Michael Ascoli, rabbino | Una delle iniziative israeliane che mi piacciono particolarmente è “Giveback” (www.giveback.co.il).
Prima di tutto l’espressione è efficace: “dai indietro”, ossia “prendi
coscienza di aver ricevuto qualcosa e sii pronto a ridarne una parte”.
Assai più profondo che semplicemente “offri!”. Ma di cosa si tratta?
Giveback è una piattaforma di finanziamento collettivo dove ognuno può
lanciare un progetto e chiedere che lo stesso sia finanziato da tanti
piccoli o piccolissimi donatori. Ovviamente i progetti possono essere i
più svariati, ma in genere sono di utilità sociale.
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
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I
morti sono tutti uguali. Questa è la verità su cui il politically
correct vorrebbe si concordasse. Ma la verità del politically correct è
spesso una verità deformata, spesso falsata ad arte, direzionata da una
visione ideologica malintenzionata.
I morti non sono affatto tutti uguali, e non sono tutti uguali i motivi della loro morte.
L'ebreo, il gay, il rom, gasato ad Auschwitz non è uguale al nazista
che lo ha gasato. E la morte dell'uno non ha il significato della morte
dell'altro.
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Netanyahu da Putin
Nuovi temi al centro
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Undicesimo
vertice in tre anni tra Netanyahu e Putin alle porte. L’appuntamento è
per il 21 febbraio a Mosca, con vecchi e nuovi temi al centro del
confronto. “Il dossier più caldo – scrive La Stampa – sarà quello della
presenza iraniana in Siria. Ma ce n’è un altro dalle implicazioni
altrettanto decisive. Ed è l’ingresso di Israele nell’Unione
eurasiatica, la comunità di Stati lanciata dalla Russia nel 2014 e che
ora potrebbe compiere un salto di dimensioni impressionanti”.
Non è in pericolo di vita, ma ha gravi ferite al volto il fotografo
Gabriele Micalizzi colpito nelle scorse ore sul fronte siriano. “È
grazie a questi fotografi e ai cronisti di guerra – si riconosce su
Repubblica – che si è saputo dei massacri in Vietnam, delle torture in
Iraq e della ferocia della guerra in Siria. Senza il loro lavoro sul
terreno, l’inevitabile propaganda che accompagna gli eserciti non
potrebbe essere mai contraddetta”.
L’Italia rischia una condanna da parte della Corte Europea dei Diritti
dell’Uomo. Il motivo, sottolinea il Corriere, è nelle dichiarazioni
colpevoliste sui migranti della nave Vox Thalassa nel luglio 2018 da
parte dei ministri Salvini e Toninelli. Ad essere ritenuto ammissibile
“il ricorso di un sudanese e un ghanese per violazione dell’articolo 6
della Convenzione (diritto a un equo processo)”.
“Valdesi ed ebrei per i diritti di tutti”. Questa la scritta che che
apparirà sulla Mole Antonelliana in ricordo delle Lettere Patenti con
cui Carlo Alberto nel 1848 concesse i diritti civili ai cittadini delle
due comunità. Impegno, spiega La Stampa, cui si affiancheranno una
serie di iniziative presentate ieri a Palazzo Civico, promosse da
Città, Chiesa Evangelica Valdese, Comunità Ebraica e Centro Culturale
Protestante.
Iscrizione nel registro degli indagati “per diffamazione aggravata
dall’odio razziale” per il senatore del Movimento Cinquestelle Elio
Lannutti, che sui propri profili social aveva sdoganato i Protocolli
dei Savi Anziani di Sion. A parlarne, tra gli altri, è il Corriere.
Ilhan Omar, neo deputata musulmana per il Partito democratico, si è
scusata per alcuni tweet. “L’antisemitismo è reale — ha twittato Omar —
e sono grata agli alleati e colleghi ebrei che mi hanno istruita sulla
dolorosa storia dei cliché antisemiti”. La deputata, che si era
scagliata contro l’Aipac e le sue campagne per Israele, ha però
ritenuto di non dover far marcia indietro “sul ruolo problematico dei
lobbisti nelle nostre politiche”. A segnalare le sue parole è
Repubblica.
Andrea Marcenaro dedica oggi la sua rubrica Andrea’s Version sul Foglio
all’uccisione della 19enne israeliana Ori Ansbacher: “I giornali
italiani non ne hanno parlato, o ne hanno appena accennato, ma la
notizia è terribile e bisogna capirli. Potrebbe forse consolare un
fatto: la famiglia del giovane Arafat riceverà per legge decine di
migliaia di euro dall’Olp, chiamiamolo reddito di palestinanza vita
natural durante, o quota trenta anticipata, poiché chi accoppa un ebreo
viene considerato eroe”.
