orizzonti
Dall'Est le voci di dissenso
Gli
avvenimenti del Sessantotto, dei quali quest'anno si celebra
l'anniversario con lo stanco passo dei reduci e poca inventiva
interpretativa, videro l'Europa, ancora una volta spaccata in due. Ma,
come nota giustamente lo storico Guido Crainz: «Nella storia d'Europa
dei decenni successivi, il'68 non ci appare tanto rilevante per quel
che avvenne a Parigi oppure a Torino, a Berlino, a Milano o a Trento,
quanto per i traumi e i rivolgimenti che segnarono quell'area
dell'Europa "sequestrata" dall'impero sovietico». In comune, in tutta
Europa e anche negli Stati Uniti, i fatti di quell'anno ebbero una
ventata di salutare libertà e di antiautoritarismo che incise
soprattutto nel senso della vita e dei rapporti tra i sessi, nel modo
di comportarsi e di stare assieme, nella musica, nel cinema e nel
teatro, nell'arte. Protagonisti furono ovunque i giovani: «Si aveva
l'impressione che l'Europa fosse piena di giovani», ha saltto lo
storico Tony Judt. Soltanto che, come nota nel suo amaro saggio la
storica sociale Anna Bravo, «non c'è pane senza libertà, diceva uno
slogan degli studenti di Varsavia, mentre i loro coetanei francesi
erano abituati a pensare piuttosto il contrario, Non c'è libertà senza
pane».
Francesco M. Cataluccio,
Il Sole 24 Ore Domenica,
27 maggio 2018
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