LE INIZIATIVE PER IL GIORNO DELLA MEMORIA E LA MOSTRA CURATA DAL CDEC
Bolzano Città della Memoria 2022
“Fummo anche carnefici, non soltanto vittime”

È Bolzano la Città della Memoria per il 2022. Tra le tappe che scandiscono l’assunzione di questa responsabilità l’inaugurazione della mostra “La Persecuzione degli ebrei in Italia 1938-1945” curata dalla Fondazione CDEC di Milano con il sostegno del ministero dell’Interno e del commissariato del governo per la provincia autonoma. Un riconoscimento che va a premiare l’impegno per fare Memoria profuso localmente dopo un lungo dopoguerra di oblio e trascuratezza.
Ad aprire la cerimonia i saluti del sindaco Renzo Caramaschi, che ha esordito parlando dei provvedimenti antisemiti del fascismo come di una “pagina di vergogna che l’Italia ha voluto dimenticare con superficialità” e del fenomeno negazionistico della Shoah come di un rigurgito attuale e “presente purtroppo anche nelle nuove generazioni”. Per il presidente della Provincia Arno Kompatscher lo scatto di comprensione su quel passato è stato rilevante, anche e soprattutto nella presa di coscienza che “fummo carnefici anche noi e non soltanto vittime”. Mai abbassare la guardia, il suo monito, “perché queste idee nascono e rinascono sempre”. Il prefetto Francesca Ferrandino ha quindi ricordato che l’Italia fascista seppe essere razzista sfruttando insieme due fattori, “leggi” ad hoc e una “comunicazione” cinica volta ad accendere odio e divisione. Il Giorno della Memoria, ha poi aggiunto, “è sostanza, è impegno quotidiano: non riduciamolo a una sola giornata”.
La prima relazione è stata di Gadi Luzzatto Voghera, direttore della Fondazione CDEC, soffermatosi in particolare sulla distorsione della Shoah nella società italiana. Una deriva che, il suo pensiero, “ha preso una piega preoccupante e che necessita di una particolare attenzione anche istituzionale”. Tre questioni basilari al centro del suo intervento: il ruolo del Giorno della Memoria nella percezione della Shoah; l’accentuarsi di un uso e abuso sia pubblico che politico della storia; il paradosso della semplificazione e dell’impoverimento delle conoscenze “a fronte di un sempre maggiore e approfondito fiorire della ricerca storica”.
“Ricordare non è solo commemorare, ma richiede uno sforzo di volontà per capire e trasmettere ad altri il ricordo”, la testimonianza dell’ex presidente della Comunità ebraica di Merano Federico Steinhaus. “Finché ci saremo noi testimoni questo compito sarà nostro, ma il futuro deve essere costruito da altri”. Anche in considerazione della molteplicità di forme, ha fatto notare, “in cui si ripresenta l’antisemitismo”.
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LA CORSA PER LA MEMORIA ORGANIZZATA DA UCEI E COMUNITÀ DI VERCELLI
"Run For Mem, a Novara grande partecipazione
La miglior risposta a chi distorce la storia"

