Non andare in libreria

caloEssendo andato nella ridente località di Mond’Ongo, una frazione del Comune di Colliseni, per acquistare dei tartufi pervinca, una varietà molto diffusa ma difficile da trovare (occorre un particolare incrocio fra cocker spaniel e bull dog per annusarli) tutto avrei pensato fuorché di trovare una libreria ebraica. Eppure, eccola lì, con la sua bella insegna “Libri per ebrei emancipati”, ed un discreto cartellino nella vetrina, che prometteva un dono di due etti di quei tartufi per ogni acquisto superiore ai novanta euro.
Avendo sfogliato diversi libri senza decidermi, perché erano tutti parimenti invitanti, chiusi gli occhi e ne presi diversi a casaccio. “Un ottimo metodo” pensai, finché mi accorsi di aver preso due volumi delle Pagine Gialle del 1958.
“Ottima annata” m’incoraggiò la venditrice, per poi tranquillizzarmi con un sorriso ammiccante: “per il prezzo poi ci metteremo d’accordo; intanto prenda anche questi altri due” e, nel dirmelo, mise dei libriccini di autori ebrei sopra i due volumoni Seat.
Questa volta, per evitare ulteriori sbagli, mi misi a sfogliare gli altri due volumi, ed in uno di essi lessi “intendiamoci, penso che Israele abbia diritto d’esistere”. Avendo trovato questa coraggiosa affermazione, decisi di leggerla ad alta voce alla venditrice e agli altri clienti che, nel frattempo, erano entrati nel negozio.
Iniziai, dunque, a leggere agli astanti ma, dopo le prime parole non mi riuscì di andare avanti senza prorompere in un pianto dirotto; dopo qualche sillaba, la voce mi si strozzava in gola e, non potendo continuare, esibivo le pagine perché gli altri le leggessero. Non lo avessi mai fatto: la venditrice ed i clienti furono contagiati anch’essi dalla commozione e soltanto con ingenti sforzi riuscirono talvolta a frenarsi per dire “quant’è buono quest’uomo”.
Alla fine, lasciai le Pagine Gialle ed i due libri sul bancone e me ne andai, perché per via delle lacrime, il locale si stava rapidamente allagando e l’idrovora appena collegata alla corrente aveva mandato l’impianto in corto circuito. Quando tornai, qualche anno dopo, l’insegna era cambiata, perché la libreria era stata intitolata al coraggioso correligionario che aveva osato spiegare che, malgrado la valanga di critiche che aveva avanzato, Israele, per quanto lo riguardava, poteva continuare ad esistere.
Non so se, nel frattempo, costui abbia scritto che, per quanto lo riguarda, anche il Burundi, la Norvegia, l’Austria e la Nuova Zelanda abbiano diritto d’esistere. Non mi vorrei sbilanciare, ma direi di no. Questo privilegio, insomma, spetta ad Israele.

Emanuele Calò, giurista

(30 ottobre 2018)