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 17 Marzo2016 - 7 Adar5776
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
Si apre con Wa-yiqrà una lunga descrizione dei sacrifici e delle loro regole. Noi, che viviamo in un’epoca in cui non c’è più il Beth Ha-Miqdàsh, non ci rendiamo conto della loro portata, anche perché i richami dei Profeti contro l’aspetto formale (o meglio, formalistico) dei sacrifici ci confondono le idee. Tuttavia la Torà ci dà le indicazioni per comprendere meglio. Giusto in questa Parashà, c’è un dettaglio che – come dicono i chakhamim – “dice: analizzami”. “Adam ki yaqrìv mi-kèm qorbàn l-Ha-Shem”; “Se un uomo offre da voi un scrificio a D.o”: ci saremmo aspettati una formulazione tipo “se un uomo fra voi offre…”. Rabbénu ‘Ovadyà Sforno chiarisce che il vero sacrificio si ha quando esso nasce dalla persona, che mette in discussione se stessa. Se il sacrificio non nasce dal desiderio di teshuvà e di sottomissione, se non si sacrifica qualcosa di sé, il qorbàn non è un vero sacrificio.
 
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
Guardistallo è un piccolo paese di 1300 abitanti in provincia di Pisa sulle colline di fronte a Cecina sulla costa del Tirreno. Il comune di Guardistallo è Medaglia di bronzo al valor civile dopo la tragica strage di 61 cittadini locali, soprattutto giovani, perpetrata il 29 giugno 1944 dalle truppe tedesche. Nel 1944 i nazisti, ormai in ritirata di fronte all’avanzata alleata da sud, lasciavano dietro di sé una scia di orrori. Le stragi più famose e drammatiche furono quelle del 12 agosto 1944 a Sant’Anna di Stazzema, non molto più a nord in Toscana sulle colline di fronte a Viareggio, e del 29 settembre 1944 a Marzabotto sull’Appennino Bolognese. A Guardistallo, per iniziativa del sindaco Sandro Ceccarelli, il 2 ottobre 2015 è stato inaugurato il Parco della Pace “Elio Toaff”. Nell’abbondante schiere di opere di memorialistica e museologia contemporanea, si tratta forse di una delle realizzazioni più minimaliste: in realtà una balconata rivolta al bel panorama costiero, con al muro un ritratto sorridente di rav Toaff, sormontato dalla parola Shalom in ebraico, realizzato da Alan Boccatonda sotto la direzione di Saverio Calogero Vinciguerra dell’Accademia di Belle Arti di Firenze. Completano l’installazione due panchine e uno schematico albero di metallo ai cui rami sono appesi nastrini con i nomi di tutti i caduti nella strage del 1944 e nella prima guerra mondiale. Dunque un memoriale molto sobrio, rivisitato in occasione dell’undicesimo mese dalla dipartita di Rav Toaff: iniziativa encomiabile che aspira a riunire e a rendere universali e di pubblico dominio le diverse sofferenze e memorie, rendendo omaggio alla figura ormai storica di colui che fu testimone della strage di Sant’Anna e che nella sua lunga vita ha saputo attivamente mettere in pratica il detto di Mishnah, Avot, 1:12, apposto subito sotto il suo ritratto: “Annoverati fra gli studenti di Aron: ama la pace e persegui la pace”.
 
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Centrodestra nel caos "Ostaggio di lepanisti"
Alta tensione nel centrodestra tra colpi di scena, nuove alleanze, derive populiste. La discesa in campo di Giorgia Meloni, ma anche l’ex governatore del Lazio Francesco Storace che al Corriere difende la sua militanza fascista, cita CasaPound e rivendica: “Boia chi molla è ancora un grido di battaglia”.
Dice l’ex presidente della Camera Gianfranco Fini in una intervista a Repubblica: “Il centrodestra, come lo abbiamo conosciuto, è finito. Ormai è nato un blocco di destra, è naturale chiamarlo lepenista”. Per poi aggiungere: “Berlusconi vuole tenere unito tutto il fronte, federarlo come fece 20 anni. Un’impresa impossibile. Come fa la Merkel con Alternative di Frauke Petry o come Sarkozy con Marine Le Pen, Berlusconi dovrebbe considerare avversari Salvini e Meloni, non alleati”.

