
Paolo Sciunnach,
insegnante
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Si
è molto discusso in questi giorni in merito all'invito di Netanyahu
alla aliyah degli ebrei francesi. Diplomaticamente parlando (e non
solo) un invito di questo genere, formulato apertamente davanti alle
autorità politiche francesi e al presidente è certamente fuori luogo.
Tuttavia, vorrei sottolineare un aspetto della nostra identità ebraica
che deve essere comunque tenuto in considerazione, a prescindere
totalmente dall'esistenza dello Stato di Israele e dal nostro eventuale
legame con esso: noi ebrei siamo un popolo.
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Anna
Foa,
storica
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Scopro
casualmente che giusto un secolo fa, il 19 gennaio 1915, c’è stato il
primo bombardamento di civili della storia: uno zeppelin tedesco ha
colpito una cittadina inglese, uccidendo 5 civili. Ne hanno fatta di
strada in soli trent’anni, da questo primo bombardamento ad Hiroshima,
dal Barone Rosso a Coventry e a Dresda! C’è da riflettere sulla
velocità dei tempi della storia e anche, e non meno, sulla direzione
del cosiddetto ‘progresso’. Il 1915, oltre ad essere l’anno
dell’entrata in guerra dell’Italia, fu anche quello infatti del
genocidio degli armeni. Solo un secolo fa.
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TORINO
- Alle 18.30 al Centro sociale della comunità nel corso
dell’incontro “Educare la nuova generazione” verrà presentato il libro
La mia Torah – Le parashot di Shemot per i ragazzi. Partecipano le
autrici Anna Coen e Mirna Dell’Ariccia, la coordinatrice del progetto
Dec-UCEI Odelia Liberanome e Claudia Reichenbach, docente della scuola.
Introduce il rabbino capo Ariel Di Porto.
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I Testimoni della Shoah: "Serve più tolleranza"
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“Gli
atti terroristici di Parigi stanno alimentando l’odio, stanno dando
terreno all’intolleranza e così si può arrivare all’estrema
conseguenza. Serve più tolleranza”. È il messaggio lanciato dai
Testimoni della Shoah impegnati in queste ore nel Viaggio della Memoria
in Polonia organizzato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e
della Ricerca con il supporto dell’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane (Il Mattino).
Sulla Gazzetta del Mezzogiorno si racconta in particolare la firma del
protocollo d’Intesa per una Memoria consapevole nella sinagoga di
Cracovia tra il ministro Giannini e il presidente UCEI Gattegna.
“L’Italia non ha focolai accesi come in altre parti d’Europa. Resta
però una preoccupazione e un’attenzione. Noi della scuola siamo
impegnati e se l’intolleranza e l’antisemitismo sono dei virus noi
possiamo essere considerati medici infettivologi” ha sottolineato il
ministro affermando inoltre di sentirsi “Charlie” ma anche “juive”.
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A CRACOVIA LA FIRMA DEL PROTOCOLLO MIUR-UCEI
L'impegno per una Memoria viva
“Un
documento sottoscritto affinché la memoria della Shoah non venga mai a
mancare perché la Shoah è la prova storica di quanto sia stato
pericoloso consentire che prevalessero l'odio, la violenza, la perdita
della libertà e dell'uguaglianza, la violazione dei diritti
fondamentali”. Così il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane Renzo Gattegna ha sottolineato l'importanza del Protocollo di
Intesa dedicato all'educazione delle Shoah nelle scuole italiane. Un
documento siglato dall'UCEI con il ministero dell'Istruzione e
rinnovato ieri in occasione del Viaggio della Memoria che vede
coinvolti duecento studenti da tutta Italia. A firmare il protocollo,
il presidente Gattegna e il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini,
nella significativa cornice della sinagoga Tempel del quartiere ebraico
di Cracovia. Questa è stata infatti una delle tappe della due giorni di
viaggio – a cui partecipano tra gli altri il presidente dell’Assemblea
rabbinica italiana e rabbino capo di Genova Giuseppe Momigliano, il
professor Giovanni Maria Flick, presidente onorario del Museo della
Shoah di Roma, l'assessore UCEI al Bilancio Noemi Di Segni il
presidente della Comunità ebraica di Firenze Sara Cividalli – che si
chiude oggi con la visita al campo di concentramento di
Auschwitz-Birkenau.
