Elia Richetti,
rabbino
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Benché
sia altamente improbabile che il Faraone desse a Yosèf un nome di
origine ebraica (e non manca un’interpretazione del nome Tzafenàth
Pa’néach basata sul significato in antico egizio), i Maestri
interpretano il nome Tzafenàth Pa’néach come “spiegatore di cose
occulte”, partendo dall’assonanza del termine Tzafenàth con la radice
“tz – f – n”, che indica celare (la afiqòmen che si mangia al Séder è
chiamata “tzafùn” perché è stata celata, nascosta). Questa indicazione
dei Maestri ci dice che il testo, così interpretato, ha qualcosa da
trasmetterci.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
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Ieri,
alla presenza del Presidente Mattarella e del ministro Franceschini, si
è svolta a Ferrara la cerimonia inaugurale del Museo Nazionale
dell’Ebraismo Italiano e della Shoah – Meis che da oggi è aperto al
pubblico. La grande e ambiziosa combinazione di architettura e di
contenuti conferma nel lungo periodo una collocazione inamovibile della
storia degli ebrei in Italia all’interno del filone principale della
storia italiana. Le periodiche scosse negative che hanno caratterizzato
il bimillenario percorso degli ebrei nella Penisola e nelle sue isole
non può in alcun modo essere scisso dalle vicende più significative che
hanno determinato la cultura, la politica e il destino dell’Italia. O
forse meglio, le culture, le politiche e i destini di questo paese. Il
Meis potrà avere un importante e positivo ruolo nella maturazione di
una migliore consapevolezza civile degli italiani se sarà appunto il
plurale e non il singolare a imporsi come chiave di lettura di tante
vicende e di tante espressioni apparentemente lontane e
contraddittorie: una lettura da cui possa emergere una narrativa per
quanto possibile inclusiva e sincera – senza apologie e determinismi.
Non è facile per la persona media e per la società nel suo complesso
riuscire ad aprirsi alla diversità, di cui gli ebrei hanno costituito
per oltre due millenni uno dei paradigmi fondanti. Questa ammissione
sta diventando sempre più difficile alla luce del riflusso di tendenze
regressive, semplificatrici e intolleranti della politica contemporanea
in tanti paesi. Auguriamo sinceramente al Meis e ai suoi responsabili
di riuscire in questo necessario e pionieristico sforzo illuminato di
conoscenza e di educazione civica.
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Una storia italiana
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Apre
oggi al pubblico il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della
Shoah (Meis) dopo la grande inaugurazione di ieri alla presenza del
Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del ministro della
Cultura Dario Franceschini. Ampio spazio su tutti i quotidiani
all’evento di ieri: “II Meis inizia il suo percorso con l’esposizione
Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni” sottolinea il Corriere
in un articolo a tutta pagina, ricordando come la mostra curata da Anna
Foa, Giancarlo Lacerenza e Daniele Jalla, con l’allestimento dello
studio Tortelli Frassoni, parli dell’unicità della presenza ebraica
nella Penisola dall’età romana (II secolo a.C.) al Medioevo (X secolo
d.C.). Il quotidiano ricorda poi le parole di Dario Disegni, presidente
del Meis, sulla storia della struttura del museo ferrarese: “l’ex
carcere – ha spiegato Disegni, ricordando il primo uso del luogo – è
diventato da luogo di segregazione a elemento di inclusione”. “In
quegli stessi spazi fu recluso per due mesi Giorgio Bassani. – ricorda
su Avvenire Adam Smulevich – E con lui il meglio dell’antifascismo
ferrarese, nemico acerrimo di un regime che in questa città fu
responsabile di particolari nefandezze. Una prigione, il vecchio
carcere di via Piangipane, che diventa museo. Un luogo di chiusura al
mondo che diventa centro di propagazione culturale senza confini, con
l’ambizione di rivolgersi a un pubblico ampio”. Sull’esposizione invece
Elena Loewenthal su la Stampa spiega: “Dal presente e dal futuro della
cultura, entrare nella mostra è stato come precipitare negli abissi di
un passato a cui tutti in fondo apparteniamo”. Un passato che “comincia
da Gerusalemme, perché qui tutto comincia, e tutto torna… Ma la
prospettiva con cui si avvia il cammino espositivo della mostra e del
Meis, un cammino supportato da una ‘applicazione’ del multimediale
davvero significativa e di grande impatto, è Gerusalemme vista dal
deserto, Gerusalemme come meta di quel viaggio ancestrale che si dirige
verso la Terra Promessa”.