Un momento per costruire attraverso lo sport una Memoria consapevole. Un’occasione per raccontare l’impronta ebraica a Novara. Ma anche un’opportunità per costruire un rapporto più stretto con la cittadinanza e con le istituzioni. Sono alcuni degli elementi che hanno caratterizzato, nelle parole della presidente della Comunità ebraica di Vercelli Rossella Bottini Treves, l’ultima edizione della Run for Mem. L’iniziativa promossa a Novara dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane assieme alla Comunità di Vercelli, competente per territorio, è stata “un grande successo, oltre alle nostre aspettative. – sottolinea Bottini Treves a Pagine Ebraiche – C’erano quattrocento, cinquecento persone che hanno preso parte alla Run for Mem. E le istituzioni hanno fatto sentire concretamente il loro sostegno. Un successo che rappresenta la miglior risposta a chi proprio a Novara aveva cercato di distorcere il significato della Shoah”. Qui a novembre un gruppo di no vax aveva organizzato una vergognosa manifestazione in cui si usavano a sproposito i simboli della persecuzione ebraica. Un'iniziativa a cui la città aveva risposto con una dura condanna e che ha portato l'UCEI alla decisione di organizzare qui la Run for Mem.
E grande è stata l'adesione alla manifestazione divisa in due itinerari: la corsa non competitiva di dieci chilometri e la camminata di tre. Un percorso nel segno dei luoghi più significativi della presenza ebraica in città e della persecuzione degli ebrei novaresi. “Novara ha un suo passato ebraico, ma per secoli non fu permesso agli ebrei di risiedervi. Per questo non c’è una sinagoga. Manca un punto di riferimento fisico. E quindi anche scoprire le tracce ebraiche è più difficile, meno immediato. – spiega Bottini Treves – La Run For Mem è stata un’occasione per farle riemergere. Così come di stringere relazioni con le istituzioni cittadine per iniziative future. Dal sindaco di Novara Alessandro Canelli al questore Rosanna Lavezzaro, le autorità si sono dimostrate molto disponibili e presenti”. Una menzione in particolare poi “alle forze dell’ordine. Digos, carabinieri, vigili urbani: il servizio di sicurezza è stato perfetto e tutta la gestione della manifestazione encomiabile. Vorrei anche ricordare – aggiunge la presidente della Comunità ebraica di Vercelli – la presenza in alta livrea dei carabinieri per ricordare il loro collega Natale Olivieri, medaglia d’argento al valor militare, assassinato il 17 ottobre 1944”.
Ampia la copertura mediatica ricevuta dall’iniziativa, che “rappresenta un modo per far conoscere il lavoro dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sul territorio”. Menzione particolare all’inesauribile forza dell'ex olimpionico israeliano Shaul Ladany, 85 anni, testimonial della Run for Mem sin dalla prima edizione, sopravvissuto alla Shoah e alla strage di Monaco '72. “È stato bello vederlo sorridere e farsi fotografare con tutti. Un personaggio straordinario di grandissima umanità che ha ricordato con parole semplici e chiare il messaggio, rivolto ai giovani, di difendere la Memoria”.
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GLI EBREI E LA STORIA DEL COMUNE PIEMONTESE
Dal Quattrocento a oggi, l'impronta ebraica a Novara
Qualche mese fa la città di Novara è tristemente venuta alla ribalta delle cronache, allorché un centinaio di manifestanti hanno sfilato con addosso le casacche che ricordavano i pigiami a righe dei prigionieri nei campi di concentramento. L’iniziativa ha fatto insorgere le comunità ebraiche italiane e non solo. Da quella vicenda è nata l’idea dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, realizzata con grande successo ieri, di svolgere la quinta edizione della Run for Mem proprio a Novara, come segnale di risposta, modificando la consuetudine di svolgere la corsa per la memoria in una città sede di Comunità ebraica, come accaduto per le quattro edizioni precedenti tenutesi a Roma, Bologna, Torino e Livorno.
Questo fatto ha suscitato la curiosità e le domande di molti, ebrei e cittadini di Novara, che si sono chiesti se sia mai esistita a Novara una Comunità ebraica, o se siano rintracciabili segni che riconducano a una presenza ebraica nel territorio novarese. Per vero, da quanto può apprendersi dalle fonti storiografiche e archivistiche, Novara non è mai stata sede di una comunità ebraica, neppure di un ghetto o di una Sinagoga e non si è così sviluppata una vera e propria storia del nucleo ebraico, ma tante storie e percorsi di singoli ebrei o di famiglie.
(Nell'immagine, la targa dedicata a Giacomo Diena, ebreo novarese deportato e ucciso ad Auschwitz, posta nella sede storica della Banca popolare di Novara)
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IL CONFRONTO ONLINE CON STUDENTI E INSEGNANTI
Sami Modiano e l’incontro con le scuole
“Ecco perché sono un Testimone”

