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13 Gennaio 2015 - 22 Tevet 5775
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Roberto
Della Rocca,
rabbino
Ogni qualvolta che assistiamo impotenti a tragici avvenimenti come quelli di Parigi insorge il dilemma se trasferirsi in Israele lasciando il proprio paese di residenza o meno. Nonostante la progressiva e massiccia Aliyah di questi ultimi anni e che probabilmente aumenterà, nella maggior parte dei discorsi ufficiali dei rappresentanti della comunità ebraica francese ha prevalso la netta propensione a ribadire che il loro posto resta la Francia.
 
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Dario
Calimani,
anglista
Non ho mai saputo che cosa sia l’invidia, ma oggi più che mai invidio coloro che, da una parte e dall’altra, hanno risposte sicure per le proprie domande. Invidio i guru del pensiero e invidio i generosi d’animo, invidio coloro che perdonano per professione e invidio coloro che per professione odiano. E invidio coloro che sanno bene che cosa si sarebbe dovuto fare ieri e sanno benissimo che cosa si dovrà fare domani.
 
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Gli ebrei di Francia al bivio
"Andiamo" "Restiamo"
Numerosi oggi gli approfondimenti dei giornali sul futuro degli ebrei d’Oltralpe. “Restiamo in Francia nonostante l’odio o daremo a Hitler una vittoria postuma”, l’appello del regista Claude Lanzmann su Repubblica. “Vivo per miracolo, parto per Israele” dice invece il proprietario del supermercato casher parigino colpito dai terroristi (Corriere). Nello stesso articolo si racconta inoltre dello scarso apprezzamento dell’Eliseo per l’invito di Netanyahu ad emigrare. A mezzogiorno, ora locale israeliana, i funerali delle quattro vittime all’Hyper Casher. Prevista la partecipazione di Netanyahu, del presidente Reuven Rivlin, del leader dell’opposizione Isaac Herzog e del ministro dell’Ambiente francese Ségolène Royal.
 
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  davar
Terrore a parigi - identità e professionalità
Malka, l'avvocato del diavolo
I superstiti della redazione di Charlie Hebdo stretti ai congiunti dei massacrati nell’HyperCacher in testa. I grandi della terra, ironicamente proprio i protagonisti delle feroci vignette del giornale satirico, stretti attorno al Presidente francese Francois Hollande, subito al seguito. Mentre dietro all’apice del corteo di Parigi scalpitavano i milioni di cittadini venuti a dire no al terrorismo islamico e a scrivere insieme una pagina d’Europa, pochi hanno fatto caso al piccolo ebreo che con un gesto ha dato l’avvio alla marcia.
Suo il primo passo, suo l’artiglio che ha schierato come soldatini della libertà i reduci storditi e anarcoidi, suo il richiamo per tornare immediatamente al lavoro e assicurare la nuova uscita del giornale. Troppo stretto il tempo, troppe forti le emozioni, ancora scarsa la prospettiva per pesare l’influenza dell’angelo custode del giornale più odiato dagli integralisti islamici. Ma c’è lui dietro la chiamata a raccolta dei superstiti della redazione, dietro il guanto della sfida all’intolleranza islamica, dietro le immense rotative che in queste ore bruciano incessantemente milioni di copie di una tiratura senza precedenti per dire al mondo che Charlie non si ferma.
Richard Malka non è un vignettista, non è un giornalista, non è un grafico. È un avvocato, fra i giuristi europei uno dei massimi esperti al mondo di Diritto dell’informazione. È ormai l’arbitro dei confini estremi della stampa e della satira. Perché la satira in una democrazia deve conoscere un solo limite, quello della Legge. E chi vuole fare satira sul serio deve tenersi quanto più vicino a questo limite senza travalicarlo.
Per questo a portare assieme al direttore responsabile il peso di decidere quello che si può o non si può pubblicare, i giornalisti di Charlie Hebdo hanno sempre considerato una presenza irrinunciabile in redazione quella del loro avvocato. E che avvocato. Al di là delle competenze professionali, porta la toga da quando aveva 23 anni e le cause perse per lui sono un’idea quasi inconcepibile. Chi ho la conosciuto da vicino assicura che è fatto di una lega molto resistente, quella che nasce dalla fusione delle identità sefardite e aschenazite.
