LA CRISI UCRAINA E IL MONDO EBRAICO
"Pronti in caso di guerra"
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Da Donetsk a Odessa fino a Kiev, anche il mondo ebraico ucraino si prepara al possibile conflitto. “Ci stiamo tutti preparando al peggio. Nessuno si fida della Russia”, aveva dichiarato a Pagine Ebraiche il rabbino capo di Ucraina, rav Yaakov Bleich. A distanza di una settimana, il peggio sembra sempre più vicino. A Donetsk il conflitto per esempio è già realtà, come testimoniano le parole di rav Aryeh Schwartz, rabbino di una comunità Chabad della città. “Questa notte, in periferia si è sentito il fuoco dell'artiglieria, ma non nella stessa misura dei giorni precedenti. - ha raccontato nelle scorse ore al quotidiano Israel Hayom rav Schwarz - Durante lo Shabbat, per esempio, i colpi sono stati costanti”. Nel frattempo la situazione ha continuato a precipitare. Il presidente russo Vladimir Putin ha deciso di aprire ulteriormente lo scontro, dichiarando di riconoscere l'indipendenza delle regioni separatiste di Luhansk e proprio di Donetsk. E ora carri armati russi sono entrati in territorio ucraino. “Proprio ora, i colpi di artiglieria sono ripresi, - la testimonianza in mattinata di Schwarz - e sto cercando in questo momento di salvare qualcuno che si trova in un rifugio nella zona dove si spara”.
(Nell'immagine, macchine incolonnate presso un checkpoint vicino a Donetsk - Foto
di Massimiliano Leva)
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LA CRISI UCRAINA - UNA LEZIONE DAL PASSATO
Rav Benamozegh contro la guerra
Nel 1870, anno dell’annessione di Roma e dello Stato pontificio al Regno di Italia, rav Elia Benamozegh “rabbino a Livorno” partecipò con un proprio manoscritto a un concorso indetto a Parigi dalla Ligue de la Paix, una società creata in Francia a metà Ottocento, sulla base delle tristi esperienze europee, allo scopo di abolire le guerre (quanto il Novecento era lontano!). Titolo dell’opera: Le crime de la la guerre dénoncé a l’humanité, ossia “il crimine della guerra denunciato all’umanità”. Il rav di Livorno vinse il concorso, il testo venne premiato ma il manoscritto non fu pubblicato e andò perduto. Infatti, sfortunatamente era l’unica copia (ci vorrebbe una berakhà per chi ha inventato la fotocopiatrice). Invano l’autore inviò lettere a Parigi, implorando che gli venisse restituita. Fino ad oggi, nessuna traccia. Ma Benamozegh aveva conservato il sommario, ossia l’indice e lo pubblicò in proprio, sempre in francese, nella tipografia con cui, nella città labronica, si guadagnava da vivere.
Da tale sommario si evince trattarsi di un volume vasto, in otto capitoli (sebbene manchi il secondo), sviluppato su un’analisi storica e antropologica del fenomeno bellico. Nell’introduzione è affrontata la questione di fondo, per il quale il concorso era stato indetto: è possibile per l’umanità “abolire la guerra”? È questa un’“utopia realizzabile” (per usare un’espressione cara ad André Chouraqui)? Sin dall’inizio il rav la paragona ad altre utopie che, nella storia, l’umanità ha saputo realizzare: l’abolizione della schiavitù, che sembrava un’istituzione irriformabile, e la tortura, l’assolutismo, la tratta dei neri, ecc. Nel clima delle magnifiche sorti e progressive di fine XIX secolo, davvero tutto ciò sembrava ormai alle spalle. Il XX secolo si incaricò di smentirlo e per il futuro non siamo ottimisti. Ma Benamozegh ci credeva e alzò la sua voce per denunciare all’umanità il “crimine della guerra”. Sappiamo che l’etica politica ebraica è cauta e sfumata in materia, distingue tra tipi diversi di guerre e non sposa il pacifismo fine a se stesso, che non guarda in faccia alle ragioni del conflitto. Tuttavia dalla piccola e provinciale Livorno Benamozegh gridò quest’utopia, nella lingua internazionale dell’epoca (il francese), e rilanciò quel che che aveva articolato solo tre anni prima nel volume, scritto nella stessa lingua e a sua volta frutto della partecipazione a un concorso parigino (indetto nel 1965 dall’Alliance Israélite Universelle), Morale juive et morale chrétienne, che il rav pubblicò nel 1867, (tradotto da Elio Piattelli, presentazione di rav Elio Toaff, edito da Carucci nel 1977; riedito da Marietti nel 1997).
