Paolo Sciunnach, insegnante | D-o
sostenne Giuseppe in prigione. Tutto Israele è unito l'uno con l'altro.
Non c'è Mitzvah più grande della visita e del Riscatto dei
prigionieri. Così come Avraham visitò e liberò Lot. D-o è uscito
con noi (Utzeticha) dall'Egitto (Mitzraim).
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Anna
Foa,
storica |
L’Europa
fu inventata nel 1941 da tre confinati nella piccola isola di Ventotene
e dalla moglie di uno di loro, due di loro ebrei, nei giorni oscuri in
cui gli ebrei europei si avviavano alla morte.
L’Europa ha stretto insieme nazioni che per cinquant’anni avevano
combattuto l’una contro l’altra, provocando milioni di morti. Ora molte
forze vorrebbero distruggerla.
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"Maggiori poteri a Unifil"
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Una
maggiore presenza del contingente Unifil nel sud del Libano, che
impedisca a Hezbollah di minacciare la sicurezza d’Israele. È la
necessità sollevata dall’ambasciatore d’Israele in Italia Ofer Sachs in
un’intervista pubblicata oggi dal Corriere. Parlando positivamente
della recente visita del vicepremier e ministro degli Interni Matteo
Salvini, l’ambasciatore afferma che definire Hezbollah terroristi come
ha fatto Salvini è “un’ovvietà. Hezbollah è un’organizzazione
terroristica anche secondo l’Unione Europea”. “Voglio sottolineare che
il ruolo dell’Unifil è fondamentale nella regione e che Del Col è molto
apprezzato”, la valutazione di Sachs, secondo cui è necessario che
l’Onu dia maggiori poteri all’Unifil in modo che impedisca “l’attività
illegale e ostile di Hezbollah” nel sud del Libano. Tra i punti toccati
nell’intervista, anche il gasdotto Eastmed, un’opera che “costruiremo
in collaborazione, oltre che con il vostro Paese, anche con la Grecia,
Cipro e più in là l’Egitto. Si stanno effettuando le trivellazioni e ci
piacerebbe che gli italiani assumessero un ruolo più significativo”.
Infine, un riferimento all’incontro bilaterale tra Italia e Israele
“che si terrà a Gerusalemme, non oltre il mese di marzo. Si parlerà di
sicurezza, di cooperazione economica, di ricerca accademica ma anche di
progetti in Africa”.
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l'anniversario in sinagoga Vercelli, i 140 anni del Tempio
"Una festa per tutta la città"
“L’opera
che noi abbiamo con tanto buon successo condotto a compimento, la
costruzione cioè del nuovo Tempio, fu luminosa prova della stretta
colleganza che esiste tra Religione e Libertà”.
Sono parole pronunciate nel 1878 da Ezechia Norzi, segretario della
Comunità ebraica di Vercelli – che si chiamava allora Università
Israelitica. Ieri, a 140 anni dall’edificazione della sinagoga
destinata ad accogliere una comunità di alcune centinaia di persone,
alla presenza di numerosi rappresentanti delle istituzioni civili,
religiose e militari, alcune decine di persone si sono raccolte a
festeggiare l’anniversario dell’edificazione di quello che era stato
pensato come simbolo della consapevolezza di coloro che in quegli anni
furono “orgogliosi di appartenere finalmente alla gloriosa storia
italiana”.
Dopo
i saluti dell’infaticabile presidente della Comunità ebraica, Rossella
Bottini Treves, cui si deve il recupero dell’edificio, e di tante sue
preziose decorazioni e la rinascita di una comunità che pur piccola nei
numeri è capace di esprimere una vitalità notevole, è stato rav Elia
Richetti – il rabbino di riferimento della Comunità – ad aprire la
cerimonia suonando un antico shofar proveniente dalla comunità di
Biella, ora sezione di Vercelli, appena prelevato da una delle vetrine
del museo collocato nel matroneo. Alternati ai discorsi di
rappresentanti istituzionali, dell’assessore comunale alla Cultura
Daniela Mortara, del prefetto Michele Tortora, della presidente UCEI
Noemi Di Segni – che ha voluto ricordare l’importanza delle piccole
comunità per l’ebraismo italiano – di Dario Disegni in rappresentanza
della Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia oltre che della
Comunità di Torino, dello stesso rav Richetti e di rav Alberto Somekh,
molti sono stati i canti della tradizione. Leggi
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dopo l'attentato palestinese a ofra 'Non lasceremo vincere la morte' “Nostro
figlio Amiad Israel ha unito il popolo ebraico nei tre giorni in cui è
stato in vita. Un risultato che in tanti perseguono nella loro intera
esistenza, senza riuscirci”.
