I GOVERNI E LE RISPOSTE ALLA SECONDA ONDATA DELLA PANDEMIA
Dall'Europa a Israele, gli appelli ai cittadini:
"Contro il virus, serve responsabilità dai singoli"
In Italia e in Europa la seconda ondata di contagi da coronavirus preoccupa governi e cittadini. Il termine lockdown è tornato d'attualità, seppur tutti i paesi, Italia compresa, abbiano annunciato di non voler tornare a un completo isolamento nazionale. Si pensa a provvedimenti mirati con coprifuochi e misure restrittive applicate in determinati settori. E, per quanto possibile, in Europa si vuole evitare quanto accaduto in Israele, primo paese al mondo a decidere per il ritorno a un confinamento generalizzato. Dal 18 settembre al 18 ottobre infatti il governo di Gerusalemme ha ordinato a milioni di israeliani di rimanere nelle proprie case e applicato misure restrizioni in tutti campi, dal lavoro al diritto di pregare al diritto di manifestare. L'obiettivo di riportare il numero di contagi sotto i duemila casi – dopo aver raggiunto picchi di 11mila contagi giornalieri – è stato raggiunto di recente e le autorità hanno iniziato ad allentare il blocco e a far riaprire diverse attività. Cosa accade in Israele ora ha dunque una rilevanza internazionale, soprattutto visto dall'Europa, dove ministri e capi di governo (dal ministro della sanità italiano Roberto Speranza alla cancelliera tedesca Angela Merkel) chiedono ai propri cittadini di rimanere il più possibile a casa e dove, come in Irlanda, sono stati applicati nuovi lockdown. “Abbiamo avuto un risultato grazie alla collaborazione dei cittadini israeliani. Dobbiamo lavorare passo dopo passo seguendo l'andamento dei dati sui contagi”, ha sottolineato nelle scorse ore il Premier israeliano Benjamin Netanyahu, in apertura della riunione del gabinetto che si occupa della crisi del coronavirus. “Se la situazione dovesse deteriorare, non avremo altra scelta che imporre ulteriori restrizioni”, ha aggiunto Netanyahu, che vuole evitare di commettere gli stessi errori di maggio. Cinque mesi fa infatti il governo di Gerusalemme aveva deciso di riaprire celermente il paese, dalle scuole alle attività imprenditoriali. Una mossa risultata decisiva, ma in negativo: da poche decine di contagiati si è passati rapidamente a migliaia e poi al lockdown. A fine settembre il dato dei positivi era attorno al 15% rispetto ai test fatti. Attualmente la percentuale è tornata a un più gestibile 3%, ma le autorità invitano a tenere la guardia alta.
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FBCEI - LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO DELLA FONDAZIONE A ROMA
“Beni culturali ebraici in Italia,
il 2021 un anno di grandi sfide”
“Dopo un anno nel quale il nuovo Consiglio, insediatosi nel mese di febbraio, ha dato impulso a molteplici programmi, pur con le limitazioni imposte dalla pandemia, nel corso del 2021, in cui ci si augura che la situazione sanitaria possa ottenere decisivi miglioramenti, tutti i progetti dovrebbero registrare significativi sviluppi e raggiungere importanti obiettivi”.
Sono numerose le sfide con cui la Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia sarà chiamata a confrontarsi a breve. L’ha ricordato, nel corso dell’odierna riunione di Consiglio svoltasi a Roma, il Presidente Dario Disegni. Nel suo intervento di esposizione delle linee programmatiche propedeutico anche all’approvazione del bilancio preventivo, Disegni ha parlato di “accresciuta e ormai consolidata reputazione che la Fondazione è riuscita a conquistare grazie al grande lavoro svolto negli ultimi anni”. Insieme alla “conseguente concessione di importanti contributi da parte di istituzioni pubbliche e private, italiane e straniere”, ciò rappresenta un motivo “di legittima soddisfazione e di stimolo a operare con sempre maggiore impegno per la realizzazione delle finalità istituzionali affidate alla Fondazione stessa”.