”Da qui arriva un duro monito al mondo perché quanto accaduto non
accada mai più – la riflessione del ministro Giannini – Da qui deve
ripartire la costruzione di un idea nuova di Europa e Italia”. Poi un
riferimento all'attualità e a quanto accaduto a Parigi: l'attacco alla
libertà d'opinione così come l'ennesima feroce aggressione antisemita.
“Je suis Charlie ma anche Je suis Juive”, ha dichiarato il ministro,
ribadendo il ruolo fondamentale nella società europea ricoperto dalla
minoranza ebraica. Un ebraismo che il nazifascismo cercò di annientare,
di annichilire mettendo in moto una “fabbrica della morte”, ricorda il
sopravvissuto Sami Modiano.
Attorno
a lui e alle sorelle Andra e Tatiana Bucci, si riuniscono i duecento
giovani presenti. Ascoltano la tragedia dell'uomo, di cui Auschwitz è
diventato il simbolo. Percorrono in silenzio la Bahnrampe, il
Krematorium II, la Zentralsauna, il campo femminile, il Kinderblock.
Ascoltano i ricordi dolorosamente vividi quanto terribili dei Testimoni
della Shoah, affiancati dalle spiegazioni di Marcello Pezzetti per
ricostruire cosa fu la macchina di morte nazista. “Voglio ringraziare
Sami e la moglie Selma, Andra e Tatiana Bucci, Marika Venezia che
ancora una volta hanno trovato la forza e il coraggio di affrontare la
grande sofferenza di venire a raccontare e quindi di rivivere le atroci
sofferenze che avevano patito nel passato”, ha ricordato ieri il
presidente Gattegna. Un passato "che non deve rimanere storia", ha
sottolineato il professore Giovanni Maria Flick nel suo intervento alla
sinagoga di Cracovia. “La Memoria è un diritto ma soprattutto un dovere
perché non si verifichino più discriminazioni e intolleranze”,
ribadisce ai ragazzi Flick.
L'auspicio del ministro Giannini e del presidente Gattegna ma
soprattutto dei Testimoni è che i giovani raccolgano il testimone e si
facciano portatori della Memoria nella società in cui sono immersi. “Io
non voglio che i vostri occhi vedano ciò che hanno dovuto vedere i
miei”, il sofferto monito di Sami Modiano. Questo il senso del Viaggio
della Memoria. “La Shoah è stata una grande vergogna, una grande
vigliaccheria, una grande ipocrisia commessa da coloro che si
spacciavano per grandi guerrieri, rappresentanti di una razza superiore
– ha ribadito il presidente Gattegna – La storia ha dimostrato che non
erano una razza superiore ma sono stati e resteranno sempre la vergogna
dell'umanità”.
Daniel Reichel twitter @dreichelmoked
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IL PRESIDENTE DELLA FBCEI DARIO DISEGNI "Beni culturali, il rilancio"
I
beni ebraici italiani: la loro tutela, ma anche la sfida di convidere
un patrimonio culturale straordinario che è ramificato sull'intero
territorio nazionale. All'avvio di una nuova stagione di impegni che si
annunciano di grande fascino e interesse il Giornale delle Fondazioni
pubblica una ampia intervista al presidente della Fondazione Beni
Culturali Ebraici in Italia Dario Disegni (nella foto).
"Poche forze a
disposizione ma idee chiare, competenze e una strategia - sottolinea
Disegni - che parte dalla volontà di fare sistema per far conoscere il
patrimonio culturale ebraico, e quindi la storia e la cultura degli
ebrei, con il fine ultimo di promuovere occasioni di conoscenza
reciproca e di dialogo costruttivo tra le diverse componenti della
società italiana".
