La crisi ucraina e il mondo ebraico “Pronti in caso di guerra”
Da Donetsk a Odessa fino a Kiev, anche il mondo ebraico ucraino si prepara al possibile conflitto. “Ci stiamo tutti preparando al peggio. Nessuno si fida della Russia”, aveva dichiarato a Pagine Ebraiche il rabbino capo di Ucraina, rav Yaakov Bleich. A distanza di una settimana, il peggio sembra sempre più vicino. A Donetsk il conflitto per esempio è già realtà, come testimoniano le parole di rav Aryeh Schwartz, rabbino di una comunità Chabad della città. “Questa notte, in periferia si è sentito il fuoco dell’artiglieria, ma non nella stessa misura dei giorni precedenti. – ha raccontato nelle scorse ore al quotidiano Israel Hayom rav Schwarz – Durante lo Shabbat, per esempio, i colpi sono stati costanti”. Nel frattempo la situazione ha continuato a precipitare. Il presidente russo Vladimir Putin ha deciso di aprire ulteriormente lo scontro, dichiarando di riconoscere l’indipendenza delle regioni separatiste di Luhansk e proprio di Donetsk. E ora carri armati russi sono entrati in territorio ucraino. “Proprio ora, i colpi di artiglieria sono ripresi, – la testimonianza in mattinata di Schwarz – e sto cercando in questo momento di salvare qualcuno che si trova in un rifugio nella zona dove si spara”.
Con l’aggravarsi della crisi, il rabbino capo di Kiev aveva lanciato una richiesta urgente di finanziamenti per aiutare le decine di migliaia di membri della comunità ebraica locale. Una richiesta concretizzatasi in un’iniziativa promossa da rav Bleich con una pagina online per la raccolta fondi.
Intanto anche sul versante opposto rispetto a Donetsk, ad Odessa, ci si prepara per il conflitto. A raccontarlo il rabbino Avraham Wolff al New York Times. Il rav, racconta il quotidiano in un approfondimento dedicato alla situazione dell’ebraismo ucraino, “ha comprato abbastanza zucchero, pasta e prodotti in scatola per nutrire la sua congregazione per un anno. Ha assunto circa 20 guardie di sicurezza israeliane nel caso scoppino rivolte e saccheggi. E se i russi invadono, ha mappato i rifugi antiatomici della città e ha abbastanza autobus in attesa per evacuare 3.000 persone dalla città portuale di Odessa sul Mar Nero”. Un tempo realtà fiorente dell’ebraismo dell’Est, la Comunità ebraica di Odessa “ha subito molti traumi”, ha evidenziato il rabbino Refael Kruskal al New York Times, e per questo è “più preoccupata e preparata rispetto ad altre”.