Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui      18 Luglio 2022 - 19 Tamuz 5782
LA COMMEMORAZIONE CON LE MASSIME CARICHE DELLO STATO

"Vel d'Hiv, Francia responsabile davanti alla Storia"

Le massime istituzioni del Paese accanto agli ebrei francesi nell’occasione degli 80 anni dal rastrellamento del Velodrome d’Hiver. Acclarate e incontestabili, è stato evidenziato in più di una iniziativa, le responsabilità da parte delle forze di polizia locali che si prestarono a quel compito. Responsabilità evidenti ma negate per decenni. Fin quando almeno a metà anni Novanta a promuovere una svolta fu l’allora Presidente della Repubblica Jacques Chirac. “La Francia, patria dell’illuminismo e dei diritti umani, terra di accoglienza e di asilo, la Francia, quel giorno, compì l’irreparabile. Mancando alla sua parola, consegnò dei suoi cittadini ai loro carnefici”, l’ammissione del Capo dello Stato nel 53esimo anniversario della retata. Uno scatto di consapevolezza rispetto al quale non si è più tornati indietro. “Lo Stato francese ha deliberatamente mancato a tutti i doveri della patria dell’illuminismo e dei diritti umani” ha ribadito ieri Emmanuel Macron. L’attuale inquilino dell’Eliseo, intervenendo all’inaugurazione di un nuovo spazio di Memoria in una stazione dalla quale partirono diversi convogli diretti ai lager nazisti, si è anche scagliato contro i fautori di alcune teorie care all’estrema destra secondo le quali i criminali a capo della Francia collaborazionista volessero in realtà salvare gli ebrei dai loro aguzzini e ribadito il proprio impegno contro l’antisemitismo. Una giornata significativa anche per Élisabeth Borne, neo prima ministra di Francia e figlia di un sopravvissuto alla Shoah di origine polacca che fu deportato ad Auschwitz insieme al padre e a due fratelli (dei quattro fu l’unico a tornare). “Ottanta anni fa – il suo messaggio – 13mila innocenti, perché ebrei, furono consegnati alla barbarie nella promiscuità e nell’angoscia del Vélodrome d’Hiver. Lo Stato francese ha una responsabilità davanti alla Storia”. Secondo Borne “in quei giorni di luglio la Francia ha perso un po’ della sua anima”.

(Élisabeth Borne, primo ministro di Francia e figlia di un sopravvissuto alla Shoah, depone una corona in ricordo delle vittime del rastrellamento)

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L'INCONTRO DI ASSISI

"Donne protagoniste nella società,
per l'ebraismo un tema non nuovo"

Diplomazia, cooperazione, dialogo interreligioso e interculturale. Ambiti decisivi per il nostro futuro ma in cui la voce delle donne fatica talvolta ad imporsi. Un dato eloquente: negli ultimi due anni solo il 6% di mediatrici e il 13% di negoziatrici hanno preso parte, almeno in forma ufficiale, a tavoli e processi di pace. A stimolare una riflessione su questo tema il progetto Rai “No Women No Panel“, giunto quest’oggi ad Assisi. Due i panel che hanno animato un incontro con molte voci e sensibilità: “La partecipazione delle donne ai tavoli strategici e militari può cambiare la storia“ e, a seguire, “Il ruolo del terzo settore nei processi di pace: movimenti femministi e religiosi, associazioni, pacifisti, ong”. A portare un punto di vista ebraico sull’argomento Livia Ottolenghi, assessore UCEI all’Educazione. “Nell’ebraismo – ha evidenziato  – le donne hanno sempre avuto un ruolo importante, non solo nel sociale, ma anche nel tessuto educativo ed economico. Fin dal Medioevo le donne hanno svolto infatti la professione medica e sono state titolari di esercizi commerciali, levatrici, educatrici. L’empowerment femminile non è pertanto una cosa recente, ma molto antica”. Ad essere menzionate tra tante due protagoniste: Sara Levi Nathan, madre di Ernesto grande sindaco di Roma, che fu non soltanto una sostenitrice di Mazzini impegnata politicamente “ma anche la creatrice di un’unione benefica che diede a tante donne la possibilità di crearsi un futuro”. E Paola Lombroso, ideatrice del Corriere dei Piccoli, che attraverso questa iniziativa dimostrò di aver capito per prima “l’esigenza culturale di un impegno per i bambini”.

