Se non visualizzi correttamente questo messaggio, fai click qui

8 Agosto 2016 - 4 Av 5776
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Paolo Sciunnach,
insegnante
“Impara ad aspettare. Se non ti sembra di riuscire ancora a raggiungere i tuoi obiettivi, malgrado tutti i tuoi sforzi risoluti, sii paziente. Fra l’accettazione e l’ansia, scegli l’accettazione”.
“Tu sei laddove sono i tuoi pensieri. Assicurati che i tuoi pensieri siano dove tu vuoi essere”.
(Rabbi Nachman di Breslav)
 
Anna
Foa,
storica
Il fatto che molti attentatori degli ultimi mesi siano giovani o giovanissimi nati in Europa e immigrati di seconda o anche terza generazione non deve farci dimenticare i tanti, la maggioranza, integrati nelle società occidentali, che svolgono il loro lavoro normalmente, che professano l’Islam come altri vanno in chiesa o in sinagoga, senza sogni di conquista o di mattanza degli infedeli. E che spesso sono le prime vittime degli assassini, intendo materialmente, perché ideologicamente quello che l’IS vuole è proprio far fallire questa realtà e contrapporre in Occidente i cittadini musulmani agli altri. Una guerra di civiltà che noi occidentali, per fortuna, non siamo disposti per ora a combattere come tale. Così leggo che una delle tre agenti di Charleroi colpite al machete dall’assassino islamico, quella che per prima gli ha sparato, è musulmana, Hakima. Quella che resterà sfregiata in volto dal machete. Era accanto alla sua collega cristiana, Corinne, anche lei gravemente colpita. Sono state colpite per la loro divisa, certo, ma agli assassini non importa distinguere la loro religione, anzi. Uccidere un po’ di musulmani integrati è un avviso e una minaccia per gli altri. Per far fallire il progetto di una società aperta, in cui regni il rispetto per tutti e fra tutti, in cui tutti i cittadini, di ogni credo e colore, vivano obbedendo alla legge dello Stato e difendendola contro ogni minaccia. Come Hakima.
 
Falla nella sicurezza
Aveva ricevuto due decreti di espulsione, rimasti sulla carta, il 33enne algerino che sabato ha aggredito a colpi di machete due poliziotti a Charleroi. Noto alle forze dell’ordine per reati minori, era riuscito a rimanere nella città belga. Gli inquirenti, che hanno compiuto sabato notte perquisizioni a casa del killer e di alcuni conoscenti, “avrebbero raccolto nei computer dell’attentatore elementi che parlano di una sua radicalizzazione recente” (Corriere).

“In questo momento siamo assolutamente lontani. Ma la Guardia di Finanza sta costituendo una unità speciale col compito di verificare i flussi di finanziamenti, che dovranno essere assolutamente tracciabili per valutare se contengono o meno il germe del radicalismo e dunque potenzialmente della violenza e del terrorismo”. Così il ministro dell’interno Angelino Alfano sul tema della sicurezza e sulla possibilità che le comunità islamiche italiane beneficino in futuro dell’Otto per Mille. “Sarà fondamentale arrivare a uno statuto dell’Islam italiano, che dica basta agli imam fai da te, che stabilisca che si debba predicare in italiano e che consenta appunto di tracciare i finanziamenti” afferma il ministro in una intervista a Repubblica. Basta con l’islam fai da te. A sostenerlo è anche l’imam Yahya Pallavicini, presidente della Comunità religiosa islamica. “Se emergono dei modelli di riferimento positivi di moschee e associazioni – dice in una intervista al Messaggero – diventa più difficile per i criminali sfruttare la situazione di confusione”.
 
Leggi

  davar
l'intervento di nathan sharansky
Israele, rabbinato alla prova
Una revisione, non una rivoluzione. È quello che il presidente dell’Agenzia ebraica Nathan Sharansky chiede al Rabbinato centrale di Israele. Una revisione delle procedure, per fare sì che la massima istituzione religiosa del paese acquisti maggiore trasparenza e obiettività nei criteri con cui si rapporta alle altre autorità rabbiniche, e in particolare quelle che appartengono all’ebraismo Modern Orthodox, in Israele ma soprattutto della Diaspora. L’occasione per lanciare il messaggio è stato un caso che ha suscitato grande interesse mediatico: il mancato riconoscimento, da parte del tribunale rabbinico della città di Petah Tikvah, cittadina a nord est di Tel Aviv, di una conversione effettuata da un noto rabbino newyorkese, Haskel Lookstein. Lo stesso che ha seguito e certificato il passaggio all’ebraismo di Ivanka Trump, figlia del candidato repubblicano alla presidenza americana Donald.
“Sono qui come capo dell’Agenzia ebraica per combattere una battaglia per rafforzare il rapporto tra Diaspora e Israele”, ha dichiarato Sharansky partecipando alla dimostrazione organizzata per sostenere rav Lookstein davanti alla sede della Corte suprema rabbinica di Gerusalemme all’inizio di luglio (nell’immagine).
Leggi

