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12 dicembre  2014 - 20 Kislev 5775
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
Ho viaggiato per tre giorni da una costa all’altra della Sicilia con il gruppo Kesher di Milano, apprezzando ciò che per i milanesi è il più grande dei problemi: la differenza. In autobus a Palermo o da Siracusa a Noto ho parlato o sentito parlare (e cantare!) almeno tre lingue, tra francese, ebraico ed italiano. Ho riso con un nuovo amico scherzando con l’accento siciliano o l’ebraico dei bagnini della spiaggia di Tel Aviv. Ho parlato dei Modiano di Salonicco, dei Florio di Palermo, di Abulafia a Siracusa, dei Franco di Catania.
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
Il gruppo Lehava di cui fanno parte i tre ragazzotti che hanno provato a bruciare una scuola mista arabo ebraica in Israele è il sintomo di un male nuovo e antico. Certamente potrebbero ricordare gli Zeloti e i Sicari di duemila anni orsono, ma credo che sarebbe più opportuno lasciare il passato alla ricerca storica e dedicare qualche riflessione all’oggi. Non c’è dubbio che il virus del fondamentalismo abbia infettato pericolosamente anche l’ebraismo, e questo non può che allarmare.
 
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La morte di Ziad Abu Ein:
disaccordi e paure
Se muore Ziad. “Il corpo avvolto nei colori della bandiera palestinese, il saluto militare. Le armi estratte alla cerimonia ufficiale nel palazzo della Muqata sono quelle della guardia presidenziale. Per le strade di Ramallah ricompaiono per la prima volta in dieci anni i gruppi di incappucciati che imbracciano invece i kalashnikov”. Dopo il funerale del cinquantacinquenne palestinese Ziad Abu Ein, leader legato a Marwan Barghouti e morto mercoledì dopo un malore durante una manifestazione alla quale sono seguiti degli sconti con la polizia israeliana, Fatah chiede vendetta. Una situazione delicata ed ancora non del tutto chiara raccontata da Davide Frattini sul Corriere della Sera: “All’autopsia hanno partecipato medici palestinesi, israeliani, giordani. Hanno assistito agli stessi esami nell’obitorio di Abu Dis, in Cisgiordania, ne leggono i risultati in modo diverso. Secondo il ministero della Sanità a Gerusalemme, Abu Fin è morto per un infarto, lo stress della situazione tra le cause. Secondo gli anatomopatologi palestinesi sarebbe stato ucciso: il cuore avrebbe ceduto per I gas lacrimogeni, l’aggressione e i colpi dell’ufficiale della polizia di frontiera (un video mostra l’israeliano che gli stringe le mani al collo), perché gli è stato impedito di raggiungere l’ospedale quando si è sentito male”. Intanto mentre Abu Mazen si è preso del tempo per capire con quale strategia rispondere, il premier israeliano Netanyahu richiama alla calma di fronte ad un evento che potrebbe riaccedendere una nuova stagione di scontri.

Spari contro l’ambasciata israeliana in Grecia. Colpi d’arma da fuoco sono stati esplosi vicino all’ambasciata di Israele ad Atene. Nessun ferito né danno a edifici. Gli aggressori, quattro persone, si sono avvicinati all’ambasciata alle 3.20 di questa mattina a bordo di due motociclette e hanno esploso dei colpi di kalashnikov in direzione dell’edificio della diplomazia israeliana. L’attacco arriva a due giorni di distanza dalla morte nella West Bank di un ministro palestinese. In passato in Grecia ci sono state violente manifestazioni contro la politica israeliana e in supporto dei palestinesi. Non è la prima volta che si registrano attacchi contro ambasciate nella Capitale greca: nel 2007 il bersaglio era stata la residenza diplomatica americana, nel 2013 quella tedesca (Times of Israel).
 
