Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Dopo
molti anni di difficoltà e di peripezie, Giacobbe finalmente torna a
casa desiderando di godersi figli e nipoti in serenità. Si rende conto
però che il conflitto principale è proprio dentro alla sua famiglia
ristretta. Si interroga con inquietudine in cosa ha sbagliato
nell’educazione dei suoi figli per aver originato così tanto odio e
violenza tra i fratelli.
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
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Oggi
non mi va di parlare dell’antisemitismo montante. Né mi sento di
disquisire sul fascismo – sia quello evidente della sinistra
equivocamente terzomondista sia quello pericolosamente sottovalutato di
destra. E penso superfluo proporre altre valutazioni sul riconoscimento
di Gerusalemme come capitale di Israele da parte di Trump. Credo invece
che l’ebraismo italiano, se qualcosa può fare per far sentire la sua
voce, è chiedere ai mezzi di informazione di dimostrare la propria
credibilità e la propria onestà assumendo nei confronti di Israele una
posizione più corretta e pulita. Una posizione più esaurientemente
informata. Una posizione meno aprioristicamente ideologica. Qualche
settimana fa ho dato un esempio di disinformazione realizzato
attraverso l’incompletezza della notizia (su Israele) offerto in modo
lampante di Giovanna Botteri per il TG3.
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La strage evitata
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Elettricista
di 27 anni, nato In Bangladesh e arrivato negli Usa con la famiglia nel
2011, Akayed Ullah è l’autore del fallito attentato di New York di
ieri. Ullah, arrestato dalla polizia, ha cercato di farsi esplodere
davanti a una fermata della metro della Grande Mela con un ordigno
artigianale. Per fortuna la bomba fatta in casa non è esplosa: Il
bilancio è di tre feriti non gravi e ustioni per l’attentatore. Sul
movente circolano diverse spiegazioni, come scrivono i quotidiani
italiani (Corriere, Repubblica, Avvenire). L’uomo sarebbe stato
influenzato dalla propaganda via web dell’Isis e, secondo una versione
dei media, avrebbe compiuto l’attentato per “vendicarsi” delle azioni
di Israele su Gaza e a causa dell’annuncio di Trump su Gerusalemme
capitale dello Stato ebraico. Ma, riporta La Stampa, è stato un gruppo
mediatico filo-Isis, Maqdisi, a suggerire il legame. “La prima reazione
della Casa Bianca viene dalla portavoce Sarah Sanders: “Questo
attentato mostra come il Congresso deve agire, deve lavorare con il
presidente a una riforma dell’immigrazione e proteggere i confini.
Dobbiamo assicurarci che le persone che arrivano in questo Paese non
facciano del male” a chi ci vive. “Ma – scrive Federico Rampini su
Repubblica – Ullah non sarebbe finito nelle maglie dei Muslim Ban di
Donald Trump neanche se fosse arrivato l’altroieri: il Bangladesh non è
nella lista dei paesi proibiti”.
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qui ferrara - cresce l'attesa Meis, domani l'inaugurazione
con il presidente Mattarella
Saranno
il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il Ministro dei Beni
e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini a
inaugurare domani, a Ferrara, il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano
e della Shoah.
Il Meis apre con il percorso espositivo “Ebrei, una storia italiana. I
primi mille anni”, per cominciare a svelare le origini dell’ebraismo
italiano attraverso il racconto curato da Anna Foa, Giancarlo Lacerenza
e Daniele Jalla, con l’allestimento dello studio GTRF di Brescia. A
scandire la narrazione, oltre duecento oggetti preziosi, fra i quali
venti manoscritti, sette incunaboli e cinquecentine, diciotto documenti
medievali, quarantanove epigrafi di età romana e medievale, e
centoventuno tra anelli, sigilli, monete, lucerne e amuleti, poco noti
o mai esposti prima, provenienti dai musei di tutto il mondo (dalla
Genizah del Cairo al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dai Musei
Vaticani alla Bodleian Library di Oxford, dal Jewish Theological
Seminary di New York alla Cambridge University Library).
