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21 novembre 2014 - 28 Cheshvan 5775
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
Se tutti gli abitanti di Yerushalaim fossero bambini, potremmo dire loro di non accettare caramelle dagli sconosciuti. Ma gli abitanti ebrei di Yerushalaim non sono bambini e non lo sono nemmeno gli abitanti cristiani né tantomeno quelli musulmani e quindi dobbiamo correre il rischio di accettare caramelle dagli sconosciuti.
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
Nel 1903, quando gli ebrei di Kishinev vennero colpiti dall’orrendo pogrom favorito dalla polizia zarista, il poeta Chaiyym Nachman Bialik (1873-1934) visitò le strade e le case ancora grondanti di sangue e scrisse di getto il suo poema yiddish “In Shchite-Stot”, reso in ebraico in versione parzialmente differente con “Be-‘Ir ha-haregah” (“Nella Città del Massacro”, ed. italiana Genova, Melangolo 1992: è chiaro a tutti che la parola “Shchite” utilizzata in yiddish è più di massacro, indica lo sgozzamento di un animale).
 
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Il testo apparso nella newsletter di ieri del professore Sergio Della Pergola non era interamente visualizzabile. La redazione si scusa con l'autore e con i lettori per l'errore. Di seguito il testo integrale dell'intervento.


Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme
Sono arrivati a bordo della loro Skoda Octavia, 1900 cc. diesel, probabilmente di seconda mano, i terroristi palestinesi di Har Nof. Uno dei due lavorava in un negozio del quartiere. Presumibilmente parlava un po’ l’ebraico e magari il giorno prima qualche avventore gli aveva detto sbadatamente shalom o chiesto l’ubicazione di un prodotto su uno scaffale. L’attentatore palestinese che lo scorso mese ha gravemente ferito l’attivista Yehuda Glick, lavorava al ristorante del Centro Begin, un moderno istituto culturale serio e orientato a destra, dove lo stesso Glick aveva appena partecipato a una riunione. Evidentemente anche costui doveva parlare un ebraico per lo meno discreto e si muoveva agevolmente tra la caffetteria e la sala internet spesso molto affollate dell’elegante edificio. Questi e altri rappresentanti del nuovo terrorismo palestinese non sono degli emarginati che vivono in casupole non intonacate a Gaza, o in campi profughi coi sentieri di fango alla periferia delle città della Cisgiordania, bensì persone con un reddito abbastanza regolare, un’abitazione a Gerusalemme, un’auto in discrete condizioni, a volte moglie e figli. Hanno frequenti occasioni di incontrare ebrei israeliani e i rapporti in questi casi sono generalmente corretti. Un giorno improvvisamente, si alzano e vanno a compiere un massacro – evidentemente sobillati da qualcuno, a volte finanziati da qualcuno, o con il supporto logistico di qualcuno. La distinzione che molti cercano di fare fra una guerra di religione (brutta?) e una guerra di etnie (bella?) è totalmente irrilevante. Di guerra certamente si tratta, anche se in questo caso e per ora è combattuta sporadicamente da singoli. Ma qui non si tratta di far prevalere un principio teologico sopra un altro, o una bandiera e la sua cultura sopra un’altra. L’obiettivo vero e dichiarato è semplicemente danneggiare, ferire, o distruggere lo stato di Israele, il paese degli ebrei. Sulle diverse gradazioni di questa ipotesi (e le differenze fra danneggiare e distruggere sono di non poco conto) vi è un’ampia convergenza di consensi, dai sunniti del Califfato e di Al Qaeda, agli sciiti di Hezbollah e del regime sempre più nuclearizzato di Teheran, dall’Autorità Palestinese alla Turchia e al Qatar. L’Egitto, da quando è presidente el-Sisi, capisce di avere interessi molto simili a quelli di Israele e agisce di conseguenza. L’Europa e tristemente anche gli Stati Uniti fanno finta di non vedere che gli episodi di terrorismo sono delle infiltrazioni, per ora contenute, del fondamentalismo islamico rampante in tutte le sue diverse versioni e sfumature. Così l’Occidente richiama “le due parti” a “moderare i comportamenti” di fronte agli spiacevoli “eventi” in “quella terra”. Questo gigantesco fenomeno di rimozione in atto in Occidente – in presenza di scene mai viste prima di decapitazioni di massa – non può concludersi bene. Il fondamentalismo islamico non punta solamente a Israele, punta molto al di là.
 