RIO 2016
Rugby, ritorno ai cinque cerchi

sotto il segno dell'identità
Era il lontano 1924 quando a Parigi si disputava l’ultima partita olimpica di rugby. Una Francia che giocava in casa contro gli Stati Uniti, la cui avventura parigina fino a quel momento non era stata delle migliori, con un’accoglienza da parte di atleti, giornalisti e tifosi tutt’altro che calorosa. Ma nonostante questo, riuscirono a infliggere una sonora sconfitta ai loro ospiti, con uno storico 17-3. Ma da allora, un po’ anche a causa degli episodi sgradevoli che si erano verificati intorno al rugby, si preferì tenerlo fuori dalle discipline olimpiche. Vari furono i tentativi di reinserirlo nel corso del tempo, e finalmente quest’anno il grande ritorno, a novantadue anni di distanza. Si tratta non più di rugby a 15 ma di rugby a 7, e ci sono sia un torneo femminile sia uno maschile. Tra i dodici uomini che compongono la rosa degli Stati Uniti c’è anche Nate Ebner, atleta di spicco della compagine americana che ha sempre fatto della propria identità un motivo di forza.
Nate ha 27 anni ed è nato e cresciuto in Ohio, dove fin da piccolo gioca a rugby. Una passione nata ma soprattutto coltivata grazie a suo padre, Jeff, preside di una scuola ebraica e lui stesso ex rugbista, che lo ha affiancato negli allenamenti di tutta la sua gioventù. Ed è sempre grazie a lui che ha potuto coltivare la sua identità ebraica: “Mi ha insegnato l’importanza di essere ebreo – le parole di Ebner – ricordandomi sempre che dovevo dare il massimo in ogni cosa e comportarmi sempre nel modo giusto”.
Leggi

le ultime ore del giusto ambasciatore
Wallenberg, mistero svelato
Sono passati quasi settant’anni da quando Raoul Wallenberg, diplomatico svedese che salvò migliaia di ebrei ungheresi dalle persecuzioni naziste, scomparve nel nulla. La sua è una vicenda in cui ci sono ancora nodi irrisolti: nel 1944 Wallenberg, giovane architetto e uomo d’affari, partì volontario in Ungheria come diplomatico per aiutare una missione statunitense a salvare gli ebrei dallo sterminio nazista. Furono migliaia quelli che riuscì ad aiutare procurando loro un passaporto svedese perché potessero emigrare nel paese, ma le sue tracce si sono perse dal gennaio 1945, quando fu catturato dalle forze sovietiche a Budapest poco dopo la liberazione dell’Ungheria. Da allora, sebbene la Russia abbia fatto sapere che Wallenberg sarebbe morto due anni dopo nella prigione di Lubyanka, non esistono prove definitive sulla sua sorte. Il mistero aleggia: perché fu arrestato? Era una spia? E cosa successe dopo? Morì davvero nel 1947? La sua famiglia non l’ha mai saputo, e l’anno scorso ha chiesto alle autorità svedesi di dichiararlo morto. La dichiarazione ufficiale non è ancora arrivata, ma la procedura è stata avviata a marzo e dovrebbe concludersi entro l’autunno. Nel frattempo però arriva oggi finalmente la prova tanto attesa, rimasta murata da più di quarant’anni nel garage di una dacia nel nord-ovest di Mosca.
Leggi

