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Elia Richetti,
rabbino
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“Reuvèn
tornò alla fossa, ed ecco, non c’era Yosèf nella fossa, e si strappò le
vesti. Tornò dai suoi fratelli e disse: Il ragazzo non c’è; ed io, dove
vado?”.
Nelle parole di Reuvèn i Maestri del Chassidismo vedono il grido di
ogni persona quando si avvicina alla fine della sua vita (alla
“fossa”), quando si accorge che in tanti anni non ha aggiunto (hosìf,
dalla stessa radice di “Yosèf”) nessun valore veramente positivo alla
propria vita: “Dove vado?”.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
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Il discorso di Donald Trump ieri sera sembrava copiato integralmente dal pezzo
di Daniel Reichel apparso poche ore prima su questa pagina. Cosa
cambia? Di fatto nulla. L’ambasciata americana rimane a Tel Aviv, e ci
resterà a lungo. I luoghi santi sono tutti sotto la tutela delle
rispettive autorità religiose, e continueranno a esserlo. L’autorità
sulla Spianata delle Moschee/Monte del Tempio è il Wakf musulmano, e
così sarà. Dal 1948 lo Stato d’Israele aveva una capitale, Gerusalemme,
e continua ad averla e tutti lo sanno. Dal 1948 gli stati del mondo –
con qualche eccezione in passato – non riconoscono Gerusalemme come
capitale, eppure tutti gli ambasciatori devono recarvisi per presentare
le loro credenziali al Presidente della repubblica o per incontrare il
Primo ministro o il ministro degli Esteri.
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“Gerusalemme capitale”
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“È
ora di riconoscere ufficialmente Gerusalemme come la capitale di
Israele”. L’annuncio di Donald Trump è tra i temi di apertura di quasi
tutti i giornali in Italia.
“Il dado è tratto: le conseguenze potenzialmente esplosive” scrive il
Corriere. Per Repubblica, si tratta di “un debito pagato con la
destra”. Secondo La Stampa, l’annuncio “da una parte rischia le
reazioni violente sul terreno, ma dall’altra apre anche potenzialmente
la porta ad un’intesa”. E questo perché, si legge, consente a Trump “di
chiedere in cambio concessioni allo Stato ebraico”.
Numerosi gli approfondimenti e le opinioni che sono pubblicate sulla
stampa nazionale. Intervistato dal Corriere, lo scrittore israeliano
Etgar Keret esprime contrarietà: “Trump e Gerusalemme non c’entrano
nulla con i problemi reali. È aria calda: il ruolo di presidente
dipende anche dallo spessore della persona e Trump ha dimostrato di
essere un peso piuma. Intacca i simboli, non la realtà”. Il
riconoscimento di Gerusalemme come capitale dello Stato ebraico, la
soluzione del conflitto israelo-palestinese con due Stati divisi da
confini concordati, il ruolo prioritario dell’Arabia Saudita nel
superamento della crisi secolare arabo-israeliana. Tre tasselli che
hanno genesi diverse, scrive il direttore della Stampa Maurizio
Molinari, “ma descrivono la scommessa dell’inquilino dello Studio
Ovale”. Fiamma Nirenstein, sul Giornale: “Giustizia dopo anni di
risoluzioni persecutorie”. Giuliano Ferrara, sul Foglio: “Il
trasferimento dell’ambasciata americana nella capitale di Israele,
decisione del Congresso, è una risposta alla storia e a molti nemici”.
Lunghezza d’onda differente per Wlodek Goldkorn, che questo dice di
Gerusalemme su Repubblica: “Impossibile unirla, impossibile dividerla.
Resta solo da sperare nell’intervento dell’Onnipotente ma anche lui può
mettersi di traverso, causa eccesso di emozioni e interpretazioni degli
umani”. Più duro Michele Serra, nella sua quotidiana Amaca: “Si
trattasse solamente di essere arroganti, ci saremmo anche abituati. Qui
lo sgomento ha qualità diversa: si sospetta il gesto di un grosso
scemo, e se l’arroganza è componente distintiva di tutti i poteri, o
quasi, la scemenza aggiunge elementi di rischio imponderabili”. Forti
perplessità infine dalla Testimone della Shoah Edith Bruck, che al
Mattino dice: “Un atto totalmente irresponsabile che potrebbe produrre
un nuovo rafforzamento dell’Isis unificando tutto il mondo arabo in
funzione anti-israeliana”.
Il blitz squadrista di Forza Nuova sotto la sede di Repubblica e
L’Espresso mette in allarme l’opinione pubblica. “Quando ho letto
quella frase nel comunicato neofascista, ‘dichiarare guerra alle idee’,
ho agito d’istinto e ho deciso di venire subito qui per dare un segnale
molto forte: l’antifascismo e la libertà di stampa sono due capisaldi
della democrazia e deve essere chiaro che non sarà tollerato neppure il
semplice tentativo di metterli sotto attacco” afferma il ministro Marco
Minniti nel corso di un confronto in redazione a poche ore dai fatti.
