Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui     18 Agosto 2021 - 10 Elul 5781

L'IMPEGNO DELLE ISTITUZIONI DELL'EBRAISMO ITALIANO 

Afghanistan: una crisi, tante emergenze
Anche il mondo ebraico si mobilita

Dalla tutela dei diritti civili alla minaccia del radicalismo islamico, l’evoluzione della crisi in Afghanistan, con la caduta del paese in mano ai talebani, preoccupa anche le istituzioni dell’ebraismo italiano, che si sono immediatamente attivate per valutare la situazione. Al centro delle consultazioni in corso di svolgimento la necessità di coordinare reazioni efficaci in sintonia con i due organismi che rappresentano l’ebraismo mondiale ed europeo, rispettivamente il World Jewish Congress e lo European Jewish Congress.
Fra i temi analizzati, la tutela dei diritti civili delle popolazioni coinvolte nel nuovo scenario mediorientale con particolare riferimento alle donne; gli effetti del ritorno dei talebani al potere sulla sicurezza di Israele e di tutte le società democratiche; la possibilità che si rafforzino i movimenti islamisti anche al di fuori dell’Afghanistan; la necessità di governare in maniera equilibrata flussi migratori già molto problematici che rischiano di essere ora ulteriormente sconvolti dalla fuga di migliaia di afghani dal regime talebano. Sfide che coinvolgeranno le istituzioni europee ed internazionali, ma anche le singole società. Da qui l’importanza anche per il mondo ebraico di prepararsi a nuovi scenari.

L'ESPERTO ISRAELIANO DI TERRORISMO YORAM SCHWEITZER A PAGINE EBRAICHE

“Afghanistan, possibile piattaforma del terrorismo.
L'Occidente deve disinnescare questo rischio"

 

Dalla presa del potere a Kabul, i talebani hanno cercato di presentarsi con un volto nuovo al mondo, più moderato. Nella prima conferenza stampa hanno parlato di voler formare un governo inclusivo, di voler “rispettare i diritti delle donne sotto il sistema della sharia”, e assicurato che “il territorio dell’Afghanistan non sarà usato contro nessuno”. Parole che vanno prese con grande scetticismo, sottolinea a Pagine Ebraiche l'esperto israeliano di terrorismo Yoram Schweitzer. “Non c'è dubbio che, per quanto possano promettere, i diritti delle donne verranno limitati. In più il pericolo che l'Afghanistan diventi un parco giochi per il terrorismo internazionale rimane concreto”, afferma Schweitzer, capo del programma di ricerca sul terrorismo dell'Institute for National Security Studies, con un passato da consulente in materia di sicurezza per il governo di Gerusalemme. Per Schweitzer l'Europa e l'Occidente avrà ora il compito di mantenere alta la pressione sui talebani affinché diano seguito alle loro promesse. “I talebani hanno interesse a proporsi come controparte credibile per poter mantenere saldo il potere”, rileva l'esperto. E su questo punto la comunità internazionale dovrà far leva per evitare che l'Afghanistan torni ad essere una stato sinonimo di violenza e repressione dei diritti. Non fanno ben sperare in questo senso le notizie che arrivano dal paese, con perquisizioni casa per casa e tentativi di proteste duramente repressi.

Il paese che i talebani controllano ora è molto cambiato rispetto a due decenni fa. E anche il movimento islamista si è presentato al mondo in modo diverso rispetto al passato, promettendo aperture. Possiamo credere a queste promesse?
Non voglio indovinare cosa accadrà. Ma non c'è dubbio che le convinzioni dei talebani si basano sul rispetto delle leggi coraniche secondo la loro interpretazione dell'Islam. E per questo possiamo aspettarci sicuramente un arretramento nella condizione delle donne. Vedremo sul lungo periodo se effettivamente permetteranno alle donne di partecipare alla vita pubblica e politica, di far parte dei media, dell'accademia, come hanno detto. O se torneranno ai pessimi comportamenti del passato. Io non sono ottimista. Anche in riferimento ai profughi. I talebani si presentano ora più aperti perché vogliono bloccare l'esodo dei rifugiati. In questa fase sanno che è importante per loro evitare questa fuga di massa per potersi presentare come partner affidabili sul piano internazionale. Non credo però che in una fase successiva questo approccio rimarrà. Penso saranno molto duri nei confronti dei loro stessi cittadini. Saranno molto aggressivi contro le donne, contro l'opposizione. Forse invece miglioreranno i propri comportamenti rispetto al passato, ma io non ci credo.