Con l’inaugurazione di ieri “Ferrara chiude il cerchio – scrive Marco
Contini su Repubblica Bologna – con un luogo di aggregazione culturale
che ha l’ambizione di essere insieme museo e centro studi, eredità
diretta, ancorché spezzata per oltre quattro secoli, di quella che tra
il XV e il XVI secolo divenne, per sua scelta, uno fra i luoghi più
vivaci della cultura ebraica, italiana e non solo”. Il Meis potrà
essere il “racconto di come si vive e si convive – spiega a Stefano
Lolli (Quotidiano Nazionale) Noemi Di Segni, presidente dell’Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane - comprendendo i valori dell’ebraismo
e, in fondo, quelli di tutte le religioni. Mostra, e museo, ci aiutano
a riflettere su come l’inclusione sia l’arma più potente per
sconfiggere le paure, e rischiarare il buio che spesso sembra destinato
ad avvolgerci nuovamente”.
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qui ferrara - l'inaugurazione Mattarella: 'Meis, un capolavoro' “Un
capolavoro di integrazione e identità”. Così il Presidente della
Repubblica Sergio Mattarella ha definito il Museo Nazionale
dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara al termine della visita
della mostra “Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni” curata da
Anna Foa (nell'immagine, l'illustre storica italiana mentre accompagna
nella visita il Capo dello Stato), Giancarlo Lacerenza e Daniele Jalla
e che ha inaugurato ufficialmente il Meis. “Il Presidente Mattarella ha
posto molte domande, complimentandosi per l’allestimento e per la
mostra” ha spiegato il Presidente del Meis Dario Disegni, in una
giornata – quella di ieri – in cui Ferrara è diventata il centro
dell’attenzione nazionale e non. E l’obiettivo, grazie alla grande
avventura appena iniziata del Meis – diretto da Simonetta Della Seta -
è quello di restarci anche in futuro. “Un luogo importante perché
ricorda la presenza ebraica nel Paese, e sarà un luogo molto importante
per i ragazzi, per le persone che sanno poco della storia millenaria
dell’ebraismo italiano – ha spiegato il ministro dei Beni Culturali
Dario Franceschini in occasione della cerimonia di inaugurazione alla
presenza del Capo dello Stato – Inoltre sarà un luogo di interesse per
il turismo internazionale: lo abbiamo presentato a New York e a
Gerusalemme e abbiamo avuto manifestazioni di grandissimo interesse”.
Il ministro ha poi parlato dell’importante impronta ebraica impressa
nella storia di Ferrara. “Lo spirito della comunità ebraica si respira
dappertutto, la città è molto legata alla comunità e lo è stata nei
secoli e tutt’ora nell’immaginario collettivo come ben sanno i turisti
che vengono a chiedere dove si trovi il giardino dei Finzi-Contini, per
questo il museo ha avuto luogo a Ferrara”.
“Questa per Ferrara è insieme un segno di privilegio e di
responsabilità” ha detto invece il sindaco Tiziano Tagliani, ricordando
come la città conosca “la sofferenza prodotta dalle leggi razziali” del
1938 di cui il prossimo anno cade l’anniversario degli 80 anni dalla
promulgazione. Tagliani ha poi citato Franco Schönheit, ebreo
ferrarese, deportato insieme alla sua famiglia dai nazisti nei campi e
oggi fondamentale voce di Testimonianza della Shoah.
“Siamo
qui per fare vivere la memoria, in un luogo di formazione, apertura e
incontro, con un ruolo sempre più importante in una società che
faticosamente si confronta con le minoranze. Un luogo dove il racconto
delle tradizioni e della cultura dell’ebraismo si trasforma in vera e
propria istituzione dedita alla formazione, puntando sui giovani e
soprattutto sui giovanissimi” il messaggio invece del presidente
dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini in occasione dell’inaugurazione
del Meis e di una mostra che ha riscosso apprezzamenti trasversali.