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DALLA BULGARIA ALLA FERRARA EBRAICA, UNA VITA DI SFIDE E IMPEGNO

Jose Romano Levy Bonfiglioli (1937-2022)

“Sono nata a Sofia nel novembre del ’37 e cresciuta in Bulgaria. Greco-ortodossi, ebrei, armeni e musulmani da noi vivevano in serenità e armonia, senza forme di razzismo. Talvolta ripenso con nostalgia a quel piccolo, semplice e tranquillo melting pot”.
Rievocava così la sua infanzia Jose Romano Levy Bonfiglioli, scomparsa nelle scorse ore a Ferrara. Una donna caparbia e tenace la cui storia personale si era intrecciata a quella di una delle più gloriose famiglie ebraiche ferraresi, quei Bonfiglioli le cui vicende e i cui luoghi ispirarono a Bassani le atmosfere uniche del Giardino dei Finzi-Contini suo capolavoro. Protagonista attiva della vita ebraica locale, anche al fianco del marito Geri vicepresidente della Comunità a cavallo tra anni Ottanta e Novanta, Jose aveva condiviso la sua testimonianza in varie circostanze. Al Meis, ad esempio, nell’ambito dello “Spazio delle domande” voluto dall’allora direttrice del museo Simonetta Della Seta per avvicinare il pubblico all’ebraismo e alle sue tradizioni. Ma anche nell’ambito di “Zikaron Ba Salon”, progetto promosso dall’UCEI per portare i giovani a contatto con i testimoni della Shoah. “Non smetterò mai di chiedermi – raccontava Jose ai tanti ragazzi che l’avevano raggiunta nel suo salotto – come sarebbe oggi il mondo se in Europa ci fossero stati altri re, altri primi ministri, altre chiese e altri popoli come quelli che allora, in Bulgaria, assunsero una posizione ufficiale netta, contro il silenzio assordante della Santa Sede”.
La conoscenza e l’amore con Geri, sposato nel 1960. La scoperta di Ferrara. L’ingresso in una famiglia segnata anch’essa, in modo indelebile, dalla Shoah. Un mondo ricostruito magistralmente da Sabina Fedeli nel suo libro Gli occhiali del sentimento
 

(Nell'immagine: Jose Romano Levy Bonfiglioli con alcuni studenti nella sua casa di Ferrara)

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Vel d'Hiv, 80 anni dopo
Esattamente ottant’anni fa, il 16 e 17 luglio 1942 i poliziotti francesi arrestarono a Parigi 13152 ebrei stranieri ed apolidi, ne rinchiusero 7000 nel Velodromo d’Inverno, circuito di gare ciclistiche coperto nei pressi della Tour Eiffel, mandando subito gli altri nel campo campo di transito di Drancy. Tutti furono poi inviati a Drancy e di lì ad Auschwitz. Quasi seimila di loro erano donne, più di quattromila bambini. Oltre tremila di questi bambini, separati dalle loro famiglie, furono mandati ad Auschwitz successivamente, con l’assenso di Eichmann e su richiesta del Primo Ministro di Vichy Laval, che sollecitò i nazisti a ricongiungere i bambini alle famiglie “per motivi umanitari”. 
Anna Foa
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Oltremare - Tayelet nuova di zecca
La fila di villette, tutte di recentissima costruzione, è come spesso in Israele molto eclettica. O a dirla meno gentilmente, una simpatica accozzaglia di stili che vanno dal post-Bauhaus lineare e bianchissimo al cottage inglese con i mattoni a vista e le finestre allampanate passando per il villino a due piani grecofilo con colonne finto doriche incastonate in un plexiglass che grida vendetta. 
Daniela Fubini
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