Così l’astro nascente del Fronte Nazionale francese, Marion Le Pen, in una intervista al Corriere: “Non sono qui a fare raccomandazioni a Matteo, credo però che la strategia della Lega di avvicinamento al potere stia funzionando. Mi auguro che Salvini possa allargare la propria influenza su tutta Italia, come sta già cominciando ad essere oggi. Perché l’Italia possa con noi francesi concorrere a una ricostruzione europea uscendo da questo tipo di Unione”.

Si chiede con le scuse del Bayern l’infelice scivolone “social” della società tedesca, che aveva postato ieri un controverso fotomontaggio che sembrava evocare i binari della morte diretti ai lager nazisti. “Sfortunatamente la nostra immagine per la gara è stata fraintesa come riferimento a eventi storici, qualcosa che noi non volevamo assolutamente intendere” dice il club bavarese.
Sulla vicenda era intervenuto il vicepresidente della Comunità ebraica romana Ruben Della Rocca: “Una gaffe del genere è inammissibile per una società come il Bayern, da sempre attenta alla comunicazione. Non voglio pensare alla malafede, sarebbe gravissimo. Voglio confermare che si è trattato di una svista, pur clamorosa” (Corriere, tra gli altri).
 
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  davar
LA DELEGAZIONE UCEI AL WORLD JEWISH CONGRESS
"Ebrei italiani, un mondo vivace che crede e investe nella cultura"
Il Movimento per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele, universalmente noto come BDS, costituisce una aperta “manifestazione di antisemitismo”. A sostenerlo sono gli oltre 400 delegati accorsi da tutto il mondo per partecipare all’assemblea plenaria del World Jewish Congress in svolgimento a Buenos Aires. “Risponderemo alle bugie della propaganda con la verità. Non siamo più negli Anni Trenta, non siamo più in quella condizione. Faremo sentire la nostra voce in tutti i modi possibili” ha sottolineato il presidente Ronald Lauder introducendo una mozione poi circolata tra i delegati e l’avvio di alcune iniziative. Tra cui la creazione di uno specifico dipartimento che si propone di fungere da catalizzatore internazionale e che avrà sede a New York.
Ferma la condanna espressa nel testo per i comportamenti adottati da coloro che “deliberatamente” lavorano per essere da ostacolo alla cooperazione “economica, accademica e culturale”.
Tra i protagonisti dell’assemblea, che ha avuto tra i suoi ospiti il presidente argentino Mauricio Macri e il ministro israeliano Naftali Bennett, anche il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giulio Disegni (nell'immagine) e l’assessore UCEI Victor Magiar, intervenuti ieri in plenaria per offrire un quadro della realtà e delle sfide che investono le 21 realtà locali.
“Ciascuna Comunità ha le sue tradizioni e i suoi usi. Teniamo viva l’identità ebraica con molti progetti in diversi campi. Educazione, scuola, casherut, lotta all’antisemitismo e all’antisemitismo. Continuamo inoltre a produrre cultura” ha spiegato Disegni.
Luce in particolare su due iniziative: gli eventi per il Cinquecentenario del Ghetto di Venezia che prenderanno avvio nei prossimi giorni, il recente ingresso dell’antichissimo Sefer Torah restaurato nella sinagoga di Biella.
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i nonni scapparono dalla russia per i pogrom 
Corte Suprema, Obama punta

