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 3 Marzo2016 - 23 Adar5776
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
“Lo teva’arù esh be-khòl moshevothekhèm be-yom ha-Shabbath”, “Non farete bruciare fuoco in tutte le vostre residenze nel giorno dello Shabbath”.
La Torah non dice “non accendete fuochi” o “non usate il fuoco”; dice “non farete bruciare”. Ciò ci indica che non dobbiamo far bruciare, alimentare il fuoco della polemica, della contrapposizione, del contrasto, in questo giorno, che dev’essere dedicato solo all’elevazione ed alla positività.
 
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
Israele ha a tutt’oggi un sistema universitario molto brillante, con un numero di vincitori di fondi di ricerca competitivi, di articoli scientifici pubblicati e di brevetti fra i più alti al mondo in rapporto alla grandezza della popolazione. Il sistema rischia ora di entrare in crisi a causa dell’interferenza inconsueta del ministro della Pubblica istruzione Naftali Bennett nel delicato meccanismo del Consiglio superiore dell’Educazione superiore (Malag secondo l’abbreviazione in ebraico). Malag è un organismo di coordinamento e di pianificazione del sistema accademico nazionale ma rappresenta anche un’importante barriera mediatrice fra la politica e l’accademia volta a preservare l’autonomia delle università. È composto da 19 rappresentanti delle università e dei collegi esistenti in Israele e include due rappresentanti del pubblico e il presidente dell’organizzazione nazionale degli studenti. È presieduto formalmente dal ministro ma di fatto è diretto dal vicepresidente che viene eletto dai membri ed è generalmente un accademico di grande prestigio (o in alcuni casi in passato, un giudice della Corte suprema). Poco dopo la sua entrata in carica un anno fa Bennett ha deciso di sostituire la vicepresidente del Malag, ex-Rettore della Open University, e l’ha sostituita con una persona di sua fiducia, una poco nota dottoressa di uno dei collegi, ossia un’accademica che non ancora giunta al grado di professore e oltre a tutto in uno degli istituti di minore prestigio. Per usare una semplice metafora, Bennett si è comportato come il padrone di una prestigiosa squadra di calcio che incurante del fatto cha la squadra è al primo posto in classifica decide improvvisamente di cambiare il suo noto allenatore, sostituendolo con uno delle squadre giovanili.
 
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L'allarme dei servizi
“C’è compenetrazione tra l’Is e la criminalità organizzata”, affermano i servizi segreti italiani che avvertono Roma, nella relazione presentata al Parlamento, del rischio di infiltrazioni terroristiche nel flusso di migranti che arriva in Europa in particolare dall’Europa. E “l’Italia – riporta Repubblica – appare sempre più esposta come target privilegiato” per un attentato terroristico. Intanto la minaccia dell’Isis e di eventuali attacchi nel Vecchio Continente preoccupano gli organizzatori degli Europei di calcio in Francia (inizieranno tra cento giorni) che “hanno ipotizzato di giocare alcune partite a porte chiuse, o con orari e sedi spostate all’ultimo momento” (Corriere).
 
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  davar
LA RIFLESSIONE APERTA DAL RAV DI SEGNI 
Halakhah e maternità surrogata
Il rabbinato italiano a confronto

L’intera società italiana è attraversata in queste settimane da un vivace confronto che investe politica, intellettuali e opinion leader sul tema della maternità surrogata, con riferimento in particolare al cosiddetto “utero in affitto”. Quale la posizione del rabbinato? Quali i paletti e quali le soluzioni individuate dalla Halakhah, la Legge ebraica?
Una materia estremamente complessa, trattata dal rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni in una articolata riflessione che apre il notiziario settimanale Sheva-Idee di Pagine Ebraiche pubblicato questo mattina.
“Nella animata discussione che si sta sviluppando è stata tirata in ballo la matriarca Rachele come modello antico e sacro di una maternità surrogata. È il caso di discutere se e quanto questo accostamento sia lecito” osserva il rabbino capo.
“Il paragone con la maternità surrogata starebbe nel fatto che una donna che non riesce ad avere figli ricorre a un’altra donna per averli. Ma fino a che punto il paragone regge?” si chiede rav Di Segni, rivolgendosi ai frequentatori “casuali” del testo biblico (che tra gli altri ignorano l’esistenza di un precedente in Sara, moglie di Abramo, nonno di Giacobbe).
Un accostamento appare però difficile, anche in considerazione della diversità delle epoche e dei modelli sociali. Scrive infatti il rav: “Le persone che vengono usate per questo ‘esperimento’ biologico sono delle serve, quindi persone non libere e con le quali, secondo il diritto biblico, non era lecito il rapporto sessuale con il padrone. Sia Rachele che Sara, introducendo nel letto del marito un’estranea non libera, sanno di fare qualcosa che costerà loro cara in termini affettivi e di rapporti gerarchici, e lo fanno solo perché sono disperate”. Le serve, a loro volta, in cambio della loro prestazione biologica, “cresceranno di grado diventando mogli”. La Bibbia e la successiva tradizione rabbinica hanno tollerato l’istituto della schiavitù, riflette il rav, “ma con un sistema giuridico di tutela e protezione assolutamente innovativo rispetto alle culture coeve”. Ma oggi – si legge ancora – “a nessuno nell’ebraismo verrebbe in mente di riproporre un rapporto di schiavitù”. Se si fanno confronti tra maternità surrogata e storia di Rachele e Sara, per dire che c’è un precedente che la giustifica, andrebbe così tenuto ben chiaro “che si tratta di sfruttamento di persone non libere”. Il che non sarebbe un bel modo “per giustificare moralmente una procedura attuale”.

