L'INTERVISTA ALL'EX MARCIATORE ISRAELIANO SHAUL LADANY
“Giochi del 2036 tra Berlino e Tel Aviv,
un sogno destinato a rimanere tale”
“L’ipotesi ha senz’altro un suo fascino, ma non mi pare percorribile. Troppi problemi, troppe incognite”.
L’idea che Berlino e Tel Aviv possano presentare un dossier congiunto, candidandosi a ospitare insieme i Giochi olimpici del 2036, stuzzica ma non accende più di tanto Shaul Ladany. L’ex marciatore israeliano, sopravvissuto bambino alla Shoah e poi all’attentato palestinese a Monaco ’72, è da anni il testimonial della Run for Mem. La corsa per la Memoria consapevole organizzata dall’UCEI l’ha visto al via in tutte e quattro le edizioni finora organizzate, da Roma a Bologna, da Torino a Livorno. Un passo dopo l’altro, per costruire un futuro diverso e inclusivo.
Anche in Israele non ha mai smesso di allenarsi e marciare. Qualche giorno fa ha festeggiato gli 85 anni alla sua maniera, percorrendo 42,5 chilometri di strada. “Come una maratona!”, gli viene fatto notare. Non proprio, risponde, “come una maratona più altri 305 metri”.
È questa precisione meticolosa, retaggio della sua formazione di ingegnere, a fargli storcere un po’ il naso. “Capisco il bisogno di fantasticare un po’, ma la realtà è un’altra cosa. Partiamo dai costi ingenti da sostenere, che un Paese piccolo come il nostro non credo possa permettersi senza il rischio di andare incontro a conseguenze molto gravi”, sottolinea Ladany.
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A CENTO ANNI DALL'UCCISIONE PER MANO DAI FASCISTI
Ebreo, socialista, antifascista:
Pisa ricorda Carlo Cammeo
Una falce e martello su di un libro aperto. Un omaggio insolito, che è forse un unicum nella storia dei cimiteri ebraici italiani. Ricorda Carlo Cammeo, giovane insegnante di scuola elementare e attivo membro del partito socialista, di cui era segretario cittadino, brutalmente ucciso a Pisa il 13 aprile del 1921.
Cammeo, nato a Tripoli ma formatosi nell’ateneo pisano, fu attratto con l’inganno in una trappola mortale.
Un gruppo di ragazze lo invita ad uscire dall’aula in cui sta tenendo lezione. L’insegnante, non intuendo il pericolo, acconsente. Come arriva in cortile, lo squadrista Elio Meucci gli spara due volte. Quei colpi sono sufficienti per l’obiettivo del raid. Cammeo, che ha appena 24 anni, non si rialzerà più da terra. Agli occhi dei fascisti che l’hanno annientato la giusta “punizione” per essersi espresso contro la violenza in camicia nera che, in quella primavera, imperversava in Toscana e in tutta Italia. Lo aveva fatto dalle colonne del periodico socialista L’ora nostra, usando a questo scopo anche l’arma dell’ironia. La messa in ridicolo dell’apparato di propaganda di un nazionalismo che si apprestava a diventare egemone, spietata dittatura. Un’onta imperdonabile per i suoi carnefici.
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IL DOSSIER SCACCHI SU PAGINE EBRAICHE DI APRILE
Montare i pezzi, e capirsi
Gli scacchi nella mia memoria hanno un doppio volto: quello dell’adolescenza e quello della maturità, con il corredo di qualche brutto sogno, ma anche di una lezione di vita importante. Il pensiero va a un simpatico professore di scuole medie. La materia che insegnava oggi non esiste più: applicazioni tecniche. Ci aveva mostrato un disegno e ci aveva detto di spendere poche lire in una vecchia bottega di ferramenta: viti con e senza alette, zincate e non, bulloni, tondini in ferro, dadi. Più facile del Lego: in pochi minuti saltava fuori la torre, il cavallo, le pedine, il re e la regina. L’alfiere era il più bello, ma il più complicato da montare. La scacchiera fabbricata in classe, un sacchetto in stoffa per serbare i pezzi. Una lezione importante, per me: attenuava il pregiudizio positivo contro gli ebrei, persistente quanto quello negativo, radicato nel mio insegnante. Tutti i campioni mondiali di scacchi sono ebrei, diceva guardando verso di me. Distratto com’ero e come sono, in classe perdevo invece sempre e regolarmente. Felice della sconfitta, perché la mia debolezza dimostrava quanto poco lontano si vada assecondando i pregiudizi (quelli di segno più o di segno meno non importa). La rivincita me la prendevo sulla terra rossa. Il tennis ha sue logiche geometriche simili agli scacchi, ma vanta pochissimi campioni ebrei.
