,
e il premio Nobel per la Pace da lui ricevuto non è altro che il primo
dei tanti Nobel assegnati con ‘dubbio merito’. Arafat è il mandante
morale dell’attentato antisemita alla Sinagoga di Roma del 9 luglio
1982, in cui mori Stefano Gay Tachè, un bambino ebreo romano e
italiano”.
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l'iniziativa in consiglio comunale Monaco, una legge contro l'odio: "Movimento BDS è antisemita"
È
una decisione con pochi precedenti (il via libera definitivo alla fine
dell’estate) quella maturata all’interno del Consiglio comunale di
Monaco di Baviera.
I membri dei due partiti più forti in città, la terza più popolosa di
Germania, hanno infatti presentato un disegno di legge che vieta il
finanziamento comunale e ogni tipo di sostegno alle attività del BDS,
il movimento di boicottaggio anti-ebraico e anti-israeliano che da anni
cerca sponde nel mondo istituzionale dopo aver conquistato diverse aule
scolastiche e università in giro per l’Europa.
“Contro ogni forma di antisemitismo. Nessuna cooperazione con gli
antisemiti del BDS” il titolo del disegno di legge, promosso dal
partito cristiano-sociale CSU e dai socialdemocratici dell’SPD e
accolto con favore dalla Comunità ebraica locale, che si è
pubblicamente espressa in tal senso. In primis la presidente Charlotte
Knobloch, già a capo del Consiglio centrale degli ebrei di Germania e
membro attivo dello European e del World Jewish Congress, che ha
parlato di iniziativa “di cui c’era un bisogno urgente” e “dall’enorme
importanza simbolica”.
Già in passato il sindaco di Monaco, il socialdemocratico Dieter Reiter
(nell’immagine), ha più volte denunciato la minaccia rappresentata dal
BDS anche in relazione ad alcuni tentativi di conquista di consensi e
visibilità in territorio bavarese.
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italia ebraica agosto 2017 Shalom Italia, ritorno a Firenze
lungo i sentieri della salvezza
Se
vi inoltrate per le strade di Pagliericcio vi potrete imbattere in
Casameo, bed and breakfast aperto qualche anno fa da Bubi ed Erela
Anati, di Mazkeret Batya. Si sa, gli israeliani amano l’Italia e non da
ultima la Toscana. La ragione che ha portato Bubi ed Erela ad
attraversare il mediterraneo è, però, un’altra. Bubi è infatti nato a
Firenze e proprio nel casentino la sua famiglia, con lui bambino, è
riuscita a sfuggire alle deportazioni, nascondendosi da un posto
all’altro per un anno e mezzo ed infine, per un intero inverno, in un
rifugio, a metà tra grotta e capanna, nel bosco. La famiglia Gnagnatti
Castelnuovo fece la sua aliyah subito dopo la fine della guerra. Una
volta in pensione Bubi ha sentito il bisogno di tornare in quei luoghi,
mettersi sulle tracce del rifugio, di quel che ne restava. Proprio per
documentare questa ricerca è nato “Shalom italia”, cortometraggio già
proiettato in giro per il mondo e che continua a comparire nei
programmi di diversi e importanti Festival internazionali.
Cosimo Nicolini Coen Leggi
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Dibattito avvelenato
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Tempi
tristi, i nostri. Nei quali il problema epocale delle migrazioni viene
affrontato capziosamente, prendendo a pretesto le Ong per dimenticare
la cruda realtà. Il mondo va più o meno così: milioni di persone si
spostano nel continente africano (e altrove, ma limitiamoci ai fatti
nostri) a causa delle guerre, della siccità e della fame; in paesi già
poverissimi sorgono campi profughi fino a centinaia di migliaia di
persone, inferni e cielo aperto che ognuno di noi dovrebbe essere
costretto a visitare prima di aprire bocca; una piccolissima minoranza
di questa massa di disperati decide di intraprendere il viaggio fin nel
nostro mondo, spesso la componente più ricca e formata; lungo il
percorso gli uomini vengono derubati e picchiati, le donne e i bambini
derubati, picchiati e stuprati; chi non muore per strada o nei vari
centri di detenzione riesce dopo molto tempo a imbarcarsi su barconi di
fortuna, e se ha buona sorte approda in Italia o in qualche paese
europeo; qui comincia una nuova vita, spesso assai misera ma comunque
migliore di quella che lo aspettava a casa sua; in Italia come negli
altri paesi la presenza di migranti e profughi – sebbene lontanissima
nei numeri dall’invasione pretestuosamente evocata – produce paura,
insofferenza, problemi di gestione e configura una sfida complessa che
ci attende per i prossimi decenni.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas Leggi
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Ragione e (ri)sentimento
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Vi
è una prestigiosa organizzazione ebraica europea denominata J-Call
(European Jewish Call for Reason), non molto dissimile e più recente
della sua omologa statunitense J-Street. È alquanto stimolante leggere
di un suo appello alla ragione, predisposto al fine di addivenire ad un
assetto pacifico e rispettoso delle due parti nel conflitto arabo
-israeliano. Ora, richiamarsi alla ragione in un’area scossa dalla fede
è una dura sfida, se non altro perché fede e ragione non si intersecano
spesso; semmai servirebbe, come abbiamo già accennato, un dialogo
empatico e interculturale, dove ciascuno tenti di carpire, più che di
capire, le ragioni dell’altro.
Emanuele Calò
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