IN ARRIVO A ROMA IL FIGLIO DI MARIAN REICHER
Le Fosse Ardeatine e la memoria dei nomi
"La mia visita nel nome di papà"

"Ogni anno celebriamo Yom HaShoah. In questa data ho sempre acceso il ner neshamah, la candela commemorativa per mio padre. Perché in quella data? Perché non sapevo quando fosse morto. Ora lo so, è tutto sarà diverso".
Una nuova consapevolezza che, per David Reicher (nella foto), è arrivata nella primavera del 2020. Quando cioè la salma di suo padre Marian, un ebreo polacco nativo di Kolomyia ucciso dai nazisti alle Fosse Ardeatine, è stata identificata. Una delle ultime ancora senza un nome associato.
“Mia madre ha fatto l’aliyah in Israele subito dopo la guerra e io sono cresciuto qui. Le ho chiesto mille volte del periodo in Italia, di mio padre. Non mi ha mai risposto, non ha mai detto nulla di nulla. Come se fosse in stato di shock, come un black out”, il primo commento del figlio a Pagine Ebraiche. "Sarà importante visitare quel luogo. Capire - aveva poi aggiunto - cosa ha passato". Quel momento, atteso ancora più a lungo per via del protrarsi dell'epidemia, è finalmente arrivato. Lo annuncia Reicher a Pagine Ebraiche: "Il 10 ottobre - afferma - sarò alle Fosse Ardeatine".
I Reicher erano scappati dalla Polonia verso l’Italia trovando riparo in un primo momento tra Bassano del Grappa e Vicenza, per poi spostarsi ancora più a Sud. David è nato proprio in quel drammatico frangente, nell’ottobre del 1943. La separazione da quel padre mai conosciuto sarebbe arrivata pochi mesi dopo.
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AL VIA IL FESTIVAL DEL MEIS
Sotto la Sukkah, il libro ebraico in festa

“La capanna con il tetto di frasche nella quale, secondo la Torah, gli ebrei devono risiedere per sette giorni rappresenta la precarietà sulla quale deve riflettere l’umanità nel contesto più intimo della dimora. Ma è anche il simbolo di uno spazio aperto all’ospitalità, un luogo accogliente, proprio perché semplice ed essenziale, dove tutti possono riconoscersi e dialogare. Ambientare la Festa del Libro Ebraico in questa cornice così speciale significa, in fondo, riconoscere al testo scritto queste peculiarità”. È quanto ricordava il direttore del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara, rav Amedeo Spagnoletto, presentando la nuova edizione della Festa del Libro Ebraico la cui dodicesima edizione prenderà il via nelle prossime ore proprio sotto la Sukkah (nell’immagine). A intervenire all’inaugurazione, prevista per quest'oggi alle 17, saranno il presidente del Meis Dario Disegni, la presidente UCEI Noemi Di Segni, il sindaco Alan Fabbri, l’assessore alla Cultura della Regione Emilia-Romagna Mauro Felicori, Daniele Ravenna in rappresentanza del ministero della Cultura.
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FESTA DEL LIBRO EBRAICO IN ITALIA - IL PROGETTO CON L'UCEI ENTE CAPOFILA
Catalogazione libri ebraici in Italia,
un sito per raccontarsi al grande pubblico

Sono oltre cinquemila i volumi ebraici già caricati sulla Teca, il portale della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma. Un segno di come il progetto “Y-TAL-YA Books” stia procedendo in modo spedito, con davanti un obiettivo importante e ambizioso: censire digitalmente circa 35mila volumi. E far nascere, per la prima volta in assoluto, un catalogo unificato di tutti i libri ebraici in Italia. Un progetto complesso, frutto di una stretta collaborazione tra l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ente a capo dell’iniziativa, la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, la Biblioteca Nazionale di Israele e la Rothschild Foundation. Un’iniziativa che continua a progredire e i cui risultati saranno presentati domenica 26 settembre al Festival del Libro ebraico di Ferrara. Un’occasione anche per mostrare il nuovo sito, andato online di recente e in cui è possibile scoprire le tante possibilità legate a “Y-TAL-YA Books”. “Il sito è uno spazio fondamentale. Ci permette di connetterci ad un ampio pubblico e raccontare, passo dopo passo, cosa stiamo facendo. In quali biblioteche andiamo, quali volumi sono riemersi, raccontarne le storie” spiega Gloria Arbib, referente UCEI per il progetto.
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L'INTESA ANNUNCIATA DAGLI AVVOCATI
Eitan Biran, l'accordo tra i due rami familiari:
gestione condivisa fino alla prossima udienza
Fino alla ripresa delle udienze il prossimo 8 ottobre il piccolo Eitan Biran resterà in Israele. Per metà del tempo insieme alla sua tutrice, la zia paterna Aya. Per l'altra metà con i Peleg genitori della madre. È l'intesa cui sono giunti i due rami familiari in attesa che la giustizia israeliana si esprima sulla vicenda del bambino unico sopravvissuto al crollo della funivia del Mottarone, da qualche giorno in Israele dove il nonno Shmuel l'ha trasferito all'insaputa della zia. Azione che ha portato il suo nome nel registro degli indagati della procura di Pavia con l'accusa di "sequestro aggravato di persona". L'accordo è stato reso quest'oggi, in occasione della prima udienza sul caso di Eitan al tribunale di Tel Aviv. "Non pubblicheremo nessuna informazione né sul contenuto dell'udienza né sulle condizioni di salute di Eitan e chiediamo alla stampa di fare altrettanto", la richiesta dei legali di entrambe le parti. L'intesa, è stato annunciato, è volta a difendere "sicurezza, integrità e tranquillità" del bambino.
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GLI ALUNNI DELLA SCUOLA EBRAICA DI MILANO PROTAGONISTI
Un quartiere da ripensare, le proposte degli studenti