Nella relazione è stato annunciato che nel 2021 proseguirà il lavoro, iniziato nel 2014, relativo all’aggiornamento della catalogazione del patrimonio culturale ebraico (destinato in prospettiva a dare vita a un vero e proprio Centro del Catalogo, da collocare presso il Meis a Ferrara) con l’impegno di cinque giovani schedatori che operano sotto la guida di membri del Consiglio esperti nella materia e di un comitato scientifico che revisiona quanto portato avanti.
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IN ITALIANO IL VOLUME DEL DIPLOMATICO ISRAELIANO NATHAN BEN HORIN
Israele-Vaticano, un rapporto in evoluzione
Nato in Germania da famiglia polacca, Nathan Ben Horin (1921-2017) ha vissuto in Francia dove ha partecipato alla resistenza contro i nazisti. Ha svolto poi attività diplomatica per lo Stato di Israele, dove è emigrato al termine del conflitto distinguendosi anche nella decisiva guerra d’indipendenza (in cui fu gravemente ferito). Una missione in particolare, negli anni di impegno al Ministero degli Esteri, ha avuto un impatto significativo: quella di ministro plenipotenziario dell’ambasciata israeliana in Italia con delega ai rapporti con la Santa Sede. Incarico svolto dal 1980 al 1986 in un momento in cui le relazioni tra i due Stati non erano ancora ufficialmente regolate. Un lavoro quindi essenziale per preparare il terreno alle svolte che sarebbero poi arrivate. Come la firma dell’Accordo fondamentale, siglato il 30 dicembre del 1993 a Gerusalemme. Dal 1994, andato in pensione, Ben Horin è stato membro della Commissione per i “Giusti tra le Nazioni’ dello Yad Vashem”. Un impegno svolto anch’esso appassionatamente insieme alla moglie Mirjam Viterbi, tra le pioniere del dialogo ebraico-cristiano in Italia.
Associazione Italia-Israele e Università degli Studi di Milano hanno voluto ricordarlo con una video-conferenza in cui è stata presentata l’edizione italiana del suo libro “Le relazioni tra Israele e Vaticano. 1904-2005. Questioni teologiche e politiche”.
Pubblicato dall’editore Panozzo, il saggio riassume e analizza nel dettaglio le molte sfumature e complicazioni di questo confronto diplomatico dai nodi ancora parzialmente irrisolti. Molti gli interventi che hanno caratterizzato l’incontro, introdotto dai saluti di monsignor Pier Francesco Fumagalli, dottore dell’Ambrosiana, e dell’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede Oren David. A prendere la parola, tra gli altri, sono stati il prorettore dell’Università degli Studi di Milano Marilisa D’Amico, Francesco Margiotta Broglio dell’Università di Firenze, Manuela Consonni e Sergio Della Pergola dell’Università ebraica di Gerusalemme, Silvio Ferrari dell’ateneo milanese e il presidente del Cdec Giorgio Sacerdoti.
“Un uomo che ha sempre creduto nel dialogo. Un uomo di pensiero e d’azione che ha contribuito in modo fondamentale a scrivere la storia non sempre facile delle nostre relazioni”, il ricordo dell’ambasciatore David.
(Nelle immagini, la cerimonia della firma dell’accordo fondamentale tra Israele e Vaticano nel 1993; la copertina del saggio di Nathan Ben Horin)
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QUI BOLOGNA
L’antica corte e il melograno,
il progetto che riscopre le radici
Pieve di Cento, suggestivo borgo in provincia di Bologna, è stato in passato un luogo di insediamento ebraico. Una comunità estinta ormai da secoli ma la cui eredità viene oggi recuperata attraverso un progetto di riqualificazione urbanistica che mette al centro l’area che fu il cuore di quella presenza: la Corte dei Liutai.
Promosso con la collaborazione del Touring Club Italiano, il concorso I violini del ghetto chiedeva “lo sviluppo di idee e una risposta tecnicamente realistica, attenta alle dinamiche socio-culturali e allo spirito della città”. A vincere il bando, con un progetto che richiama in modo significativo l’ebraismo e i suoi valori, la proposta dello studio romano Aut Aut Architettura.