Più di 60mila studenti, circa 1700 docenti e oltre 250 istituti collegati da tutta Italia.
Sono i numeri di una testimonianza con il mondo della scuola che ha avuto come protagonista Sami Modiano, organizzata dalla Fondazione Museo della Shoah di Roma nell’ambito di un confronto, con le nuove generazioni, che prosegue da tempo sia offline che online.
In dialogo con Sami diciotto studenti a nome delle 18 regioni rappresentate in questa iniziativa. Da ciascuno è arrivata una domanda, uno stimolo ad approfondire. Dall’infanzia a Rodi in un contesto ancora non contaminato dalle persecuzioni antisemite alla sfida di fare Memoria oggi, passando dai drammi e dalle ferite della deportazione ad Auschwitz-Birkenau nel quale la sua famiglia e la quasi totalità degli ebrei di Rodi fu annientata. Momento di svolta il suo primo viaggio della Memoria nel 2005 con 300 studenti delle scuole superiori romane.
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SEGNALIBRO
16 ottobre e il Collegio Militare,
la testimonianza ritrovata

L’11 ottobre 1943 Guido e Virginia Passigli prendono un treno che da Firenze li porta a Roma. Hanno una convinzione: un periodo lontano da casa potrà giovare alla loro salute prostrata da un terribile lutto, la scomparsa prematura del figlio Raffaello annientato da una malattia incurabile. Non è un viaggio al buio visto che nella capitale possono contare sul sostegno di Mario, il fratello di Guido, che li accoglie nel suo appartamento di via Mecenate 79 dove vive con la sua famiglia. Quei volti amici potranno forse aiutare a risollevare lo spirito. Sarà però, per entrambi, soltanto una fragile illusione. A quella stessa porta, infatti, appena quattro giorni dopo si presenteranno i nazisti.È l’alba del 16 ottobre, il “sabato nero” degli ebrei romani. Anche i coniugi Passigli saranno imprigionati nelle stanze dell’ex Collegio Militare in via della Lungara e quindi deportati, senza possibilità di ritorno, ad Auschwitz.
Prima della partenza un gesto di commovente lucidità: la stesura di un “messaggio di commiato” che sarebbe poi arrivato tra le mani dei loro cari. Un documento straziante e a suo modo storico, trattandosi dell’unico testo scritto e fatto uscire dal Collegio di cui si è oggi a conoscenza. “Credevo che esistessero numerose testimonianze del genere. Invece, dal confronto con alcuni storici, è emersa l’unicità di questo documento. La cosa mi ha molto colpito” racconta il nipote Guidobaldo, in passato presidente della Comunità ebraica fiorentina. È arrivata così la spinta ad andare oltre la propria cerchia familiare, anche attraverso un libro appena pubblicato dall’editore Giuntina: La “comitiva”. Analisi del messaggio di commiato di Guido e Virginia Passigli scritto dal Collegio militare, Roma, 17 ottobre 1943. “Un prezioso e commovente messaggio, un documento che giunge quasi dall’aldilà, destinato ad uso privato ma che diventa, con la sua pubblicazione, un importante elemento di Public History” spiega nella sua prefazione la storica Liliana Picciotto.
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LA MOSTRA AL MUSEO EBRAICO DI BOLOGNA
Emilia-Romagna, le storie dei “Giusti”

L’Emilia-Romagna conta ad oggi 76 Giusti tra le Nazioni riconosciuti dallo Yad Vashem, il Memoriale della Shoah di Gerusalemme.
A raccontare le loro storie una mostra, I Giusti in Emilia Romagna. Piccole e grandi storie di salvatori e salvati, inaugurata in queste ore al Museo ebraico di Bologna. Curato da Vincenza Maugeri e Caterina Quareni e ricca di documentazione, testimonianze e video originali, l’allestimento fa emergere in tutta la loro grandezza figure che “sono accomunabili per una caratteristica prima di ogni altra: il rifiuto di considerarsi ed essere considerati eroi”. Personalità e percorsi tra i più disparati: tra loro – ha spiegato Maugeri, che del Museo è la direttrice – ci sono infatti “contadini e mugnai, ma anche sacerdoti, magistrati e addetti delle anagrafi”.
“Non creeremo mai un superuomo, né una società perfetta secondo il disegno di qualche pianificatore. Noi miglioriamo il mondo con lo sforzo di ognuno per preservare la libertà: è in essa che le persone di buona volontà, con genio ed errori, aiutano la società”, le parole del presidente del Museo Guido Ottolenghi nell’inaugurare la mostra.
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LE INIZIATIVE A CASALE MONFERRATO
Sette luci per la Memoria

