Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui     3 Dicembre 2021 - 29 Kislev 5782
L'APPELLO DELLE ISTITUZIONI RABBINICHE E MEDICHE

Vaccinarsi, un atto di responsabilità
La strada indicata dai rabbini italiani

Vaccinarsi, un atto di responsabilità verso se stessi e nei confronti del prossimo. Ma anche un'azione in linea con i principi e valori alla base dell'identità ebraica. A ricordarlo, nei due testi che seguono, i membri della Consulta rabbinica UCEI e il direttivo dell'Associazione Medica Ebraica. 

Il tema della vaccinazione per il Coronavirus pone diverse questioni, in merito all’efficacia della vaccinazione, la sua sicurezza e più in generale riguardo ai rischi che si possono correre per ricevere un trattamento medico e all’individuazione, nella fissazione della halakhà, di fonti affidabili.
Come è noto, sono in corso accese discussioni nella società civile sul tema della vaccinazione per il Coronavirus; alcune autorità rabbiniche, oralmente o per scritto, hanno espresso dei pareri contrari alla vaccinazione per determinate categorie o in generale. Invece le più illustri autorità rabbiniche nel mondo, di diversi orientamenti dell’ebraismo ortodosso, alle quali anche l’ARI fa riferimento, come il Gran Rabbinato d’Israel, Vaad Rabanè Europa, Rav Asher Weiss etc. si sono espresse chiaramente a favore della vaccinazione. Per questo riteniamo opportuno riportare alcune delle loro argomentazioni in materia insieme alla nostra umile opinione sulla questione.
Sebbene vi siano delle voci critiche, a volte anche provenienti da addetti ai lavori, risulta evidente che la comunità scientifica incoraggi la campagna vaccinale, e che questa abbia risparmiato milioni di vite umane, pur prendendo in considerazione che possano esservi elementi valutabili solo con il tempo. Il fatto che nei trattamenti medici possano presentarsi dei pericoli per chi li riceve è argomento affrontato nella halakhà. Un rischio eccessivo verrebbe configurato come una trasgressione del comandamento biblico in base al quale dobbiamo fare molta attenzione alla salvaguardia delle nostre persone (Dt. 4,15). Il divieto di provocare dei danni alle persone viene codificato dal Rambam nel Mishnè Torà (Hilkhot Chovel umaziq 5,1). Nel momento in cui un trattamento medico presenta degli elementi di pericolo nasce una domanda halakhica, che deve essere esaminata. Ad esempio Rav Ovadià Yosef z.tz.l. (Responsa Yabia’ Omer 8, Choshen Mishpat 12) permette in base a varie considerazioni degli interventi puramente estetici, pur presentando degli elementi di rischio. Pur non conoscendo con esattezza il rischio insito nella vaccinazione per il Coronavirus, i rischi collegati alla malattia nei suoi casi più gravi sono certamente ben superiori, tanto da giustificare la vaccinazione. Ad esempio Rav Avraham Steinberg per un intervento salvavita valuta come sufficiente una possibilità di guarigione del 30%, a fronte di un pericolo del 70% per giustificare l’intervento.
La ghemarà (Shabbat 61), interessandosi dei rimedi diffusi all’epoca, stabilisce che la validità di un trattamento è determinata dalla sua efficacia in tre circostanze, non necessariamente curando la malattia, ma anche impedendone le manifestazioni, come nel caso degli attacchi epilettici. E così viene stabilito dallo Shulchan ‘Arukh (Orach Chayim 301, 25).
Come è noto, in vari ambiti della halakhà, ad esempio per far mangiare un malato nel giorno di Kippur, il parere dei medici è vincolante, e anche il parere di una minoranza consente di far mangiare il malato, così come stabilito nello Shulchan ‘Arukh (Orach Chayim 618,4). Nel caso del Coronavirus la stragrande maggioranza dei medici sostiene che la vaccinazione abbia la capacità di preservare in moltissimi casi dagli esiti più gravi della malattia.
Dal momento che i vaccini hanno dimostrato di potere diminuire il numero dei contagi e delle forme gravi della malattia, riteniamo che sia doveroso vaccinarsi sia per un’utilità personale che per quella della collettività. Sebbene possano esistere dei pericoli non ancora valutabili collegati alla vaccinazione, riteniamo che i benefici li superino di molte volte.
Per questo ci associamo all’insegnamento dei grandi Maestri che hanno stabilito il dovere di vaccinarsi, secondo il comandamento biblico “preserverete con grande attenzione le vostre persone” (Dt. 4,15) e ci ricordano l’obbligo di avere la massima attenzione a non mettere in pericolo e non procurare danni al prossimo, persino più di quanto facciamo attenzione a noi stessi, come insegna il commento di Tosafot nel trattato di Bavà Kamma 23; crediamo che chi incita le persone a non vaccinarsi contravvenga al principio “davanti al cieco non mettere un inciampo” (Lv. 19, 14).

