LA COMUNICAZIONE DEL PRESIDENTE ISRAELIANO RIVLIN 

Primo incarico per formare un governo,
ancora una settimana per sciogliere i nodi
  

Bisognerà attendere una settimana per sapere a chi il Presidente d’Israele Reuven Rivlin affiderà il complicato compito di formare una coalizione di governo. L’ufficio della presidenza ha infatti annunciato che la scelta del Primo ministro designato sarà annunciata il 7 aprile. Nei due giorni precedenti Rivlin incontrerà le delegazioni dei partiti eletti alla Knesset il 23 marzo scorso. Saranno incontri trasmessi in diretta su tutti i media nazionali, per cercare di garantire la massima trasparenza possibile in questa delicata fase politica.
Il candidato più quotato ad ottenere l’incarico da Rivlin è il Primo ministro uscente Benjamin Netanyahu, che può contare sul successo del suo Likud. Con 30 seggi conquistati alle urne, è di gran lunga il primo partito alla Knesset. Dall’altro lato, la coalizione di Netanyahu ha bisogno di allargarsi per poter raggiungere la maggioranza. Al momento è ferma a 52 seggi. Ne servono ancora nove per arrivare alla fatidica soglia di 61 (su 120 totali in parlamento). E Rivlin non ha la certezza che Netanyahu sia in grado di ottenerli.
Prima di tutto il leader del Likud ha bisogno dei voti della destra di Yamina, il partito di Naftali Bennett (7 seggi). Quest’ultimo si è proposto in campagna elettorale come Primo ministro e ora valuta le sue opzioni. Se scegliere un ritorno in un governo Netanyahu, per cui è stato più volte ministro, oppure optare per il blocco opposto. Gideon Saar, fuoriuscito dal Likud, condivide l’avversione di Bennett per Netanyahu e ha proposto a leader di Yamina un governo di rotazione assieme al centrista Yair Lapid (che porta in dote 17 seggi), sostenuto da una maggioranza eterogenea.

SPORT E IDENTITÀ

Turell, il "Jewish Jordan" che sogna l'Nba
Il grande salto possibile tra qualche mese
  

Con i suoi Maccabees, la squadra di basket della Yeshiva University, domina indisturbato su varie squadre di college del Nord America (ben 34 le vittorie consecutive nel relativo campionato). Un ambiente competitivo, ma forse non abbastanza per il suo talento. E così per Ryan Turell, ala piccola dal tiro facile, potrebbe presto passare il treno giusto. Quello che, secondo il Los Angeles Times, potrebbe portarlo già nel 2022 in Nba. Il sogno di ogni giocatore di pallacanestro. Che se realizzato, nel suo caso, lo farebbe diventare il primo ebreo ortodosso nella massima lega mondiale. 
“The next Jewish Jordan”, scrivono di lui. Un paragone forse un po’ azzardato ma comunque rivelatore del potenziale che gli viene accreditato. In evidenza non ci sono però solo le sue doti tecniche. Centrale è il rapporto con l’identità, che ha attirato su Turell l’attenzione di vari media (e non solo quelli di settore). 
Turell dice di giocare anche per smentire il pregiudizio che vorrebbe gli ebrei poco portati negli sport. La vicenda stessa dei Maccabees, i cui trionfi sono al centro di un recente documentario dell’Associated Press intitolato “Faith before basketball”, starebbe lì a dimostrarlo. La domanda che anche la stampa americana si pone è relativa a un’eventuale conciliazione tra il rispetto scrupoloso delle norme ebraiche e un torneo frenetico che richiede impegno a ogni ora e ogni giorno. Un punto d’equilibrio sembra arduo. E già altri, si ricorda, hanno dovuto rinunciare. È successo nel basket, ma anche in altre discipline.
Un pensiero che per il momento non passa nella testa di Elie Kligman, giovane lanciatore di baseball in forza al Cimarron-Memorial High School (Las Vegas). Molti, anche per lui, vedono un futuro da professionista. “Il mio obiettivo – ha detto al New York Times in una recente intervista – è diventare il primo giocatore della Major League che osserva lo Shabbat”. 

