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30 Ottobre 2018 - 21 Cheshvan 5779
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav
Ephraim Mirvis, rabbino capo
di Gran Bretagna
Andiamo tutti in sinagoga il prossimo Shabbat. Facciamo sì che ogni ebreo nel mondo mostri che niente ci terrà lontano dalle nostre sinagoghe pregando il Signore da ebrei liberi.
 
Dario
Calimani,
Università di Venezia
Dietro a una strage come quella di Pittsburgh, come dietro alle violenze razziste che in Europa prendono di mira ebrei o rom o immigrati, c’è sempre una campagna di odio strisciante e continua, propagandata strategicamente, messa in atto dalla politica che per giustificare sé stessa cerca un nemico sul quale deviare l’attenzione dalle proprie responsabilità.
Sembra inutile e disonesto affermare ogni volta, a posteriori, che la mano criminale era quella di un folle, perché è proprio di folli e squilibrati che politici razzisti si servono per raggiungere il proprio scopo.
 
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Israele al voto
Sono circa 6,6 milioni i cittadini israeliani e residenti di età superiore ai 17 anni cha hanno diritto a votare oggi alle elezioni locali per scegliere nuovi sindaci, consigli comunali e regionali. A Gerusalemme la sfida per la guida della città è tra il ministro degli Affari di Gerusalemme Ze’ev Elkin e i consiglieri comunali dell’amministrazione uscente Moshe Lion e Ofer Berkovitch (a Gerusalemme oggi La Stampa dedica un ritratto). A Tel Aviv, il vicesindaco Asaf Zamir sfida il primo cittadino Ron Huldai, dato in vantaggio nei sondaggi e che in caso di vittoria otterrebbe il quinto mandato. Le urne chiuderanno alle 22 di questa sera e nella notte dovrebbero arrivare i risultati. Intanto un risultato politico e sportivo per Israele arriva da Abu Dhabi dove l’inno israeliano è risuonato nella capitale degli Emirati Arabi, grazie alla conquista della medaglia d’ora di Sagi Muki e Peter Paltchik nel torneo Grand Slam della Federazione internazionale di judo. “Soltanto l’anno scorso, allo stesso torneo, un altro judoka israeliano, Tal Flicker, aveva vinto la medaglia d’oro ma, come tutti gli atleti israeliani che da anni ormai competono in alcuni paesi del mondo arabo senza un trattato di pace con Israele, non gli era stato permesso di salire sul podio al suono dell’inno nazionale. – riporta il Foglio – Qualcosa sta cambiando tra Israele e i paesi del Golfo, senza passare attraverso negoziati, ma muovendosi direttamente verso una lenta e non troppo pubblicizzata normalizzazione”.
 