sul progressista Garland
“Questo è il più grande onore della mia vita, a parte quando Lynn ha accettato di sposarmi 28 anni fa. Ed è anche il più grande regalo che io abbia mai ricevuto a parte la nascita delle nostre figlie, Jessie e Becky”. Così Merrick Garland ha commentato a caldo tra le lacrime la sua nomina da parte del presidente statunitense Barack Obama come giudice della Corte Suprema, che farebbe di lui, se il Congresso approvasse la scelta presidenziale, il quarto ebreo a ricoprire attualmente l’incarico. Garland, 63 anni, capo della Corte d’Appello del District of Columbia, una fama da progressista moderato, costituisce una scelta prudente per Obama, che si trova ostacolato dai repubblicani che vorrebbero che fosse il nuovo presidente del paese a eleggere colui che dovrà sostituire Antonin Scalia, deceduto il 13 febbraio. Nell’annunciare la sua nomina, Obama ha sottolineato come Garland sia “largamente riconosciuto non solo come una delle menti della legalità più acute d’America, ma anche come qualcuno che porta nel suo lavoro uno spirito di decoro, modestia, integrità, rigore ed eccellenza”.
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la scomparsa dell'ex capo del mossad
Meir Dagan (1945-2016)
"Qual è il messaggio che voglio lasciare? Che le vere lezioni non si trovano nelle parole, nei discorsi, nelle storie. Sono nelle azioni”. E Meir Dagan, per otto lunghi anni a capo del Mossad, era sicuramente un’uomo d’azione. “Ho attraversato tutte le guerre, avevo la divisa indosso nel ’67, nel ’73, nella Guerra d’attrito, nella guerra in Libano del 1982”, ricordava in un’intervista, “è stato un onore servire il mio Paese”. Ora che è scomparso (ad annunciare nelle scorse ore la sua morte l'attuale capo del Mossad Yossi Cohen), le parole “eroe” e “soldato” sono quelle più utilizzate per onorarne la memoria.
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QUI TRANI - LECH LECHà
"Risveglio d'interesse tangibile"
“Abbiamo raggiunto lo scopo che ci eravamo posti, ossia quello di proporre iniziative che non ci portassero a parlare tra noi di quanto sia bello l’ebraismo ma di comunicarne la cultura e i valori alla cittadinanza e a un pubblico non ebraico, la cui presenza è stata in questi giorni più numerosa che mai da tutta Italia”. È soddisfatto Francesco Lotoro, co-fondatore del festival Lech Lechà. Le prime giornate di questa quarta edizione hanno dato vita, nella sua valutazione, “al miglior Lech Lechà di sempre”. Numerosi gli eventi proposti a Trani nel corso della settimana, tra letteratura e cucina, dibattito e musica, grazie alla collaborazione tra la Regione Puglia, il Comune di Trani, l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e la Comunità ebraica di Napoli. Il festival è diretto da Lotoro, insieme a Cosimo Yehudah Pagliara e Ottavio Di Grazia e il tema di quest’anno è “Komemiut, il procedere “a testa alta”.
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QUI TORINO 
Israele tra legge, storia e politica
Mentre fuori si scatenava una inattesa quanto affascinante tormenta di neve, nel centro sociale della Comunità ebraica di Torino si è tenuto ieri sera il primo di un ciclo di incontri promosso su tutto il territorio dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane: “Jewish think tank”. In questo caso, organizzato con la locale Comunità, l’incontro intitolato “I confini e i territori d’israele: halachà, storia e politica” ha avuto come ospiti rav Pierpaolo Pinhas Punturello e lo storico Claudio Vercelli. A moderare la serata la direttrice di Ha Keillah, Anna Segre, mentre l’introduzione è stata tenuta dal Consigliere comunitario David Sorani.


Filippo Tedeschi
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qui firenze - segnalibro
Jihad, i segnali da cogliere
Per iniziativa congiunta dell’Associazione Italia Israele e della Fondazione Spadolini, nella sede della sua biblioteca al Pian de’ Giullari, si è svolta ieri la presentazione di Jihad – guerra all’Occidente: l’ultimo libro di Maurizio Molinari, recentemente pubblicato da Rizzoli, per la sua attualità ha già acquistato una grande notorietà e ha richiamato un numeroso e qualificato pubblico che ha molto apprezzato i vari interventi. L’incontro è stato aperto dal padrone di casa, Cosimo Ceccuti, fedele curatore delle opere di Giovanni Spadolini di cui è stato allievo e amico conoscendo quindi fin da giovanissimo Maurizio Molinari che ha iniziato la sua brillante carriera scrivendo su La voce repubblicana.


Lionella Viterbo
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jciak
Harry Potter nella giungla
Il più curioso, finora, è il marziano Matt Damon, che in Sopravvissuto – The Martian, non solo sopravvive alla desolazione del pianeta rosso ma torna a casa tutto intero e pure inizia una nuova vita. Ma da Tarzan in poi, il cinema non ha lesinato storie mozzafiato di sopravvivenze estreme. Naufragi, alluvioni, belve, tsunami: ogni occasione è stata buona per rimettere in scena l’eterno incontro-scontro fra uomo e natura. Questa volta, però, la storia assume un sapore particolare, perché sul grande schermo arriva un’avventura tutta israeliana. A raccontarla sarà Jungle, ispirato alla vera avventura di uno degli israeliani più noti negli anni Ottanta, Israeli Yossy Ginsberg (nell’immagine), che al cinema avrà il volto notissimo Daniel Radcliffe, ebreo inglese approdato alla ribalta internazionale nei panni di Harry Potter.