Gentiloni e i negoziati
tra israeliani e palestinesi
INon è il momento per parlare di riconoscimento della Palestina, la priorità è il riavvio dei negoziati di pace. Lo ha spiegato il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni, a margine dell’incontro avuto ieri alla Farnersina con il rappresentante degli Esteri palestinese Riad al-Malaki. A riportare la notizia del vertice, tra gli altri, il Sole 24 Ore che sottolinea la ferma condanna da parte di Gentiloni “dell’ignobile atto contro una sinagoga a Gerusalemme”, in riferimento al sanguinoso attentato di martedì nella Capitale israeliana. Il ministro ha espresso in un colloquio telefonico con l’omologo israeliano Avigdor Lieberman la solidarietà dell’Italia a Israele. Gentiloni ha manifestato apprezzamento per la condanna dell’attentato da parte del presidente palestinese Mahmoud Abbas e del ministro al-Malaki, invitando entrambe le parti a “compiere ogni sforzo per fermare l’escalation” di violenza. “La questione del riconoscimento della Palestina verrà valutata con la massima attenzione al momento opportuno e più utile per rilanciare il negoziato – ha dichiarato il titolare della Farnesina – Per l’Italia la priorità resta la ripresa del negoziato tra le parti”.
 
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  davar
musica - "il ghetto. varsavia 1943"
Un'opera per raccontare la rivolta
Sabato sera e domenica pomeriggio (rispettvamente ore 20.30 e 16.00) calcherà per la prima volta il palcoscenico l'opera lirica "Il Ghetto. Varsavia 1943", ispirata alla rivolta del Ghetto di Varsavia e frutto del lavoro del compositore Giancarlo Colombini e del librettista Dino Borlone. A ospitare la prima mondiale dell'opera, il Teatro Verdi di Pisa, con la regia di Ferenc Anger e diretta dal maestro Gianluca Martinenghi. Il numero di Pagine Ebraiche di dicembre ha raccolto la testimonianza del soprano Silvia Colmbini, nipote del compositore,  che per l'occasione ha redatto l'analisi critica de "Il Ghetto. Varsavia 1943".
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qui milano - Meeting of Presidents
Europa ebraica a confronto
Sarà Milano, questo weekend, il centro dell'Europa ebraica. Il capoluogo lombardo è stato infatti scelto come sede del quinto Meeting of Presidents of Jewish Organisations, organizzato dal European Council of Jewish Communities e dalla American Jewish Joint Distribution Committee in collaborazione con l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e con la Comunità ebraica di Milano, che si inizierà oggi e terminerà domenica. Il summit riunisce i leader delle Comunità ebraiche d'Europa e delle organizzazioni ebraiche pan-europee per un nuovo importante momento di confronto sul futuro dell'ebraismo europeo e delle sue istituzioni e sulle sfide comuni che lo attendono, a due anni dall'ultimo Meeting svoltosi a Barcellona. All'ordine del giorno temi pratici che riguardano nella stessa misura la gestione di tutte le Comunità ebraiche, tra cui sicurezza sociale, educazione, giovani, e cultura ma anche argomenti di più largo respiro come crisi del modello comunitario, identità ebraica e integrazione, lotta all'antisemitismo, rapporti con Israele. L'intenzione è quella non solo di rivedere e ampliare la Barcelona Declaration del 2012 ma soprattutto quella di creare “una piattaforma, nella quale ogni individuo porta la sua esperienza e la condivide con gli altri, e il cui scopo è dunque quello di mettere a sistema le conoscenze e le esperienze delle comunità ebraiche perché queste rimangano a disposizione”, come sottolinea Simone Mortara, segretario del consiglio dell'ECJC e consigliere della Comunità ebraica di Milano. Denso e articolato il programma del weekend. Ad inaugurare i tre giorni di lavori, al fianco del presidente UCEI
Renzo Gattegna, Benjamin Albalas, presidente ECJC e Diego Ornique, direttore di JDC Europe.