“Certamente non sono pratiche incoraggiate dalla Halakhah. Il rabbinato però deve tenere conto del fatto che esse vengono messe in atto e bisogna quindi risolvere tutta una serie di problemi riguardo ai figli. Non vi sono soluzioni preconfenzionate e univoche, tali da adattarsi universalmente alle diverse situazioni. Ogni caso richiede una valutazione a parte. Ogni caso porta con sé interrogativi e possibili soluzioni halakhiche” dice il rav Gianfranco Di Segni, biologo e coordinatore del Collegio Rabbinico Italiano. In particolare, osserva il rav, si pone il problema di chi debba essere considerata “madre”: quella genetica o quella che partorisce (la madre surrogata)? O forse tutte e due? La questione si pone per diversi aspetti: per esempio, riguardo al divieto di incesto con eventuali altri figli e figlie di una o entrambe le madri; o per la questione della ebraicità dei figli, che come è noto segue la madre (“è ebreo chi nasce da madre ebrea o si converte all’ebraismo secondo la Halakhah”); o anche riguardo al Quinto Comandamento, “Onora tuo padre e tua madre”: quale delle due madri si ha l’obbligo di onorare?

“Non c’è un’ostilità preconcetta – dice rav Joseph Levi, rabbino capo di Firenze – ma è fondamentale valutare caso per caso. L’Halakhah prescrive infatti come modello ideale di famiglia una coppia che riesca a generare un figlio e una figlia. Nel caso in cui questo non avvenga, per i motivi più disparati, allora si rende possibile il ricorso ad altre strade. Ma l’estrema varietà delle situazioni umane esclude giudizi decretati a priori. Bisogna andare a fondo di ogni singola vicenda”.

“Una delle mitzvot (doveri) più importanti per un ebreo è la procreazione. Una pratica come quella della maternità surrogata rappresenta una soluzione alternativa, non certo la prima scelta. Quindi non mi entusiasma, anche alla luce delle molte sfumature che la caratterizzano. Da un punto di vista ebraico, c’è infatti da chiedersi chi sia realmente la madre e ancora si aprono molte questioni inerenti la consanguineità o l’eventuale conversione del bambino o della bambina. Temi spinosi – riflette rav Alberto Somekh – su cui da tempo il rabbinato dibatte”.

"L’ebraismo è abbastanza permissivo sulle pratiche extrauterine, non mancando però di porre alcuni limiti” conferma il rabbino capo di Trieste, rav Eliezer Di Martino. Nell'arco delle opzioni inammissibili, dice il rav, l'azione a favore di coppie composte da persone dello stesso sesso. “In questo caso è chiaro che si tratta di un sotterfugio”.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

QUI ROMA - i lavori del consiglio fbcei
L'Italia e i beni culturali ebraici,
un anno di grandi impegni