Più indietro nel tempo il secondo ricordo e la seconda lezione di vita, più politica: un lungomare, non so quale località. La scacchiera disegnata per terra, due scatoloni per i pezzi in grande formato, due giocatori concentrati, pubblico identico a quello che osservava ogni sera sul molo i pescatori. Rodari ha una pagina bellissima sul pensionato che guarda il pescatore pescare, a me piacerebbe emularlo descrivendo la catastrofe di un Re alto come un bambino che cade rumorosamente a terra ai piedi di un bambino più alto di un Re. Profumi di estate, ricordi di una comunità scolastica in un’aula che era in ogni scuola media degli anni post-riforma una palestra di vita. Più tardi, comunque troppo presto per l’età che avevo, questi due ricordi si sono infranti nella faccia paurosa di Max von Sydow nel Settimo sigillo di Bergman (nell'immagine un passaggio del film).
Alberto Cavaglion, Dossier Scacchi, Pagine Ebraiche Aprile 2021
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IL SAGGIO DI ANNALISA CAPRISTO SULLA RASSEGNA MENSILE DI ISRAEL
Dal processo Eichmann al caso Durando,
i racconti della giornalista Tullia Zevi
L’11 aprile del 1961 iniziava a Gerusalemme il processo contro il criminale nazista Adolf Eichmann. Tra i giornalisti in aula anche Tullia Zevi, futura presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. La storica Annalisa Capristo, in un saggio di prossima uscita sulla Rassegna Mensile di Israel, si sofferma sul suo importante contributo. E in particolare sull’attenta disamina delle reazioni che vi furono allora sulla stampa italiana cattolica e oltranzista. Ve ne proponiamo una breve anticipazione.
Nel 1961, tra i giornalisti italiani che si occuparono del processo al gerarca nazista Adolf Eichmann, iniziato l’11 aprile, ci fu anche Tullia Zevi, già allora esponente di spicco dell’ebraismo italiano. Fra gli aspetti di cui la Zevi si occupò nei confronti di un processo dalla rilevanza politica e mediatica enorme come quello ci fu anche l’atteggiamento della stampa e degli ambienti cattolici italiani.
Nel registrare le varie reazioni di quegli organi, Tullia Zevi diede conto, con precisione e soprattutto grande preoccupazione, anche delle voci più oltranziste: come quella del settimanale «La voce della giustizia», diretto dal magistrato Giovanni Durando, che orchestrò una vera e propria campagna antisemita. Quella rivista negò la legittimità del processo a Eichmann da parte di un tribunale israeliano e riesumò, nei confronti degli ebrei, l’accusa di popolo deicida.
Annalisa Capristo
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LA SCOMPARSA DELL'ARTISTA FONDATORE DEL NEOFUTURISMO
Daniel Schinasi (1933-2021)
Affermato pittore sulla scena internazionale, Daniel Schinasi era noto come il fondatore del “Neofuturismo”. Una corrente che riprende alcuni temi del futurismo ma presenta differenze sostanziali rispetto al movimento originale: non più l’esaltazione della macchina, della tecnologia, della velocità. Non più “la guerra come igiene del mondo”. Ma la rivalutazione dell’uomo come soggetto artistico principale.
“Ho conosciuto il futurismo quando già avevo elaborato il mio stile neofuturista. I miei riferimenti erano l’impressionismo e la pittura rinascimentale italiana: mi capitò però di scorgere la geometria nella natura, ma questa geometria non distrugge le forme, come in Picasso, bensì le costruisce. Sta qui la grande differenza tra la pittura futurista e la mia: nella dinamica non spariscono le forme, non si dissolve il soggetto. Si ricostruisce” racconterà l’artista, scomparso nelle scorse ore, a Pagine Ebraiche.