In tanti anche quest’anno si sono radunati nel cortile delle Api per il primo evento legato alle celebrazioni del Giorno della Memoria a Casale Monferrato. Una ricorrenza che la Comunità ebraica cittadina ha sempre voluto estendere nell’arco di almeno una settimana. “Ogni giorno è il giorno della Memoria”, come titola il progetto regionale per combattere l’antisemitismo rivolgendosi ai ragazzi delle scuole e lanciato esattamente un anno fa in questo luogo, progetto a cui partecipa attivamente la Fondazione Arte, Storia e Cultura. Ebraica a Casale Monferrato e nel Piemonte Orientale Onlus. Elio Carmi, il presidente della Comunità ebraica, ha ricordato che nella storia del sistematico sterminio nazifascista degli ebrei i tristi anniversari non mancano. “Il 20 gennaio del 1942 c’è stata la conferenza di Wannsee, il momento in cui i gerarchi si ritrovano e stipulano l’elenco degli ebrei che prevedevano di uccidere. Per l’Italia 58.000. Queste persone avevano due occhi, due gambe, erano inseriti da millenni in una tradizione culturale alle origini della nostra democrazia. Allora perché ucciderli? Forse perché ‘popolo eletto’ può significare ‘popolo distinto’, cioè persone che, pur inserite nella loro società, volevano semplicemente essere se stesse.”
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LA CITTADINANZA ONORARIA CONFERITA DAL COMUNE DI PESCARA
“Lisa Billig, protagonista del Dialogo”
L’impegno di lungo corso per la promozione del Dialogo interreligioso, localmente e a livello nazionale, è valso alla giornalista vaticanista Lisa Palmieri-Billig il conferimento della cittadinanza onoraria del Comune di Pescara. Un solenne riconoscimento che si andrà a concretizzare in occasione delle prossime iniziative per il Giorno della Memoria di cui Billig, rappresentante in Italia dell’American Jewish Comitteee, sarà ancora una volta tra le relatrici. Il sindaco Carlo Masci andrà a premiare, con questo atto, un impegno di largo respiro. Anche al fianco del Progetto Educals (Educazione condivisa alla legalità) ideato e coordinato dall’avvocato Federico Gentilini.
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Una strana proposta

La cancel culture è arrivata anche dalle nostre parti. Sembra che alcuni stiano discutendo seriamente di una proposta davvero strana, dare un nome ebraico a via del Portico d’Ottavia! In fondo, si dice, è degli ebrei, là hanno abitato a lungo (meno di quanto alcuni pensano, prima vivevano in Trastevere).
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Oltremare - Pietre e Memoria

Le parole sono importanti. E ogni gennaio da qualche anno a questa parte io ne evito una bella fetta: tutta quella legata direttamente alla commemorazione del 27 gennaio e che inizia ormai lunghe settimane prima del giorno culmine. Deve essere una cosa profondamente umana, questa di sbrodolare celebrazioni e commemorazioni, come in America dove il Natale, si sa, inizia a fine novembre, nel giorno di Thanksgiving. E senza attraversare l’oceano, anche in Europa è l’8 dicembre la data di inizio della fine dell’anno.
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Storie di Libia - Walter Arbib

Walter Arbib, ebreo di Libia. È conosciuto da molti per la sua filantropia. Il ricordo della sofferenza subita a causa del pogrom dagli ebrei a Tripoli gli ha messo nel cuore il desiderio di aiutare le persone nei momenti di necessità causate da ingiustizie, guerre, cataclismi, prescindendo dall’appartenenza religiosa o etnica. Grazie ai suoi aiuti umanitari, fatti con il cuore e in nome di Israele, ha ricevuto molte medaglie e riconoscimenti, ad esempio dalla regina Elisabetta d’Inghilterra e dall’attrice Mia Farrow. È inoltre Ambasciatore di Pace per il governo italiano ed è stato insignito del titolo di Commendatore della Repubblica.
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