“Una esposizione molto leggibile, di altissimo livello, in cui anche
gli esperti possono scoprire cose che non sapevano” il commento del
direttore del Centro di Documentazione Ebraica di Milano Gadi Luzzatto
Voghera. “Il Meis ha il ruolo di far riconoscere le radici ebraiche
dell’Italia al grande pubblico – continua lo storico, membro del
Comitato scientifico del museo – e questa mostra spalanca le porte su
un’epoca importante ma poco studiata come quella antica”. Sottolineando
così il rapporto millenario del mondo ebraico con il Paese. “La mostra
poi ha il merito di portarti in luoghi che altrimenti sarebbero poco
accessibili, con riproduzioni veramente ben fatte come quella legata a
Bova Marina o come il bassorilievo dell’Arco di Tito: dal vivo non
sarebbe possibile ammirarlo così da vicino” la valutazione del
direttore del Cdec, per cui l’esposizione è “assolutamente degna di
essere il primo passo importante” nel cammino del Meis. Impressioni
positive anche per il Consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane Elio Carmi che definisce la mostra “molto solida ed
esplicativa: un primo passaggio importante nel racconto di una storia
millenaria”. Per Carmi, docente del Politecnico di Milano,
l’inaugurazione di questa prima parte del Meis è “una pietra miliare”
di un progetto in divenire che ha ancora molto da raccontare. O, nella
sintesi della Presidente UCEI Noemi Di Segni, il Meis è la
dimostrazione “che quella ebraica è una cultura viva, integrata,
presente nel territorio da millenni e che l’ebraismo non è solo Shoah e
drammi ma vita, cultura, storia e convivere il proprio contesto con il
creare scientifico e artistico, ed è la storia più bella che si possa
raccontare”.
Daniel Reichel Leggi
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da oggi l'apertura al pubblico Meis, l'abbraccio di Ferrara Inizia
oggi la vera vita del Meis, con il primo giorno di apertura al
pubblico, che, come annunciato, è ad ingresso gratuito per tutti i
visitatori, in omaggio e ringraziamento soprattutto ai ferraresi,
invitati a scoprire la mostra “Ebrei, una storia italiana. I primi
mille anni” inaugurata ieri. “Sono sorpreso. La mostra è molto
interessante e mi ha fatto conoscere una parte della storia ebraica e
italiana che non conoscevo. Io sono un ex commerciante e qui in città
ci sono stati tanti
negozi di ebrei: dai Pesaro ai Senigallia, fino ai Saponaro, in via
Saponaro, che vendevano tessuti e dove io avevo fatto il ragazzo di
bottega. Ricordo che quelli più anziani di me parlavano ebraico. Il
percorso qui al Meis mi ha riportato a quella stagione della mia vita”
ha commentato Paolo, un pensionato che vive in città.
Non
mancano i visitatori che arrivano da lontano, e per una signora di
Andria, Maria Pia. “La mostra non lascia indifferenti, anzi suscita
emozioni. La voce del deserto, ad esempio, mi ha rapita. E poi mi sono
piaciuti moltissimo i video in cui a parlare sono gli esperti, l’ho
trovata un’idea geniale: è raro che i visitatori abbiano il privilegio
di conoscere i volti e le voci di chi ha curato una mostra dal punto di
vista scientifico. Ci sono moltissimi particolari da cogliere e
assaporare. E mi sembra un percorso adatto anche alle scuole, per dare
in modo coinvolgente una lezione di storia: del resto, se i musei non
si rivolgono innanzitutto agli studenti, tutto è vano”.
E
ancora, Giulia, ferrarese, che ha trovato la mostra coinvolgente ed
esplicativa: “Mi hanno colpita, in particolare, l’effetto sonoro del
vento, all’inizio del percorso, e la sala con la distruzione del Tempio
di Gerusalemme, entrambi molto emozionanti”. Poi, con un sorriso, ha
aggiunto: “Credo che tornerò presto a rivedere tutto con più calma,
quindi senza mio marito!”.
Si
apre così al pubblico il percorso di incontro e conoscenza voluto
fortemente dalla direttrice, Simonetta Della Seta, che con questa prima
mostra ha scelto di iniziare a raccontare la storia della minoranza
ebraica italiana partendo da lontano, dai suoi primi anni nel Paese. La
giornata di ieri si è aperta con una prima visita guidata riservata
ai giornalisti stranieri, poi la conferenza stampa aperta dal
presidente Dario Disegni con il ministro Dario Franceschini, il sindaco
di Ferrara Tiziano Tagliani, e con Michele Coppola – Intesa San Paolo.