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  davar
la mobilitazione degli ebrei italiani
'Pittsburgh, la nostra solidarietà'
Ancora solidarietà dall’ebraismo italiano per l’attentato alla sinagoga conservative Tree of Life di Pittsburgh. Un momento di riflessione e preghiera si sarebbe dovuto tenere nel Tempio Maggiore di Roma, ma è saltato per le avverse condizioni climatiche che hanno colpito la Capitale. Ci si è però ritrovati numerosi in diverse sinagoghe tra cui quelle di Milano e Firenze.
A Milano i nomi delle vittime di Pittsburgh sono stati letti nel silenzio del Tempio di via Guastalla. Tanti gli ebrei milanesi venuti ad ascoltare le parole del rabbino capo della città rav Alfonso Arbib, a leggere insieme i tehillim e recitare il kaddish per le undici vittime dell’attentato. Parlando ai presenti, rav Arbib ha ricordato come l’antisemitismo sia una minaccia costante, che nel corso dei secoli ha cambiato maschera ma il cui bersaglio è rimasto lo stesso: gli ebrei. Questo non significa che non si possa combattere ed è necessario che la politica si prenda le sue responsabilità, il concetto espresso dal rabbino capo: è necessario che i politici smettano di usare toni che incitano alla violenza e all’odio. “Ci troviamo anche questa volta a dover aprire le nostre sinagoghe per ricordare delle vittime innocenti causate dal cieco odio razzista – ha ricordato il presidente della Comunità ebraica milanese Milo Hasbani – Le undici vittime della strage di Pittsburgh stavano pregando, stavano celebrando lo shabbat, e non si aspettavano di morire in questo modo vile”. Hasbani ha poi richiamato le parole d’odio del responsabile della strage – “Tutti gli ebrei devono morire” – a cui fanno da contraltare quelle dell’ex primo ministro d’Israele Golda Meir che ricordava come ebrei “ci rifiutiamo di scomparire, non importa quanto forte, spietata e brutale possa essere la forza usata contro di noi”. Tra i presenti in sinagoga il presidente dell’Anpi Milano Roberto Cenati, che in un messaggio al mondo ebraico all’indomani della strage aveva sottolineato: “Ci sono persone a cui si mette in testa che le ideologie razziste siano ancora oggi la risposta alle problematiche attuali, scaricando sugli ebrei, su chi fugge dalle guerre e da situazioni disastrose, la responsabilità della crisi della società contemporanea: è la ricorrente teoria del capro espiatorio. La discriminazione razziale e l’odio per lo straniero così come la purezza etnica sono risposte tragicamente già date nel secolo appena trascorso”. Contro questa retorica d’odio, sottolineava Cenati, l’antidoto più efficace “è costituito dalla Memoria e dalla cultura, legate alla conoscenza storica”.
Ad intervenire nella sinagoga fiorentina la presidente della Comunità ebraica Daniela Misul, il rabbino capo Amedeo Spagnoletto e il console americano Benjamin Wohlauer. “Sono andato sul sito della sinagoga di Pittsburgh e mi ha fatto impressione constatare come le attività che organizziamo siano molto simili. Veniamo da uno Shabbat particolarmente intenso, qui a Firenze. E proprio di Shabbat si è deciso di colpire a Pittsburgh. Il giorno più importante, il dono più grande che l’ebraismo ha fatto al mondo assieme al monoteismo” ha commentato il rav Spagnoletto.
“Non dobbiamo essere indifferenti a quel che ci succede intorno” il monito della presidente Misul, che ha invitato a non sottovalutare i segnali di odio crescenti anche nella società italiana. Segnali che, ha sottolineato, hanno trovato la loro simbolica e allarmante rappresentazione nel corteo fascista di Predappio.
In sinagoga tra gli altri l’ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi, il sindaco Dario Nardella, la senatrice Caterina Biti, il presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani, la Consigliera regionale Titta Meucci, gli assessori comunali Sara Funaro e Massimo Fratini. Oltre alla dirigenza comunitaria, per l’UCEI era presente la Consigliera Sara Cividalli. “Noi oggi ci sentiamo più che mai vicini alla Comunità ebraica di Firenze, agli ebrei di Pittsburgh e del mondo. Oggi siamo tutti ebrei” ha detto il sindaco Nardella a margine della cerimonia. “Essere qui lo considero un dovere di senatore, rappresentante del proprio territorio. Ma anche un dovere di padre. L’odio antisemita va combattuto anche oggi, ancora oggi” ha affermato il senatore Renzi.