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  davar
Israele
Venerdì di paura
Ogni venerdì è giorno di massima allerta in Israele, da settimane nel mirino. Una paura confermata purtroppo dai fatti: una famiglia di Gerusalemme è stata oggi colpita a Gush Etzion da quello che si sospetta essere un attentato. Un palestinese ha lanciato dell’acido addosso ad un uomo di quarant’anni, sua moglie e alle loro figlie, tre bambine che hanno tra gli otto e i dieci anni. Il terrorista ha tirato l’acido dentro il finestrino aperto della macchina colpendo tutti e cinque i passeggeri (al momento fortunatamente in condizioni non gravi); voleva poi attaccare altri guidatori ma è stato immobilizzato da un civile che gli ha sparato contro. La polizia ed i paramedici sono attualmente sulla scena: il crimine è stato commesso nel tunnel tra il villaggio palestinese di Husan e Beitar Illit, non lontano da Gerusalemme. Già stamane erano arrivate notizie preoccupanti dalla Grecia: colpi d’arma da fuoco erano infatti eslosi vicino all’ambasciata di Israele ad Atene. Colpevoli quattro presone che a bordo di due motociclette hanno eploso dei colpi di kalashnikov in direzione dell’edificio della diplomazia israeliana. Due attacchi di odio violento a due giorni dalla scomparsa di Ziad Abu Ein, il ministro palestinese del gabinetto di Abu Mazen legato a Marwan Barghouti, morto dopo un malore durante una manifestazione alla quale sono seguiti degli sconti con la polizia israeliana.
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Qui Gerusalemme
"Vittorio Dan Segre,

grandezza e profondità"
In sella a un cavallo dritto e fiero, un giovane sorride, guardando lontano. Nell’immagine successiva quel giovane ha qualche anno di più ed è seduto di fronte a Golda Meir. Natura e città, Italia, Israele, l’amata moglie Rosetta, figli e nipoti. Sono i protagonisti delle fotografie che scorrono nella sala dell’Istituto Van Leer di Gerusalemme per ricordare Vittorio Dan Segre, scomparso a settembre all’età di 92 anni. Raccontano il ritratto di un uomo sospeso tra due, tre, cento diversi mondi, e capace di vivere a pieno ciascuno di essi, dal Risorgimento al sionismo, dal Piemonte alla Capitale israeliana. E lo stesso messaggio emerge nitido dalle parole dei tanti amici, parenti, rappresentanti delle istituzioni venuti a ricordarlo, nella serata in sua memoria organizzata dall’Ambasciata d’Italia in Israele e dall’Istituto di Cultura di Tel Aviv in collaborazione con la Hevrat Yehudei Italia. A non voler far mancare il proprio omaggio a Segre, e alla sua capacità di lasciare il segno nel XX secolo di entrambe le patrie per cui il suo cuore palpitava, anche il presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano e il presidente emerito dello Stato d’Israele Shimon Peres, attraverso due messaggi letti dall’ambasciatore italiano Francesco Maria Talò. Talò ha poi condiviso con il pubblico la sua gratitudine nei confronti di Segre, capace di insegnargli tanto sul Medio Oriente attraverso i suoi libri e articoli prima, e di proseguire nell’opera tanti anni dopo di persona, a partire dalla vigilia della sua partenza per assumere l’incarico in Israele e fino al momento della sua scomparsa.