Nato nella primavera del 1968, quando Parigi era sconvolta dal vento della rivolta studentesca, l’educazione di famiglia è stata irrevocabilmente sfaradi. Venuto da gente costretta all’esilio dall’intolleranza araba, cresciuto in una di quelle famiglie in cui la riuscita non si regala e non si briga, si conquista con il lavoro e la si difende con le unghie, Malka ha trovato la precocissima formazione professionale all’ombra di uno dei massimi giusti francesi del dopoguerra. Il suo maestro è stato l’avvocato Georges Kiejman, l’ebreo polacco che bambino in Francia durante la Shoah ha visto deportare ad Auschwitz i genitori e la sorella, poi è divenuto confidente e ministro dei grandi leader della sinistra storia, da Pierre Mendes France e Francois Mitterrand. Proprio con Kiejman, avvocato travolgente, laico impenitente, intellettuale corrosivo, dandy e seduttore tanto da essere protagonista di film e romanzi, Malka entra nell’equipe dei legali di Charlie Hebdo per difendere il diritto del settimanale a pubblicare le vignette su Maometto.
Da allora comincia una carriera strabiliante, che lo porta nella classifica delle prime 30 persone più influenti nei media francesi e nella classifica dei 15 avvocati francesi più potenti.
I suoi consigli ai giornalisti di Charlie raramente si sono dimostrati avventati. In tribunale Malka non ama perdere e quasi tutti coloro che hanno tentato un’azione legale contro Charlie Hebdo ne sono usciti con le ossa rotte. Secondo le statistiche il giornale ha vinto contro i numerosi ricorrenti nell’81 per cento dei casi arrivati a giudizio, una percentuale sbalorditiva, dato il carattere estremamente provocatorio della pubblicazione.
Illuminante, dopo la parata unanimista di queste ore e la decisione della rivista dei Gesuiti francesi di pubblicare le vignette prima tanto criticate, anche la statistica degli avversari del giornale affrontati e quasi sempre sbaragliati da Malka in tribunale. In prima linea le organizzazioni di estrema destra, poi altri giornali o giornalisti concorrenti, quindi in forze le organizzazioni cattoliche integraliste, cui seguono le rappresentanze dei musulmani e degli esuli dal Nord Africa. Sfruttando le leve di un apparato legislativo tradizionalmente molto attento a garantire la libertà di stampa, Malka è riuscito a far pubblicare disegni e parole estremi e a farsi dare ragione dai giudici.
Ma non basta. In tribunale ha scritto pagine di storia portando a casa sentenze per la difesa della laicità e dei diritti civili che molti oggi pensano possano condizionale il futuro dell’Europa. A cominciare dalla vicenda dell’asilo infantile da lui difeso con successo nella causa per il licenziamento in tronco di una dipendente islamica che aveva deciso di portare il velo.
Fra i suoi assistiti anche l’ex direttore generale del Fondo monetario internazionale Dominique Strauss Kahn, Carla Bruni-Sarkozy, l’imprenditore israeliano Beny Steinmetz, il regista Olivier Assayas, la mitica casa editrice che ha inventato il fumetto contemporaneo la graphic novel L’Association, e una interminabile lista di testate giornalistiche, emittenti, editori di libri, di persone che contano e di semplici cittadini che invocano i diritti civili. Tanti, ovviamente, i suoi nemici, a cominciare dalla famiglia Le Pen. Proprio nei confronti di Marie Caroline Le Pen, Malka si è permesso il lusso di una rara delusione in tribunale, autorizzando la redazione di Charlie a gratificarla senza mezzi termini dell’appellativo di “cane di Buchenwald”.
Ma portare la toga non è il solo passatempo che l’avvocato del diavolo si concede. Fra una causa e una riunione di redazione, Malka scrive sceneggiature per i suoi amici fumettisti e già una ventina di album molto popolari portano la sua impronta. Due attività solo apparentemente lontane una dall’altra. L’ultimo libro disegnato di cui Malka ha ideato la storia, infatti, “La vie de Palais”, è da poco arrivato nelle librerie e costituisce una straordinaria testimonianza a fumetti di cosa significa fare l’avvocato.
Avvocato del diavolo, come lo vedono gli avversari o Regina tutelare della libera espressione, come suggerisce il suo cognome e come lo raccontano i suoi collaboratori più cari, Richard Malka suscita emozioni forti. Nell’era era del dopo Charlie che comincia oggi, molti ebrei, molti giornalisti e tutti i cittadini di buona volontà gli devono un grazie per il suo perenne, impertinente, irrevocabile atto di difesa della democrazia, della libertà di stampa e del diritto di ridere in faccia alla paura.