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SEGNALIBRO
Il ritorno di Tosca
“Quale emozione! I bei canti patriottici sgorgano dalle nostre gole! È veramente commovente questo viaggio! Vi sono prigionieri che tornano in patria dopo 4-5-6-7 anni di dura guerra; che come me non hanno notizie da tanto tempo dei propri cari! I cuori sono pieni di gioia e di tristezza! Cosa ci aspetterà al nostro ritorno? Ritroveremo le nostre case? I nostri cari? La guerra con il suo terrore quale impronta avrà lasciato sulle nostre case? Tutto per noi è un triste punto interrogativo. L’ansia è viva in tutti, il nostro pensiero è lontano, laggiù alla cara Patria tanto desiderata”. Sul suo Diario, il 14 giugno 1945, Tosca Di Segni Tagliacozzo appunta le tante emozioni e interrogativi che la accompagnano nel viaggio che finalmente la riporterà verso casa: Roma. Alle spalle, la deportazione dalla Capitale con il marito Gino, i mesi ad Auschwitz-Birkenau, a Theresienstadt, la liberazione, la costruzione del percorso per il ritorno. Davanti, tante incognite e un unico obiettivo, riabbracciare i figli Umberto, Fausto, Sergio, Armandino. Nelle sue parole, l'amore, la speranza, quasi convinzione, di riuscire a ricostruire i legami familiari dopo la terribile cesura della Shoah. “Torniamo, ci avviciniamo a voi per proteggervi e guidarvi ancora per il lungo sentiero della vita! Buon Dio, dammi ancora questa gioia!”, scrive ancora Tosca nel suo prezioso diario, pubblicato ora dall'editore Zamorani - Il ritorno di Tosca. Auschwitz – Roma Eretz Israel – Roma - grazie al lavoro di Giordana Tagliacozzo.
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L'INCONTRO DI QUESTA SERA
Yom HaZikaron, per non dimenticare
Con il tramonto, domani, sarà nuovamente Yom HaZikaron. E cioè la data scelta da Israele per commemorare i militari caduti per difendere la libertà del popolo ebraico e le vittime civili degli attacchi terroristici. Un'occasione di raccoglimento e di ricordo, un'occasione per riflettere sul passato e sul presente d'Israele. Tra i diversi appuntamenti, la Comunità ebraica di Milano ha organizzato un incontro per questa sera (ore 20.00) con due testimonianze dirette, quelle di Yakov Avitan e Matuk Suwaed, e con la partecipazione di Efrat Sheva-Dor del ministero della Difesa israeliano. L'iniziativa, che andrà anche in onda sul canale social UCEI, sarà aperta dai saluti del presidente della Comunità ebraica di Milano Milo Hasbani e introdotta da Gadi Schoenheit.
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Il processo spartiacque
Sessant’anni fa, l’11 aprile 1961, di fronte a giornalisti di tutto il mondo iniziava a Gerusalemme il processo ad Adolf Eichmann. Erano stati convocati 120 testimoni. Fu subito chiaro che si trattava di processare non il solo Eichmann, ma l’intera Shoah: il genocidio del popolo ebraico fu raccontato e rivissuto, suscitando emozioni intense nel pubblico e nei testimoni. La radio israeliana trasmise in diretta le sedute del tribunale.
Ciascuna delle sue quindici imputazioni prevedeva la pena di morte, una pena che è stata applicata nella storia di Israele soltanto a lui.
Anna Foa
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Oltremare - Le non-notizie
Eccoci di nuovo immersi in uno di quei paradossi tipicamente (forse solamente) israeliani: le non-notizie. Abbiamo compiuto un attacco cyber contro un centro nucleare in Iran, andato perfettamente a segno? Chissà, forse. Stiamo giocando a battaglia navale contro navi iraniane in luoghi ben lontani dalle acque territoriali israeliane? Può darsi. Negli ultimi mesi siamo entrati quante volte ne abbiamo avuto voglia nello spazio aereo siriano, e abbiamo colpito cellule pro-iraniane dall'alto? Chi può dirlo.
Daniela Fubini
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Controvento - Carnegie Hall canta la Shoah
Ho conosciuto Ute Lemper nel 2014, qualche mese dopo “I violini della speranza”, il mio primo concerto sulle musiche della Shoah realizzato in collaborazione l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma e con l’UCEI - e qui il mio commosso ricordo va a Renzo Gattegna, che promosse con fermezza l’iniziativa. Il regista Marco Visalberghi, che stava producendo un film su Francesco Lotoro, mi propose di collaborare con questo straordinario ricercatore di musiche composte nei campi di concentramento, e nacque l’idea di “Tutto ciò che mi resta”, una antologia di melodie e canzoni suonate nei lager.
Viviana Kasam
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