A seguire una
visita guidata introdotta da uno dei curatori, Daniele Jalla, e
accompagnata dai suoi compagni di avventura Anna Foa e Giancarlo
Lacerenza insieme al responsabile dell’allestimento, l’architetto
Giovanni Tortelli, ha segnato solo una prima tappa. Il gran finale nel
pomeriggio alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio
Mattarella, che dopo i saluti del direttore Disegni e delle autorità
presenti – tra gli altri il
sindaco Tiziano Tagliani e il presidente della Regione Emilia-Romagna
Stefano Bonaccini – ha assistito all’accensione della Chanukkiah, che
il rabbino capo di Ferrara, rav Luciano Caro, ha accompagnato con
qualche parola introduttiva sulla festa. Accompagnato poi dalle
autorità e dai curatori il Presidente Mattarella ha visitato tutta la
mostra, mostrandosi molto interessato e soffermandosi su moltissimi
oggetti per chiedere spiegazioni ulteriori.
Ma la vita vera del nuovo hub culturale dell’ebraismo italiano inizia
oggi, con l’incontro con i cittadini di Ferrara, che ora dopo ora
stanno stringendo il loro nuovo museo in un abbraccio che mostra una
volta di più quanto sia stretto il rapporto fra la città e la sua
comunità ebraica.
(Foto di Marco Caselli Nirmal)
a.t. twitter @ada3ves
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avvicendamento al vertice della comunità
Firenze, Misul presidente Avvicendamento
degli incarichi in continuità e piena sintonia di intenti all’interno
del Consiglio della Comunità ebraica fiorentina.
Il Consiglio ha infatti nominato alla presidenza Daniela Misul, 59
anni, vicepresidente dall’inizio di questo mandato, che torna alla
guida della Comunità dopo aver ricoperto questo incarico dal 2006 al
2010. Nuovo vicepresidente è David Liscia, con Rachel Camerini terzo
componente di Giunta. Il presidente uscente, Dario Bedarida, resterà in
Consiglio.
Afferma Misul: “Sono tante le sfide che questa Comunità deve
affrontare. Su un piano di sostenibilità finanziaria innanzitutto, ma
non solo. Ce la metterò tutta, mettendo a disposizione della Comunità
energie e competenze. Sia con incarichi ufficiali, che in qualità di
semplice volontaria, è quello che ho sempre cercato di fare”. Leggi
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otto giorni otto lumi I veri valori da coltivare
I
giorni di Chanukkah, grazie alla luce che si diffonde dai lumi che
accendiamo in essi, sono propizi per afferrare i significati più
profondi della Torah. Questo concetto aggiunge ulteriore significato al
fatto che Chanukkah sia stata collegata con il patriarca
Giacobbe/Israele. In un versetto del profeta Michea è scritto
(cap.7:2): “Tu concederai la verità a Giacobbe”. E la verità non è
altro che la Torah. E la Torah scende verso gli umili come l’acqua che
scorre dall’alto verso il basso. L’umiltà è forse la qualità più
importante che dovrebbe contraddistinguere l’essere umano in generale e
noi come popolo ebraico in particolare. Qualità che dobbiamo riscoprire
affinché ciò che studiamo, e che di conseguenza insegniamo e
pratichiamo, sia veramente trasmesso e compreso. Un grande d’Israele è
scomparso alla vigilia di Chanukkah, rav Aharon Yehuda Leib Shteinman
z.l. Un maestro che, come ha scritto rav Shraga Simmons, è diventato la
guida morale di molti solo in virtù della sua profonda umiltà,
compassione, rispetto di Dio e impegno a servire la collettività senza
alcun pensiero di glorificazione; insegnando per tutta la sua vita, che
la migliore protezione contro le influenze negative sia il nostro
impegno costante nei confronti dei veri valori della Torà. Benedetto
sii Tu Eterno che hai concesso a noi una Torà di verità… Amen.