“La scelta di presentarmi di persona, come avrei fatto con qualunque
altro quotidiano minacciato, serve a mettere un punto fermo. Qui – le
sue parole – c’è un confine che non può e non deve essere superato”.
Repubblica parla oggi di intimidazioni che vanno avanti da mesi, anche
per via dei molti approfondimenti dedicati al mondo dell’estrema destra
che sono stati pubblicati di recente. “È da mesi – si legge – che
Repubblica denuncia con servizi e inchieste i rigurgiti neofascisti e
neonazisti nel nostro Paese, l’avanzata della galassia nera, il suo
nuovo volto, gli episodi di propaganda razzista e nostalgica: da FN a
CasaPound alle formazioni neonaziste”.
Ad intervenire, con un tweet di solidarietà, anche la presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello.
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le reazioni delle istituzioni ebraiche
"Gerusalemme capitale d'Israele,
il mondo segua l'esempio Usa"
Un
giudizio positivo sulla scelta del Presidente Usa Donald Trump di
dichiarare ufficialmente di riconoscere Gerusalemme capitale d'Israele.
È quello che accomuna le maggiori istituzioni ebraiche ufficiali
internazionali, che hanno espresso parole di plauso all'indirizzo di
Trump. “Un passo critico e coraggioso”, la definizione scelta dal
presidente del World Jewish Congress Ronald Lauder sia per il
riconoscimento sia per la scelta di “riaffermare l'impegno degli Stati
Uniti per una soluzione a due Stati concordata. Gerusalemme è la
capitale indiscutibile di Israele e la capitale storica del popolo
ebraico. Ci auguriamo che la chiara dichiarazione degli Stati Uniti in
tal senso – afferma Lauder - invii alla comunità internazionale un
messaggio rispetto a questa verità”. “Il World Jewish Congress sostiene
pienamente la posizione degli Stati Uniti secondo cui una soluzione
pacifica a questo lungo conflitto deve essere fondata sulla
reciprocità”. L'auspicio invece del presidente dello European Jewish
Congress (Ejc) Moshe Kantor è che “gli Stati europei seguiranno
l'esempio” americano. “Sotto il controllo israeliano, Gerusalemme è una
città dove le persone sono accolte indipendentemente dalla loro fede,
dove i luoghi santi sono protetti e onorati, e dove le libertà
democratiche sono garantite”, ha affermato Kantor, secondo cui “questa
nuova politica statunitense afferma che al rifiuto si risponde con il
riconoscimento e può servire a incoraggiare la pace così com'è contro i
tentativi di cancellare la presenza ebraica a Gerusalemme, come
accaduto con le recenti vergognose risoluzioni Unesco”.
“Israele rimane impegnata nel raggiungimento della pace con i
palestinesi, e rinnova l'invito per dei negoziati diretti tra le parti.
Il riconoscimento di Gerusalemme come capitale d'Israele è cruciale per
il successo di qualsiasi processo di pace”, quanto ha spiegato
l'ambasciatore d'Israele a Roma Ofer Sachs in un comunicato diffuso
dall'ambasciata. Sachs si è rivolto poi all'Italia, che sul tema del
riconoscimento ha espresso una posizione simile a quella di diversi
paesi europei, che l'hanno definito un errore. “Siamo sensibili alla
visione dell'Italia su questo argomento, - afferma Sachs - sebbene
possiamo essere in disaccordo sugli effetti del riconoscimento sul
processo di pace e, così come l'Italia, speriamo di vederlo ripartire
il prima possibile”. La presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane Noemi Di Segni ha invece richiamato come “quest'anno abbiamo
ricordato anniversari di dichiarazioni e di votazioni importanti per la
nascita e la costruzione di Israele. Il riconoscimento da parte del
Presidente Donald Trump di Gerusalemme come capitale dello Stato di
Israele è sicuramente da ascrivere tra quelle dichiarazioni che
lasceranno il segno nella storia".
