Coesione e spaccatura

anna segreDavvero troppo strane e anomale le notizie che arrivavano da Torino domenica e lunedì scorsi: una Comunità festosa e unanime, un’affollatissima cerimonia (per l’insediamento del rabbino capo Ariel Di Porto) commentata da tutti positivamente e su cui nessuno aveva niente da ridire. Ebrei che non litigano? Nessuna divergenza di opinioni? Com’è possibile? Eppure sappiamo bene che discutere e dividersi su ogni argomento possibile e immaginabile è un elemento essenziale della cultura e dell’identità ebraica. In effetti noi ebrei torinesi dobbiamo riconoscere che aver trovato un rabbino che piace a tutti ci aveva forse un po’ spiazzati togliendoci il principale argomento dei litigi degli ultimi anni, ma occorre anche precisare che siamo stati rapidi a trovare rimedio a questa preoccupante anomalia: sono bastati appena due o tre giorni per tornare alla normalità; ecco che già ieri le pagine torinesi della Repubblica parlavano di “comunità divisa in due”, “spaccata al suo interno” e l’articolo concludeva affermando che “potrebbe non esser la volta buona per sedare i pesanti malumori tra gli ebrei torinesi”. Di che si tratta questa volta? Dissensi tra destra e sinistra? Tra laici e religiosi? Opinioni divergenti sul conflitto israelo-palestinese? Niente di tutto questo: le discussioni riguardano una lettera di protesta – sulla cui opportunità tutti concordano – contro una mostra che tutti concordano nel definire malfatta e faziosa (e che probabilmente ha ricavato dalle notizie sui nostri litigi una pubblicità del tutto immeritata). A quanto risulta, ci sono opinioni diverse sul contenuto esatto di tale lettera. Non nego che le ragioni per preferire l’una o l’altra formulazione possano essere giuste e importanti, tuttavia mi chiedo che cosa potranno capire o pensare i lettori della Repubblica, tra cui forse ci sarà la gran parte di ebrei torinesi che non ha modo di informarsi direttamente dai Consiglieri. È vero che le discussioni sono parte essenziale della nostra identità, ma non mi risulta sia vietato litigare per argomenti su cui ci siano reali differenze di opinione; così come non mi risulta sia obbligatorio che le nostre discussioni vadano a finire sui giornali.

Anna Segre, insegnante

(21 novembre 2014)