gv
TERRORE A PARIGI - OGGI I FUNERALI
Rivlin: "Vi volevamo vivi"
"Cari Yoav, Yohan, Philippe e Francois-Michel non volevamo ricevervi in Israele in questa situazione. Non volevamo vedervi arrivare così in questa terra, la vostra casa. Vi volevamo vivi”. È livido il presidente dello Stato di Israele Reuven Rivlin mentre presenzia al Monte degli Ulivi di Gerusalemme ai funerali delle quattro vittime dell’attentato all’Hypercasher di Porte de Vincennes, nella periferia di Parigi.
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terrore a parigi - la figuraccia
Obama, il grande assente
Assente non giustificato. I media internazionali nelle ultime ore hanno fortemente criticato il presidente Barack Obama per non essersi presentato domenica a Parigi per la grande marcia contro il terrorismo. In rappresentanza di Washington non c'era nessun nome di alto profilo e questo ora costerà caro all'immagine di Obama e degli Stati Uniti. “Avremmo dovuto inviare un rappresentante di grado più alto dell'ambasciatore”, il mea culpa del portavoce della Casa Bianca Josh Earnest.
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TERRORE A PARIGi - quale futuro per gli ebrei
Aliyah, le ragioni di una scelta
“La nostra casa è la Francia”, ha dichiarato rav Moshe Sebbag, rabbino della Grande Synagogue di Parigi, intervistato dall'emittente Franceinfo domenica scorsa, a margine della grande manifestazione contro il terrorismo e in favore della democrazia svoltasi nella Capitale francese. È una risposta indiretta all'invito del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu che dopo l'attentato di venerdì al supermarket casher di Porte de Vincennes aveva dichiarato: “Vorrei dire a tutti gli ebrei di Francia e d'Europa: Israele è la vostra casa”. Parole che hanno scatenato un dibattito approdato sui maggiori quotidiani israeliani e non solo. Un dibattito che poggia su alcune domande fondamentali: cos'è la Francia (ma si potrebbe allargare la questione a molti paesi europei) per gli ebrei francesi? Cos'è Israele per il mondo ebraico francese? Cosa sono gli ebrei per la Francia (anche qui, la domanda è estendibile a tutte le nazioni europee e non solo)? 
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terrore a parigi - il ritorno di charlie
Solidarietà contro il terrorismo
Conto alla rovescia nel pomeriggio e nella notte, mentre molte rotative francesi girano in queste ore incessantemente per garantire la distribuzione del nuovo numero del settimanale satirico Charlie Hebdo. Preso di mira lo scorso martedì da terroristi islamici che hanno assassinato una parte della redazione e poi alcuni clienti di un supermercato di cibo casher, il giornale riporterà Maometto in copertina. Mentre continuano a moltiplicarsi le manifestazioni di sostegno alla liberta d’espressione e di satira nel mondo, il quotidiano parigino Le Monde di questo pomeriggio ha affidato al vignettista Plantu l’incarico di ironizzare garbatamente con una vignetta sul ritrovato senso di tolleranza e di sostegno alla libertà di satira che anche le frange più estreme della pubblica opinione e delle grandi religioni hanno manifestato negli scorsi giorni.
L’immensa sfida industriale di realizzare, stampare e distribuire una tiratura record di oltre tre milioni di copie del giornale non ha precedenti e rinsalda nuovi sentimenti di solidarietà fra le diverse categorie che consentono la nascita di un giornale, dai realizzatori in redazione fino alle maestranze poligrafiche, ai trasportatori e agli edicolanti. Molti servizi e processi industriali saranno offerti gratuitamente dai lavoratori per testimoniare della propria opposizione alle intimidazioni e ai massacri del terrorismo islamico. Si teme che le 27 mila rivendite francesi restino a corto di copie già nelle prime ore del mattino. Il giornale sarà tradotto in molte lingue e disponibile anche in Italia.
 
CINEMA
Golden Globes, il trionfo di Levi
Lui, lei, gli altri. Il triangolo no, non l’avevo considerato. Peccato che in The Affair, l’ultima fatica ideata da Hagai Levi e Sarah Treem e vincitrice sorprendente dei patinati Golden Globes di domenica scorsa, i protagonisti siano quattro: Noah Solloway, scrittore sposato con Helen che intreccia una relazione extraconiugale con Alison una cameriera unita dal sacro vincolo con Cole che ha appena perso un figlio. L’interpretazione di Ruth Wilson (che interpreta Alison) ha strappato un secondo Golden Globe, teletrasportando il progetto nel paradiso delle serie tv benedette dalla critica. Per non parlare poi della carriera sfavillante del suo ideatore: toc toc, quel Hagai non vi fa venire in mente nulla? Nato mezzo secolo fa a Sha’alvim, Levi è lo sceneggiatore e produttore televisivo di origine italiana che si cela dietro al clamoroso successo del telefilm Be Tipul, la storia di uno psicanalista (interpretato dal compianto Assi Dayan) e dei suoi inquieti pazienti.