Il volto provato dalla sofferenza, dal lutto più terribile che si possa
immaginare. Ma comunque la volontà di guardare avanti, anche nel nome
di quella vita spezzata quando era ancora nella pancia della mamma,
incinta al settimo mese. Una lotta per sopravvivere che ha tenuto un
intero paese con il fiato sospeso per 72 ore di speranza e angoscia,
fino al drammatico epilogo.
Amichai Ish Ran e sua moglie Shira si sono presentati davanti alle
telecamere, a una settimana esatta dall’attentato terroristico
palestinese a una stazione del bus nei pressi di Ofra in cui hanno
perso il figlio che di lì a qualche settimana sarebbe venuto alla luce
e che è stato fatto nascere attraverso un parto indotto. Un disperato
tentativo per salvarlo. Da allora su quella giovanissima vita e su
quella giovane coppia si è concentrato l’affetto di milioni di persone.
Dagli ultraortodossi ai laici: tutti si sono mobilitati per far sentire
il loro affetto con preghiere e doni, ha sottolineato Amichai nel corso
di un incontro con la stampa tenutosi nell’ospedale di Gerusalemme dove
sono entrambi ricoverati. Ha poi aggiunto Amichai: “Possono pugnalarci,
spararci, travolgerci, lanciare pietre contro di noi, ucciderci,
uccidere i nostri figli, ma non possono spezzarci, non glielo
permetteremo”. Gravemente ferita nell’attacco e in lotta per la vita
per alcune ore, Shira ha detto di sentire “il sangue di tutto il popolo
ebraico fluire dentro di me”. Un fatto che, ha aggiunto la donna, “mi
rafforza fisicamente e la aiuta ad affrontare questa prova”.
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qui milano - la giornata di studio
Rav Laras, il ricordo dei Maestri
Una
giornata di studio per ricordare, a un anno dalla sua scomparsa, il
rabbino Giuseppe Laras. A organizzarla, il rabbinato centrale di Milano
con la partecipazioni di rabbini da tutta Italia che, tra ricordi
personali e lezioni di Torah, hanno voluto rendere omaggio a una grande
figura del Novecento ebraico italiano. Ad aprire la giornata –
coordinata dall’allievo di rav Laras, Vittorio Bendaud -, la lezione di
rav Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano e presidente dell’Assemblea
rabbinica italiana. Descrivendo il valore strumentale delle mitzvot
attraverso il Mishneh Torah di Maimonide e lo Shulchan Arukh, rav Arbib
ha ricordato come il rispetto dei precetti non rappresenta solo il
rispetto verso Dio e verso gli altri ma anche verso se stessi. “Se io
maledico qualcuno che non è presente davanti a me non sto tanto
danneggiando questa persona ma me stesso: sto facendo qualcosa di
spregevole verso di me. Le mitzvot servono ad aggiustare se stessi, a
migliorarsi”. Leggi
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Oltremare - Divano
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Ci
sono giorni in cui si ha l’impressione di vivere un paese quasi
normale. Festa ebraica finita e feste cristiane non ancora iniziate,
tempo meteorologico tendente al freddo e piovoso, nessuna crisi di
governo in agguato e in piazza manifestazioni contro il caro vita, cui
nessuno crede veramente. Alle manifestazioni, non al caro vita. A
quello crediamo tutti senza fare nessuna fatica. Ma finché saremo una
economia di isola non è possibile che il costo della vita scenda a
livelli tollerabili. E così capita di fare cose normali come andare a
comperare un divano letto che mancava in casa, e di attenderne la
consegna. E quando il camion arriva scendono due signori gentili, uno
magro come un chiodo e anzianotto ma molto in forma, e un altro
rotondetto e scuro, molto più giovane, che chiede: “Dove lo portiamo?”
Non ho il tempo di rispondere che il primo con l’aria fra il divertito
e lo spiccio dice “Ma nel rifugio, no?” e mi guarda per conferma. Eh
sì, dico io, per di là, prego.
Daniela Fubini, Tel Aviv
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Controvento - Riconoscimento
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La
nuova frontiera della tecnologia si chiama riconoscimento facciale. C’è
chi lo ha già sperimentato con la nuova generazione di Smartphones che
si sbloccano inquadrando il tuo volto. Comodissimi, non c’è chi dire…
Ma che cosa succederà quando questa tecnologia diventerà di uso comune
e, soprattutto, verrà applicata alle telecamere stradali e nei luoghi
pubblici, che saranno così in grado di taggarci in ogni nostro
movimento?
Finora, le telecamere ci riprendono ma non sanno chi siamo. In caso di
crimine la polizia può rivedere migliaia e migliaia di ore di filmati e
cercare di rintracciare presenze e identificare i sospettati: un lavoro
che richiede tempo, competenza, pazienza, anche se oggi ci sono
algoritmi sviluppati in Israele che consentono di eliminare tutto ciò
che non interessa e vedere solo i movimenti di ciò che si cerca.
Viviana Kasam
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