Il suo trattato contro la guerra va dunque considerato uno sviluppo e un’applicazione delle tesi del volume sulla morale, nel quale non solo difendeva l’etica ebraica ma rivendicava per essa la primogenitura, fonte dei valori morali sia del cristianesimo sia dell’islam. Uno di questi valori è la doppia unità del genere umano: l’unità di origine e l’unità d’avvenire: “All’inizio della storia l’unità di Mosè, l’unità del passato; al termine, l’unità di Sofonia, l’unità dell’avvenire”. Senza questo orizzonte, a un tempo storico ed escatologico, halakhico e messianico, non si comprende il pensiero così straordinariamente attuale, di Elia Benamozegh, un filosofo della storia degno di stare accanto a Giambattista Vico e allo stesso Mazzini, con cui corrispose. È da questo orizzonte religioso – dove ebraicità e universalità non sono affatto in conflitto, come non erano in conflitto il suo patriottismo italiano con l’auspicata “federazione europea” (nel 1870!) – che il rav di Livorno grida: le radice di ogni guerra sono nell’odio tra le nazioni e in una ‘cinica mistica della forza’ che produce solo mali: sociali, economici e sanitari, con un’infinità di dolori. V’è una sola chance per l’umanità di realizzare l’utopia insegnata e perseguita dai profeti di Israele: l’abolizione totale della guerra. Tout court. L’ottavo e ultimo capitolo della sua opera perduta era una dissertazione sui mezzi per riformare la società umana al fine di “arrivare alla soppressione definitiva della guerra” e sulla “necessità di agire in concreto e di comune accordo”.
Massimo Giuliani
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LUTTO E CORDOGLIO PER LA TESTIMONE DELLA SHOAH
Virginia Gattegno (1923-2022)
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“Camminavo sulla spiaggia del Lido e riflettevo. Ripensavo. Guardavo le impronte che avevo lasciato: sì, io ero stata ad Auschwitz. Tra il mare e la sabbia, presi la mia decisione”. Virginia Gattegno descriverà con queste parole la sua scelta di testimoniare, maturata durante una giornata di metà Anni Ottanta. Essendo una insegnante si rivolse per prima ai suoi alunni, per dire loro “chi ero, e come avevo passato una parte della mia giovinezza nella paura di essere e stessa, di essere ebrea, e che qualcuno ci facesse del male”. E poi, ancora, per esprimere il suo dolore “per aver perduto quasi tutti quelli che amavo”.
Un ricordo affidato anche ad un libro, Per chi splende questo lume, scritto insieme a Matteo Corradini e uscito con Rizzoli appena poche settimane fa. La storia di una vita, anche oltre Auschwitz e l’orrore di quel periodo, che per Gattegno si è conclusa nelle scorse ore all’età di 98 anni. Nata a Roma nel 1923, figlia di Shalom Carlo Gattegno e Marcella Luzzatto, fu arrestata a Rodi (dove la famiglia si era trasferita nel 1936) e da lì deportata in campo di sterminio. Viveva da molti anni ormai nella casa di riposo ebraica di Venezia ed era discendente diretta di Samuel David Luzzatto, l’illustre ebraista ottocentesco noto con l’acronimo Shadal. Nel suo nome le iniziative organizzate da istituzioni e Comunità ebraica lagunare per lo scorso Giorno della Memoria (come il reading “Tra il mare e la sabbia. La vita di Virginia Gattegno” proposto durante la cerimonia cittadina tenutasi al Teatro La Fenice).
