Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui     14 Dicembre 2020 - 28 Kislev 5781
L'INTERVENTO DEL RABBINO CAPO DI ROMA 

Chanukkah, le donne e il 25 Aprile

La simbologia maschile-femminile, che è presente in tante forme nella tradizione ebraica, assume connotati particolari nei giorni sacri e nelle feste, partendo dai simboli degli scritti profetici e dalle interpretazioni tradizionali del Cantico dei Cantici. Si pensi a Shavuòt, nel quale la rivelazione su Sinai è considerata come un matrimonio sacro tra il Signore (al maschile) e la comunità di Israele (al femminile) e la Torà rappresenta la ketubbà, il contratto nuziale. O allo Shabbàt che iniziamo con il canto mistico del Lekhà Dodì, che inverte i ruoli del matrimonio sacro: ora Israele è lo sposo che va incontro allo Shabbàt che è la sposa. E ancora al Rosh Chodesh, il Capomese, basato tutto sulla simbologia lunare e la sua identificazione al femminile.
Il ruolo della donna è però molto più evidente in altre feste ebraiche dove si dice che “anche loro parteciparono al miracolo” e questo fatto impone loro l’osservanza di alcune regole, in deroga al principio generale per il quale le donne non sono obbligate a osservare le regole legate a tempi precisi. È il caso di Pèsach (quattro bicchieri del Sèder), Purìm (lettura della Meghillà) e Chanukkà (accensione dei lumi). Il ruolo del miracolo è duplice, nel senso che furono salvate miracolosamente da un pericolo e furono attive promotrici della salvezza loro e di quella del popolo ebraico. Il rischio subìto e l’attivismo esercitato emergono dagli scritti canonici e sono sottolineati dai midrashim. Per Pesach si pensi al racconto dei primi due capitoli di Shemot, in cui le eroine sono la figlia del Faraone, le levatrici, Yochèved e Miriam e il midrash racconta come furono le donne a convincere i mariti riluttanti a procreare, malgrado le sofferenze della schiavitù. Per Purìm c’è la storia di Ester. Per Chanukkà, che è una festa di tarda istituzione senza scritti canonici, le fonti sono disperse in testi in greco e midrashim che mescolano vari temi: il martirio, il coraggio di uccidere il tiranno, l’opposizione allo ius primae noctis. Donne martiri si sacrificarono per osservare gli obblighi, come la anonima donna vedova che sfidò il potere greco per fare la milà al figlio (in Meghillat Antiochos) o Miriam bat Tanchùm (anonima in TB Ghittin 57b), la madre che vide morire sette figli e poi si tolse la vita per non trasgredire il divieto di idolatria. La storia di Giuditta che uccide e taglia la testa a Oloferne è raccontata nel libro di Giuditta, che non è mai entrato nel canone biblico ebraico (accettato invece da quello cattolico), e viene ripresa e rielaborata in midrashim tardi: spostando il racconto di qualche secolo, Oloferne, da generale assiro babilonese diventa un anonimo generale greco, e Giuditta, come la biblica Yael, gli dà del latte per calmarlo; nei midrashim i motivi della rivolta femminile sono il rifiuto di sottoporsi all’onta di essere possedute dal tafsàr, il capo dei greci invasori; la donna coraggiosa è la sorella di Giuda Maccabeo o Yehudit la figlia di Yochannàn il gran sacerdote. Nelle fonti tradizionali ebraiche c’è una certa confusione tra nomi e fatti, ma la costante indiscussa è l’eroismo femminile e il ruolo di primo piano nel promuovere il processo di liberazione.