Una tripla inaugurazione, quella di domani: taglio del nastro anche per
lo spettacolo multimediale “Con gli occhi degli Ebrei italiani”, che
rappresenta l’introduzione permanente ai temi del Meis, e per il grande
edificio restaurato di Via Piangipane, nel centro storico della città,
che fino al 1992 ospitava le carceri cittadine, luogo di reclusione ed
esclusione per eccellenza, e che ora torna a vivere come spazio aperto
e inclusivo.
La mostra è promossa dal Meis, con il patrocinio del Ministero dei Beni
e delle Attività Culturali e del Turismo, della Regione Emilia-Romagna,
del Comune di Ferrara e dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Leggi
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il dossier di pagine ebraiche dedicato ai musei Meis, tra storia e modernità
Un
progetto con una propria identità, che intreccia il passato con
un’anima profondamente contemporanea e che si integra nello spazio
urbano di Ferrara. Un luogo per raccontare la storia plurimillenaria
dell’ebraismo italiano ma anche uno spazio di confronto, di studio, di
incontro aperto al pubblico. Il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano
e della Shoah prosegue spedito nella sua realizzazione: un cantiere
aperto, come più volte è stato raccontato su queste pagine, che con
l’importante tappa di domani – con l’inaugurazione del corpo C del
progetto museale e della mostra Ebrei, una storia italiana, i primi
mille anni – viaggia verso il completamento previsto per il 2020.
“L’estrema modernità della realizzazione architettonica e la veste con
le facciate vetrate si relazioneranno bene all’intorno piuttosto
minuto" racconta a Pagine Ebraiche l’architetto Carla Di Francesco,
responsabile unico del procedimento. "Infatti i nuovi fabbricati
(quello verso Rampari San Paolo, da cui si entrerà, con bookshop e
ristorante, e quello destinato all’area espositiva e all’auditorium)
saranno caratterizzati da elementi rettangolari a lame, sfalsati in
pianta e ad altezze diverse, che non supereranno mai quelle
dell’edilizia circostante”. Nominata in estate nuovo Segretario
Generale del Ministero dei Beni e delle attività culturali e del
turismo (MiBact), Di Francesco ha seguito sin dall’inizio l’iter del
progetto Meis, con la scelta dell’amministrazione comunale ferrarese
guidata dal sindaco Gaetano Sateriale di utilizzare l’area dell’ex
carcere di via Piangipane per la realizzazione del progetto del museo
dell’ebraismo italiano.
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concorso ucei - la premiazione Parma, Chanukkah in musica
La
prima luce di Chanukkah accesa in piazza, poi spazio alla musica e
infine all’atteso verdetto che sancirà il vincitore della prima
edizione del Concorso di composizione musicale nella tradizione ebraica
di scena in queste ore a Parma. L’appuntamento è per questa sera alle
17 alla Casa della Musica dove i quattro finalisti del concorso,
organizzato dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in
collaborazione con Parma OperArt e sotto la direzione artistica del
Maestro Riccardo Joshua Moretti, porteranno sul palco i propri brani,
ispirati alla tradizione ebraica ed eseguiti dall’Orchestra Filarmonica
Italiana, con i suoi sedici solisti. Dopo l’esibizione (aperta al
pubblico e gratuita), preceduta dall’accensione del primo lume di
Chanukkah, la giuria dichiarerà chi tra i quattro compositori
selezionati si aggiudicherà il primo premio del concorso.
Diverse le partiture inviate da compositori provenienti da vari paesi e
valutate da una qualificata commissione formata, – oltre che da Moretti
(che è anche Consigliere UCEI), dal professor Hervé Roten, Directeur
Institute Européen des Musiques Juives (Parigi), dal Maestro Nimrod
Borenstein, compositore (Londra), dal Maestro Luca Tessadrelli, docente
di composizione del Conservatorio di Parma. Leggi
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il presidio davanti a repubblica e l'espresso "Nuovi fascisti, occorre reagire"
Centinaia
di giornalisti in strada, davanti alle redazioni del quotidiano La
Repubblica e del settimanale L'Espresso, per ribadire con forza un
messaggio in risposta all'azione squadrista di alcuni esponenti di
Forza Nuova: chi minaccia un giornalista, minaccia l'insieme di una
società e i suoi valori fondamentali.