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l'ex vicesindaco di gerusalemme cassuto
"Discorso del presidente Trump, un passo importante per la pace"
“Un
discorso ottimo, probabilmente scritto insieme al vicepresidente
Michael Pence, che riaprirà, dopo delle tensioni iniziali, il dialogo
per la pace tra israeliani e palestinesi”. È l'analisi del discorso del
Presidente Usa Donald dell'architetto David Cassuto, vicesindaco di
Gerusalemme a metà anni '90 e punto di riferimento della comunità degli
Italkim (gli italiani d'Israele). Parlando con il portale dell'ebraismo
italiano www.moked.it, Cassuto dà una lettura positiva delle parole di
Trump, che ieri da Washington ha pubblicamente e ufficialmente
riconosciuto Gerusalemme come capitale d'Israele, senza però fare
riferimenti chiari allo spostamento dell'ambasciata da Tel Aviv alla
capitale stessa. “Gli Stati Uniti hanno già individuato il luogo dove
sorgerà l'ambasciata, ma ci vorrà del tempo”, spiega Cassuto che poi si
sofferma sul perché del suo giudizio positivo del discorso del
presidente Usa. “Le parole di Trump mettono un punto fermo sul futuro
del negoziato di pace: Gerusalemme è la capitale d'Israele e i
palestinesi se vogliono sedersi al tavolo con gli israeliani d'ora in
avanti dovranno accettarlo, cosa che in passato non hanno fatto”.
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La consegna al presidente del senato Grasso
“Talmud, sapere millenario”
“Uno
dei più grandi progetti italiani di traduzione mai intrapresi. Un
prodotto di un’estrema e raffinata complessità nata dall’incontro tra
cultura talmudica e linguistica computazionale”.
Queste le parole con il presidente del Senato Pietro Grasso ha accolto
ieri in dono una copia del secondo trattato del Talmud babilonese – il
trattato Berakhot, curato dal rav Gianfranco Di Segni e pubblicato da
Giuntina – tradotto in italiano nel solco del protocollo d’intesa
firmato il 21 gennaio 2011 fra Presidenza del Consiglio dei Ministri,
MIUR, CNR e Unione Comunità Ebraiche Italiane – Collegio Rabbinico
Italiano (UCEI-CRI). Presenti alla consegna tra gli altri la ministra
dell’Istruzione, Università e Ricerca Valeria Fedeli, la presidente
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, il
presidente del progetto di traduzione rav Riccardo Di Segni, la
direttrice del progetto Clelia Piperno, il presidente del Cnr Massimo
Inguscio, il capo dipartimento del Miur Marco Mancini.
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qui roma - l'audizione al senato
"Ebrei fuggiti dal mondo arabo,
una vicenda da cui imparare"
Una
riflessione a carattere storico sulle persecuzioni subite dagli ebrei
nei paesi arabi, con testimonianze in prima persona sulla drammatica
esperienza vissuta. E una riflessione sulle iniziative che le
istituzioni possono intraprendere sia per meglio far conoscere quelle
vicende sia per agire con efficacia e incisività nella gestione dei
flussi migratori contemporanei. Queste le due direttrici del confronto
avviato oggi al Senato, presso la commissione Affari Esteri, su
iniziativa dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Ad intervenire
durante l’audizione l’assessore alla Cultura UCEI David Meghnagi, i
Consiglieri Victor Magiar e Vittorio Mosseri, Carolina Delburgo in
rappresentanza del Comitato ebrei espulsi dall’Egitto. Quattro voci,
quattro testimonianze di quel secolare incontro tra mondo ebraico e
mondo arabo violentemente sradicato nel secolo scorso. Presente anche
Daniel Arbib, assistente per gli affari politici dell’Ambasciata di
Israele. Mentre tra i senatori presenti hanno tra gli altri portato un
contributo il vicepresidente della commissione Paolo Corsini, Lucio
Malan, Luigi Compagna e l’ex ministra Stefania Giannini.
(Nell’immagine, da sinistra a destra, Vittorio Mosseri, Carolina Delburgo, Victor Magiar e David Meghnagi)
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qui roma - il nuovo festival
Giovani, incontro tra le religioni
I
giovani e le religioni protagonisti, con uno sguardo il più possibile
aperto, inclusivo e plurale. Ha preso il via a Roma, alla Città
dell’Altra Economia nel quartiere Testaccio, la prima edizione del
festival “Mondoreligioni – Incontriamo le Religioni del Mondo”. Ideato
e organizzato da Emanuela Claudia Del Re, coordinatrice nazionale della
sezione di Sociologia della Religione dell’Associazione Italiana di
Sociologia, e da Claudio Paravati, direttore della rivista Confronti,
in collaborazione e con il sostegno della cooperativa COM Nuovi Tempi,
dell’organizzazione no-profit EPOS International Mediating and
Negotiating Operational Agency e della John Cabot University, il
festival si propone al pubblico romano attraverso stand, workshop,
tavole rotonde con presentazioni di libri e concerti musicali.
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jciak
Dove abita Il razzismo
Nell’estate
del 1957 la famiglia Myers si trasferisce a Levittown, Pennsylvania.