Commozione in tutta l’Italia ebraica per la scomparsa di una delle ultime Testimoni della Shoah ancora in vita. Una donna straordinaria e indimenticabile anche per la profonda umanità che emanava in ogni suo gesto. Così Gadi Luzzatto Voghera, direttore della Fondazione Cdec: “Virginia ha raccontato la sua storia a molti di noi sia nella testimonianza che ha voluto regalare al Cdec per il film Memoria, sia in innumerevoli incontri con le scuole e con il pubblico. Ci mancheranno il suo sguardo sereno e ottimista, e il suo sorriso ironico”.
Sia il suo ricordo di benedizione.
(Nell’immagine: Virginia Gattegno, durante la presentazione del suo libro Pensieri nella vecchiaia)
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IL VERTICE INTERNAZIONALE DI FIRENZE
Mediterraneo, un confronto tra protagonisti
Il sindaco di Gerusalemme assieme al papa
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Moshe Lion, il primo cittadino di Gerusalemme, tra i sindaci che accoglieranno papa Bergoglio in visita a Firenze in occasione del grande incontro internazionale che si svolgerà nei prossimi giorni nel nome e nel segno di Giorgio La Pira.
La giornata del papa inizierà da Palazzo Vecchio, nel suggestivo Salone dei Cinquecento cuore della vita civile fiorentina. In quel frangente a prendere la parola, oltre allo stesso Lion, saranno i colleghi Kostas Bakoyannis (Atene) e Ekrem İmamoğlu (Istanbul), insieme al padrone di casa, il sindaco di Firenze Dario Nardella, e al presidente della Conferenza Episcopale Italiana Gualtiero Bassetti. Interverrà poi lo stesso Bergoglio.
Una visita che costituirà l'atto conclusivo di un appuntamento che vedrà convergere, in città, molti protagonisti della vita politica europea e mediterranea. Tra loro anche la vice sindaca di Tel Aviv Chen Arieli, che parlerà insieme ad altri ospiti di "pace, sviluppo economico e sociale, cultura e relazioni interpersonali” nell'ambito di un incontro dedicato alla memoria di David Sassoli.
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SCELTI CINQUE NUOVI GIUDICI, TRA CUI IL PRIMO ARABO MUSULMANO
Corte Suprema d'Israele, simbolo d'integrazione
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Sul finire degli anni '90 Khaled Kabub era un avvocato di successo nel settore privato. Nato e cresciuto a Jaffa, figlio di un autista di autobus e di una casalinga, aveva conseguito una doppia laurea in giurisprudenza e in storia, Islam e diritto presso l'Università di Tel Aviv, specializzandosi poi in diritto commerciale. Presentatosi ad un'udienza davanti alla Corte Suprema d'Israele, attirò l'attenzione dei giudici. In particolare dell'allora presidente Aharon Barak, che proprio in quegli anni, assieme ai colleghi, aveva rafforzato il ruolo della Corte all'interno della democrazia israeliana. Barak suggerì a Kabub di intraprendere la carriera di magistrato. Un consiglio che l'avvocato decise di seguire diventando nel 1997 giudice del Tribunale di Netanya. Venticinque anni dopo, Kabub è salito fino ai vertici della giurisprudenza israeliana, ottenendo la nomina a giudice della Corte Suprema. Lì a Gerusalemme dove era iniziato il suo percorso con quell'incontro quasi fortuito. Ora Kabub è diventato il primo giudice musulmano ad ottenere, in via permanente, il delicato incarico. Con lui sono stati nominati altri tre nuovi giudici: Gila Kanfi-Steinitz, Yechiel Kasher e Ruth Ronen.
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LUTTO NEL MACCABI ITALIA
Enzo Bondì (1952-2022)
Lutto nella famiglia del Maccabi, la principale organizzazione ebraica dedicata allo sport. All'età di 69 anni è scomparso infatti l'ex vicepresidente per l'Italia Enzo Bondì, una delle colonne di questa realtà a livello sia nazionale che romano.