Associazioni, sindacati, federazioni di giornalisti. In tanti davvero
erano presenti all'iniziativa, nata su impulso degli organismi di
categoria.
"Non ci preoccupa tanto l'attacco a un giornale o a un gruppo
editoriale, quanto lo slittamento che sta avvenendo nel nostro Paese e
che permette e tollera alcuni atteggiamenti, come quelli di chi pensa
di poter far tacere la stampa o chi sostiene che alcune persone abbiano
più diritti di altri" ha sottolineato in occasione del presidio il
direttore di Repubblica Mario Calabresi. "Questo presidio antifascista
- ha poi aggiunto - non è una sfida personale, ma di un'intera società.
Bisogna reagire e smettere di tollerare o minimizzare determinati
atteggiamenti e aggressioni".
Preoccupazione è stata espressa anche dal direttore de L'Espresso Marco
Damilano: ""La storia della violenza contro i giornalisti non ha
confini. L'Italia, il nostro Stato, si fonda sull'antifascismo e sulla
libertà di stampa. Valori attaccati dagli attivisti di Forza Nuova con
il loro blitz contro i nostri giornali".
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qui roma - l'incontro
In libreria, tra dolcezze e Talmud
Un
pomeriggio tra “dolcezze e Talmud”. A proporlo la libreria ebraica
Kiryat Sefer di Roma, dove si è svolta ieri una lezione-incontro
dedicata al progetto di traduzione in italiano del Talmud babilonese e
in particolare ai due volumi del trattato Berakhot, di recentissima
uscita con la casa editrice Giuntina, curati dal rav Gianfranco Di
Segni. Un progetto che guarda lontano puntando a coinvolgere quella
fetta di società che guarda con interesse al mondo ebraico, alla sua
storia e ai suoi valori, e che nasce il 21 gennaio 2011 con la firma di
un protocollo d’intesa tra Presidenza del Consiglio dei Ministri, MIUR,
CNR e Unione delle Comunità Ebraiche Italiane – Collegio Rabbinico
Italiano.
Ad aprire la serata un saluto della presidente della Comunità ebraica
romana Ruth Dureghello, cui sono seguiti gli interventi del curatore,
del rav Riccardo Di Segni e della direttrice del progetto Clelia
Piperno. Per tutti gli ospiti, al termine della presentazione, tè e
pasticcini. Leggi
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qui roma - l'incontro
"Memoria, un lavoro di squadra"
C’è
chi ha dato una foto, chi un documento, chi un oggetto ritrovato dopo
anni in un cassetto. Un insieme di testimonianze che hanno permesso di
realizzare una mostra che ha il pregio di parlare non solo il
linguaggio del rigore scientifico, ma anche quello delle emozioni più
intime. “1938. La storia”, l’allestimento in esposizione presso la
Casina dei Vallati su iniziativa della Fondazione Museo della Shoah di
Roma, racconta le Leggi Razziali del ’38 e le conseguenze che ebbero
nella vita degli ebrei italiani. Un’epoca drammatica ricostruita anche
grazie ai tanti – singoli individui e nuclei familiari – che hanno
contribuito con una donazione relativa a quel periodo. A loro la
Fondazione, nelle figure del presidente Mario Venezia e dello storico
Marcello Pezzetti, ha voluto dire ieri grazie attraverso una cerimonia
semplice non formale e molto sentita da tutti.
“Un ringraziamento doveroso, per averci permesso di ricostruire così
tante vicende e più in generale per aver creduto nel progetto. Mettiamo
grande cuore in ogni cosa che facciamo, e questo penso lo si veda.