(Nell'immagine la sinagoga di Firenze ieri sera)
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le reazioni all'attentato
Il dolore e la frattura aperta
Dopo l’attentato alla sinagoga Tree of Life di Pittsburgh il mondo ebraico, dentro e fuori dai confini americani, si è ritrovato di fronte al dolore per le 11 vite spezzate e allo shock per l’episodio antisemita più grave della storia Usa.
Tuttavia, il cordoglio unanime non è bastato a rimarginare una delle fratture che pervadono la realtà ebraica contemporanea: la contrapposizione tra diverse denominazioni. All’indomani dell’attacco infatti, non è passato inosservato come nella stampa espressione del mondo ebraico haredi, il luogo della strage, affiliato al movimento conservative, non sia stato denominato sinagoga, ma tutt’al più centro ebraico. Un approccio di cui è stato chiesto conto al rabbino capo ashkenazita di Israele, rav David Lau, in un’intervista al quotidiano israeliano Mekor Rishon. Pur cercando di non scatenare polemiche, il rabbino non ha a sua volta voluto impiegare il termine sinagoga, parlando invece di un luogo di chiaro carattere ebraico. “Questa domanda non è rilevante. Non importa come viene chiamato dove è avvenuto, le vittime sono state uccise in quanto ebrei”, ha dichiarato, aggiungendo: “Non c’è bisogno di creare problemi in un momento doloroso”. Diverse le reazioni, a partire da quella del primo ministro Benjamin Netanyahu, che pur non menzionando esplicitamente Lau, ha ribadito senza equivoco l’identità di Tree of Life come sinagoga. “Degli ebrei sono stati uccisi in una sinagoga. Sono stati uccisi perché erano ebrei, e il luogo è stato scelto perché è una sinagoga. Non dobbiamo dimenticarlo, siamo un unico popolo”, ha twittato Netanyahu.
“Il rabbino Lau si è rifiuta di chiamare sinagoga un luogo in cui degli ebrei sono stati uccisi pregando. Una sinagoga tale anche dal punto di vista halakhico”, ha commentato Tomer Persico, Research Fellow al Hartman Institute di Gerusalemme e docente di religioni comparate all’Università di Tel Aviv.
Anche rav Benny Lau, importante voce del mondo ortodosso progressista (e cugino di David), è intervenuto ricordando i “fratelli e sorelle uccisi in una sinagoga perché ebrei”, e mettendo in guardia contro le divisioni all’interno della comunità.
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la mostra DI DANI KARAVAN presentata al meis
Bassani e il giardino che non c'è, il segno di un grande artista
Il giardino immaginario al centro dell’opera di Giorgio Bassani, il mito che ha affascinato milioni di lettori nel mondo legandoli per sempre alle vicende e ai destini degli ebrei italiani prende corpo nel cuore di Ferrara.
Il grande artista israeliano Dani Karavan rende accessibile la sua visione e il suo progetto attraverso un percorso espositivo piccolo e prezioso che apre oggi i battenti nell’area del Museo dell’ebraismo italiano nella città estense.
Una testimonianza straordinarie e commovente e un momento di creazione artistica di grande forza che congiunge, a 80 dal tradimento delle leggi razziste e delle persecuzioni, i fili spezzati delle vicende ebraiche italiane e la sete di diritti civili, di libertà, di democrazia e di tutela dell’intelligenza che il mondo ebraico è determinato a difendere e a testimoniare a beneficio dell’intera collettività.
Accolto a Ferrara dalle massime autorità cittadine assieme al sindaco Tiziano Tagliani, dal presidente del Meis Dario Disegni e dalla direttrice Simonetta Della Seta, dalla presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane Noemi Di Segni, dal presidente della Commissione dedicata al centenario di Giorgio Bassani Daniele Ravenna, l’artista ha voluto condurre personalmente i primi visitatori nel cuore della sua opera.
Il progetto del giardino che potrà sorgere nel cuore di Ferrara emerge vivo come fosse già realizzato attraverso lo slancio trasmesso dai modelli in mostra, ma anche da un contesto di un percorso che ricostruire l’impegno artistico e civile di Karavan per una Memoria pulsante di impegno politico e di amore per l’umanità. Il visitatore attraversa le grandi realizzazioni di Berlino e di Norimberga, ma si lascia anche avvolgere dall’istallazione artistica dedicata agli ultimi momenti di vita di Walter Benjamin, uno dei massimi pensatori del Novecento, che perse la vita sulle sponde del Mediterraneo al termine di una disperata fuga dalle persecuzioni antiebraiche.
