Paolo Sciunnach, insegnante | Rabbi
Joshua ben Levi disse: Grande è la pace, perché la pace è per la terra
quello che il lievito è per l'impasto. Se il Santo, che sia benedetto,
non avesse dato la pace al mondo, esso sarebbe popolato dalla spada e
da moltitudini di bestie. Rabban Simeon ben Gamaliel disse: Il mondo
poggia su tre cose: Sulla giustizia, sulla verità, sulla pace. Disse
Rabbi Monah: Queste tre sono la stessa identica cosa.
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Anna
Foa,
storica |
Amos
Oz ha ricevuto un premio dall'Avraham Geiger College, seminario
rabbinico aggregato all'Università di Potsdam e intitolato al padre
dell'ebraismo riformato Abraham Geiger, conferito annualmente alle
personalità "che hanno reso eccezionali servizi al pluralismo,
all'apertura, alla tolleranza e alla libertà del pensiero ebraico".
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Nei luoghi dei Sei giorni
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Tutto
durò appena sei giorni. Una guerra breve, un lampo, eppure in un tempo
così breve molte cose che sembravano eterne morirono: il nazionalismo
arabo, innanzitutto, sconfitto e archiviato”, scrive Domenico Quirico
nel suo reportage su La Stampa dedicato alla Guerra dei Sei giorni del
1967. Da Nord a Sud, il giornalista racconta come sono cambiati i
confini dello Stato d’Israele dopo quella vittoria contro il fronte
arabo che voleva distruggerlo e quale eredità è rimasta a cinquant’anni
dal conflitto.
Gerusalemme. II primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha voluto
celebrare il 50enario della riunificazione di Gerusalemme con una
riunione del suo governo all’interno del tunnel del Kotel (Muro del
Pianto). “Rafforzeremo” Gerusalemme, ha promesso Netanyahu, citando
diversi progetti di sviluppo fra cui una funicolare per portare turisti
e fedeli al muro del Pianto, il luogo più santo dell’ebraismo. Su
Repubblica, lo scrittore israeliano Assaf Gravron critica la scelta del
governo di riunirsi e farsi fotografare nel tunnel. “Quelle foto sono
il tentativo di mostrare che Gerusalemme è una città unita. –
l’opinione dello scrittore- Ma contrastano con la realtà: la realtà è
che Gerusalemme non è una città, sono due. Ci sono differenti sistemi
burocratici, diversi sistemi di istruzione e di trasporto e ci vivono
persone diverse: ebrei solitamente benestanti a Ovest, arabi
solitamente poveri a Est. Due mondi opposti, due stili di vita opposti”.
Trump e il ritorno negli Usa. Dopo il vertice del G7 a Taormina, il
presidente Usa Donald Trump è tornato negli Stati Uniti e deve
confrontarsi con quello che i giornali chiamano il “Russiagate”, i
rapporti poco chiari tra uomini del suo entourage e la Russia. Il
presidente è pronto a reclutare i migliori avvocati e gli specialisti
in pubbliche relazioni per difendersi, scrive il Corriere, che parla di
un consiglio di guerra permanente, una “war room”, istituita alla Casa
Bianca per studiare il caso. Gli ultimi sviluppi chiamano in causa
Jared Kushner, il genero-consigliere del presidente. L’Fbi sta
indagando su almeno un incontro avvenuto nel dicembre scorso tra
Kushner e Sergei Kislyak, ambasciatore russo a Washington. In quella
occasione i due avrebbero concordato di aprire “un canale di
comunicazione diretto e riservato” tra la futura amministrazione
americana e il Cremlino.
Ospedale israelitico. Proseguono gli accertamenti giudiziari legati
alla precedente gestione dell’Ospedale israelitico di Roma, quando alla
guida dell’ente c’era l’ex direttore Antonio Mastropasqua, arrestato
nel 2015 per truffa. Sotto la sua gestione, riporta oggi il Corriere
Roma, tra il 2006 e il 2011 era stata presentata alla Regione Lazio una
richiesta di rimborsi da 42 milioni di euro per operazioni
odontoiatriche in realtà mai erogate. Ad accertarlo, una sentenza della
seconda sezione civile del Tribunale di Roma, che ha respinto la
richiesta che il Corriere descrive come “uno dei vecchi azzardi”
dell’ex manager Mastropasqua “che però ora rischia di aggravare la sua
posizione”.
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la festa dedicata a gerusalemme
Gli eventi per Yom Yerushalaim
“Un successo, ed è solo l’inizio”
Il
bilancio non può che essere positivo: relatori illustri, incontri di
altissimo livello. Uno stimolo ad approfondire la realtà di
Gerusalemme, ben oltre il conflitto”.
È soddisfatta Raffaella Di Castro, responsabile delle attività
culturali del Centro Bibliografico UCEI e tra le principali animatrici
degli eventi legati a Yom Yerushalaim, i festeggiamenti per Gerusalemme
nel cinquantenario della riunificazione.