Rossella Tercatin
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qui roma - verso l'expo milano
 A Fiumicino
i sapori di Israele
Una vetrina per dare un piccolo assaggio dell’EXPO che dal 1 maggio 2015 animerà Milano celebrando il tema “Nutrire il pianeta”; questo lo scopo della serie di iniziative di “Roma verso EXPO”: un carnet di eventi della capitale volti a far crescere l’attenzione sull’esposizione. Uno dei punti di incontro, territorio di passaggio tra una città e l’altra, sono gli Aeroporti di Roma dove ieri è stato celebrato uno spazio targato EXPO dedicato alle anteprime di alcuni tra i 140 paesi aderenti. Un progetto che vede protagonista lo Stato d’Israele dal 12 al 27 dicembre. Israele si presenta al pubblico in un’esposizione che anima il Terminal 3 dell’aeroporto, mettendo in mostra i valori del paese che si svilupperanno ampiamente nel padiglione EXPO “Fields of tomorrow” progettato dall’architetto David Knafo su un’area di 2369 metri quadri. Un Terminal 3 insolitamente arricchito di frutta e verdura, avocadi, bottiglie di vino e melograni e con uno spazio speciale dedicato a Netafim, l’innovativo metodo di irrigazione Made in Israel. Spiega l'ambasciatore israeliano in Italia Naor Gilon: “Siamo grati al sindaco di Roma che ci ha concesso questa opportunità: l’aeroporto è davvero un luogo fondamentale per chi vuole presentarsi. Il tema di EXPO ‘Feed the Planet’ si sposa perfettamente con l’Italia. Ma anche con Israele: in 66 anni il paese ha dimostrato di essere creativo e innovativo ed è diventato uno dei leader nel campo del progresso agroalimentare. Ha fatto del ‘more with less’ il proprio manifesto. Nonostante le risorse scarse, la tecnologia ha creato un ponte con idee vincenti in campo di rispetto dell’ambiente, pensando in maniera non convenzionale. Il padiglione di Israele si concentrerà sugli elementi principali della storia dell’agricoltura e degli svariati volti del paese, dal turismo alla cultura".
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Qui Milano
Israele, nuovi orizzonti politici
Nessuno può prevedere cosa accadrà il prossimo 17 marzo, quando milioni di israeliani saranno chiamati alle urne per scegliere chi guiderà il paese nella prossima legislatura. Saranno però elezioni diverse dal passato, afferma l'analista israeliano Ben Dror Yemini, perché diverso è l'orizzonte politico del paese. Nuove coalizioni hanno fatto capolino (la sinistra laburista di Isaac Herzog con i centristi di Tzipi Livni) così come nuovi partiti (quello dell'ex uomo del Likud Moshe Kahlon) mentre altri sembrano proporsi in modo diverso rispetto al passato (Avigdor Lieberman e il suo Israel Beitenu nella fattispecie). Tutto questo inciderà, continua Yemini, anche sul rapporto con i palestinesi e si potrebbero profilare novità sul fronte del negoziato. E intanto l'Europa vuole proporsi come possibile rifermento tra le due parti ma serve più coraggio e determinazione, sottolinea Lia Quartapelle, deputata Pd della Commissione Esteri della Camera. L'Italia e i paesi europei devono chiedere a Israele di fare passi importanti sul fronte dei negoziati in virtù dell'amicizia che li lega, la posizione del direttore del TgLa7 Enrico Mentana. Le richieste sono indirizzate a Israele, continua il direttore, perché unica democrazia del Medio Oriente e perché la controparte manca di credibilità. Un breve riassunto per ricapitolare i punti salienti toccati ieri sera nel partecipato dibattito moderato da Daniele Nahum, responsabile Cultura Pd della sezione milanese, allo spazio Open di Milano. Yemini, autorevole firma di Maariv e Yedioth Ahronoth, il direttore Mentana e la deputata Quartapelle si sono infatti confrontati sui temi caldi della politica israeliana. Con un assunto condiviso: la demonizzazione delle parti, in particolare di Israele non può giovare a nessuno e fomenta solo gli estremismi.
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Qui Torino
L'ebraismo incontra l'architettura
“Essere presenti oggi è importante in quanto rappresenta un riconoscimento del fatto che il patrimonio religioso italiano non è solo quello cristiano, bensì quello di tutte le altre minoranze presenti sul territorio”. Questo è stato evidenziato da Dario Disegni, presidente della Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia, intervenuto ieri pomeriggio al convegno internazionale “Patrimonio architettonico religioso – Nuove funzioni e processi di trasformazione”, in corso al Salone d’Onore del Palazzo del Valentino a Torino nelle giornate di ieri e di oggi. La due giorni, dedicata allo studio dell’adeguamento funzionale delle strutture religiose, è organizzata dal Dipartimento di Architettura e di Design del Politecnico di Torino e dall’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana. “Si tratta di un’occasione importante per rendersi conto che le esigenze sono comuni a tutte le realtà religiose e far nascere collaborazioni”, ha sottolineato Carla Bartolozzi, docente al Politecnico di Torino e coordinatrice del Comitato Scientifico. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Laura Moro, direttrice dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, che ha presieduto la sessione di ieri pomeriggio dedicata alla consistenza del patrimonio architettonico religioso e ha osservato come l’ambito dei beni cultuali religiosi sia costituito da numerose anime diversissime tra loro. “Queste occasioni di incontro sono dunque ottimi momenti per conoscersi, aggiornarsi e soprattutto creare un linguaggio comune”, ha detto Moro. Il pomeriggio, nel corso del quale Dario Disegni, presidente FBCEI, ha presentato il patrimonio architettonico ebraico in Italia, ha visto dunque alternarsi gli interventi di rappresentanti delle diverse istituzioni di cui questo settore si compone, tra cui quelli di Mons.


