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12 Dicembre 2017 - 24 Kislev 5778
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav
Roberto
Della Rocca,
rabbino
Dopo molti anni di difficoltà e di peripezie, Giacobbe finalmente torna a casa desiderando di godersi figli e nipoti in serenità. Si rende conto però che il conflitto principale è proprio dentro alla sua famiglia ristretta. Si interroga con inquietudine in cosa ha sbagliato nell’educazione dei suoi figli per aver originato così tanto odio e violenza tra i fratelli.
 
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
Oggi non mi va di parlare dell’antisemitismo montante. Né mi sento di disquisire sul fascismo – sia quello evidente della sinistra equivocamente terzomondista sia quello pericolosamente sottovalutato di destra. E penso superfluo proporre altre valutazioni sul riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele da parte di Trump. Credo invece che l’ebraismo italiano, se qualcosa può fare per far sentire la sua voce, è chiedere ai mezzi di informazione di dimostrare la propria credibilità e la propria onestà assumendo nei confronti di Israele una posizione più corretta e pulita. Una posizione più esaurientemente informata. Una posizione meno aprioristicamente ideologica. Qualche settimana fa ho dato un esempio di disinformazione realizzato attraverso l’incompletezza della notizia (su Israele) offerto in modo lampante di Giovanna Botteri per il TG3.
 
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La strage evitata
Elettricista di 27 anni, nato In Bangladesh e arrivato negli Usa con la famiglia nel 2011, Akayed Ullah è l’autore del fallito attentato di New York di ieri. Ullah, arrestato dalla polizia, ha cercato di farsi esplodere davanti a una fermata della metro della Grande Mela con un ordigno artigianale. Per fortuna la bomba fatta in casa non è esplosa: Il bilancio è di tre feriti non gravi e ustioni per l’attentatore. Sul movente circolano diverse spiegazioni, come scrivono i quotidiani italiani (Corriere, Repubblica, Avvenire). L’uomo sarebbe stato influenzato dalla propaganda via web dell’Isis e, secondo una versione dei media, avrebbe compiuto l’attentato per “vendicarsi” delle azioni di Israele su Gaza e a causa dell’annuncio di Trump su Gerusalemme capitale dello Stato ebraico. Ma, riporta La Stampa, è stato un gruppo mediatico filo-Isis, Maqdisi, a suggerire il legame. “La prima reazione della Casa Bianca viene dalla portavoce Sarah Sanders: “Questo attentato mostra come il Congresso deve agire, deve lavorare con il presidente a una riforma dell’immigrazione e proteggere i confini. Dobbiamo assicurarci che le persone che arrivano in questo Paese non facciano del male” a chi ci vive. “Ma – scrive Federico Rampini su Repubblica – Ullah non sarebbe finito nelle maglie dei Muslim Ban di Donald Trump neanche se fosse arrivato l’altroieri: il Bangladesh non è nella lista dei paesi proibiti”.
 
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  davar
qui ferrara - cresce l'attesa
Meis, domani l'inaugurazione