Rav Giuseppe Momigliano, Rav Daniel Touitou e Rav Ariel Di Porto
(Consulta rabbinica dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane) 

 

Vaccinarsi, il nostro principale strumento


L’Associazione Medica Ebraica intende chiarire che tutte le sperimentazioni scientifiche, ivi comprese quelle riguardanti i vaccini contro il Sars-Covid-19, sono pubbliche, preventivamente approvate da decine di comitati etici indipendenti pubblici e privati; i protocolli sono pubblicati al momento della sottomissione alle autorità regolatorie; i dati degli studi sono valutati in tempo reale da commissioni indipendenti che possono interromperle in qualsiasi momento se compaiono eventi ritenuti rischiosi; i consensi informati devono essere approvati dalle autorità regolatorie e dai comitati etici di tutte le istituzioni che partecipano alla sperimentazione; ogni soggetto è libero di uscire dallo studio ad ogni momento. Inoltre i risultati delle sperimentazioni sono pubblici, sottoposti alla comunità scientifica e a enti pubblici regolatori in ogni paese in cui il vaccino dovrà essere utilizzato.
I dati epidemiologici riguardanti la malattia da Sars-Cov19 sono pubblici e dimostrano in maniera inequivocabile la protezione indotta dalla vaccinazione, riducendo il numero di casi di infezione e proteggendo fortemente dalla malattia grave o dalla probabilità di decesso. La riprova è che l’epidemia miete vittime perlopiù nelle aree a scarsa copertura vaccinale.
AME sottolinea l’importanza fondamentale di vaccinarsi per proteggersi e proteggere tutti i possibili contatti. La vaccinazione deve essere accompagnata dai classici provvedimenti di contenimento delle infezioni come il tracciamento, gli screening, i controlli sanitari, le eventuali misure di isolamento.
La vaccinazione è oggi il principale strumento per evitare contagi, ricoveri, paralisi del sistema sanitario che finiscono per colpire anche i portatori di altre malattie o chiunque abbia bisogno di cure per altre affezioni e per prevenire una paralisi socio-economica come già abbiamo vissuto.
 

Rosanna Supino e Benny Assael (a nome del Consiglio direttivo AME)

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I LAVORI DELLA CONFERENZA INTERNAZIONALE

"Mediterraneo, per un futuro di pace
le religioni siano protagoniste"

“Le recenti crisi di Gaza dimostrano, ancora una volta, la necessità di riavviare gli sforzi internazionali a favore del processo di pace. Un cammino che deve portare a una soluzione a due Stati praticabile, giusta e direttamente negoziata tra le parti coinvolte”. Così il Primo ministro Mario Draghi nell’intervento tenuto stamane durante la cerimonia di apertura dei “Rome Med-Mediterranean Dialogues”, la grande conferenza annuale sulla geopolitica del Mediterraneo promossa dalla Farnesina e dall’ISPI. Un incontro, ha sottolineato il premier, che è anche “un’occasione per rafforzare la cooperazione regionale in un’area da sempre fondamentale per il nostro Paese”. Il Mediterraneo, il suo messaggio guardando alle tante sfide aperte nella regione, “non è soltanto un mare o, come si diceva un tempo, un’espressione geografica”.
Tra i molti ospiti della due giorni il ministro israeliano della Giustizia Gideon Sa’ar, chiamato a intervenire sulle varie sollecitazioni che investono lo Stato ebraico. Uno sguardo, in mattinata, anche sul contributo al bene comune di identità e comunità religiose. Ad intervenire, all’interno di un panel su questi argomenti, la presidente UCEI Noemi Di Segni. Tre, ha fatto notare, le domande cui andrebbero trovate risposte all’insegna di un sano pragmatismo. 

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LA CERIMONIA AL VERANO TRA IMPEGNO DI MEMORIA E SFIDA DEL FUTURO

"Ebrei di Libia, una realtà sempre più viva"

Toccante cerimonia in ricordo degli ebrei di Libia sepolti nei cimiteri dissacrati e in memoria dei benemeriti che, dopo l’esodo forzato del ’67, hanno contributo a ricostruire la comunità in Italia. Portano i loro nomi le quattro lapide scoperte stamane al cimitero del Verano da altrettanti testimoni di questa storia di radici sradicate nella violenza ma rifiorite altrove: Gino Mantin, Lillo Naman, Vito Arbib e Samuel Zarrough. Un appuntamento al cuore del convegno internazionale “Storie di rinascita: gli ebrei di Libia” che si concluderà questa domenica con un evento speciale per gli studenti della scuola ebraica romana.