Daniela Gross
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  pilpul
Setirot - Ghetti
Molto si è parlato e moltissimo ancora si dirà e si scriverà sui 500 anni del Ghetto di Venezia, istituito il 29 marzo 1516. Le porte della segregazione furono abbattute da Napoleone duecentoottantuno anni dopo – era il 1797. Ma poi la storia ci ha insegnato che non bastano le ruspe a rimuovere i muri così come non è necessaria la fisicità di un recinto per creare un ghetto.

Stefano Jesurum, giornalista


In ascolto - A Mondovì
Questa settimana entriamo virtualmente nel Museo della Ceramica di Mondovì, fortemente voluto da Marco Levi (1910 – 2001), banchiere, proprietario e direttore della Ceramica Besio per molti anni, nonché ultimo erede della storia ebraica della città. A raccontare la secolare presenza ebraica restano i piatti della “collezione ebraica” della Besio ideati da Levi, la sinagoga di via Vico, con i suoi arredi originali in stile barocco e i lampadari in cristallo, ma anche i percorsi culturali ideati dal museo, che spesso ospita mostre a tema ebraico. Fino al 3 aprile sarà esposta la collezione di porcellane viennesi dell’Augarten, un vero e proprio tesoro di arte e di memoria, un pezzo di Mitteleuropa e di memorie anche ebraiche, come nelle statuette di Vally Wieselthier.

Maria Teresa Milano
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La trilogia della pianura
Le parole gridate, in televisione o sui giornali, ci hanno stancato. Anche i più giustamente arrabbiati di noi si rendono conto ormai che non basta alzare la voce per esser ascoltati. Eppure, i media sono ancora pieni di foto drammatiche, di dichiarazioni estreme. E lo sono anche molti libri. Il peggior risultato di questa maniera di raccontare consiste nell’appiattimento. La stessa foto che ci ha emozionato o indignato, pochi mesi dopo è dimenticata o peggio: è smentita dal comportamento che osservano gli stessi che avevano più mostrato la propria indignazione. Il delitto efferato che leggiamo su qualche best seller ci pare copiato dalla cronaca, spesso lo è. E i veri dolori, quelli consumati fuori dal faro delle breaking news, e le disperazioni autentiche? O le gioie minute, ma ancora presenti nelle nostre vite ordinarie, raccontate con pudore e sincerità, non ci sono più o nessuno se ne accorge, tranne noi?

Valerio Fiandra
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Madri d'Israele - Shoshi
Ad un passo dall’arruolamento nell’esercito israeliano, realizzi d’un tratto che tutto intorno a te muta irreversibilmente. Improvvisamente ti ritrovi ad immaginare amici e parenti con in dosso una divisa verdognola. Ogni squillo del telefono diventa sinistro e provoca un sussulto, un brivido alla schiena. Il repertorio delle tue conversazioni si riduce notevolmente, sintetizzandosi in brevi spiegazioni su prestigiose unità scelte o semplici ruoli di circostanza. La quantità di sorrisi che eri abituato a ricevere cala sino ad estinguersi. Caldi abbracci e frasi di incoraggiamento sfumano diventando un dolce e lontano ricordo. Poi arriva Shoshi, con il suo accento stravagante ed un sorriso contagioso, stravolge tutto e ti ricorda esattamente cosa tu stia facendo

David Zebuloni
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Una bambina in fuga
Lidia Gallico è poco più che Una bambina in fuga, nei diari appena editi da Gilgamesh Edizioni per la curatela di Maria Bacchi, la quale continua il suo lavoro di duplice scavo sulla storia di infanzia e sulla vicenda di ragazzi mantovani perseguitati durante la Shoah, come già Luisa Levi di cui aveva scritto in Cercando Luisa. Lidia è una bambina quando, nel 1938, inizia la scuola elementare. Lidia, a sei anni, sa di essere ebrea, ma per lei questo sino ad allora non era stato molto più che non andare in chiesa la domenica e non avere immagini sacre per casa. Per lei l’esperienza scolastica inizia già con la separazione, inserita in una classe ‘speciale’ per bambini ‘di razza ebraica’ nella scuola elementare Castiglioni di Via Vescovado a Mantova.

Sara Valentina Di Palma
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