(Nell'immagine un intervento nel corso del quarto Meeting of Presidents di ECJC e JDC svoltosi a Barcellona nel 2012)
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DOPO LE POLEMICHE SULL'INIZIATIVA ROMANA
Torino, il Museo fa chiarezza
sulla mostra della discordia

Immediata e chiara, è arrivata oggi la risposta del Museo Diffuso della Resistenza di Torino alle sollecitazioni della Comunità ebraica della città. Il Museo ospita in questi giorni una mostra, precedentemente esposta a Roma, che è stata curata dall’UNRWA, l'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati palestinesi. Da oggi all’ingresso della mostra è presente un pannello che spiega ai visitatori l’accaduto. Quello che segue ne è il testo integrale: “La mostra che il Museo ospita, che è stata inaugurata a Roma nei locali della Camera dei Deputati, è stata curata e organizzata dall’ Unrwa (United Nations Relief and Works Agency), l’istituzione delle Nazioni Unite che da più di sessant’anni svolge, per conto di tutta la comunità internazionale, il difficile compito di soccorso ai milioni di profughi palestinesi che vivono a Gaza, in West Bank, in Giordania, in Libano e in Siria. Dell’UNRWA i contenuti della Mostra riportano lo sguardo e il punto di vista. È giusto che i visitatori della Mostra siano informati che la Comunità Ebraica torinese, che è tra i soci del Museo e che ne ha sempre costituito una componente viva ed essenziale, ha espresso una indignata protesta contro i contenuti della Mostra, criticandone il carattere unilaterale, fazioso e pregiudizialmente antiisraeliano. Di fronte a questo contrasto il Museo non può che proporsi come spazio di ascolto, di dialogo e di comprensione tra posizione diverse. L’amicizia per Israele e la difesa del suo diritto alla sicurezza e il riconoscimento del diritto del popolo palestinese a un proprio stato non si escludono l’una con l’altro. È bene ricordarlo in un momento in cui il terrorismo rinnova la sua minaccia in Israele e in tutto il Medio Oriente”. 

qui roma - il ricordo di max ascoli
L'Italia dagli occhi di un esule
Prosegue il convegno organizzato dalla Biblioteca e l’Archivio storico del Senato dedicato a Max Ascoli, un caso paradigmatico nella trattazione della politica e cultura italiana in rapporto con gli Stati Uniti. Ascoli, giornalista e professore di Diritto, è stato uno degli intellettuali italiani trasferitisi in America più influente del dopoguerra, protagonista di carteggi con figure di spicco come Luigi Sturzo. Dopo gli incontri di ieri pomeriggio che hanno visto la partecipazione di Giovanni Orsina nella trattazione del rapporto tra Giovanni Malagodi e gli Stati Uniti, si sono susseguiti Fabio Grassi Orsini (“Mosca, Pareto e la politologia americana dinnanzi all’avvento del totalitarismo”) e Massimo Teodori (“Il Congresso per la libertà della cultura: Stati Uniti e Italia). Ampia riflessione poi sull’avvento del Fascismo con la relazione di David Kertzer della Brown University, “La Chiesa cattolica e gli Stati Uniti negli anni del totalitarismo fascista”), Mauro Canali dell’Università di Camerino che si è concentrato sulla figura di Dino Bigongiari e Alessandra Tarquini che ha analizzato la percezione degli Stati Uniti nella cultura fascista. David Kertzer, tornerà ad essere protagonista lunedì 24 con la presentazione del suo libro “Il patto col diavolo” edito da Rizzoli, un lavoro che esplora il rapporto tra Mussolini e papa Pio XI: ad intervenire alle 17.00 alla Sala Zuccari del Senato, oltre l’autore, Piero Craveri, Mauro Canali, Lucia Ceci ed Emma Fattorino. A fare da moderatore Romano Prodi.
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QUI ROMa - cooperazione italia-israele
Il Technion e le nuove sinergie 
Polo d’eccellenza del sapere contemporaneo, casa di molti scienziati di fama tra cui alcuni premi Nobel (ultimo dei quali Daniel Shectman, premiato nel 2011 per la sua scoperta sui quasicristalli), il Technion di Haifa è protagonista in queste settimane di una serie di accordi di cooperazione con il mondo universitario e produttivo italiano. Una missione i cui obiettivi, tra startup e settore manifatturiero, saranno al centro di un evento organizzato per la serata di domani dall’Italian Technion Society.
L’appuntamento è per le 20 presso il Centro Ebraico Il Pitigliani di Roma. Protagonisti due menti illustri del Technion: Alan Wolf, padre dello ‘snake robot’, e Dovev Lavie, che ha fondato il programma ‘Start-up MBA'. In sala, tra gli ospiti d’onore, il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini, l’assessore allo sviluppo economico e alle attività produttive della Regione Lazio Guido Fabiani, l’ambasciatore d’Israele a Roma Naor Gilon.
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qui roma - beautiful israel e legambiente
Insieme per il pianeta
Italian Council for a Beautiful Israel nasce due anni fa l’obiettivo di promuovere iniziative che consentano il rispetto dell’ambiente contro ogni forma di degrado. Si rivolge in particolare alle nuove generazioni, a coloro cioè che dovranno impegnarsi ad attuare tutte le misure necessarie per raggiungere questo obiettivo.
Nel solco di questo impegno la partecipazione in veste ufficiale all’evento annuale organizzato da Legambiente per la Festa dell’albero, evento finalizzato ad esaltare la fondamentale importanza degli alberi anche sotto il profilo del “patto tra generazioni”: ad un anziano che piantava un albero da frutto venne chiesto se il poco tempo di vita che gli rimaneva gli avrebbe consentito di godere dei suoi frutti. L’anziano rispose che, così come i suoi padri avevano piantato per lui, così lui oggi piantava per i figli e per i nipoti.
Per Beautiful Israel, oggi rappresentata da chi scrive, la Festa dell’albero può costituire il momento iniziale di un percorso di proficua collaborazione con Legambiente per portare all’esterno una voce in più in materia di ambiente.

