È di 45 vittime e oltre 150 feriti il bilancio provvisorio della tragedia avvenuta in Israele, sul monte Meron, durante un pellegrinaggio religioso in occasione di Lag Ba Omer. Numerose, da tutto il mondo, le testimonianze di solidarietà.
Per le 16.30 di questo pomeriggio l’Assemblea dei Rabbini d’Italia ha organizzato un momento di preghiera, che sarà trasmesso anche sul canale social e sulla webtvUCEI, per invocare la guarigione dei feriti.
"Tutta l'Italia ebraica - comunica al riguardo l'UCEI - si unisce al dolore dei familiari di quanti hanno perso la vita nei drammatici fatti avvenuti sul monte Meron, uno degli episodi più sconvolgenti della recente storia d'Israele. Ci stringiamo inoltre a coloro che lottano per la sopravvivenza in una corsia d'ospedale. Il nostro pensiero, le nostre preghiere, sono per voi. Un caloroso ringraziamento a tutti i volontari, ai gruppi che in queste ore stanno soccorrendo e salvando persone e famiglie".
(Il presidente israeliano Rivlin accende delle candele in ricordo delle vittime)
LA TESTIMONIANZA DI MIRIAM CAMERINI
"Ero tra la folla, esperienza sconvolgente"
“Ho sempre desiderato partecipare a questo pellegrinaggio. Sia perché mi affascina la storia di Shimon Bar-Yochai. Sia per ascoltare così tante persone, insieme, parlare yiddish. È stato terribile. Uno shock”.
Miriam Camerini, regista e autrice teatrale, era sul monte Meron. “Ero nel settore riservato alle donne. Più che vedere, ho sentito. C’era una folla enorme. Centinaia di migliaia di persone”, racconta a Pagine Ebraiche.
Quando si è scatenato il panico, la situazione è apparsa subito grave. “Un’unica strada collega i diversi luoghi adibiti ai festeggiamenti. Per le ambulanze, per ore, è stato impossibile percorrerla. C’era gente ovunque accalcata. Sembravano scene da prima guerra mondiale, con morti e feriti trasportati a mano, sopra le barelle. Non tutti hanno colto la gravità di quel che stava accadendo: ho visto un poliziotto quasi venire alle mani per far passare un mezzo di soccorso”.
Camerini è riuscita a lasciare l’area diverse ore dopo. “Alle quattro del mattino son salita sul primo autobus sul quale è stato possibile entrare. Ho scoperto solo dopo la sua destinazione, e cioè la città di Haifa. Ho dormito qualche ora in spiaggia. Più tardi tornerò a Gerusalemme, dove trascorrerò lo Shabbat”.
Un’esperienza, quella di questa notte, che definisce “sconvolgente”.
Grande dolore e amarezza. Sono le reazioni a caldo raccolte da Pagine Ebraiche in queste ore in cui Israele è segnata dal lutto.
Alle 00.50, racconta Yael Bengio, che si occupa del coordinamento dei volontari del Magen David Adom (servizio medico d’emergenza israeliano), ha ricevuto la prima chiamata per il crollo di alcune strutture. “Noi - spiega - avevamo già sul posto con diverse unità dispiegate, ambulanze, moto e un centro di controllo in loco per coordinare ogni eventuale situazione di crisi”. Il personale medico era già in preallerta, aggiunge Bengio, perché si sapeva che sarebbe stato un raduno con migliaia di persone. “Avevamo fatto sopralluoghi nei giorni precedenti per avere ben chiara la situazione sul terreno, e c’erano due postazioni: una in basso al monte Meron e una in alto. Eravamo pronti a soccorrere eventuali feriti, che in una manifestazione così grande erano inevitabili. E abbiamo risposto immediatamente anche a quella che si è trasformata in una vera emergenza”.
“Da giorni si parlava con preoccupazione di questo evento – aggiunge il presidente dell’associazione Amici del Magen David Adom Sami Sisa – Ogni anno questi assembramenti per Lag Ba Omer mettono in allarme le autorità vista l’enorme partecipazione. Non dico che fosse una tragedia annunciata, ma il timore per una possibile disgrazia c’era”.
Anche dopo la tragedia, dice Bengio, sul luogo sono rimaste molte persone per continuare le celebrazioni legate a Lag Ba Omer – ossia il trentatreesimo giorno dell’Omer in cui si interrompe il periodo del lutto – e per rendere omaggio a Rabbi Shimon Bar Yochai, riconosciuto come l’autore di uno dei libri fondamentali della Kabbalah: lo Zohar. La sua tomba a Meron in Galilea è diventata luogo di pellegrinaggio e il 18 di Iyar viene riconosciuto come Yom Hillula, un giorno di celebrazioni gioiose e allegre. Funestato quest’anno da questa tragedia. Nel paese rimane ora il lutto e la necessità di riflettere sull’accaduto, come rileva rav Michael Ascoli. “La prima reazione a questa tragedia è di profondo dolore. Poi, pensando all’accaduto, mi è tornata in mente che ci sono dei precedenti, nella Mishnah”. Ovvero, spiega il rav, un divieto deciso dai Maestri e legato a portare al Tempio il Lulav quando il primo giorno di Sukkot cade di Shabbat. La decisione di vietare questa pratica fu presa per evitare che si formasse la calca e quindi situazioni di pericolo. “Mi sembra chiaro il parallelo con l’oggi. Anche qui siamo in una situazione in cui questi raduni, giustificati o meno, espongono le persone al pericolo e devono per questo essere semplicemente aboliti. Spero che altri la pensino in questo modo e si possa arrivare a legiferare una disposizione di questo tipo. Abbiamo dimostrato – aggiunge rav Ascoli – di non essere capaci di gestire questo evento in sicurezza e quindi dobbiamo prendere misure più drastiche”.