Molti fronti aperti per la Fondazione per i Beni Culturali Ebraici in Italia, il cui Consiglio si è riunito a Roma approvando all’unanimità la relazione sull’attività dell’anno appena concluso e l’approvazione del bilancio consuntivo del 2015. Ad aprire i lavori, l’annuncio dell’esito di un’analisi scientifica a cura dell’Università dell’Illinois effettuata su un Sefer Torah di grafia ashkenazita proveniente dalla sinagoga di Biella del quale il sofer Amedeo Spagnoletto ha curato il restauro per conto della Fondazione. Una notizia definita dal presidente Fbcei Dario Disegni “emozionante e di straordinaria importanza per l’ebraismo italiano”. Il sefer, come ricordato ieri sul nostro notiziario, tornerà a Biella questo fine settimana e sarà protagonista di una solenne cerimonia in sinagoga.
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LA SETTIMANA DI CULTURA EBRAICA IN PUGLIA
Il ritorno di Lech Lechà
Il prossimo 14 marzo Trani si animerà per il consueto appuntamento con Lech Lechà, la settimana di arte, cultura e letteratura volta a far riscoprire l'eredità dell'ebraismo del Meridione. Presentazioni di libri si intrecceranno a mostre d'arte e dibattiti sull'attualità, sempre accompagnati dalle preghiere ospitate nella suggestiva Sinagoga Scolanova della città.
Il festival è realizzato grazie al supporto della Regione Puglia, del Comune di Trani, dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e della Comunità ebraica di Napoli.
“Lech Lechà – ha spiegato in conferenza stampa Cosimo Yehuda Pagliara, direttore artistico del festival insieme a Ottavio Di Grazia e Francesco Lotoro
è uno scrigno da aprire a disposizione di tutti. Quest'anno il tema scelto è quello della Komemiut, il concetto ebraico del procedere a testa alta”.
“Quando si iniziò a parlare della riscoperta dell'ebraismo del Sud - ha preso la parola il presidente UCEI Renzo Gattegna - in molti furono dubbiosi e non credevano che sarebbe servito a qualcosa. Invece, a partire dalla piccola scintilla di Trani, la risposta del Meridione ha superato le aspettative”.
Guarda al futuro anche rav Umberto Piperno, rabbino capo di Napoli: "Lo scopo di Lech Lechà è quello di assurgere ad essere come la Tenda di Abramo: un luogo di accoglienza nel rispetto dell'identità di ciascuno. La comunità del Sud è un gruppo che vive con emozione il proprio ebraismo e l'obiettivo è quello di creare adesso dei ponti di comunicazione con l'estero e in particolare con Israele". Gadi Piperno, responsabile UCEI del Progetto Meridione, è entrato poi nello specifico: “Non possiamo dimenticarci del Sud Italia anche se ci sono pochi ebrei; come Unione delle Comunità Ebraiche Italiane abbiamo dei doveri precisi e dobbiamo supportare gli ebrei delle piccole comunità locali che necessitano aiuto”.
Ad illustrare il fitto programma è stato infine Francesco Lotoro, protagonista di un'ampia intervista sul numero di marzo di Italia Ebraica.
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qui napoli
Orgoglio, passione, progetti

150 anni guardando al futuro O
“Quella della Comunità ebraica di Napoli è una storia antichissima, che inizia molto prima del 1864″. Così Giancarlo Lacerenza, direttore del Centro di studi ebraici dell’Università di studi di Napoli L’Orientale, presenta i contenuti del volume La Comunità ebraica di Napoli (1864-2014): centocinquant’anni di storia, un catalogo comprendente una raccolta di saggi che raccontano l’eredità ebraica della città realizzato a seguito delle due mostre ospitate dalla Biblioteca Nazionale e dall’Archivio di Stato lo scorso anno. Un’iniziativa resa possibile grazie al contributo dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, della Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia, della Comunità ebraica di Napoli assieme all’Archivio di Stato cittadino e al Ministero dei Beni e delle attività culturali e del Turismo. Alla presentazione – svoltasi nella stessa sala Rari della Biblioteca Nazionale di Napoli che ha ospitato anche la mostra e condotta in dialogo con la giornalista Titti Marrone – hanno portato il loro saluto il Consigliere UCEI Sandro Temin, il presidente della Fbcei Dario Disegni, il presidente della Comunità ebraica di Napoli Lydia Schapirer.
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JCIAK
Tre baciati dall'Oscar
Senza sorprese mozzafiato, l’Oscar quest’anno ci consegna alcune belle certezze. Si può discutere se sia stato davvero l’Oscar dell’impegno, come molti critici l’hanno subito etichettato. O se l’impegno non sia stato piuttosto una foglia di fico da esibire contro la scottante etichetta di Oscar troppo bianchi e distanti dalla vita vera. In alternativa, ci si può invece godere qualche serata al cinema con i vincitori, che molto ci regalano anche sotto il profilo ebraico con una superba tripletta composta da Il figlio di Saul (miglior film straniero), Spotlight (miglior film) e Amy (miglior documentario lungo).