con il presidente Mattarella 
Saranno il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini a inaugurare domani, a Ferrara, il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah.
Il Meis apre con il percorso espositivo “Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni”, per cominciare a svelare le origini dell’ebraismo italiano attraverso il racconto curato da Anna Foa, Giancarlo Lacerenza e Daniele Jalla, con l’allestimento dello studio GTRF di Brescia. A scandire la narrazione, oltre duecento oggetti preziosi, fra i quali venti manoscritti, sette incunaboli e cinquecentine, diciotto documenti medievali, quarantanove epigrafi di età romana e medievale, e centoventuno tra anelli, sigilli, monete, lucerne e amuleti, poco noti o mai esposti prima, provenienti dai musei di tutto il mondo (dalla Genizah del Cairo al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dai Musei Vaticani alla Bodleian Library di Oxford, dal Jewish Theological Seminary di New York alla Cambridge University Library).
Una tripla inaugurazione, quella di domani: taglio del nastro anche per lo spettacolo multimediale “Con gli occhi degli Ebrei italiani”, che rappresenta l’introduzione permanente ai temi del Meis, e per il grande edificio restaurato di Via Piangipane, nel centro storico della città, che fino al 1992 ospitava le carceri cittadine, luogo di reclusione ed esclusione per eccellenza, e che ora torna a vivere come spazio aperto e inclusivo.
La mostra è promossa dal Meis, con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, della Regione Emilia-Romagna, del Comune di Ferrara e dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
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il dossier di pagine ebraiche dedicato ai musei
Meis, tra storia e modernità
Un progetto con una propria identità, che intreccia il passato con un’anima profondamente contemporanea e che si integra nello spazio urbano di Ferrara. Un luogo per raccontare la storia plurimillenaria dell’ebraismo italiano ma anche uno spazio di confronto, di studio, di incontro aperto al pubblico. Il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah prosegue spedito nella sua realizzazione: un cantiere aperto, come più volte è stato raccontato su queste pagine, che con l’importante tappa di domani – con l’inaugurazione del corpo C del progetto museale e della mostra Ebrei, una storia italiana, i primi mille anni – viaggia verso il completamento previsto per il 2020. “L’estrema modernità della realizzazione architettonica e la veste con le facciate vetrate si relazioneranno bene all’intorno piuttosto minuto" racconta a Pagine Ebraiche l’architetto Carla Di Francesco, responsabile unico del procedimento. "Infatti i nuovi fabbricati (quello verso Rampari San Paolo, da cui si entrerà, con bookshop e ristorante, e quello destinato all’area espositiva e all’auditorium) saranno caratterizzati da elementi rettangolari a lame, sfalsati in pianta e ad altezze diverse, che non supereranno mai quelle dell’edilizia circostante”. Nominata in estate nuovo Segretario Generale del Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo (MiBact), Di Francesco ha seguito sin dall’inizio l’iter del progetto Meis, con la scelta dell’amministrazione comunale ferrarese guidata dal sindaco Gaetano Sateriale di utilizzare l’area dell’ex carcere di via Piangipane per la realizzazione del progetto del museo dell’ebraismo italiano.


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concorso ucei - la premiazione
Parma, Chanukkah in musica
La prima luce di Chanukkah accesa in piazza, poi spazio alla musica e infine all’atteso verdetto che sancirà il vincitore della prima edizione del Concorso di composizione musicale nella tradizione ebraica di scena in queste ore a Parma. L’appuntamento è per questa sera alle 17 alla Casa della Musica dove i quattro finalisti del concorso, organizzato dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in collaborazione con Parma OperArt e sotto la direzione artistica del Maestro Riccardo Joshua Moretti, porteranno sul palco i propri brani, ispirati alla tradizione ebraica ed eseguiti dall’Orchestra Filarmonica Italiana, con i suoi sedici solisti. Dopo l’esibizione (aperta al pubblico e gratuita), preceduta dall’accensione del primo lume di Chanukkah, la giuria dichiarerà chi tra i quattro compositori selezionati si aggiudicherà il primo premio del concorso.
Diverse le partiture inviate da compositori provenienti da vari paesi e valutate da una qualificata commissione formata, – oltre che da Moretti (che è anche Consigliere UCEI), dal professor Hervé Roten, Directeur Institute Européen des Musiques Juives (Parigi), dal Maestro Nimrod Borenstein, compositore (Londra), dal Maestro Luca Tessadrelli, docente di composizione del Conservatorio di Parma.
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il presidio davanti a repubblica e l'espresso
"Nuovi fascisti, occorre reagire"
Centinaia di giornalisti in strada, davanti alle redazioni del quotidiano La Repubblica e del settimanale L'Espresso, per ribadire con forza un messaggio in risposta all'azione squadrista di alcuni esponenti di Forza Nuova: chi minaccia un giornalista, minaccia l'insieme di una società e i suoi valori fondamentali.
Associazioni, sindacati, federazioni di giornalisti. In tanti davvero erano presenti all'iniziativa, nata su impulso degli organismi di categoria.
"Non ci preoccupa tanto l'attacco a un giornale o a un gruppo editoriale, quanto lo slittamento che sta avvenendo nel nostro Paese e che permette e tollera alcuni atteggiamenti, come quelli di chi pensa di poter far tacere la stampa o chi sostiene che alcune persone abbiano più diritti di altri" ha sottolineato in occasione del presidio il direttore di Repubblica Mario Calabresi. "Questo presidio antifascista - ha poi aggiunto - non è una sfida personale, ma di un'intera società. Bisogna reagire e smettere di tollerare o minimizzare determinati atteggiamenti e aggressioni".
Preoccupazione è stata espressa anche dal direttore de L'Espresso Marco Damilano: ""La storia della violenza contro i giornalisti non ha confini. L'Italia, il nostro Stato, si fonda sull'antifascismo e sulla libertà di stampa. Valori attaccati dagli attivisti di Forza Nuova con il loro blitz contro i nostri giornali".

