Peppino Caldarola (1946-2020)
La scomparsa di Peppino Caldarola, venuto prematuramente a mancare lo scorso 21 settembre, priva i mondi della politica, del giornalismo e della cultura italiana di uno spirito libero, generoso, anticonformista, che ha dato un contributo di alta rilevanza per la crescita civile del Paese e per il rafforzamento di quegli ideali di libertà, giustizia, democrazia, umanesimo a cui ha dedicato l’intera sua esistenza.
Redattore della Casa Editrice Laterza, vice-Direttore di Rinascita, fondatore e primo Direttore di Italiaradio, Direttore de l’Unità, Direttore di ItalianiEuropei, collaboratore di diverse altre testate (tra cui Il Riformista, Striscia Rossa, Formiche, Civiltà delle macchine e altre), Caldarola ha lasciato un’impronta profonda nel giornalismo italiano, nel quale si è impegnato a diffondere i valori di obiettività, rigore, coraggio, onestà intellettuale che lo hanno sempre caratterizzato. Ed è davvero un nobile e raro esempio di deontologia professionale il modo – davvero impeccabile – in cui egli ha sempre saputo coniugare un’informazione serena, seria, equilibrata con la sua personale passione ideale e politica. Perché, come tutti sanno, Caldarola è stato politicamente schierato, sempre nel campo della sinistra: prima nelle file del Partito Socialista di Unità Proletaria, poi nel Partito Comunista, poi nel Partito Democratico di Sinistra, poi nei Democratici di Sinistra, poi in Liberi e Uguali. Eletto per due volte, nel 2001 e nel 2006, Deputato, ha ricoperto, nella Camera, incarichi di alta responsabilità (tra l’altro, nel Comitato di controllo sui Servizi segreti e nella Commissione Affari esteri e comunitari).
Ma ciò per cui gli vogliamo principalmente rendere onore, in questa sede, è la sua costante, assidua opera di sostegno al mondo ebraico e, in particolare, allo Stato di Israele, per le cui fondamenta etiche, liberali democratiche ha la cui sempre nutrito un’ammirazione profonda, che lo ha portato, dal 2006 al 2008, a diventare Presidente dell’Associazione parlamentare di amicizia Italia-Israele.
Posso dire per esperienza diretta, per avere avuto l’alto onore di essergli stato amico, che Caldarola non ha mai visto alcuna contraddizione tra il suo essere schierato nel campo della sinistra (nel quale, soprattutto nei decenni passati, il sionismo non godeva certo di grandi simpatie) e l’essere uno strenuo difensore di Israele e del suo diritto non negoziabile di vivere in pace e sicurezza. Si trattava, per lui, di un’unica battaglia, a favore dei medesimi valori di giustizia, verità, libertà. Quelli scolpiti nella Costituzione Repubblicana Italiana così come nella Dichiarazione d’Indipendenza di Israele.
Erano gli altri a sbagliare, e se molte posizioni, nel campo cd. progressista, sono state corrette, si deve in grande misura al suo impegno, all’altro prestigio di cui ha sempre goduto, al suo essere un uomo al di sopra d ogni sospetto. Sarebbe stato davvero difficile accusarlo di essere iscritto nel libro paga di qualche lobby ebraica. Anche se, a dire la verità, a una lobby Peppino era davvero legato, quella dell’amicizia. Mi ricordo ancora come gli brillavano gli occhi, come gli si illuminava il viso quando parlavamo dei nostri amici in comune, tra i quali soprattutto due: Raphi Gamzou (illustre diplomatico israeliano, attualmente Ambasciatore a Lisbona) e Yosh Amishav (già diplomatico, e poi, per decenni una delle colonne del Keren ha-Yesod).
Tre persone (Peppino, Raphi e Yosh) che hanno dato moltissimo ai due Paesi, alle loro relazioni, al generale progresso dei valori di libertà, rispetto, civiltà.
Le colpe della sinistra, nei confronti di Israele, della verità, della giustizia, sono notevoli, e non appartengono solo al passato. Ma a tutti gli anticomunisti “ultra”, in servizio permanente effettivo, suggerirei d usare un po’ di prudenza nell’adoperare termini sbrigativi e trancianti nei confronti di un intero mondo. Un mondo vasto e complesso, fatto di luci e ombre, ma del quale hanno fatto parte anche persone come Peppino Caldarola. Se avesse capito di avere sbagliato casa, non c’è dubbio che lo avrebbe fatto. Ma non l’ha fatto. Per me, è e rimane lui la “vera” sinistra.
Francesco Lucrezi, storico