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24 gennaio 2018 - 19 shevat 5779
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PENSIERO EBRAICO

Teshuvah, libertà di cambiare

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La scena che chiude il libro della Genesi è molto significativa. I fratelli di Giuseppe erano terrorizzati dal fatto che, dopo la morte del padre Giacobbe, Giuseppe si sarebbe vendicato su di loro per averlo venduto in schiavitù. Anni prima, aveva detto di averli perdonati: "Ora, non preoccupatevi e non vi sentite in colpa perché mi avete venduto. Guardate: Dio mi ha mandato davanti a voi per salvare delle vite" (Gen. 45,5). Evidentemente, però, gli credettero solo a metà. La loro paura si basava sul fatto che, come è chiaro dalla precedente storia di Esaù, ai figli non era permesso di vendicarsi dei loro fratelli durante la vita del padre. Esaù aveva detto: "Si avvicinano i giorni del lutto per mio padre; allora ucciderò mio fratello Giacobbe" (Gen. 27:41). Questo è ciò che i fratelli temevano ora: che Giuseppe non li avesse realmente perdonati, ma che stesse semplicemente aspettando la morte di Giacobbe. Ecco perché, dopo la morte di Giacobbe, i fratelli mandarono a dire a Giuseppe: "Tuo padre ha lasciato queste istruzioni prima di morire: 'Questo è quello che devi dire a Giuseppe: Ti chiedo di perdonare ai tuoi fratelli i peccati e i torti che hanno commesso nel trattarti così male. Ora, per favore, perdona i peccati dei servi del Dio di tuo padre" (Gen. 50:16). Così Giuseppe dovette dire loro di nuovo che li perdonò: "Non abbiate paura", disse Giuseppe. "Sono io al posto di Dio? Voi volevate farmi del male, ma Dio l'ha fatto per il bene, per realizzare ciò sta per essere raggiunto, la salvezza di molte vite”.

Jonathan Sacks, rabbino

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MACHSHEVET ISRAEL

Pensare Anne Frank con Cynthia Ozick 

img header“La storia di Anne Frank, se raccontata in modo veritiero, è una storia irredenta e irredimibile”. Quando, oltre vent’anni fa, l’intellettuale ebrea newyorkese Cynthia Ozick scriveva queste parole (in un saggio per il New Yorker dal titolo “Who Owns Anne Frank?”, appena tradotto in italiano) avevo terminato da poco la mia dissertation dottorale all’Università ebraica di Gerusalemme proprio sulle interpretazioni della Shoà. Sostenuto dalle riflessioni di Hannah Arendt, di Vladimir Jankélévitch e di Emil Fackenheim, avevo scelto la categoria teologica dell’irredimibile come chiave della mia ricerca per quello che Ozick chiama “un programma calcolato per assicurare la più crudele e la più demoniaca degradazione mai inventata da esseri umani”. E’ una definizione di Shoah che coglie l’essenziale, e che, come spesso accade in quest’ordine di discorsi, non riesce a fare a meno di associare l’agire dell’uomo che si spinge oltre ogni limite di immoralità con la sfera del meta-umano, del demoniaco appunto. Se l’avessi letta prima, avrei citato questa straordinaria scrittrice nella mia tesi (a quando una raccolta dei suoi testi, di fiction e saggistica, in un paio di Meridiani, come avvenuto per Saul Bellow, Bernard Malamud e Philip Roth?). La riflessione critica sul destino del famoso Diario dell’adolescente olandese è una polemica che anticipa di un paio di decenni i disagi avvertiti anche da noi, a margine degli annuali “riti” della giornata della memoria. Quella polemica e questi disagi vanno presi sul serio.

Massimo Giuliani, docente al Diploma Studi Ebraici, UCEI 

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storia        

II reporter che rivelò
le bugie di Stalin  

Negli anni Trenta i membri della stampa estera a Mosca conducevano un'esistenza precaria. Per vivere in Urss, e anche per svolgere il loro lavoro, avevano bisogno del permesso dello Stato. Senza una firma e il timbro ufficiale del dipartimento stampa, l'ufficio centrale del telegrafo non inviava all'estero alcun dispaccio. Per ottenere quel permesso, i giornalisti contrattavano sistematicamente con i censori del commissariato del popolo agli Esteri su quali parole potevano essere usate e cercavano di mantenersi in buoni rapporti con Konstantin Umanskij, il funzionario sovietico responsabile del corpo stampa estera. William Henry Chamberlin, allora corrispondente da Mosca del «Christian Science Monitor», scrisse che il corrispondente estero che rifiutava di ammorbidire i suoi articoli «lavora sotto una spada di Damocle: la minaccia dell'espulsione dal paese o del rifiuto dell'autorizzazione a rientrarvi, il che è ovviamente la stessa cosa».

Anne Applebaum, Il Sole 24 Ore Domenica, 20 gennaio 2019  

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orizzonti 

La Shoah attraverso
gli occhi dei bambini

LIl regista francese Claude Lanzmann, autore dell'opera monumentale Shoah, ci ha insegnato che la forza della testimonianza dell'orrore e la verità del racconto dei sopravvissuti alla Shoah non è rappresentabile in forma di fiction. Eppure per far rivivere le storie di queste persone al presente non c'è altra via. Figli del destino, la docufiction sul dramma delle leggi razziali e la Shoah raccontata dal punto di vista dei bambini (stasera in onda su Rai 1 e presentata nel pomeriggio al Senato), ci ricorda che anche nella galassia dell'audiovisivo viviamo tra due epoche. Ci stiamo lasciando alle spalle, dolorosamente, quella del racconto diretto, con la scomparsa progressiva della voce dei testimoni, e ci avviciniamo all'epoca in cui non sarà più possibile registrare memorie e potremo solo tentare di ricostruirle.




Ariela Piattelli, La Stampa,
23 gennaio 2019 


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Shir Shishi - una poesia per erev shabbat

Gea

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Sarah Kaminski, Università di Torino 

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