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qui roma - l'incontro 
In libreria, tra dolcezze e Talmud
Un pomeriggio tra “dolcezze e Talmud”. A proporlo la libreria ebraica Kiryat Sefer di Roma, dove si è svolta ieri una lezione-incontro dedicata al progetto di traduzione in italiano del Talmud babilonese e in particolare ai due volumi del trattato Berakhot, di recentissima uscita con la casa editrice Giuntina, curati dal rav Gianfranco Di Segni. Un progetto che guarda lontano puntando a coinvolgere quella fetta di società che guarda con interesse al mondo ebraico, alla sua storia e ai suoi valori, e che nasce il 21 gennaio 2011 con la firma di un protocollo d’intesa tra Presidenza del Consiglio dei Ministri, MIUR, CNR e Unione delle Comunità Ebraiche Italiane – Collegio Rabbinico Italiano.
Ad aprire la serata un saluto della presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello, cui sono seguiti gli interventi del curatore, del rav Riccardo Di Segni e della direttrice del progetto Clelia Piperno. Per tutti gli ospiti, al termine della presentazione, tè e pasticcini.
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qui roma - l'incontro 
"Memoria, un lavoro di squadra"
C’è chi ha dato una foto, chi un documento, chi un oggetto ritrovato dopo anni in un cassetto. Un insieme di testimonianze che hanno permesso di realizzare una mostra che ha il pregio di parlare non solo il linguaggio del rigore scientifico, ma anche quello delle emozioni più intime. “1938. La storia”, l’allestimento in esposizione presso la Casina dei Vallati su iniziativa della Fondazione Museo della Shoah di Roma, racconta le Leggi Razziali del ’38 e le conseguenze che ebbero nella vita degli ebrei italiani. Un’epoca drammatica ricostruita anche grazie ai tanti – singoli individui e nuclei familiari – che hanno contribuito con una donazione relativa a quel periodo. A loro la Fondazione, nelle figure del presidente Mario Venezia e dello storico Marcello Pezzetti, ha voluto dire ieri grazie attraverso una cerimonia semplice non formale e molto sentita da tutti.
“Un ringraziamento doveroso, per averci permesso di ricostruire così tante vicende e più in generale per aver creduto nel progetto. Mettiamo grande cuore in ogni cosa che facciamo, e questo penso lo si veda. Tutto ciò ci gratifica, anche alla luce dei numerosi impegni che abbiamo lanciato e che stiamo lanciando. Con una prospettiva imprescindibile: è uno spirito diffuso di condivisione a rafforzare i progetti per cui ci si batte” sottolinea Venezia.
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da gerusalemme all'attentato di goteborg
Sicurezza, vertice alla Farnesina
I temi della sicurezza al centro di un incontro avvenuto stamane alla Farnesina tra la presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello e il Ministro degli Affari Esteri Angelino Alfano. Particolare attenzione, riferisce l'ufficio stampa comunitario, è stata rivolta all’attentato alla sinagoga di Göteborg con la presidente Dureghello che ha ringraziato il ministro per gli sforzi compiuti dal governo nelle sedi internazionali e per l’organizzazione della conferenza sull’antisemitismo prevista per gennaio a Roma durante la presidenza Osce. Dureghello, si apprende, ha poi chiesto di rafforzare la cooperazione con la Farnesina e il governo per contrastare la rinascita dei movimenti xenofobi e razzisti e le violenze antisemite, mascherate sotto la veste di antisionismo. Nel colloquio, che viene definito "franco e cordiale", la Comunità ebraica romana ha inoltre espresso perplessità riguardo alla linea dall’Italia rispetto al tema di Gerusalemme, sottolineando la vicinanza degli ebrei di tutto il mondo alla città capitale dello Stato d’Israele.