Sono i primi afroamericani a insediarsi, con la figlia Lynda, in quel
sobborgo che incarna il sogno americano. Lontano dal caos della città,
si compone di 17 mila case, giardini e famiglie che si somigliano
tutti. È un paradiso middle class ideato da un ebreo figlio di
immigrati – William Levitt, magnate leggendario che finirà su Time -
dove però non c’è posto per chi è diverso, come scoprono presto i Myers
che finiscono al centro di un violento scontro razziale.
La storia, così incredibile da non sembrare vera, arriva al cinema in
Suburbicon, da ieri nelle sale, diretto da George Clooney su
sceneggiatura dei fratelli Coen, con Matt Damon, Julianne Moore e Oscar
Isaac. Black comedy in cui si ride per non piangere, il film racconta
le contraddizioni e i paradossi di un passato che non è mai stato così
presente.
Daniela Gross
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Setirot
- La capitale d'Israele |
Gerusalemme
è la capitale di Israele. Si vedrà in futuro – speriamo – se in una
globale trattativa di pace con l’Autorità nazionale palestinese (Anp)
gli accordi non prevederanno che sia anche capitale del nascituro – mi
auguro – nuovo Stato. Ma che Gerusalemme sia la capitale dello Stato
ebraico è noto a tutti, e in qualche modo perfino riconosciuto, pur con
la ineluttabile “ambiguità” di cui necessitano i complessi equilibri
della diplomazia internazionale. Lo sanno e lo sentono gli israeliani e
gli ebrei della Diaspora. Lo sanno i capi di Stato e le delegazioni di
alto livello che si sono recate nel corso degli anni alla Knesset, il
Parlamento, a cominciare dallo storico discorso del Presidente egiziano
Anwar Sadat nel 1977, e poi avanti fino al luglio dell’anno scorso
quando con grandi onori venne accolta una delegazione dell’Arabia
saudita. Sempre nel 2016, per i funerali di Shimon Peres, a Gerusalemme
arrivò mezzo mondo, da Barack Obama al Principe Carlo d’Inghilterra, da
Bill Clinton al tedesco Joachim Gauck, François Hollande, Matteo Renzi,
il canadese Justin Trudeau, il segretario Stato John Kerry, il capo
della diplomazia estera della Ue Federica Mogherini. E il presidente
palestinese Abu Mazen...
Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Shlomo e Nava |
Nava
Semel se n’è andata, all’alba di una giornata qualunque. Aveva solo 63
anni e chissà quanti racconti ha portato con sé. La sua fantasia
lavorava continuamente, in ogni luogo che visitava, a ogni incontro
nuovo e prendeva appunti in modo frenetico. Era solita dire che
scriveva due o tre romanzi contemporaneamente, perché insomma, non si
scrive a comando e le storie hanno bisogno di respirare, ciascuna con
il proprio tempo e mentre una riposa l’altra cammina, poi i ruoli si
invertono…
E mentre mi tornano alla mente i ricordi del tempo trascorso insieme e
del lavoro in trio con Sarah Kaminski, nella mia mente si fanno strada
le note di una melodia: Ahavtiha, un classico israeliano, una canzone
senza tempo, composta nel 1970 da Tirtzah Atar (parole) e Yaakov
Hollander (musica).
Maria Teresa Milano
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Il viaggio di Europa
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Leggere
Grandangolo, il romanzo di esordio di Simone Somekh già recensito da
più voci su queste colonne, mi ha regalato alcuni notevoli spunti. Tra
questi, uno ha a che vedere con la vicenda complessiva descritta nel
libro e vissuta dal protagonista Ezra Kramer: il viaggio. In
Grandangolo il viaggio non è tanto un desiderio, un obiettivo da
soddisfare, o meglio: è anche ma non soltanto questo. Il viaggio è la
condizione in cui Ezra è calato e sono convinto che questo aspetto sia
determinante nel rendere il libro attuale e vivo, perché è in qualche
modo la condizione in cui ci troviamo noi tutti oggi.
Giorgio Berruto
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Il miracolo di Chanukkah
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Prendi
una decina di bambini (ma ne puoi aggiungere a piacere un'altra
manciata), circa venti donne di varia età compresa tra i venti e gli
ottanta, qualche lattante a scaldare l'atmosfera, cinque o sei uomini
tuttofare divisi tra aiuto in sala cucina ed accudimento dei più
piccoli. Raccoglili insieme lentamente, un po' alla volta.
Aggiungi una varia umanità che qui viene almeno una volta l'anno, in
questa occasione, per affezione di lunga data, mescolali con
correligionari in cerca di candele o di dolci che si trovano solo qui e
solo oggi (ah, questi biscotti della Rosi non hanno bisogno di un
cartellino descrittivo, tanto li conoscono tutti e dopo mezz'ora
dall'apertura sono già finiti).
Sara Valentina Di Palma
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