Lapsus indicativi

Tobia ZeviQuando si maneggia la Memoria, è sempre difficile tracciare confini netti. Se prendiamo le parole di Matteo Salvini, ministro dell’Interno, davanti alla foiba di Basovizza e in occasione della Giornata del Ricordo, facciamo fatica a prendere posizione. Da un lato, è giusto ribadire come la tragedia degli italiani in Istria, Giulia e Dalmazia sia parte dell’identità nazionale, dopo decenni di colpevole esclusione e marginalizzazione. Dall’altro, non ci sarebbe nessun bisogno del paragone con la Shoah: non occorre innescare sempre la competizione a chi è più vittima di chi. I fenomeni, le tragedie, sono diverse, la Shoah è qualitativamente e quantitativamente un unicum.
Vabbè, si tratta di un’imprecisione, una sgrammaticatura involontaria nell’epoca dell’iper-comunicazione, di post in post come fai a cavartela senza sbavature?
E probabilmente è davvero così. Il che però pone un problema: voce dal sen fuggita è più o meno rivelatrice, più o meno inquietante?
Alcuni episodi delle ultime ore inducono a riflettere. A Sainte-Geneviève-des-Bois, Francia, sono stati profanati ieri mattina gli alberi piantati in memoria di Ilan Halimi, il ragazzo ebreo lì rapito, torturato e ammazzato 13 anni fa. L’anniversario ricorre non casualmente proprio domani. Nelle stesse ore, e sempre in Francia, il ritratto di Simone Veil, sopravvissuta alla Shoah e prima presidente del parlamento europeo, è stato sfregiato con una svastica. E come se non bastasse, nessun giornale ha parlato dell’omicidio della giovanissima Ori Ansbacher, violata e trucidata in Israele da palestinesi.
Insomma, il lapsus rimanda a un clima e il clima favorisce il lapsus, in un brutto circolo vizioso. Speriamo bene.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas Twitter: @tobiazevi