pilpul
Gerusalemme 
“Chi ama Gerusalemme davvero, e non solo come slogan politico, non ha bisogno che il presidente degli Stati Uniti gli dica che è la capitale d’Israele. È ovvio, che sia la capitale d’Israele. Gli ebrei hanno pregato in direzione di Gerusalemme per i duemila anni di diaspora. Aggiungendo “L’anno prossimo nella Gerusalemme ricostruita”. Senza Gerusalemme, con il profondo anelito che rappresenta, non sarebbe esistita l’immigrazione sionista in Terra d’Israele, non sarebbe esistito uno stato per gli ebrei. Senza Gerusalemme non esisterebbe Tel Aviv.
Ma chi ama davvero Gerusalemme sa anche che la sua esistenza si fonda su un delicatissimo sistema di equilibri e compromessi. Non sono sicuro che Donald Trump se ne renda conto. Non sono sicuro che sappia di cosa parla, quando parla di Gerusalemme.
Gerusalemme può rappresentare l’inizio della risoluzione del conflitto, se ricorderemo che non è solo nostra. E rispetteremo il rapporto intenso e profondo che i credenti delle altre religioni hanno con lei.
Gerusalemme potrebbe anche diventare il fiammifero che innesca l’ordigno esplosivo, se ci crogioleremo nelle dichiarazioni di un presidente americano non particolarmente saggio e dimenticheremo che non lui, ma noi e i nostri figli, dobbiamo vivere da queste parti. E che da queste parti non c’è futuro senza compromessi e senza vedere l’altro. Anche a Gerusalemme” Eshkol Nevo (Corriere della Sera, 11 dicembre 2017).


Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Storie - L'ombelico del mondo
L’Italia si può ridestare. Una nazione che ha affrontato i disastri del fascismo e della seconda guerra mondiale, ha ricostruito i ponti, le ferrovie, le case distrutte dai bombardamenti, è stata protagonista del processo di unificazione europea (come testimoniano i Trattati di Roma del 1957), ha vissuto un periodo di grande boom economico, ha sconfitto il terrorismo rosso e nero e ha combattuto con tenacia le cosche mafiose, non può rassegnarsi al declino. A scriverlo è uno dei più importanti politologi a livello mondiale, l’italoamericano Robert Leonardi, autore del libro Government and Politics of Italy. Da che deriva il clima di sfiducia? La risposta di Leonardi è semplice: l’Italia “ha smesso di guardare l’orizzonte e cominciato a guardarsi l’ombelico. Invece di pensare ad allargare la torta per tutti, come faceva nel dopoguerra, cerca di mantenere la fetta assai più piccola che le è rimasta, invece di risolvere i nuovi conflitti interni, ne rimane prigioniera”. Parole su cui riflettere.

Mario Avagliano
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Alta pressione
Anche se si riuscisse a rimuovere dalla mente quanto accade di violento e di luttuoso nel conflitto arabo israeliano, diventa impossibile rimuovere quanto si registra in Italia e, peraltro, nel resto del mondo. Le accuse contro Israele sono assai dure e non è certo raro che riecheggi l’ormai vieto tormentone per cui gli ebrei farebbero ai palestinesi ciò che i nazisti fecero loro. L’asprezza del confronto trascende e rende pressoché impossibile il ricorso agli aggettivi di cui si dispone.
Negli Anni Cinquanta, la pressione derivava dai residui psicologici del bando fascista agli ebrei, ricoperti di accuse, perseguitati e massacrati. Per via di meccanismi psicologici paradossali ma nondimeno reali, buona parte della borghesia ebraica finì per vergognarsi del proprio ebraismo, giungendo spesso ad allontanarsi anche in modo radicale dall’ebraismo.


Emanuele Calò
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