"Il
nostro ente - spiega Disegni - è stato costituito nel 1986 dall'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane, con lo scopo di promuovere la
conservazione e la valorizzazione dello straordinario patrimonio, di
proprietà delle Comunità medesime, che testimonia una presenza ebraica
di 2.200 anni in Italia. Un patrimonio rappresentato dalle sinagoghe di
epoca romana, a Ostia Antica e a Bova Marina, dalle catacombe ebraiche
di Roma e di Venosa, dal miqvé (bagno rituale) di epoca medioevale
ricavato in una cisterna bizantina dell’isola di Ortigia a Siracusa,
dalle decine di piccole Sinagoghe nel cuore dei vecchi ghetti senza
alcun segno distintivo all’esterno, fino ai grandi Templi
dell’Ottocento e del Novecento, monumenti all’orgoglio
dell’emancipazione e all’ottimismo del periodo post-risorgimentale, con
i loro pregevoli arredi e oggetti di culto, di differenti epoche e
stili".
"Non minore importanza - prosegue - è quella rivestita dalla fitta rete
dei cimiteri ebraici che, per la loro antichità, il loro valore
artistico e le informazioni ricavabili dalle lapidi, rappresentano un
patrimonio fondamentale per la conoscenza della presenza ebraica in
Italia e per la stessa storia del Paese".
"Infine - sottolinea Disegni - una preziosa testimonianza è quella
fornita dagli archivi e dalle biblioteche, ricche di manoscritti e di
volumi pubblicati in Italia dalle prime stamperie in caratteri ebraici
d’Europa. Un patrimonio tutelato anche ai sensi dell'Intesa che regola
i rapporti tra lo Stato italiano e l'Unione delle Comunità, che la
Fondazione ha per obiettivo istituzionale di conservare e valorizzare.
Valorizzare significa fondamentalmente anche far conoscere questi beni,
per far conoscere, attraverso di essi, la storia e la cultura del
popolo ebraico, un'entità viva e molto vivace in Italia, anche se di
dimensioni ridottissime.
Quali dimensioni ha la popolazione ebraica italiana?
Sebbene nelle varie inchieste si raccolgano anche risposte che indicano
una consistenza che varia da diverse centinaia di migliaia fino a 2-3
milioni di membri, in realtà l'intera comunità ebraica italiana è
composta soltanto da 25-30.000 persone.
Presenze maggiori in altri Stati. Ci sono fondazioni analoghe?
La situazione a livello internazionale vede operare realtà molto
diverse, rappresentate più che altro da Fondazioni "grant making",
mentre la nostra Fondazione ha compiti più squisitamente operativi ed è
anzi "grant seeking". Tra le principali operanti in Europa va
senz’altro menzionata per la sua importanza la Rothschild Foundation,
creata dalla grande famiglia di origine tedesca, che finanzia
operazioni di restauro e di conservazione del patrimonio, sostiene
l’attività di Musei, archivi e biblioteche, nonché studi e ricerche.
Negli USA ci sono Fondazioni e Comitati che fanno massa critica su
grandi interventi di restauro. Proprio nelle scorse settimane Venetian
Heritage ha lanciato da New York una grande operazione di fundraising
internazionale per sostenere il programma di restauro delle sinagoghe e
del Museo ebraico di Venezia, in vista del 2016, anno delle
celebrazioni dei 500 anni dell’istituzione del ghetto (ovvero di quel
luogo, “getto”, nel quale erano ubicate le fonderie e all’interno del
quale vennero costretti a vivere tutti gli ebrei della città; nome poi
divenuto emblematico per indicare i luoghi in cui gli ebrei vennero
concentrati in Italia e in altri Paesi d’Europa e successivamente le
più diverse situazioni di emarginazione di gruppi etnici).
La nostra Fondazione, che proprio per tale motivo ha tenuto la sua
ultima riunione di Consiglio a Venezia, collabora all’importante
progetto promosso dal Comitato presieduto dal Presidente della Comunità
ebraica della città, Paolo Gnignati, e coordinato dal professor Shaul
Bassi dell’Università Ca’ Foscari, che prevede, accanto ai restauri,
una grande mostra, in collaborazione con i Musei Civici veneziani, a
Palazzo Ducale, a cura della professoressa Donatella Calabi, direttrice
del Comitato Scientifico del Cinquecentenario (...)