Tutti questi dati rendono particolarmente care e sentite a molte donne ebree la partecipazione e la celebrazione di queste feste. In tempi recenti di sensibilità femminista la sottolineatura al femminile delle storie fondanti è presa da molte come una rivendicazione e un simbolo politico. È un meccanismo non privo di rischi e di contraddizioni. Perché c’è femminismo e femminismo e se è vero che sono le donne a lottare, non tutti i valori per cui lottano sarebbero condivisi in certe visioni femministe. A Pesach certamente l’opposizione di alcune donne al potere schiavista e stragista declinato al maschile va bene per tutte le femministe, ma quanto si parla della difesa della maternità e del ruolo procreativo della donna forse non tutte sarebbero d’accordo. A Purìm il ruolo di eroina se lo contendono due donne, la prima delle quali, Washtì, potrebbe divenire icona femminista per il suo rifiuto, pagato a caro prezzo, di sottostare ai capricci erotici del marito ubriaco. I Maestri hanno lavorato molto per smontare questo mito, presentando Washtì come una principessa altezzosa erede dei monarchi babilonesi sconfitti, in conflitto dinastico con un marito che considera un parvenu, e anch’essa dissoluta e immorale, che non esita per i suoi capricci ad esporre le donne ebree alla stessa esibizione sessuale che lei negherà al marito. Resta l’altra eroina, Ester, di cui si ammira il coraggio, ma che per salvare la sua comunità accetta, senza poterlo scardinare, un potere repressivo e assai maschilista.
Per quanto riguarda Chanukkà, non si può trascurare la presenza di un’altra icona femminile al contrario, Miriam bat Bilgà. Di lei si racconta (TB Sukkot 56) che discendeva da una nobile famiglia sacerdotale (Bilgà), fece apostasia e sposò un importante ufficiale greco. Quando ci fu la profanazione del Tempio, lei arrivò all’altare dove venivano bruciati i sacrifici e lo percosse con il suo sandalo, gridando: “Lupo, lupo (in greco, volendo paragonare l’altare a un lupo che faceva strage di agnelli), fino a quando distruggerai i soldi di Israele?”. A seguito di questo episodio i Maestri applicarono delle sanzioni contro l’intera famiglia di lei. Episodio evidentemente offensivo e clamoroso, per quanto il rebbe di Lubavitch si sforzi di spiegare la psicologia di questa Miriam, che era mossa nella sua protesta dal tormento di ogni autentica anima ebraica alla vista delle sofferenze del suo popolo e dall’apparente indifferenza divina.
Se ci sono state donne eroiche che hanno avuto un ruolo decisivo nella vittoria contro i greci, si sono state altre donne che stavano dalla parte del nemico. Per cui sarebbe un errore presentare quella storia nella prospettiva semplicistica di donne virtuose contro uomini imbelli, quando la realtà era di donne contro altre donne e altri uomini, di uomini contro altri uomini e altre donne, non in una lotta sessista ma in una guerra civile per la difesa di certi valori. Sarebbe come dire che il 25 Aprile è la festa delle donne, perché le donne hanno partecipato alla Resistenza, il che è vero e va giustamente ricordato, ma all’epoca c’erano anche tante donne fasciste (forse più numerose delle partigiane).
Chanukkà, come altri momenti importanti della vita ebraica, è densa di significati conviventi. È normale che ogni epoca e ogni mentalità si scelga il significato a lei più vicino e congeniale; è un segno della forza e della vitalità dei messaggi antichi. Ma bisogna stare attenti a non esagerare e deformare la prospettiva. Il ricordo di Chanukkà che da sempre ha dovuto bilanciare in equilibrio precario la componente storico-militare-nazionalistica con quella religiosa ha avuto un revival con il primo sionismo che additava l’esempio dei Maccabei che lottavano per l’indipendenza. Sono passati strani messaggi attraverso canali innocenti come quello delle canzoni popolari; chi si ricorda del Mi yemallèl gvuròt Israel…? “Chi potrà raccontare le prodezze di Israele”; è la frase iniziale che si basa su un versetto biblico (Salmo 106:2), dove però al posto di Israele c’è il nome di D. Come a dire, è tutto merito nostro; è un merito indiscusso, ma non è mai tutto nostro. Allo stesso modo dell’interpretazione e della rivendicazione politica, quella in chiave femminile e femminista ha qualche fondamento, ma è solo una parte di un tutto più complesso. 

Rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma 

LE SVOLTE DELLA DIPLOMAZIA PER ISRAELE 

Dal Marocco all'Oman, nuove alleanze nel mondo arabo

Un finale del 2020 segnato da svolte diplomatiche per Israele. L’ultima in ordine di tempo – dopo Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Sudan – è quella con il Marocco. Rabat ha annunciato la normalizzazione dei rapporti con Israele attraverso un accordo siglato con gli Stati Uniti, con la Casa Bianca che in cambio ha riconosciuto la sovranità marocchina sul Sahara Occidentale. Con questo passaggio, Israele si è assicurata rapporti ufficiali e diretti con un altro stato arabo e musulmano. Il quarto in pochi mesi. E la lista potrebbe aumentare ancora: l'Oman sembra infatti pronto ad unirsi ai suoi vicini del Golfo e aprire a nuovi legami con Gerusalemme. Il ministero degli Esteri del sultanato omanita ha commentato con favore l’accordo annunciato da Marocco e Israele, auspicando che possa essere la strada “per raggiungere una pace globale, giusta e duratura in Medio Oriente”.

LA RICERCA DI TESTIMONIANZE  

"San Marino e gli ebrei, molto ancora da raccontare"

Durante il secondo conflitto mondiale la Repubblica di San Marino ha ospitato migliaia di profughi e sfollati. Tra le persone che hanno cercato un luogo neutrale in cui rifugiarsi ci sono stati anche diversi ebrei perseguitati dal nazifascismo. Una pagina di solidarietà ricordata tra gli altri dal Primo ministro israeliano David Ben Gurion, che nel 1949 ringraziò i governanti della più antica repubblica al mondo.
Una pagina sulla quale da tempo indaga Patrizia Di Luca, responsabile del centro di ricerca sull’emigrazione dell’Università di San Marino. “Da più di dieci anni – racconta la studiosa – abbiamo iniziato ricerche per ricostruire in maniera scientifica la complessità e le contraddizioni di questa storia di accoglienza. Abbiamo analizzato molti documenti, alcuni dei quali conservati presso gli importanti archivi di istituzioni ebraiche come il Cdec, e firmato un accordo con il museo-memoriale di Yad Vashem per uno studio congiunto. Abbiamo anche raccolto alcune testimonianze di storia familiare”.
L’impressione è però che ci sia ancora molto da conoscere. 

OTTO GIORNI OTTO LUMI / 5

Il modo giusto di studiare la Torah

I lumi della Menorah, all’epoca del Tabernacolo e del Santuario di Gerusalemme, e i lumi della Chanukkiah ancora oggi, rappresentano la fonte dell’irradiarsi della luce della Torah in mezzo al popolo ebraico. Dalla modalità di uso della Menorah (Esodo 27:20) possiamo imparare la modalità adeguata per il raggiungimento dei buoni frutti dello studio. L’accensione della Menorah, secondo quanto scritto nella Torah, deve essere fatta con olio uscito dalla prima spremitura a mano delle olive. Questo è il modo di studiare la Torah, spremerla continuamente e con forza per farne uscire il succo.

Rav Adolfo Locci, rabbino capo di Padova

I due complottismi 
Che cosa spinge una scienziata, per l’esattezza una virologa in posti di responsabilità, a rilasciare un’intervista a un giornale della destra radicale tedesca, noto per il suo complottismo, dopo aver già fatto parlare di sé in luglio per aver partecipato ad un convegno del partito di estrema destra Afd con formulazioni complottistiche sul Covid in Italia? Che cosa lega il complottismo sul virus con quello sulla Shoah, il negazionismo politico con quello sanitario? Nel caso della nostra virologa, è la voglia di apparire? E se no, lo fa perché è politicamente vicina al razzismo e al sovranismo sostenuti dall’Afd, oppure perché è negazionista e complottista sul virus? insomma, viene prima l’uovo o la gallina?
Anna Foa
Oltremare - Sciare
Passano gli anni e i decenni, e ci sono ricordi e riferimenti che non so più davvero se sono solo miei, solo della mia famiglia, solo della mia comunità torinese, o del liceo che ho frequentato e così via. Sarà la vita dell’emigrato, di quello che è andato in un altro paese e ci ha costruito su la sua vita, da un certo punto in poi. Sta di fatto che ho letto con crescente orrore il dibattito politico e economico ma anche e soprattutto sociale sulla questione della stagione sciistica in Italia: se aprire o no, cosa aprire, se permettere ai cittadini italiani di migrare temporaneamente verso le vette innevate o meno.
Daniela Fubini
Controvento - Il sonno delle macchine
“Caro, fai fare un pisolino alla telecamera di riconoscimento facciale, sennò potrebbe avere allucinazioni e far entrare i ladri”. La frase sembra tratta da un film dell’assurdo, ma tanto assurda non è. Una ricerca appena pubblicata su Scientific American, a firma di Garrett Kenyon, fisico e neuroscienziato computazionale presso il Los Alamos National Laboratory, dove riproduce su computer molto potenti i modelli biologici delle reti neurali, sembrerebbe indicare che le reti digitali che simulano il cervello umano hanno bisogno di dormire per non perdere di efficienza.
Viviana Kasam
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