Rav Adolfo Locci, rabbino capo di Padova
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La domenica e il Sabato |
Molti
anni fa monsignor Ablondi, che fu vescovo di Livorno, per esprimere la
sua ammirazione per il famoso libro di Avraham Heschel, “Il Sabato”, mi
fece questa battuta: “Ho capito la domenica dopo aver letto Il Sabato”.
Bisognerebbe diffonderlo ancora, questo libro.
Rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma
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Setirot
- Le nostre luci
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Sera
dopo sera accendiamo i nostri lumi di Chanukkah, recitiamo le berachot,
guardiamo felici i più piccoli della famiglia prendere dimestichezza
con la chanukkìa, a volte cantiamo. Sui profili Facebook e sui social
in generale, per un giorno, al massimo due, regna l’allegria, l’unità
tangibile di am Israèl e la certezza che, appunto, am Israèl chai ve
chaiàm. Emerge prepotente in tutta la sua forza il senso profondo della
nostra fede/cultura/identità monoteistica che ci preserva profondamente
da ogni deformazione pagana. Poi passano le ore, navighiamo in rete da
osservatori, a volte da attori, e quel “ci preserva”, ai miei occhi, si
trasforma in “ci dovrebbe preservare”. Perché è un fatto innegabile che
l’idelogia (politica), l’estremismo diffuso delle posizioni riguardo
alle scelte del governo israeliano – non di Israele, che tutti
amano/amiamo – rende “pagane” le nostre menti e talvolta le nostre
azioni. Quasi, ironia malvagia della storia, che l’essere filo oppure
anti Netanyahu & C. si tramutasse, vergognosamente, in un nuovo
vitello d’oro.
Chag Chanukkah sameach.
Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Torce nel buio
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In
Eretz Israel, nei primi decenni del ‘900, la festa di Chanukkah aveva
tutt’altro sapore. E non mi riferisco all’incontro tra le tante
tradizioni culinarie ebraiche, ma al senso stesso della festa. I
sionisti vedevano nella vittoria dei Maccabei il simbolo della
liberazione nazionale, dell’indipendenza, dell’eroismo e del potere
dell’uomo di costruire se stesso e la propria storia. La festa era
celebrata con rappresentazioni teatrali, balli, musica, incontri
letterari sul racconto e sui significati di Chanukkah. Intanto, a
migliaia di chilometri, nella Berlino illuminata, il movimento sionista
organizzava il grande ballo dei Maccabei, per ritrovare la storia e la
cultura ebraica e salvarla dall’assimilazione, dalla tradizione
dell’albero di Natale e dei doni ai bambini.
Maria Teresa Milano
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I bagagli del viaggiatore
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Prima
di partire per un viaggio, fare i bagagli è indispensabile, anche se
non sempre apprezzato. È un’arte non facile, significa lasciare alcune
cose e prenderne altre. I viaggiatori più accorti conservano un po’ di
spazio in valigia, per poter portare con sé al ritorno qualcosa della
terra visitata. Ma fare i bagagli non è soltanto una frettolosa
faccenda di indumenti, perché è aspirazione comune, quando si compie un
viaggio, tornare più ricchi. Non è comune, in realtà, la capacità
durante il viaggio di mettere in discussione le proprie idee, cioè di
mettersi in discussione, per modificare oppure confermare i pre-giudizi
della partenza e trasformarli così in giudizi. Sempre naturalmente
nell’attesa del viaggio successivo, in cui anche questi potranno essere
messi in dubbio, accantonati o rinforzati.
Giorgio Berruto
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Miracoli
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Perché,
ci chiedeva a cena Erev Shabbat, allo Shabbaton di Rodi Garganico, uno
dei nostri commensali, Alessandro Cohen (arrivato appositamente da
Israele, e noi che pensavamo di essere gli ospiti giunti da più
lontano!), perché c’è stato il miracolo di Chanukkah? Quando i Maccabei
sono entrati in Tempio e hanno trovato una sola ampolla d’olio per la
Menorah, non avrebbero potuto accendere un lume solo? Che cosa sarebbe
stato più logico fare in alternativa?
Sara Valentina Di Palma
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Trump e Gerusalemme
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S’insiste
a parlarne ma non si conoscono bene i motivi che giorni fa hanno spinto
Trump nella ormai storica – al momento – dichiarazione su Gerusalemme.
Tiziana Della Rocca
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