Jose Romano Levy Bonfiglioli
(1937-2022)
“Sono nata a Sofia nel novembre del ’37 e cresciuta in Bulgaria. Greco-ortodossi, ebrei, armeni e musulmani da noi vivevano in serenità e armonia, senza forme di razzismo. Talvolta ripenso con nostalgia a quel piccolo, semplice e tranquillo melting pot”.
Rievocava così la sua infanzia Jose Romano Levy Bonfiglioli, scomparsa nelle scorse ore a Ferrara. Una donna caparbia e tenace la cui storia personale si era intrecciata a quella di una delle più gloriose famiglie ebraiche ferraresi, quei Bonfiglioli le cui vicende e i cui luoghi ispirarono a Bassani le atmosfere uniche del Giardino dei Finzi-Contini suo capolavoro. Protagonista attiva della vita ebraica locale, anche al fianco del marito Geri vicepresidente della Comunità a cavallo tra anni Ottanta e Novanta, Jose aveva condiviso la sua testimonianza in varie circostanze. Al Meis, ad esempio, nell’ambito dello “Spazio delle domande” voluto dall’allora direttrice del museo Simonetta Della Seta per avvicinare il pubblico all’ebraismo e alle sue tradizioni. Ma anche nell’ambito di “Zikaron Ba Salon”, progetto promosso dall’UCEI per portare i giovani a contatto con i testimoni della Shoah. “Non smetterò mai di chiedermi – raccontava Jose ai tanti ragazzi che l’avevano raggiunta nel suo salotto – come sarebbe oggi il mondo se in Europa ci fossero stati altri re, altri primi ministri, altre chiese e altri popoli come quelli che allora, in Bulgaria, assunsero una posizione ufficiale netta, contro il silenzio assordante della Santa Sede”.
La salvezza e poi l’arrivo in Italia come profuga e poi apolide. Un percorso non semplice, da subito in salita. “A un certo punto – la sua testimonianza – i miei decisero di prendere la nazionalità di un Paese sudamericano, ma durò poco: mio padre scoprì che, in base a una legge del ’24, gli ebrei sefarditi potevano richiedere la cittadinanza spagnola e così andò al Consolato e ce la fece ottenere. Col matrimonio, infine, sono diventata italiana. Naturalmente tutto questo è stato spiazzante anche sotto il profilo della lingua: quando nasci in una famiglia ebrea dell’Europa orientale, parli il bulgaro, lo spagnolo, l’ebraico, il turco e il francese. Fino al mio arrivo in Italia, a undici anni, conoscevo solo l’alfabeto cirillico e quello ebraico…”.
La conoscenza e l’amore con Geri, sposato nel 1960. La scoperta di Ferrara. L’ingresso in una famiglia segnata anch’essa, in modo indelebile, dalla Shoah. Un mondo ricostruito magistralmente da Sabina Fedeli nel suo libro Gli occhiali del sentimento. Ida Bonfiglioli: un secolo di storia nella memoria di un’ebrea ferrarese, pubblicato da Giuntina. “Aveva un grande affetto nei confronti della famiglia che l’aveva accolta ed era una persona che sapeva tenere insieme tanti pezzi, a partire dalle radici bulgare mai dimenticate. Una donna straordinaria, dall’umanità molto forte”, si emoziona Fedeli. “Ci eravamo sentite di recente, due settimane fa. Nonostante gli acciacchi continuava a mantenere un approccio reattivo e combattivo. Era una che si spendeva molto per le cause in cui credeva. Con una naturale predisposizione a guardare avanti, con dignità e decoro. Mancherà molto”. I funerali di Jose Romano Levy Bonfiglioli, annunciano i figli Ariel e Renzo, si svolgeranno mercoledì mattina nel cimitero ebraico ferrarese.
(Nell’immagine: Jose Romano Levy Bonfiglioli con alcuni studenti nella sua casa di Ferrara)