“È terribile pensare che proprio nel giorno in cui per la tradizione ebraica si interrompe il periodo del lutto avvenga una tragedia di queste dimensioni. – la riflessione Raphael Barki, presidente del Comitato Italiani all’Estero – So che degli amici di mia figlia avevano intenzione di andare con le famiglie al monte Meron. Doveva essere un momento di gioia al termine di un periodo così grigio. È invece. Purtroppo tutto questo è anche un monito a tenere sempre alta la guardia”.
Italia in Israele: Sergio Barbanti
il nuovo ambasciatore
Il diplomatico milanese Sergio Barbanti, 64 anni, sarà il prossimo ambasciatore italiano in Israele.
Barbanti, che succederà a Gianluigi Benedetti, ha iniziato la propria carriera diplomatica nel 1987 presso la direzione generale per gli Affari Economici della Farnesina (dove si è occupato di ristrutturazione del debito estero dei Paesi africani).
Nel 1990 è stato destinato in Zimbabwe come vice capo missione e nel 1994 si è trasferito a Washington dove si è occupato di stampa e dei rapporti politici con l’America Latina. Di rientro a Roma nel 1998, ottiene la direzione generale per gli Affari Politici come vice responsabile del settore Nato. Nel 2002 è stato nominato consigliere diplomatico del ministro per la Funzione Pubblica. Nel 2004 prosegue la sua carriera all’estero in qualità di console generale a Madrid. Nel 2009 è ambasciatore in Montenegro.
Di rientro alla Farnesina nel 2013, presta servizio all’ispettorato generale, dove nel 2016 assume l’incarico di vice ispettore generale del Ministero e degli Uffici all’estero. L’11 luglio 2017 il Consiglio dei ministri lo ha nominato ambasciatore d’Italia in Austria.
Da Sanremo a Gerusalemme,
la conferenza che ha fatto la storia
“La Conferenza di Sanremo è una importante pietra miliare nella realizzazione della visione sionista, nel ristabilimento della sovranità del popolo d’Israele nella Terra d’Israele. Ricordo come da bambino guardavo la bandiera britannica sventolare sugli edifici del governo mandatario a Gerusalemme, e sognavo il giorno in cui sarebbe stata la bandiera bianca e azzurra, quella con la Stella di Davide a ergersi lì. Come dice il Salmo: ‘Ci sembrava di sognare’”.
Così il Presidente d’Israele Reuven Rivlin nel suo messaggio inviato nel corso dell’iniziativa organizzata dall’ambasciata israeliana in Italia e dedicata all’anniversario della Conferenza di Sanremo. Una celebrazione andata in onda in diretta su Rai Due (qui per rivedere lo speciale) per ricordare i 101 anni dell’evento che, nella cornice della città ligure, rappresentò un passaggio chiave per la nascita dello Stato. “101 anni dopo Sanremo, la promessa del sionismo continua a essere realizzata. Da ogni punto di vista, lo Stato ebraico è una straordinaria storia di successo. Israele è forte, vivace e fiorente”, le parole del Primo ministro Benjamin Netanyahu per l’occasione.
Sono particolarmente colpito dalla lettura della rassegna stampa del nostro notiziario Moked di oggi 29 aprile 2021. I quotidiani sono travolti in tutte le prime pagine da riflessioni sul terrorismo degli anni ’70 e ’80. Tuttavia, anche se nella “Prima pagina” il tema viene offerto alla nostra attenzione, la rassegna stampa che evidentemente è impostata sulla base di parole chiave di argomento ebraico, religioso o legato a Israele e al Medio Oriente, non offre alla lettura online gli articoli dedicati all’arresto dei sette ex terroristi in Francia. Capisco che gli automatismi della tecnologia fanno a volte brutti scherzi, ma io credo che sia doveroso riflettere sul tema anche su queste pagine.
“Ben ‘Azay affermava: Sii pronto ad adempiere un precetto lieve e fuggi dalla trasgressione, perché l’adempimento di un precetto ne trascina un altro, mentre una trasgressione ne trascina un’altra. Il premio di un precetto adempiuto è il precetto stesso, mentre la punizione per la trasgressione è la trasgressione.” (Avòt 4;2)
Molti si dichiarano soddisfatti delle opere della loro vita, anche se per affermarsi e raggiungere alti livelli hanno sgomitato e, a volte, fatto del male agli altri.
Ideologico, perché no? Da quando “ideologico” è diventato un insulto? È una delle non poche bizzarrie del discorso politico in Italia a cui nessuno sembra fare caso. Di un progetto di legge che non piace si dice che è “ideologico”. Ci mancherebbe che non lo fosse. Altrimenti quali motivazioni dovrebbero ispirare chi propone una legge? Interessi economici? Desiderio di compiacere il proprio elettorato o di aumentare il proprio consenso elettorale? Onestamente non mi sembrerebbero motivazioni di cui andare particolarmente fieri.
"Que la France vive heureuse et prospère. Qu’elle soit forte et grande par l’union et la concorde.
Que les rayons de Ta lumière éclairent ceux qui président aux destinées de l’État et font régner l’ordre et la justice.
Que la France jouisse d’une paix durable et conserve son rang glorieux au milieu des nations. Amen. […]".
Ogni sabato mattina nelle sinagoghe francesi gli ebrei locali pregano con queste parole in francese e in ebraico per la prosperità della Repubblica francese e per il benessere del suo popolo.