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Terrore a parigi - melamed
Raccontare l'orrore
Niente quaderni, niente interrogazioni, niente programmi. Questi giorni che seguono i tragici eventi di Parigi sono difficili nella vita e sono difficili anche a scuola. Per gli insegnanti, che devono affrontare argomenti spinosi con bambini di tutte le età e anche formazioni culturali, ma anche per gli studenti, per i più piccoli che devono essere aiutati a capire quello che sta succedendo e per i più grandi che lo devono elaborare nel modo migliore. Ma come ci si rivolge ai bambini?
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TERRORE A PARIGI - L'ATTENZIONE DEI MEDIA 
Valori ebraici, pilastro d'Europa
"Siamo in guerra e prendiamo coscienza che siamo solo agli inizi. È la prima volta dai giorni di Adolf Hitler che le sinagoghe in Francia sono state chiuse di sabato. Tuttavia, è unicamente il tragico e spaventoso attentato al giornale Charlie Hebdo che ha scosso gli europei: i molti e continui attentati ai singoli ebrei e alle comunità ebraiche in tutta Europa in questi anni hanno turbato qualcuno, ma per quasi tutti si è trattato 'solo' di ebrei”. Si apre con questa constatazione l'intervento del presidente emerito dell'Assemblea Rabbinica d'Italia Giuseppe Laras (immagine in alto) che appare oggi con grande evidenza sul Corriere della sera. Una riflessione che tocca da vicino i temi del momento – i rigurgiti di odio dell'islamismo radicale, la crescita dell'antisemitismo, la difesa della libertà fondamentali – e riafferma la centralità della Torah, la Bibbia ebraica, alla base del patrimonio di valori condivisi dalle società democratiche e progredite.
“È la Bibbia ebraica – scrive rav Laras – a introdurre nella civiltà umana la libertà quale dna costitutivo dell’uomo e del creato, speculare alla libertà del Creatore (libertà e non sottomissione!). È la Bibbia ebraica a sostenere che il lavoro umano rende l’essere umano simile a Dio nel creare. È la Bibbia ebraica, a porre, con la straordinaria rivoluzione introdotta dallo Shabbat, un limite al lavoro, altrimenti deleterio, rendendo l’uomo simile a Dio anche nel riposare. È con lo Shabbat che vengono inventati i 'diritti umani universali', includendo uomini, donne, stranieri, schiavi e perfino animali. È con lo Shabbat e con i precetti biblici di aiuto ai poveri e di costruttiva solidarietà con i derelitti della società che trova fondamento la nostra idea di 'welfare' e non da altre culture. È la Bibbia, sia ebraica sia cristiana, a ipotizzare in qualche modo una possibile divisione tra politica e religione”.
Grande attenzione sui media per le prese di posizione e gli interventi del mondo ebraico. “L'atteggiamento degli ebrei italiani è un atteggiamento di grande consapevolezza che anche un cambiamento delle abitudini sarebbe una vittoria per chi sta cercando di colpirci” il messaggio lanciato dal presidente UCEI Renzo Gattegna al Gr Radio. In una intervista apparsa ieri sul Corriere della sera il presidente dell'Unione rilevava inoltre come, a proposito dei fatti di Parigi, della lotta all’odio e all’antisemitismo e della difesa degli insopprimibili valori di libertà di espressione e di satira, siano in gioco “tutte le conquiste che la civiltà occidentale ha guadagnato a caro prezzo”.
Ospite del programma di approfondimento Porta a Porta, il presidente della Comunità ebraica romana Riccardo Pacifici è stato protagonista di una aperta contrapposizione con Davide Piccardo, portavoce di alcune associazioni islamiche lombarde che già in passato aveva occupato le cronache per le sue provocazioni e le sue posizioni violentemente anti-israeliane.
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qui napoli
150 anni in mostra
Si inaugura domani alle 11, presso l’Archivio di Stato, il nuovo allestimento della mostra “La Comunità ebraica di Napoli, 1864/2014: 150 anni di storia” per celebrare il secolo e mezzo di vita della kehillah partenopea. Dopo il successo ottenuto con la prima esposizione al Biblioteca Nazionale le porte di uno dei principali luoghi della cultura napoletana si aprono per arricchire di contenuti una narrazione già rivelatasi molto significativa ed efficace.