Emilio Nacamulli, consigliere UCEI
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qui roma
Quando il gusto è kosher
Dentro casa/fuori nel mondo: un tema “da assaggiare” con menu ad hoc e vini in degustazione. Torna Gusto Kosher, la rassegna enogastronomica organizzata da Lebonton Catering con l'obiettivo di proporre pietanze, sapori e profumi in accordo con la Legge ebraica a un pubblico sempre più ampio e consapevole. L'appuntamento con la 14esima edizione, in programma al Palazzo della Cultura, è per domenica mattina. Salumi, formaggi, vini di qualità. Assaggi e momenti conviviali ma anche confronto dialettico. La struttura fungerà infatti da punto di riferimento per riflessioni e dibattiti attorno a un tema sempre più strategico come testimonia la crescita del progetto di certificazione nazionale sviluppato dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane insieme al ministero dello Sviluppo Economico. Progetto relativamente al quale i lettori potranno essere aggiornati sul numero di Pagine Ebraiche in distribuzione con un ampio riferimento all'attività svolta e ai risultati conseguiti dall'assessore UCEI alla Kasherut Jacqueline Fellus.
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 qui firenze - fondazione raoul wALLENBERG
La memoria del Bene
Riconoscere il coraggio di chi fece scelte difficili, tenere viva la memoria del Bene.
È il senso del progetto “Case della vita” portato avanti dalla Fondazione Raoul Wallenberg per onorare personaggi e istituti in cui furono aperte le porte agli ebrei perseguitati dal nazifascismo. Un impegno che tocca in questi giorni molte città italiane e che si è aperto, nelle scorse ore, con una solenne cerimonia al convento di piazza del Carmine a Firenze dove si trovò ad agire Suor Ester Busnelli, riconosciuta Giusta tra le Nazioni dallo Yad Vashem nel 1995. La cerimonia si è svolta alla presenza del rabbino capo Joseph Levi e della presidente della Comunità ebraica fiorentina Sara Cividalli, i cui cari furono nascosti a poche decine di metri dall'istituto.
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pilpul
Coesione e spaccatura
Davvero troppo strane e anomale le notizie che arrivavano da Torino domenica e lunedì scorsi: una Comunità festosa e unanime, un’affollatissima cerimonia (per l’insediamento del rabbino capo Ariel Di Porto) commentata da tutti positivamente e su cui nessuno aveva niente da ridire. Ebrei che non litigano? Nessuna divergenza di opinioni? Com’è possibile?

Anna Segre, insegnante
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L’unica soluzione
Un anno fa circa, scrissi il mio primo articolo per queste pagine. Una riflessione che riportava la notizia di uno studio linguistico condotto in Israele tra gli arabo-israeliani sul cosiddetto “arabraico”. Poche righe per esprimere come il linguaggio possa diventare un punto d’incontro, una tappa fondamentale verso la reale conoscenza e la comprensione dell’altro. .

Francesco Moises Bassano, studente
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Il coraggio di essere
Si è quello che già siamo o quello che diventiamo? In fondo, il film “The good son” della giovane regista israeliana Shirly Berkovitz affronta questo tema attraverso il racconto della vita di Or, un ragazzo israeliano che comprende una volta per tutte cosa lo avrebbe aiutato ad essere se stesso: cambiare sesso.

Ilana Bahbout
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