Il ritiro americano è presentato come una disfatta, concorda con questa visione?
Gli Stati Uniti volevano andarsene, hanno deciso di andarsene e hanno annunciato ai talebani che se ne sarebbero andati. Non sono stati cacciati o sconfitti. Certo non era previsto il rapido collasso dello stato afgano, e soprattutto di un esercito che praticamente non ha combattuto, ma non si può parlare di sconfitta quando siamo di fronte a un ritiro annunciato. Ci sono stati errori nelle modalità, ma nella sostanza gli americani hanno raggiunto il loro obiettivo, lasciare l'Afghanistan perché non è più una loro priorità. Lo hanno detto i predecessori del presidente Biden. Lo ha detto Biden. Quindi non parliamo di una sconfitta, anche se ovviamente i talebani e i movimenti radicali islamici hanno tutto l'interesse a presentarla come tale.

Il ritorno al potere dei talebani rafforzerà anche gli altri movimenti radicali islamici?
Ci sono diverse questioni in ballo. Sul fronte interno, secondo un accordo siglato con Trump, i talebani dovrebbero collaborare per cacciare i membri di Al Qaeda dall'Afghanistan. Non lo faranno. Non hanno mai avuto intenzione di dare seguito a quell'intesa. Ci sono le prove che molti affiliati di Al Qaeda vivono nelle province afghane e ho pochi dubbi sul fatto che non verranno cacciati. Se poi i talebani permetteranno che l'Afghanistan diventi di nuovo un teatro di morte con campi di addestramento per i terroristi di Al Qaeda e i loro affiliati, un luogo da cui far partire attacchi terroristici in tutto il mondo, su questo possiamo solo aspettare e vedere. Non sono sicuro che accadrà, perché ricordiamoci che 20 anni fa questa fu la ragione per cui gli americani entrarono nel paese.

Ticketless - Spigolatura dantesca
Seconda spigolatura dantesca ferragostana, senza escursione vacanziera questa settimana.
Quante volte abbiamo ripetuto i versi dell’epigrafe di Se questo è un uomo consapevoli che intreccino Deuteronomio e i Salmi, in una parodia sacra della prima affermazione del monoteismo (Ascolta, Israele!). Tutti sappiamo sono la secolarizzazione di una preghiera finalizzata alla tutela della memoria nel passaggio dai padri ai figli. La persistenza di elementi danteschi in quei versi è altrettanto nota: essa trae ispirazione dagli appelli al lettore tipici della Commedia, a partire da quell’imperativo «Considerate se questo è un uomo», che prelude al Canto di Ulisse richiamato a memoria nell’episodio di Pikolo: «Considerate la vostra semenza, fatti non foste a viver come bruti…». Nessuno fino ad oggi di un secondo calco dantesco.
«Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case…» prepara il terreno al «Considerate …». Levi cuce insieme i due punti più alti dell’umanesimo dantesco: dall’Inferno risaliamo al Purgatorio, canto XVI, quello degli iracondi, dove rileggiamo le parole di Marco Lombardo: «Voi che vivete ogne cagion recate/pur suso al cielo, pur come se tutto/movesse seco di necessitate» (vv. 67 ss.).
Alberto Cavaglion
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Periscopio - Il Poeta e il mondo ebraico
Abbiamo illustrato, nella nostra nota di mercoledì scorso, l’elencazione, fatta da Virgilio nel Limbo, nel quarto Canto dell’Inferno, dei nove protagonisti della storia di Israele (che, come abbiamo detto, all’inizio coincide con la storia dell’umanità). Una sintesi racchiusa, come abbiamo ricordato, in soli sei versi, di straordinaria densità storica, religiosa e poetica. 
Riguardo a tale esposizione, si potrebbero fare molteplici considerazioni, ma mi limiterei a due osservazioni fondamentali, preliminari a quelle che mi sembrano due domande essenziali, alla seconda delle quali cercherò di rispondere prossimamente.
Francesco Lucrezi
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Come una tavola di Mendeleev
Nel 1941 il Reich aprì sul Mar Baltico lo Stalag Luft I Barth per l’internamento di aviatori britannici, statunitensi e canadesi; il 30 aprile 1945 lo Stalag fu liberato dalle truppe sovietiche, il giorno precedente le autorità dello Stalag lasciarono il sito previo accordo con ufficiali statunitensi.
La YMCA fornì strumenti musicali e accessori per teatro ai prigionieri di guerra dello Stalag, il tenente Clair William Cline – ebanista nella vita civile – costruì un violino con materiali ricavati da sedie e colla ricavata da tavoli e letti a castello; ogni settore dello Stalag era dotato di un Block adibito all’attività musicale e teatrale con una propria orchestra e compagnia teatrale, i prigionieri statunitensi costituirono una big band diretta dal saxofonista e cantante Dorman Fred “Shady” Lane.
Francesco Lotoro
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