Interverranno, assieme al curatore Giancarlo Lacerenza (Centro di studi ebraici dell’Università l’Orientale), la direttrice dell’Archivio di Stato Imma Ascione; la direttrice della Biblioteca Nazionale Simonetta Buttò; il rettore dell’Università degli Studi di Napoli Elda Morlicchio; il consigliere UCEI Sandro Temin; il presidente della Comunità ebraica Pierluigi Campagnano.
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pilpul
Charlie/Israel
Dopo che tutto è stato già detto, non resta che attaccarsi a qualche piccola briciola.
Il supermarket ebraico dove è avvenuta la strage di Parigi, come indica la vistosa scritta sulla facciata, si chiama Hypercacher. In francese ch si legge sh, e la parole sono generalmente accentate sull'ultima sillaba. Dunque Hypercashèr. Cashèr in ebraico significa consentito, adatto, buono alla bisogna, e si scrive כשר. Il suo contrario in ebraico è tarèf. La fonetica dell'ebraico, nella versione delle comunità mediterranee-sefardite, che è quella dominante e ufficialmente omologata dalla radio-televisione israeliana, è molto simile a quella dell'italiano. Dunque – il lettore perdoni la pedanteria – in italiano cashèr si legge cashèr. Ma in tutti i servizi delle TV italiane abbiamo sentito ripetutamente che il supermercato vendeva prodotti kòsher, o anche koshèr. Eppure bastava leggere l'insegna. L'evidenza che è davanti ai nostri occhi evidentemente non è sufficiente. Forse perché kòsher è parola più straniera di cashèr, forse perché per il cronista l'ebreo è più straniero di un francese o di un italiano.


Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme
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Il passo necessario
Oggi la palla è nel campo musulmano. Di fronte alla cruda constatazione che non tutti i musulmani sono estremisti, ma che tutti gli estremisti sono musulmani, è la umma a dove reagire. Una comunità vasta e in maggioranza tollerante, che però deve recidere il cordone ombelicale con i “fratelli che sbagliano”. Intendiamoci. L’Occidente ha molto da fare, ma sono obiettivi di facile elencazione: coordinamento sulla prevenzione e sulla sicurezza; investimenti per l’integrazione; tutela dei diritti e delle libertà fondamentali; indirizzi chiari sui propri valori democratici, come abbiamo ammirato domenica a Parigi. Senza cadere nella trappola dello scontro tra civiltà.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Storie - Il bunker segreto
Si torna a parlare delle armi segrete naziste. È stato ritrovato in Austria un bunker gigantesco dove, secondo le primi ricostruzioni, gli scienziati e i tecnici di Adolf Hitler avrebbero lavorato ai test per realizzare una rudimentale bomba atomica e alla produzione del micidiale missile V2 (Vergeltungswaffe, in tedesco arma di rappresaglia), che fu utilizzato dalla Germania nelle ultime fasi della seconda guerra mondiale per colpire la popolazione di Gran Bretagna e Belgio. Si tratta di un complesso sotterraneo, largo più di 75 acri, nei pressi della piccola cittadina di St Georgen, non lontano dal lager di Mauthausen-Gusen. La scoperta risale a fine dicembre ed è stata resa ufficiale e rilanciata dal quotidiano inglese The Independent.

Mario Avagliano
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La forza della lucidità
Dopo gli attentati di Parigi l'Europa ha compreso il significato del terrorismo fondamentalista islamico.
Il movente non è politico, come l'etiquette occidentale prevederebbe, ma ideologico e nichilista, di chi vuole prevaricare con una cultura dell'odio sulla cultura della libertà.
L'ebraismo ha la triste occasione di mostrare le minacce a cui è sottoposto, e farsi percepire come parte della società occidentale, cosa per nulla scontata.
L'incontro a Porta a Porta di lunedì sera è stata una occasione mancata. Purtroppo alla provocazione del rappresentante delle comunità musulmane su Israele non si è saputo rispondere con lucidità. Concetti confusi, frasi aperte e mai concluse con incidentali che impedivano di capire dove si stesse andando a parare, e un climax di concitazione placato solo da uno degli altri ospiti che ha invitato l'ebreo e il musulmano "a non fare i bambini che litigano".


Benedetto Sacerdoti
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