Ieri, al Centro Ebraico Il Pitigliani, un’intera giornata di
approfondimento ha portato all’attenzione di tanti una Gerusalemme meno
conosciuta. Quella che si afferma nel campo delle nuove tecnologie e
dell’accademia, che guarda a un futuro di possibilità mettendo in
dialogo mondi e realtà diverse. Una giornata densa, iniziata di buon
mattino e conclusasi in serata con la proiezione di un documentario
inedito con protagonista David Ben Gurion – “Ben Gurion, Epylogue”. Il
lascito alle nuove generazioni di un grande uomo, che ha fatto la
storia di Israele e che ancora oggi sembra indicare la strada da
seguire. Leggi
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la chiusura deL FESTIVAL CULTURALE GORIZIANO
"èStoria, entusiasmo e curiosità per capire passato e presente"
“Avere
assicurato al Festival continuità, ha consentito di raggiungere un
risultato di eccellenza: ne nasce un senso di orgoglio per aver avuto a
fianco un gruppo di persone dedite alla costruzione del Festival e per
la partecipazione della città di Gorizia, che in èStoria si
riconosce con entusiasmo e curiosità”. Così il direttore del Festival
èStoria Adriano Ossola ha commentato la conferma del grande successo
della rassegna dedicata alla riflessione politico-storiografica e
conclusasi ieri a Gorizia. Un programma, quello di quest’anno, che ha
voluto riflettere sull’identità italiana, un tema importante
quanto attuale in un'Europa sempre più divisa e in cui l'orgoglio per
le proprie radici culturali si confonde in falsi miti nazionalistici.
Quattro le giornate in cui la città di Gorizia è stata animata da circa
centocinquanta eventi tra convegni, presentazioni, dialoghi,
spettacoli, mostre, proiezioni di film e altre iniziative. Duecento
ospiti, tra storici, giornalisti, studiosi, autori, artisti e
testimoni che contribuiranno ad animare gli incontri della
manifestazione. Leggi
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Èstoria - l'analisi del conflitto del 1967
Sei giorni, una grande vittoria
ma con un prezzo da pagare
Da
dodici anni Israele addestrava meticolosamente il suo esercito allo
scontro. Come disse un generale egiziano, “mentre loro si preparavano
alla guerra, noi facevamo parate militari”. Solo in mezzo ai nemici, in
sei giorni l'esercito israeliano spazzo via l'aviazione e resistenza
egiziana a sud, mise in fuga i giordani a Gerusalemme, prese il
controllo della West Bank e conquistò le alture del Golan. Una vittoria
gloriosa che cambierà la storia ma a un prezzo che Israele continua a
pagare, come spiegavano ieri Ahron Bregman, ex ufficiale di artiglieria
delle forze di difesa israeliane e docente del dipartimento di Studi
Militari del King’s College di Londra, e lo scrittore e regista Simon
Dunstan, esperto di tecnologia militare. I due esperti erano infatti
protagonisti dell'ultima giornata di èStoria, il Festival goriziano
dedicato all'approfondimento storico, di anno in anno sempre più punto
di riferimento culturale per comprendere i legami tra passato e
presente. A dimostrarlo, proprio l'incontro tra Bergman e Dunstan in
cui, a cinquant'anni dal conflitto, il pubblico ha avuto l'opportunità
di avere un quadro chiaro della Guerra dei Sei giorni e delle sue
conseguenze. Leggi
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Oltremare - Taxi libero |
Uno
dei primi impatti del viaggiatore in arrivo in Israele con la
israeliana immagine di ordine è il delirio collettivo che si propone
all'uscita dell'aeroporto quando, dopo lunghe ore di volo, l'ignaro
nuovo arrivato scopre che per prendere un taxi deve mettersi in fila
con dozzine di altri scampati alla pressante sicurezza del Ben Gurion,
e trovare il modo di salire su una macchina bianca con la stessa
modalità con la quale si sale su di una ovovia: il salto in lungo. Di
norma, famiglie con numeri impossibili di figli e altrettanto
improbabili di bagagli occupano disordinatamente quello che sarebbe un
marciapiede abbastanza largo, se mai avessimo avuto la ventura di
vederlo. La fila bascula e dondola, con passaggi in avanti stile tiro
in porta da metà campo da parte di pezzi di famiglie lasciati
inopinatamente indietro. Ad un certo punto un tizio che non veste
nessuna particolare divisa mette in mano al prossimo fortunato
viaggiatore un pezzo di carta che nessuno ha mai saputo decifrare,
contenente numeri all’apparenza senza alcun ordine o senso. Con il
trofeo in mano è finalmente possibile abbandonare la riva e affidarsi
al Caronte di turno, che di solito parla lingue oscure – spesso
plurali, ma comunque incomprensibili.
Daniela Fubini, Tel Aviv
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Analisi scorretta - Inquietudini
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Donald
Trump è andato in Arabia Saudita e ha firmato un contratto per la
fornitura di armi per 110 miliardi di dollari (forse diventeranno 350
MLD in 10 anni). Poi è volato a Tel Aviv e Netanyahu non ha mosso un
ciglio per l’affare concluso tra americani e sauditi, quasi che i 110
miliardi di armamenti al più ricco Paese arabo non fosse un problema.
Che tra israeliani e sauditi esista un’alleanza di fatto, se non altro
per aver nell’Iran il nemico comune, si sa da tempo. Le leggi della
geopolitica sono queste: il nemico del mio nemico è mio amico.
Un’alleanza strategica aperta tra Israele e Arabia Saudita tuttavia
appare impossibile. L’opinione pubblica di tutto il mondo arabo non
potrebbe accettarla, almeno fino a quando il processo di pace coi
palestinesi langue e non sembra ci siano segnali che esso possa
riprendere in maniera seria e concreta. Inoltre il re saudita si
considera il custode dei luoghi santi musulmani di Gerusalemme e fino
che anche questa questione non troverà una soluzione, i rapporti tra
Israele e sauditi sono destinati a rimanere sotto traccia.
Anselmo Calò
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