L'INTERVENTO DELL'AUTOREVOLE GIURISTA GUIDO NEPPI MODONA 

"Prefazione al libro complottista e antisemita,
Gratteri non può restare al suo posto"  

"Vi è quanto basta per concludere che il dottor Gratteri ha perso il prestigio di cui un magistrato deve godere nei confronti della popolazione e dei suoi colleghi, e pertanto a norma dell’ordinamento giudiziario deve quantomeno essere trasferito in un’altra sede e con funzioni che non comportino alcun incarico direttivo”. È quanto scrive, in un intervento apparso sul quotidiano Il Riformista, uno dei più autorevoli giuristi italiani: Guido Neppi Modona (nell'immagine).
Il riferimento è alla incresciosa vicenda che ha per protagonista Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Catanzaro, autore della prefazione a un delirante volume in circolazione in cui si sostengono a più riprese tesi complottiste, negazioniste e antisemite.
A gettare un’ombra su Gratteri, rileva Neppi Modona, “una adesione senza riserve all’ipotesi complottistica della strage di stato, per di più proveniente da un soggetto che, per la carica istituzionale ricoperta, ha il potere di esercitare l’azione penale”.
Un potere espressamente adombrato nell’inquietante inciso, sottolinea il giurista torinese, in passato giudice e vicepresidente della Corte costituzionale, in cui Gratteri parla di angosciosi interrogativi “degni di approfondimento nelle sedi competenti”.

SEGNALIBRO 

San Marino, storie di emigrazione (e solidarietà)
  

Sono ormai molti anni che Patrizia Di Luca, con grande dedizione e passione civile, lavora alla ricostruzione di preziosi tasselli di Memoria. Con un’attenzione particolare alle vicende che hanno per protagonista la Repubblica di San Marino. Alla sua antica vocazione di terra accogliente. E in particolare all’aiuto offerto, al tempo delle persecuzioni, a molti cittadini ebrei braccati dal nazifascismo. Un fronte sul quale, come già raccontato più volte anche in questi notiziari, si continua a lavorare.
Se ne trova una traccia anche in un suo saggio di recente uscita, “Dieci storie d’emigrazione”, pubblicato dal locale Centro di ricerca sull’emigrazione di cui la professoressa Di Luca è responsabile. Tra le dieci storie raccontate (in italiano e in inglese) ce n’è infatti una che parla di un “matrimonio di solidarietà” contratto a Parigi con l’obiettivo di sottrarre alla spirale d’odio e persecuzione una donna ebrea francese.

Accordi di Abramo, un aspetto simbolico da non sottovalutare
La crescita esponenziale dell’ostilità antiebraica in ambito islamico è stato il frutto perverso di una saldatura fra pregiudizi religiosi più antichi, imperniati su uno statuto religioso e politico di inferiorità delle minoranze religiose tollerate all’interno dell’Umma islamica, con una lettura teologica e politica portata avanti dal radicalismo islamista, imperniata sull’idea di uno scontro radicale con la cultura occidentale con la conseguente demonizzazione degli ebrei e di Israele in un unicum indifferenziato.
David Meghnagi
Il quinto bicchiere
Ogni anno è uso servirsi di una delle molte Haggadoth che fanno bella mostra nelle nostre case. Quest’anno io ho fatto ricorso a quella di rav Jonathan Sacks (z.l.). Indispensabile. Spiega rav Sacks che in antiche edizioni del trattato talmudico di Pesachim (118a) c’è un passo che ha lasciato perplessi i commentatori: “Rabbi Tarfon dice: Sul quinto bicchiere di vino recitiamo il Grande Hallel”. Eppure si sa che i bicchieri di vino da bere al seder sono quattro e non cinque.
Dario Calimani
Antisemitismo, parliamone ma diciamoci tutto
Ho letto su questo notiziario l’ottimo resoconto del Convegno telematico “Antisemitismo e complottismo: due facce della stessa medaglia”. Si è fatto riferimento ad un tipo di antisemitismo che mi sembrerebbe di scarso peso specifico, mentre temo sia rimasto fuori dell’altro.
Emanuele Calò
Pesach di riflessione
Siamo nel cuore del secondo Pesach consecutivo di pandemia; ancora una volta trascorriamo la festa in semi-isolamento, anche se con qualche possibilità di ritrovarci in piccoli nuclei. Più ancora dell’anno scorso abbiamo sentito la mancanza dei grandi Sedarim di gruppo.
David Sorani
La preghiera per la rugiada
A Pesach il clima cambia. La pioggia cessa e fino all’autunno è vano sperare che scenda ancora prima delle feste autunnali (di solito Sukkot), ma il Popolo continua (e deve continuare) serenamente la sua vita. Per tutti, ma in particolare per un popolo di pastori e di agricoltori, l’acqua è una risorsa fondamentale.
Roberto Jona
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