Francesca Matalon
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la presentazione di good morning italia-
Il racconto dell'anno che verrà
Un servizio per dare al lettore ogni mattina le informazioni che vale la pena di sapere su quanto accade nel mondo. Questa l'idea trainante della redazione di Good Morning Italia: alle prime luci del giorno migliaia di utenti scorrono una mail o la app e leggono in modo semplice e veloce una rassegna delle notizie pubblicate sui principali media italiani e internazionali. A selezionare le notizie che contano – un motto che sembra parafrasare quello del New York Times, all the news that's fit to print (tutte le notizie che vale la pena stampare) -, una redazione di giovani giornalisti, che dal 2013 ha avviato questa esperienza e ora si prepara a nuove sfide. Un bilancio di quanto fatto fino a oggi, della nuova partnership con Banzai Media e dei risultati raggiunti sono stati alcuni dei punti toccati ieri da Beniamino Pagliaro, tra i fondatori di Good Morning Italia, nel corso di una presentazione al pubblico milanese dell'iniziativa editoriale. E per salutare il 2015, Good Morning Italia, ha annunciato ieri Pagliaro, ha messo a disposizione dei suoi lettori un ebook gratuito in cui “l’anno che verrà è raccontato da alcune delle migliori firme del giornalismo italiano”. Valutazioni di politica interna, economia e internazionale per ricapitolare quali saranno i temi caldi dell'anno venturo. Tra questi, un capitolo dedicato a Israele e ai negoziati di pace palestinesi a firma di Davide Frattini dal titolo “Due popoli, tre Stati”.
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Qui ROMA
Benvenuto Natan Meir!
Un grandissimo Mazal Tov da parte di tutti noi alla collega Luly Dadusc e ad Angelo Di Segni per la nascita e il Brit Milah del piccolo Natan Meir Emanuel Di Segni.


pilpul
Tempo e rispetto
Gli insegnanti che compaiono nelle opere letterarie del ‘900 non danno mai l’impressione di nuotare nell’oro. Forse non godevano neppure di una maggiore considerazione sociale rispetto ad oggi. Le differenze sembrano altre: prima di tutto un carico di lavoro oggettivamente molto inferiore (meno burocrazia, meno riunioni, interrogazioni quasi sempre orali) che lasciava una discreta quantità di tempo libero. In secondo luogo, nessuno si permetteva di mettere in discussione i loro metodi e i loro criteri di valutazione, nemmeno quando le critiche sarebbero state più che giustificate. Ne emergeva l’immagine di un mestiere più intellettuale e più libero. Talvolta mi capita di domandarmi come questa silenziosa erosione del tempo e dell’autorevolezza degli insegnanti abbia potuto insinuarsi così facilmente nella scuola italiana senza che nessuno protestasse in modo significativo. Nel dibattito pubblico si è data molta più importanza agli aspetti economici, che non sono certamente da trascurare ma non sono mai l’unico criterio da tenere presente quando si misura la qualità della vita; senza contare che il tempo libero implica facilmente risparmi (per esempio per chi ha figli piccoli) o consente altre attività.

Anna Segre, insegnante
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Fra storia e identità
La storia di Borislav Bereza, ebreo, neoeletto nel parlamento Ucraino nelle file del partito di estrema destra Pravy Sektor – menzionato la settimana scorsa su queste pagine da Gadi Luzzato Voghera – sebbene trattasi sicuramente di un caso ambiguo ed isolato, non si potrebbe considerare in ogni modo una vera e propria anomalia. Se nel Novecento, la popolazione ebraica europea aderì in gran numero ai movimenti e ai partiti della sinistra parlamentare e radicale, ricoprendo talvolta ruoli rappresentativi e di prestigio, non mancano ebrei, che almeno inizialmente, sostennero il fascismo o altri partiti di estrema destra. Come ricorda Zygmunt Bauman, nel libro “Visti di Uscita e Biglietti di Entrata” – pubblicato recentemente da Giuntina – alla base v’era in entrambe le circostanze, al di là di quella che riguardo al pensiero di una certa sinistra Michael Lowy chiama “affinità elettiva”, la ricerca di una maggiore assimilazione/redenzione ed accettazione da parte delle società “ospitanti”. Tentativo che in gran parte, si rivelerà fallimentare ed illusorio e che porterà in egual modo la presenza ebraica, all’interno delle varie istanze politiche, ad essere percepita con imbarazzo e diffidenza. Così come per i numerosi ebrei bolscevichi liquidati successivamente nell’era staliniana con purghe e falsi complotti, per quella minoranza ebraica che accolse con fervore i nazionalismi europei, il destino fu maggiormente avverso, paradossale e tragico.

Francesco Moises Bassano, studente
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Famiglia e comunità 
Se in famiglia sperimentiamo un senso di appartenenza assoluta e di esclusione per chi è fuori dal nucleo, in comunità è possibile vivere quel senso di fratellanza dettato non dall’essere 'come', ma soprattutto dall’essere diversi. Non da un senso di appartenenza ma di partecipazione.

Ilana Bahbout






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