Daniela Gross
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  pilpul
Setirot - Orban in ansia
No al piano europeo sulle migrazioni perché “un flusso incontrollato di migranti fa correre seriamente il rischio di importare terrorismo, criminalità, antisemitismo e omofobia”. Al di là del fatto che la tesi ancora una volta espressa giorni fa al quotidiano Bild è tutta da dimostrare, vediamo un po' chi si erge a paladino della lotta all’antisemitismo. Nientepopodimeno che il primo ministro ungherese Viktor Orbán, ovvero il leader della coalizione governativa più antisemita d'Europa, e forse non soltanto d'Europa. La ‘bizzarra’ contraddizione dovrebbe far riflettere chi plaude a movimenti e personaggi che dell'odio e della paura hanno fatto le proprie bandiere.
Non esiste razzismo senza antisemitismo, non esiste antisemitismo senza razzismo: basta conoscere la storia, e leggere l'ultimo rapporto sulla Francia presentato dall'European Commission against Racism and Intolerance (ECRI) per averne – qualora ce ne fosse bisogno – una ennesima conferma.


Stefano Jesurum, giornalista

In ascolto - Gli occhiali d'oro
Ennio Morricone ce l’ha fatta. Dopo tre Grammy Awards, tre Golden Globe, cinque David di Donatello, un Leone d’Oro alla carriera, il Polar Prize conferito dall’Accademia Reale di Musica svedese e un Oscar alla carriera, oltre a numerosi altri premi mondiali, il compositore italiano ha ricevuto l’Oscar per una colonna sonora, quella di The Hateful Eight. Ha fatto un percorso straordinario quel giovane di Arpino che cominciò a muovere i suoi passi nel lontano 1946 con la composizione “Il mattino” per piano e voce. Il consiglio d’ascolto di oggi si riferisce a un film davvero importante che ha avuto poco successo dal punto di vista commerciale: Gli occhiali d’oro, tratto dall’omonimo romanzo di Giorgio Bassani del 1958 e diretto da Giuliano Montaldo nel 1987. Per la colonna sonora Ennio Morricone ricevette il David di Donatello.

Maria Teresa Milano
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Emozioni e futuro
A scanso di equivoci dichiaro subito che il Sefer Torah di Biella è una notizia splendida, non solo per il valore storico e artistico dello stesso, ma per il significato profondo che ha la Torah Scritta per ogni ebreo. Ho letto però l’enfasi con cui si definisce il restauro dello stesso “una notizia emozionante e di straordinaria importanza per l’ebraismo italiano”. E mi domando in modo spontaneo cosa sia rilevante e di straordinaria importanza l’ebraismo italiano: quello che siamo stati o quello che saremo? Come appariamo o come siamo? Insomma il nostro passato o il nostro futuro?

Michele Steindler
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Time out - Priorità e valori
Non sempre i social network sono puri strumenti di polemica. Ieri si è aperta una bella discussione sul restauro del Sefer nel tempio di Biella. Qualcuno ha posto un’interrogativo sull’utilità di un Sefer in una Comunità che oggi praticamente non esiste più e che, oltre ad essere letto per questa occasione, forse non verrà più riutilizzato, chiedendosi se forse non sia meglio che venga messo a disposizione dei Bate Hakneset italiani in Israele per esempio. È un tema interessante, non semplice come appare.

Daniel Funaro
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La balena maledetta
Un ragazzo di vent’anni o giù di lì, nel pieno della sua voglia di vivere. Un uomo vecchio, più vecchio degli anni che porta. Il sole, il mare, la fame, l’amore, la guerra. Una lampada a soffitto, un ospedale, la morfina, la pace eterna. I sogni, l’avventura, la speranza, il desiderio. I rimpianti, il dolore, l’arrendevolezza. Nella Maledetta balena, di Walter Chendi, paesaggi, sentimenti e azioni estreme si incrociano, si affrontano. Un solo personaggio è presente sempre – sia nei momenti del desiderio lucido e giovane, sia in quelli dei ricordi drogati e desolati: un gabbiano.
Con una sapienza da narratore consumato e abile – capace di dettagli al limite della più ossessiva precisione – e del montatore alla moviola – che piega e domina al tempo della narrazione lineare romanzesca frammenti di tempo del passato con quelli del presente - Chendi orchestra il suo romanzo come un musicista scrive la sua sinfonia, come un regista dirige il suo film.


Valerio Fiandra
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I figli del nemico
È di pochi giorni fa la notizia della condanna di due militari guatemaltechi i quali, all’inizio degli anni Ottanta, hanno abusato più volte di diverse donne riducendole in schiavitù domestica e sessuale. Ad ascoltare la sentenza sui due imputati (un ex comandante e un civile che all’epoca lavorava come commissario in sinergia con l’esercito, ora condannati nel complesso a 360 anni di carcere) erano presenti alcune delle donne violentate nel corso della trentennale guerra civile che ha portato alla morte e alla sparizione di decine di migliaia di persone, in particolare indigeni maya.

Sara Valentina Di Palma
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