E se in un angolo di intimità il visitatore si trova per la prima volta da solo a confronto con il manoscritto dove Bassani vergò il testo del Giardino dei Finzi Contini, un tratto di strada ferrata che simboleggia la ferita della deportazione si perpetua all’infinito in un gioco di specchi. Binari che ci ricordano la necessità di non deporre mai le armi contro la perpetua minaccia dell’oppressione e della privazione della libertà. Sull’altro fronte dello stesso cammino
Karavan ha voluto iscrivere nelle tante lingue del genere umano i cardini della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
Un nuovo appuntamento, a Ferrara, con la creazione ebraica che assume il respiro universale e la speranza collettiva di tutta la società intenzionata a guardare avanti. E un nuovo, importante passo avanti del Museo destinato fare di Ferrara lo snodo della cultura che gli ebrei italiani hanno da offrire alla collettività.
“Sono venuto la prima volta a Ferrara nel 1956 per vedere gli affreschi di Francesco del Cossa e Cosmé Tura – racconta Karavan –. Mi sono innamorato di questa città e da allora ci sono tornato molte altre volte. Negli anni ’80 vi incontrai Paolo Ravenna e immediatamente scoppiò un’amicizia. Grazie a lui ho scoperto il volto ebraico di Ferrara e la storia di Giorgio Bassani. L’idea de Il Giardino che non c’è mi è venuta quando mi sono imbattuto in un gruppo di americani che cercava il giardino dei Finzi-Contini dietro un muro di Corso Ercole I d’Este, senza però trovare nulla. Quando chiesi a Paolo, mi disse che lì non era mai esistito e che era frutto dell’immaginazione dello scrittore”.
Perché, allora – si legge in una nota emessa dal Meis – non usare proprio quel muro in Corso Ercole I d’Este per crearvi l’entrata in un vuoto, nel giardino che non c’è? Una suggestione che si è via via precisata, scontornata, popolata di oggetti. Ecco, dunque, la ferrovia, con la duplice funzione di far accedere fisicamente il pubblico a quel luogo, ora non più solo mentale, e di ricordare il tragico destino delle tante famiglie ebraiche italiane che in treno andarono incontro alla morte, deportate dai nazisti ad Auschwitz e in altri campi di concentramento. Non mancherà nemmeno la bicicletta, un riferimento a Bassani e ai suoi amici – continua Karavan –, che giravano per Ferrara in sella alle loro bici, proprio come il suo alter ego Giorgio e gli altri ragazzi e ragazze nel libro. Mentre una scala alluderà al desiderio di Giorgio di arrampicarsi oltre il muro della proprietà dei Finzi-Contini per stare con Micol, quella giovane ed elegante donna della quale si era innamorato al primo sguardo, quando entrambi erano ancora bambini. Di fronte alla scala, un muro di vetro riporterà diversi estratti dalle pagine in cui Bassani descrive il giardino, in tutte le lingue in cui il suo romanzo è stato tradotto”.
Nell’allestimento curato da Noa Karavan, accanto al modello e a diversi materiali dell’installazione pensata dal padre Dani per Corso Ercole I d’Este, ci sono il manoscritto originale de Il Giardino dei Finzi-Contini (per gentile concessione del Comune di Ferrara) e un percorso tra alcuni degli oltre cinquanta lavori site specific firmati dallo scultore israeliano in giro per il mondo: il memoriale sui Sinti e i Rom a Berlino, la camminata sui diritti umani a Norimberga, l’omaggio a Walter Benjamin a Portbou e il monumento al deserto nel Negev.
“Sono felice e onorato di presentare Il Giardino che non c’è, insieme ad altre mie opere, al MEIS” – conclude l’ottantottenne Karavan –. Trovo molto adatto illustrare il mio progetto proprio qui, nell’edificio in cui Bassani fu detenuto sotto il regime fascista. Sento quest’opera come un’autentica necessità che viene dal profondo di me stesso e non vedo l’ora di vederla realizzata a Ferrara.”
La mostra può essere visitata fino al 10 febbraio 2019, dal martedì alla domenica, dalle 10.00 alle 18.00.
“Il Giardino che non c’è” è patrocinata dalla Regione Emilia-Romagna e dal Comune di Ferrara, con il sostegno di BASSANI 1916-2016 – Comitato Nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Giorgio Bassani, Coop Alleanza 3.0, Ferrara Arte, FER e Italia Nostra – Sezione di Ferrara. Il Meis ringrazia il Centro Studi Bassaniani e la Fondazione Giorgio Bassani.