Ex karateka, Bondì era stato uno dei promotori di una sezione dedicata. Un ruolo importante lo aveva avuto anche nello sviluppo di un'altra disciplina orientale di cui era appassionato: il judo.
“Un vulcano di idee, sempre propositivo. Perdo un amico di tutta una vita. Il nostro era un legame nato sui banchi di scuola” il ricordo di Vittorio Pavoncello, attuale presidente del Maccabi Italia. Un legame rimasto saldo anche quando Bondì aveva smesso di ricoprire incarichi ufficiali: “C'era sempre, con la testa e con il cuore. Il suo era un entusiasmo travolgente, di qualsiasi iniziativa si trattasse”. Lascia una moglie, Miriam, insegnante alla scuola ebraica di Roma. E tre figli, Aldo, Davide e Sara. Sia il suo ricordo di benedizione.
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Giado, un buco nero della memoria
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Mi vergogno un po’ di non averne mai saputo nulla, ma forse anche questo è uno di quei buchi neri della memoria che nessuno si preoccupa di riempire, a parte il dolore incancellabile dei diretti interessati.
E mi chiedo allora, a parte i dati specifici dell’evento tragico, che sentimenti siano rimasti nei tripolini italiani a quel riguardo. Se siano ritenuti genericamente colpevoli i nazisti, o se si riconoscano a chiare lettere le responsabilità dei fascisti, o magari anche di parte del popolo libico, nel caso si sappia di collaborazionismo locale. Insomma, forse esiste una narrazione acquisita: rendiamola ben nota.
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Immagini contese
![](https://gallery.mailchimp.com/97ebe9f08a07fbd119338f996/images/51f7919c-bbfe-4a37-afb6-ec9536603d0f.jpg) L’ultima non fatica di Germano Maifreda, Immagini contese. Storia politica delle figure dal Rinascimento, Feltrinelli, Milano, 2022 scivola allegramente nei canali virtuali della storia e scorre leggera nella lettura, profonda nell’incisività, con inusuale eleganza fra pagine ed illustrazioni, attraversando tempi e spazi. Chi crea queste pregevoli pagine non deve aver faticato, se riesce a renderne gioiosamente partecipe il lettore, perché quando si crea riversando quanto si è rimodellato nello studio e nell’osservazione, il lavoro non pesa. Non c’è pena nel bel mestiere delle lettere.
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Nel cuore dell'Europa
![](https://gallery.mailchimp.com/97ebe9f08a07fbd119338f996/images/f792dea6-320b-4498-b2f0-f42d5cdf7826.jpg) Sarà la guerra, dunque? Le speranze di salvare la pace, affidate agli ultimi disperati sforzi delle diplomazie internazionali, sembrano inesorabilmente infrangersi contro la volontà di espansione e di dominio regionale della Russia di Putin. Da un lato l'esigenza di sicurezza e democrazia reale di una Ucraina che vuole sconfiggere, attraverso la piena occidentalizzazione, i fantasmi del ritorno a un'egemonia sovietica in altra veste, accanto al bisogno della Nato di rafforzarsi sul confine con un colosso militare tutt’oggi nemico nonostante la ormai datata morte del comunismo; dall'altro le aspirazioni imperialiste di un leader e di uno Stato che continua a coltivare ambizioni da grande potenza mondiale. Il rischio di trovarci di nuovo una guerra di vaste proporzioni nel pieno dell'Europa si fa di giorno in giorno più tangibile.
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Pagine Ebraiche 24, l'Unione Informa e Bokertov sono pubblicazioni edite dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. L'UCEI sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Le testate giornalistiche non sono il luogo idoneo per la definizione della Legge ebraica, ma costituiscono uno strumento di conoscenza di diverse problematiche e di diverse sensibilità. L’Assemblea dei rabbini italiani e i suoi singoli componenti sono gli unici titolati a esprimere risoluzioni normative ufficialmente riconosciute. Gli utenti che fossero interessati a offrire un proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo comunicazione@ucei.it Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: comunicazione@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio "cancella" o "modifica". © UCEI - Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.
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