Catterina Seia, Il Giornale delle Fondazioni
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IL convegno internazionale unesco Bioetica ed etica medica,
la lezione di Gerusalemme
Centinaia
di partecipanti da tutto il mondo, dall’Europa alle Americhe,
dall’Africa all’Asia e all’Australia, oltre che ovviamente da Israele,
si sono riuniti negli scorsi giorni a Gerusalemme per i lavori del
decimo Convegno internazionale Unesco sulla Bioetica, Etica medica e
legislazione sulla salute, che era stato preannunciato nel numero di
gennaio di Pagine Ebraiche. L’incontro si è articolato in cinque
sessioni parallele, mattina e pomeriggio, per discutere dei problemi
etici connessi con i trapianti d’organo e le tecniche di riproduzione
assistita, con la medicina legale e l’etica militare, con la eutanasia
e il trattamento dei malati terminali, passando per la terapia del
dolore, l’uso medico di droghe e la legittimità delle campagne
pubblicitarie delle case farmaceutiche, e tanti altri argomenti troppo
numerosi da elencare. Diversi partecipanti dall’Italia, fra cui il
dottor Cesare Efrati (nella foto), gastroenterologo all’Ospedale
Israelitico di Roma, nonché maskil diplomatosi al Collegio Rabbinico
Italiano e chazan/gabbai del Tempio Maggiore di Roma. La relazione da
lui presentata verteva sulle problematiche etiche legate alla terapia
di gravi malattie infettive come quella causata dal virus Ebola.
Possono (o devono) medici e paramedici mettere a rischio la propria
vita per curare i pazienti affetti da questo virus? E per quanto
riguarda parenti e amici che desiderano visitare il malato? Come è
affrontata questa situazione dal punto di vista della halakhà, la legge
ebraica?
Gianfranco Di Segni, Collegio Rabbinico Italiano Leggi
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qui firenze - partito il treno della memoria In viaggio per capire
Appuntamento
al Binario 16 della Stazione Santa Maria Novella, da dove partirono i
convogli della morte diretti ad Auschwitz-Birkenau e dove si ritrova
oggi un folto gruppo di giovani, educatori, insegnanti. Sono i
partecipati alla nuova edizione del Treno della Memoria organizzato
dalla Regione Toscana con il coordinamento logistico di Ugo Caffaz.
Tema dell'edizione 2015, frutto del lavoro di un anno nelle scuole, è
“Un nome, una storia, una memoria”: ad ogni studente è stato infatti
consegnato il nome di un giovane deportato ad Auschwitz da 'custodire'
e portare con sé in viaggio per poi essere pronunciato a voce alta
prima della cerimonia davanti al Memoriale del lager aggiungendo al
nome e al cognome l'età al momento della morte o della liberazione.
Molteplici le memorie che costituiranno il filo conduttore del Viaggio.
Le memorie dei Testimoni ebrei della Shoah, le memorie dei deportati
politici, le memorie di chi – come Vera Jarach Vigevani – scapperà
dall'Italia per via delle leggi razziste e in Argentina, molti anni
dopo, perderà la figlia Franca, che sarà torturata e uccisa dagli
aguzzini di Videla. O ancora la memoria di Enrico Fink che, attraverso
l'arte, renderà viva l'esperienza di persecuzione della propria
famiglia ma anche l'incontro tra il mondo dell'ebraismo chassidico e
quello dell'ebraismo ferrarese.
(Nell'immagine gli artisti Enrico Fink e Laura Forti al momento della partenza)
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Oltremare
- La rincorsa |
La
fase attuale sembra essere quella della rincorsa, in cui si fa un passo
o due indietro, si puntano bene gli occhi alla bandierina del traguardo
(il 17 marzo), e poi si affonda il piede nella sabbia sottile della
pista e via, a chi corre più forte. Non più elegante, o più corretto, o
col sorriso più smagliante: solo più veloce. È quello che conta
all’arrivo, dove una manciata di millesimi di secondo, o un pugno di
voti, fanno la differenza fra vittoria e sconfitta.
Daniela Fubini, Tel Aviv
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Lo sapevamo già |
Sono
passati una decina di giorni dai fatti di Parigi e come spesso accade
nel nostro paese, le magliette con gli slogan tornano nell’armadio, la
copia tanto ricercata di Charlie Hebdo finisce in un cassetto della
scrivania e il ritorno di Greta e Vanessa sembra aver cancellato quei
momenti terribili. Ma dobbiamo batterci con forza perché non sia così.
Perché quegli avvenimenti hanno mostrato all’Europa distratta e
disinteressata il vero volto dell’integralismo islamico.
Daniele Regard
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