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la polemica sulla deputata Ilhan Omar
Antisemitismo, i democratici Usa
e la minaccia interna al partito
Nell'immaginario
antisemita, gli ebrei controllano il mondo da dietro le quinte, grazie
al denaro e al potere. È un pregiudizio che ha attraversato i secoli e
causato sofferenze e milioni di vittime. Negli Stati Uniti questa
retorica è stata utilizzata per screditare e colpire l'alleanza tra la
più antica democrazia del mondo e una delle più giovani, Israele. Lo ha
fatto a suo modo la giovane deputata di origine somale Ilhan Omar: in
un tweet ha sostenuto, con un'allusione, che l'AIPAC (l'American Israel
Public Affairs Committee – nota organizzazione di pressione a favore di
Israele), pagherebbe i politici americani in favore di un sostegno allo
Stato ebraico. “Consapevolmente o no, Omar ha invocato una velenosa
retorica antisemita per cui gli ebrei utilizzerebbero i loro soldi per
manipolare gli affari globali. - sottolinea sul New York Times Michelle
Goldberg - . Questo fatto arriva poche settimane dopo che si è scusata
per un tweet del 2012 in cui diceva che Israele aveva 'ipnotizzato' il
mondo: frase anch'essa che ricorda le vecchie fandonie sul potere
ebraico occulto”. I vertici democratici, tra cui la presidente della
Camera Nancy Pelosi, hanno invitato subito Omar a “rifiutare
l'antisemitismo in tutte le forme”, mentre i repubblicani hanno
sostenuto che i suoi commenti rivelano la profondità del sentimento
anti-Israeliano all'interno del Partito Democratico. Leggi
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melamed - quattro percorsi di studio
UCEI, il progetto per le scuole
"Sfida unica nel suo genere"
Quattro percorsi di studi ebraici, differenziati per scuola, comuni per metodologia e approccio scientifico.
Il Progetto Curricolo nazionale Studi Ebraici promosso dall’UCEI è
giunto in queste ore alla fase della sua trasmissione e condivisione
dopo cinque anni di intenso lavoro che hanno coinvolto le quattro
scuole ebraiche italiane (Trieste, Torino, Milano e Roma) nelle figure
dei dirigenti, degli insegnanti, degli educatori. Uno sforzo collettivo
che è al centro degli incontri che in questi giorni stanno avendo luogo
nelle diverse Comunità, alla presenza del direttore scientifico Shmuel
Wygoda, professore dell’Università Ebraica di Gerusalemme che da tempo
collabora con l’Unione. Il via ieri a Trieste, con una prima
presentazione del progetto aperta a tutta la Comunità e alle famiglie
degli allievi della scuola locale cui è anche intervenuta l’assessore a
Scuola, Formazione e Giovani dell’UCEI Livia Ottolenghi. Seguiranno,
nelle prossime ore, presentazioni a Milano nel contesto di una riunione
allargata del Consiglio comunitario, a Torino nella sede del centro
sociale, a Roma nei locali della scuola. Conclusione, nella sede del
Centro Bibliografico UCEI, per un confronto su risultati raggiunti e
sfide del futuro.
“Si
tratta di un progetto unico nel suo genere, che non ha eguali nel resto
della Diaspora. Un lavoro prezioso, frutto della collaborazione e
dell’impegno di tanti” afferma l’assessore Ottolenghi. “Dopo la
significativa mole di materiale raccolta – prosegue – si entra adesso
nella fase operativa. A disposizione c’è oggi un metodo di competenze
basato sullo stesso criterio e adattato alle diverse esigenze delle
scuole come prospettato dal Forum dei direttori nella relazione con
Wygoda. Uno strumento con basi solide e al tempo stesso flessibile”. Ad
essere sottolineato è l’approfondimento corale alle spalle:
un’occasione, riflette Ottolenghi, che è stata anche opportunità di
crescita e formazione per i protagonisti del mondo della scuola che, ad
ogni livello, sono stati coinvolti: “L’unicità del progetto e il valore
del direttore scientifico, dell’investimento intellettuale, concettuale
e materiale che UCEI, le scuole e i docenti hanno profuso negli anni
fanno di questo un evento importante”.
“Formazione degli insegnanti, impegno rigoroso dei rabbini, dimensione
metodologica fortemente innovativa: Wygoda è stato capace di coniugare
tutti e tre questi aspetti” osserva Saul Meghnagi, coordinatore della
Commissione Scuola, Educazione e Giovani UCEI.
Una sintesi che, aggiunge, è frutto anche della particolarità e
dall’intensità delle sue conoscenze “sia sul piano dell’esperienza
diretta dei testi sia per quanto concerne la sua specializzazione
professionale su queste tematiche”.