Per la giuria, presieduta dall’architetto Daniele De Paz, che è anche presidente della Comunità ebraica bolognese, il progetto non solo “propone una ben riuscita sintesi nella quale la disposizione dei manufatti e delle componenti dello spazio urbano si configura in modo da determinare una riconoscibile organizzazione dello spazio pubblico”, ma ha anche il merito di proporre un apprezzabile riferimento al “valore storico/culturale intrinseco nella piazza”.
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QUI MILANO - L'INIZIATIVA AL TEATRO PARENTI
Alla corte di Ruth
Milano, serata grigia, atmosfera da pre-coprifuoco, persone che già si ritirano, timorose e tristi, inasprendo il già duro decreto con le loro stesse paure. Entro al Teatro Franco Parenti e tiro un sospiro di sollievo: qua è tutto diverso. La sala da 500 posti ne ha moltissimi vuoti, ma tutto è fatto con grazia, con arte, con cura. Piccole luci poste su tavolini separano le sedie degli spettatori, piccole luci a forma di libro aperto che le maschere mascherinate passano e chiudono uno per uno con gesti delicati. Inizia la serata dedicata a Ruth Bader Ginsburg, seconda donna ad essere nominata giudice della Corte suprema degli USA, diventata icona quasi pop, anzi rap, con il nome Notorious RBG. Andrée Ruth Shammah, direttrice del teatro, introduce la serata, che è anche la prima di una serie dedicata dal teatro a "grandi personaggi femminili che hanno migliorato in maniera significativa il nostro modo di vivere e di pensare". Andrèe racconta al pubblico di aver iniziato a tenere una sorta di ideale "agendina" che si riempirà via via di nomi di donne da invitare a parlare e intervenire in ogni occasione, in risposta a tutti quelli che dicono: "questo panel (o evento, o concerto) è tutto di uomini perché non abbiamo trovato donne da invitare".
Miriam Camerini
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Ticketless - La zucca barucca
Da ieri siamo più soli. È morto a Roma Aldo Zargani, l’indimenticabile autore di Per violino solo (1995, Il Mulino). Gli si farebbe torto se s’inserisse quel libro nella fluviale e non sempre memorabile memorialistica italiana sulla Shoah dell’ultimo trentennio. Zargani ha scritto tante altre cose, ma quando ha composto quelle pagine si può dire che fosse in una specie di stato di grazia. Per violino solo è uno dei doni più alti che l’ebraismo italiano ha saputo offrire alla cultura italiana. Ce ne siamo dimenticati troppo presto e nella solitudine degli ultimi anni, di questo isolamento, Zargani ha sofferto: s’è sentito dimenticato a vantaggio di autori che nemmeno da lontano hanno saputo raggiungere le vette di quella scrittura ironica, tagliente, di quel modo obliquo di narrare i guai passati. “Non mi è stato lieve descrivere il lutto: sui tempi lunghi sembra che solo l’umorismo e i culti riescano a sopravvivere, mentre il ricordo si spegne con la vita delle persone che lo hanno portato con sé”. Zargani è stato il portavoce di un ebraismo umile. Non discendeva da nessuna famiglia che conti, non aveva rapporti con l’establishment.
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Referendum elettorale
Non lo nego, sarà per suggestione psicologica, ma cominciano a spaventarmi i toni che Donald Trump sta tenendo in questi ultimi giorni di campagna elettorale.
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Periscopio - Victor Amishav (1925-2020)
Ho avuto occasione di menzionare, in occasione della scomparsa di Peppino Caldarola, Yosh Amishav, già diplomatico israeliano di alto profilo, e poi, per decenni, alto funzionario del Keren ha-Yesod, che di Caldarola è stato intimo amico. E voglio oggi ricordare che lo scorso 10 settembre è mancato, all’età di novantacinque anni, il padre di Yosh, Victor (nato coi nomi ebraici Yeshayahu David), la cui vita merita di essere ricordata.
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