informazione - international edition
La settimana del Mercante
Dovevano essere quasi un diversivo durante il processo d’appello che a fine luglio ha opposto Shylock, l’ebreo veneziano più famoso, ad Antonio e alla Repubblica di Venezia, e Porzia. Stephen Greenblatt e James Shapiro, infatti, due fra i più noti studiosi di Shakespeare, rispettivamente di Harvard e della Columbia University, sono stati coinvolti nella “settimana del Mercante” che ha portato al centro dell’attenzione mondiale Venezia e il suo famoso ghetto, diventato simbolo di tutte le esclusioni. Il loro dialogo – programmato durante il tempo necessario alla giuria per arrivare alla deliberazione che ha portato al risarcimento di Shylock e all’annullamento della richiesta di conversione, oltre a una punizione esemplare per Porzia – si è trasformato in uno dei momenti più interessanti dell’intero Mock Trial.
La newsletter settimanale dedicata al pubblico internazionale ripropne oggi i testi scritti da Greenblatt e Shapiro per il programma distribuito agli spettatori dell’allestimento del Mercante di Venezia che Karin Coonrod, regista della Compagnia de’Colombari ha portato in ghetto col titolo “The Merchant in Venice” pubblicati in italiano nel dossier “Venezia – I 500 anni del Ghetto” uscito con il numero di agosto di Pagine Ebraiche.

Ada Treves twitter @atrevesmoked
sorgente di vita
Appuntamento a settembre
Appuntamento a settembre per Sorgente di vita. Durante il mese di agosto infatti la rubrica non andrà in onda a causa della programmazione Rai tutta concentrata sulle Olimpiadi. Nella prima puntata di settembre verrà presentata la Giornata Europea della Cultura Ebraica; e poi ci sarà un servizio sullo spettacolo “Il Mercante di Venezia” con immagini della rappresentazione e di alcuni momenti delle prove in Campo di Ghetto Nuovo, oltre alle interviste ai cinque attori che hanno interpretato il personaggio di Shylock. Seguiranno  altri interessanti servizi di cultura e di attualità.
Leggi
pilpul
 Oltremare - Spirito olimpico
Io alle mie Olimpiadi, quelle invernali di Torino nel 2006, devo la mia aliyah. Con le montagne di ore di straordinari maturate durante il lavoro alle Olimpiadi, ho potuto permettermi di partire poi, l’anno dopo, e di concentrarmi nello studio dell’ebraico invece di dover lavorare da subito. Lo dico a tutti quelli che mi raccontano in segreto di voler venire in Israele ma di non saper come fare, e rispondo: fai un piano di attacco. Il mio girava intorno alla paura di non riuscire ad imparare l’ebraico; ho rotto il salvadanaio olimpico e ho studiato. Fino ad oggi, dieci anni dopo, le Olimpiadi sono rimaste per me un periodo formativo e piacevole, di superlavoro che nessuno sentiva, di molte lingue parlate ed ascoltate, di divise unificanti, tutti noi, ed eravamo migliaia, uguali nella percezione a cinque sensi dello spirito olimpico in cui eravamo immersi, e nel bisogno incolmabile di sonno.
Quando ho sentito che la delegazione libanese ha impedito a quella israeliana di salire sullo stesso autobus per partecipare alla parata dei paesi durante la serata dell’inaugurazione a Rio, è stato come se tutti gli sportivi libanesi avessero passato unghie affilate all’unisono su di una lavagna gigante. Uno “schreeetch” con eco fino in Israele, così contrario allo spirito delle Olimpiadi riconosciuto in ogni parallelo, da fare venire i brividi lungo tutta la schiena.
Sarà anche stato un piccolo episodio dovuto a una leggerezza del comitato olimpico, mettere due delegazioni che nei paesi d’origine sono in stato di guerra una dopo l’altra sugli shuttle. Ma non è concepibile che proprio alle Olimpiadi si dia spazio ad un comportamento del genere. Hanno contraddetto nei fatti almeno tre punti dello statuto olimpico, venendo meno allo spirito di amicizia, solidarietà e fair play. E questo ancora prima di iniziare a gareggiare.
Per quanto mi concerne, la delegazione libanese dovrebbe essere reimpacchettata e rispedita in Libano sul primo volo disponibile, con richiesta di non farsi rivedere finché non avranno capito cosa ci erano andati a fare, a Rio. Suggerimento dagli spalti: sport, non politica.


Daniela Fubini, Tel Aviv
Leggi





moked è il portale dell'ebraismo italiano
Seguici su  FACEBOOK  TWITTER
Pagine Ebraiche 24, l'Unione Informa e Bokertov sono pubblicazioni edite dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. L'UCEI sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti che fossero interessati a offrire un proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it  Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio "cancella" o "modifica". © UCEI - Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.