Giovani protagonisti anche quest’oggi, insieme a David Gerbi ideatore di un’iniziativa che è stata strutturata pensando proprio alle nuove generazioni e ai referenti delle varie sinagoghe libiche di Roma. Ad intervenire, tra gli altri, anche i rabbini rav Riccardo Di Segni, rav Alfonso Arbib e rav Pino Arbib. Nonostante le ferite subite, ha evidenziato rav Di Segni, “la comunità libica è diventata sempre più forte: Roma ne è una testimonianza eccellente”. Il presidente dell’Assemblea Rabbinica Italiana, nato a Tripoli nel 1958, ha portato una testimonianza personale: “La prima cosa che gli ebrei di Libia hanno fatto al loro arrivo in Italia è stata quella di fondare una sinagoga: questo – ha detto – significa difendere l’identità”.

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IL CICLO DI INCONTRI AL VIA  

Feste ebraiche, generazioni a confronto

Al via questa domenica, in occasione di Chanukkah, il ciclo di incontri "Feste Ebraiche - Appuntamenti tra le generazioni" promosso dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, dal Centro Ebraico il Pitigliani e dall'Unione Giovani Ebrei d'Italia. Il primo appuntamento, in programma alle 17 e incentrato sul significato e sul messaggio della festa delle luci, vedrà gli interventi del direttore dell'Area Cultura UCEI rav Roberto Della Rocca, dello studente di antropologia Ioel Arturo Roccas e dell'attore Roberto Attias. Modererà l'incontro la giornalista Nathania Zevi. L'evento si svolgerà in presenza ma sarà anche trasmesso in streaming sui canali Facebook di UCEI, Ugei e Pitigliani. 

OTTO GIORNI OTTO LUMI / 6

Hai faticato? Alla fine troverai 

Nel trattato talmudico di Meghillà (6b) è riportato un detto di Rabbì Ytzchak che afferma che si può credere a colui che dice “mi sono impegnato nello studio e ho trovato” mentre non si deve credere a chi dice il contrario. Il Gaon di Vilna (Eliyahu ben Shlomo Zalman 1720-1797) commenta il detto talmudico e spiega che “l’impegno è la chiave per trovare” perché “l’Eterno dà la sapienza; dalla sua bocca procedono la conoscenza e l’intendimento” (Proverbi 2:6). Al riguardo Rabbi Yekutiel Yehudah Halberstam (1905-1994) sottolinea un’allusione nel gioco della trottola, il sevivon, che regaliamo ai bambini. Come si vince in questo gioco? Quando la trottola finisce di girare e cade sul lato della lettera “ghimel” (gadol/grande) che rappresenta i 44 lumi che accendiamo negli otto giorni di Chanukkà. Così è per lo studio della Torà: giriamo e rigiriamo pensieri e commenti fino a quando, alla fine, arriva dal cielo l’interpretazione corretta. Hai faticato e alla fine hai trovato.

Rav Adolfo Locci, rabbino capo di Padova

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SORGENTE DI VITA 

Chanukkah, notti di luce

Si apre con un servizio sull’accensione della Chanukkiah, il candelabro a nove braccia di Chanukkah, in piazza Barberini a Roma, la puntata di Sorgente di vita in onda su Rai Due domenica 5 dicembre.
Una tradizione che si ripete da molti anni, in tante città d’Italia e nel mondo, per celebrare la festività che ricorda la ritrovata libertà del popolo ebraico dopo la conquista ellenica, nel secondo secolo avanti l’era volgare. 

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Un puzzle da ricomporre
Nella parashà di Miqqetz sono narrati gli episodi della vita e della carriera di Yosef in Egitto e l’incontro fra lui e i suoi fratelli dopo circa venti anni. Chiaramente, come ci narra la parashà, Yosef non si fa riconoscere subito dai fratelli. Anzi, gli dà filo da torcere accusandoli, prima di spionaggio, poi di furto e così via. Non c’è ombra di dubbio, anche secondo i vari commentatori, che tutto ciò nasca dalla sofferenza dovuta alla lontananza fra di loro e alla Golà – la Diaspora: in questo caso l’Egitto.
 
Rav Alberto Sermoneta
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La regola che non c'è
Quale candelina durerà di meno? Quale di più? Le rosse si consumano in fretta? Le bianche si consumano lentamente? Si spegnerà per prima la prima che è stata accesa? O invece durerà di più perché è più esterna? Forse c’è una regola, una ragione per tutto, ma è così complicata da determinare, così fuori dalla nostra portata che è come se non ci fosse. Inutile tentare di dedurla. 
Anna Segre
Riflessioni sulla pandemia (e sulla menzogna)
Il recente decreto sulla regolamentazione dei comportamenti necessari per combattere il Covid-19 ha elencato tutta una serie di misure senza indicare un ordine di importanza tra esse. Eppure ce n’è una che è più importante delle altre e che le condiziona tutte: è quella relativa ai controlli da mettere in atto perché tutte le altre misure siano effettivamente applicate. 
Valentino Baldacci
Un topos mai morto
Alcuni giornali e alcuni politici pensano davvero che in Europa vi sia un tentativo segreto e dall’alto per cancellare il Natale e “il nome Maria”. Un complotto a quanto pare fortunatamente sventato all’ultimo momento. 
 
Francesco Moises Bassano
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