Realizzare piste ciclabili, riorganizzare i parcheggi, creare luoghi di aggregazione all’aperto e al chiuso, case dell’acqua, rimuovere barriere architettoniche. Sono alcune delle proposte degli studenti del liceo scientifico Federico Jarach per riqualificare il quartiere dove abitano, vivono, vanno a scuola. Proposte concrete e attuabili che hanno convinto la giuria di “Ri-Abitiamo Milano”, concorso aperto agli studenti milanesi e dedicato a iniziative per la riqualificazione di quartieri o intere aree dismesse della città. Il progetto di Alessia Nassimiha, Yael Recanati, Gabriel Loley, Jonathan Vona e Dan Hasbani, dopo aver superato la prima selezione, è risultato tra i vincitori della competizione promossa dagli Amici della Triennale. “È un progetto in cui crediamo. Siamo molto contenti di aver vinto il concorso e ora speriamo che le nostre idee possano diventare realtà. Vorremmo vedere il quartiere ebraico cambiare”, racconta a Pagine Ebraiche Alessia Nassimiha, studentessa che ha coordinato il progetto assieme ai compagni.
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LA CAMPAGNA DEL MAGEN DAVID ADOM A BOLOGNA
"Defibrillatore un servizio per la Comunità e la città"

Anche la Comunità ebraica di Bologna da oggi ha un defibrillatore al servizio di tutti coloro che ne avranno bisogno, tra le sue mura o nelle adiacenze. L’apparecchio è stato inaugurato all’ingresso del complesso della sinagoga in via Finzi, nell’ambito della campagna “Datti una mossa dagli una scossa” realizzata dall’Associazione Amici di Magen David Adom Italia ETS con il contributo dei fondi della raccolta Otto per Mille UCEI. Il progetto ha lo scopo di installare defibrillatori DAE nei principali luoghi dell’ebraismo italiano.
La cerimonia ha visto protagonisti rav Alberto Sermoneta, rabbino capo della città; il presidente della Comunità ebraica Daniele De Paz; il presidente di Amici Magen David Adom Italia ETS Sami Sisa e Daniele Tavoli, Segretario della Croce Rossa Italiana di Bologna, insieme ad una nutrita delegazione di CRI che vedeva tra i partecipanti anche Elena Tragni, Veronica Longo, Maurizio Buonazia e Davide Filippi della CRI Friuli Venezia, coordinatore del progetto. A partecipare anche Federico Tagliazucchi dell’ASL di Bologna, Ines Miriam Marach vicepresidente della Comunità ebraica e Marina Marini, segretaria dell’Associazione Medica Ebraica.
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LA CERIMONIA
Yad Vashem, un podestà tra i Giusti

Il ruolo gli avrebbe imposto una stretta osservanza dei diktat fascisti. Ma Angelo Giacomo Carlo Moro, podestà di Acqui Terme al tempo delle persecuzioni, scelse di rispondere a un’altra legge: quella dell’umanità. Esponendosi a un grande rischio personale, si prodigò per salvare da quel destino di morte rav Adolfo Salvatore Ancona, rabbino capo di Alessandria, Asti e Acqui per oltre mezzo secolo, e il nipote Giorgio Riccardo Polacco. Un’azione coraggiosa e disinteressa. L’azione di un “Giusto”. Numerose autorità – civili, religiose e militari – hanno partecipato alla cerimonia di conferimento dell’onorificenza attribuita in sua memoria dallo Yad Vashem, avvenuta nel Comune piemontese di Cartosio di cui era originario.
“Come tutti gli altri Giusti – le parole del rappresentante dell'ambasciata israeliana – Angelo Giacomo Carlo Moro aveva compreso di poter fare una scelta. Ha mostrato a tutti noi che anche una sola persona può fare la differenza”.
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LA RICHIESTA DEL DIRETTORE DELL'UNAR
"Pugile neonazista sul ring, è l'ora di fare piena luce"
Lo scandalo consumatosi in occasione dell’ultimo match per titolo italiano dei pesi superpiuma non può né deve restare impunito. È quanto chiede Triantafillos Loukarelis, direttore dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Con riferimento ai tatuaggi neonazisti sfoggiati dal boxeur triestino Michele Broili l’auspicio di Loukarelis è che arrivino al più presto risposte “per far sì che episodi del genere non si verifichino mai più e che si valuti l’espulsione dell’atleta da qualunque competizione sportiva: non è accettabile che gli alti valori dello sport, fonte di esempio per migliaia di giovani, siano macchiati o compromessi da atti del genere”.
Un’altra richiesta riguarda la necessità di fare piena luce “sul perché di fronte a una condotta di tale gravità non si sia pensato di interrompere immediatamente la gara, e per quale motivo si sia arrivati così tardi a gestire un caso di chiara apologia al nazifascismo”.
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Due ebrei fiorentini
 Qualche giorno fa la città di Firenze ha dedicato un giardino posto nel quartiere di Santa Croce alla memoria di Alberto Nirenstein e di Wanda Lattes. Erano due ebrei fiorentini, molto amati dalla città, o perlomeno dalla sua parte migliore, come si è visto dalla notevole partecipazione alla cerimonia di inaugurazione. Ricordare che erano due ebrei e che erano due fiorentini non permette di cogliere quella che era la loro caratteristica essenziale: proprio quella di essere due ebrei fiorentini, dove i due termini sono inscindibili e non possono essere ricordati separatamente. La loro ebraicità e la loro fiorentinità erano perfettamente fuse e non era pensabile l’una senza l’altra.
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