(Foto di Marco Caselli Nirmal)

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qui roma - la presentazione 
Alto Adige, le storie riscoperte
Le vite e le famiglie spezzate dall’odio. Ma anche i nomi e le responsabilità dei persecutori, che poterono muoversi in un contesto di indifferenza generale. Vittime e carnefici della persecuzione antiebraica in Alto Adige sono magistralmente raccontati nel libro Quando la patria uccide (Raetia editore) di Sabine Mayr e Joachim Innerhofer.
Uno studio, realizzato per il Museo ebraico di Merano, che continua a suscitare interesse. Stimolante il confronto su questi temi avviato ieri nella sede della Fondazione Museo della Shoah di Roma, alla presenza dei due autori e dopo i saluti del presidente della Fondazione Mario Venezia.
Introdotti da Toni Jop, hanno preso la parola il rabbino capo rav Riccardo Di Segni, Silvia Cevidalli, Cesare Finzi e Bruno Läufer.


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pilpul

Confronti utili
Inaugura domani, in una nuova versione, il Museo della Fondazione Centro Culturale Valdese, a Torre Pellice, nelle Valli, in Piemonte. Sono molto curioso di questo restauro e spero di poter presto visitarlo. Credo che sarebbe utile anche per gli ebrei italiani, e in particolare per chi ne cura i vari musei, oltre che per i cittadini in generale. Com’è noto, i valdesi sono una minoranza storica nel nostro paese, che attraverso molte persecuzioni e momenti bui ha saputo sviluppare un’identità rigorosa ma aperta, capace di grande solidarietà, cultura, progressismo. Sono, i valdesi, un po’ gli alfieri del sentimento “laico” in Italia, il che li porta per paradosso a percepire una notevole quota del reddito Otto per Mille, che molti criticano proprio per il suo elemento oggettivamente clericale. E che però essi spendono solo per attività slegate dalle esigenze della comunità e del culto, per opere di bene – come si sarebbe detto.
In settimana si svolgono anche gli Stati generali dell’Ebraismo italiano, a Roma, un’occasione di riflessione certamente utile e importante, soprattutto se saremo capaci di rifuggire dalla retorica e dalla burocrazia. 


Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Non andare in libreria
Essendo andato nella ridente località di Mond’Ongo, una frazione del Comune di Colliseni, per acquistare dei tartufi pervinca, una varietà molto diffusa ma difficile da trovare (occorre un particolare incrocio fra cocker spaniel e bull dog per annusarli) tutto avrei pensato fuorché di trovare una libreria ebraica. Eppure, eccola lì, con la sua bella insegna “Libri per ebrei emancipati”, ed un discreto cartellino nella vetrina, che prometteva un dono di due etti di quei tartufi per ogni acquisto superiore ai novanta euro.
Avendo sfogliato diversi libri senza decidermi, perché erano tutti parimenti invitanti, chiusi gli occhi e ne presi diversi a casaccio. “Un ottimo metodo” pensai, finché mi accorsi di aver preso due volumi delle Pagine Gialle del 1958.


Emanuele Calò, giurista
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Capire, oltre la cronaca
L’antisemitismo cresce, deborda, torna a colpire con la violenza delle armi, al di là delle parole infami e deliranti. Sabato scorso, a Pittsburgh, l’evento più traumatico dell’antiebraismo americano: una comunità riunita in preghiera nella sinagoga conservative “Tree of Life” viene presa a fucilate; undici morti. L’informazione arriva in tempo reale e si sofferma, puntuale, sui più piccoli dettagli; insiste particolarmente sulla prospettiva della pena capitale per Robert Bower, il quarantaseienne neonazista autore della strage. Ma le analisi politiche e sociali sulle cause della nuova ondata distruttiva, sul significato del suo attuale emergere nel contesto della situazione americana e mondiale, mi pare latitino.

David Sorani
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