Il risultato è un metodo comune di lavoro tra Comunità “che rompe in
modo armonico alcune barriere e tutela dalle invasioni di campo”.
Questi alcuni dei numeri del progetto, coordinato da Odelia Liberanome
per conto dell’area Educazione e Cultura UCEI diretta dal rav Roberto
Della Rocca.
Settantotto le unità didattiche di Torà prodotte dalla scuola di
Milano; 52 quelle di ebraismo a carattere trasversale arrivate da
Trieste; 46 ciascuna da Torino (ebraismo a carattere trasversale) e
Roma (Torà).
“Nel suo complesso – spiega Liberanome – si tratta di un progetto che
ha coinvolto massicciamente un team di insegnanti individuati dalle
direzioni scolastiche e dai rabbini. C’è stato chi ha messo in campo
insegnanti specialiste e chi anche dell’area umanistica. Per tutte e
tutti comunque un percorso non indifferente, segnato da molte ore di
proficuo lavoro”. Le unità predisposte, sottolinea ancora Liberanome,
“rappresentano oggi uno strumento fondamentale per la costruzione di
una visione ebraica”.
(Nell’immagine in alto il professor Wygoda durante una sua esperienza
di studio e approfondimento nelle scuole ebraiche italiane. In basso la
presentazione a Trieste: da sinistra Ester Haddad, insegnante
specialista di ebraismo; l’assessore UCEI Livia Ottolenghi; la
direttrice della scuola Anna Rosa Stalio; il professor Wygoda) Leggi
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qui roma
Da Israele, lezioni di resilienza
Come
si costruisce una comunità resiliente. Israele da alcuni anni ha
scoperto di avere un know how privilegiato in questo campo e così ha
iniziato ad esportare questa conoscenza nata dall'esperienza. A
raccontarlo a Roma, a un evento organizzato dall'ambasciata d'Israele
in Italia, Sara Shadmi-Wortman, capo del dipartimento di community
building dell'Oranim College, che ha insegnato il suo approccio dal
Nepal al Burundi. Introdotta dal viceambasciatore Ofra Farhi,
Shadmi-Wortman ha incontrato diversi esponenti di enti locali di
promozione e assistenza sociale, spiegando cosa significhi costruire
una comunità resiliente e perché è importante. “Con resilienza
intendiamo la misura in cui risorse e processi all'interno di una
comunità mantengono e migliorano il benessere individuale e collettivo
in modi coerenti con i principi di equità, partecipazione, fiducia in
sé stessi, responsabilità sociale”, ha sottolineato Shadmi-Wortman. Leggi
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Lapsus indicativi |
Quando
si maneggia la Memoria, è sempre difficile tracciare confini netti. Se
prendiamo le parole di Matteo Salvini, ministro dell’Interno, davanti
alla foiba di Basovizza e in occasione della Giornata del Ricordo,
facciamo fatica a prendere posizione. Da un lato, è giusto ribadire
come la tragedia degli italiani in Istria, Giulia e Dalmazia sia parte
dell’identità nazionale, dopo decenni di colpevole esclusione e
marginalizzazione. Dall’altro, non ci sarebbe nessun bisogno del
paragone con la Shoah: non occorre innescare sempre la competizione a
chi è più vittima di chi.
I fenomeni, le tragedie, sono diverse, la Shoah è qualitativamente e quantitativamente un unicum.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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This misery can't last |
Il
monologo che Celia Johnson in “Brief Encounter” recita a sé stessa, un
pensiero porto allo spettatore da David Lean, soprattutto grazie alla
magia di Noel Coward, laddove inizia con “this misery can’t last”, si
presta non poco alla sua trasposizione in un abbondante ventaglio di
vicende più o meno catastrofiche; tutto ciò anche grazie
all’ambivalenza del vocabolo “misery” che, malgrado il suo diverso
significato, rimane indissolubilmente legato nella nostra mente al suo
faux ami italico.
Emanuele Calò
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Chi siamo per gli altri |
E
se facessimo un gioco? Proviamo, per quanto difficile o illusorio possa
essere, a uscire per un momento dalla nostra inseparabile dimensione
ebraica e a guardarci con gli occhi degli altri, dei nostri
concittadini non ebrei o comunque della società circostante. Chi siamo
e cosa rappresentiamo per il mondo intorno a noi? Come siamo giudicati?
Sempre più spesso mi trovo a pormi queste domande, da quando in
pensione ormai come insegnante “generico” di Storia e Filosofia sono
comunque assai coinvolto dal mio liceo e da altre scuole per
l’introduzione a mostre legate alle leggi razziali o la trattazione
sintetica dell’antisemitismo e in particolare della Shoah.
David Sorani
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