Tutto ciò ci gratifica, anche alla luce dei numerosi impegni che
abbiamo lanciato e che stiamo lanciando. Con una prospettiva
imprescindibile: è uno spirito diffuso di condivisione a rafforzare i
progetti per cui ci si batte” sottolinea Venezia. Leggi
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Gerusalemme |
“Chi
ama Gerusalemme davvero, e non solo come slogan politico, non ha
bisogno che il presidente degli Stati Uniti gli dica che è la capitale
d’Israele. È ovvio, che sia la capitale d’Israele. Gli ebrei hanno
pregato in direzione di Gerusalemme per i duemila anni di diaspora.
Aggiungendo “L’anno prossimo nella Gerusalemme ricostruita”. Senza
Gerusalemme, con il profondo anelito che rappresenta, non sarebbe
esistita l’immigrazione sionista in Terra d’Israele, non sarebbe
esistito uno stato per gli ebrei. Senza Gerusalemme non esisterebbe Tel
Aviv.
Ma chi ama davvero Gerusalemme sa anche che la sua esistenza si fonda
su un delicatissimo sistema di equilibri e compromessi. Non sono sicuro
che Donald Trump se ne renda conto. Non sono sicuro che sappia di cosa
parla, quando parla di Gerusalemme.
Gerusalemme può rappresentare l’inizio della risoluzione del conflitto,
se ricorderemo che non è solo nostra. E rispetteremo il rapporto
intenso e profondo che i credenti delle altre religioni hanno con lei.
Gerusalemme potrebbe anche diventare il fiammifero che innesca
l’ordigno esplosivo, se ci crogioleremo nelle dichiarazioni di un
presidente americano non particolarmente saggio e dimenticheremo che
non lui, ma noi e i nostri figli, dobbiamo vivere da queste parti. E
che da queste parti non c’è futuro senza compromessi e senza vedere
l’altro. Anche a Gerusalemme” Eshkol Nevo (Corriere della Sera, 11
dicembre 2017).
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Storie - L'ombelico del mondo
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L’Italia
si può ridestare. Una nazione che ha affrontato i disastri del fascismo
e della seconda guerra mondiale, ha ricostruito i ponti, le ferrovie,
le case distrutte dai bombardamenti, è stata protagonista del processo
di unificazione europea (come testimoniano i Trattati di Roma del
1957), ha vissuto un periodo di grande boom economico, ha sconfitto il
terrorismo rosso e nero e ha combattuto con tenacia le cosche mafiose,
non può rassegnarsi al declino. A scriverlo è uno dei più importanti
politologi a livello mondiale, l’italoamericano Robert Leonardi, autore
del libro Government and Politics of Italy. Da che deriva il clima di
sfiducia? La risposta di Leonardi è semplice: l’Italia “ha smesso di
guardare l’orizzonte e cominciato a guardarsi l’ombelico. Invece di
pensare ad allargare la torta per tutti, come faceva nel dopoguerra,
cerca di mantenere la fetta assai più piccola che le è rimasta, invece
di risolvere i nuovi conflitti interni, ne rimane prigioniera”. Parole
su cui riflettere.
Mario Avagliano
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Alta pressione
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Anche
se si riuscisse a rimuovere dalla mente quanto accade di violento e di
luttuoso nel conflitto arabo israeliano, diventa impossibile rimuovere
quanto si registra in Italia e, peraltro, nel resto del mondo. Le
accuse contro Israele sono assai dure e non è certo raro che riecheggi
l’ormai vieto tormentone per cui gli ebrei farebbero ai palestinesi ciò
che i nazisti fecero loro. L’asprezza del confronto trascende e rende
pressoché impossibile il ricorso agli aggettivi di cui si dispone.
Negli Anni Cinquanta, la pressione derivava dai residui psicologici del
bando fascista agli ebrei, ricoperti di accuse, perseguitati e
massacrati. Per via di meccanismi psicologici paradossali ma nondimeno
reali, buona parte della borghesia ebraica finì per vergognarsi del
proprio ebraismo, giungendo spesso ad allontanarsi anche in modo
radicale dall’ebraismo.
Emanuele Calò
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