Gli Accordi di Abramo
Un aspetto simbolico
da non sottovalutare

La crescita esponenziale dell’ostilità antiebraica in ambito islamico è stato il frutto perverso di una saldatura fra pregiudizi religiosi più antichi, imperniati su uno statuto religioso e politico di inferiorità delle minoranze religiose tollerate all’interno dell’Umma islamica, con una lettura teologica e politica portata avanti dal radicalismo islamista, imperniata sull’idea di uno scontro radicale con la cultura occidentale con la conseguente demonizzazione degli Ebrei e di Israele in un unicum indifferenziato. Ponendo l’accento su un richiamo religioso positivo, gli “Accordi di Abramo”, rappresentano un fatto nuovo che ha implicazioni simboliche da non sottovalutare. Di là degli aspetti geopolitici che hanno fatto da sfondo all’avvicinamento tra il mondo sunnita e lo Stato di Israele, gli “Accordi di Abramo” presentano una dimensione simbolica, di carattere religioso, che li differenzia dagli accordi siglati in precedenza da Israele con gli altri Stati arabi della Regione. Gli accordi firmati con Sadat, che portarono alla pace con l’Egitto, restarono per decenni “una pace fredda”. Si pensi alle trasmissioni televisive imperniate sul falso dei Savi di Sion, o alle prediche del venerdì argomentate con riferimenti ai testi sacri islamici contro “i figli di scimmie e di maiali”. Così fu anche per gli accordi di Oslo. Privi di una legittimazione “religiosa” potevano essere considerati una hudna, una “tregua” coranica che non impegnava il futuro. Basti pensare alle affermazioni di Arafat all’indomani degli accordi di Oslo in una moschea di Sidney, da molti erroneamente o strumentalmente derubricate come mero espediente tattico ad uso politico interno. È presto per dirlo. Le variabili in gioco sono molte e le sfide per un futuro possibile di convivenza nella regione sono molte e molto dipenderà dall’Europa e dalla nuova amministrazione americana. Ma anche delle autorità religiose islamiche per essere conseguenti. Restituendo un posto religiosamente e culturalmente riconosciuto agli Ebrei nella Regione, come nazione sovrana con cui operare e dialogare da posizioni paritarie (e non di subalternità assoluta come è accaduto per secoli nella civiltà islamica) il “Patto di Abramo”, rappresenta una svolta che potrebbe avere nel lungo periodo, di là della dimensione geopolitica degli accordi, delle implicazioni simboliche più ampie. Non per caso gli accordi sono stati preceduti in questi anni da visite di cortesia a luoghi di culto ebraici. Senza eccessive idealizzazioni e illusioni, avendo presente la complessità dei problemi e dei pericoli che pesano sull’intera Regione per la corsa al riarmo nucleare, la dimensione simbolica introdotta dagli accordi, rappresenta un fatto nuovo da non sottovalutare e che andrebbe con specifiche richieste (per esempio la fine degli anatemi antiebraici a sfondo religioso) implementato nella prospettiva di un futuro possibile di convivenza pacifica fra popoli e fedi diverse, fondata sul rispetto reciproco.

David Meghnagi, psicoanalista

(30 marzo 2021)