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Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Il
nazireato (Bemidbàr, 6; 1-21) è una condizione, un po’ estrema, che un
ebreo può imporre a se stesso come conseguenza di un voto per un
determinato periodo (minimo di 30 giorni) nel quale il nazireo dovrà
evitare ogni contatto con i morti, non potrà tagliarsi i capelli, non
dovrà bere il vino, né sostanze alcoliche e derivati dell’uva. Quando
però giungerà il termine del periodo fissato il nazireo dovrà offrire
un sacrificio, bere il vino e si farà tagliare i capelli che getterà
nel fuoco. Come ad evitare che la meritoria violenza inflitta a se
stessi, per un certo periodo della vita, possa diventare una comoda
abitudine. La protesta contro le istituzioni non deve mai trasformarsi
anche essa in un’istituzione. La rivoluzione costituisce un valore
fintanto che è accompagnata da purezza e lucidità ma non deve
trasformarsi in una professione. Si arriva a un certo punto nel quale è
doveroso tagliarsi i capelli altrimenti anche l’essere capelloni
diventa un’uniforme.
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
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Mi
sono sempre chiesto quanto contino nell’ebraismo le intenzioni e quanto
le azioni, quanto la teoria e quanto la prassi, quanto le mitzwoth che
ci mettono in relazione con Dio e quanto le mitzwoth che ci mettono in
relazione con gli uomini. Nessuna risposta che ci si dia, o che ci
venga data, risolve il quesito. Tequ.
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Golfo, si rompe il patto
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Ampio
spazio anche sui quotidiani italiani alla crisi interna ai Paesi del
Golfo: Bahrein, Arabia Saudita, Egitto ed Emirati Arabi hanno infatti
deciso di interrompere le relazioni diplomatiche con il Qatar. “Doha
sostiene il terrorismo”, la motivazione ufficiale dell’azione dei
cinque paesi arabi contro il piccolo quanto influente regno guidato
dalla famiglia Al-Thani. Oltre al ritiro dei diplomatici, è stata
decisa la chiusura di tutte le frontiere aeree e terrestri, isolando di
fatto il Qatar, racconta tra gli altri il Corriere. “La grande alleanza
araba contro il terrorismo, lanciata due settimane fa da Trump a Riad,
perde un pezzo importante”, sottolinea La Stampa, che ricorda come il
Qatar sia considerato un pericolo perché troppo vicino all’Iran, per
l’influenza della sua rete Al Jazeera e perché da sempre sostenitore
del gruppo dei Fratelli Musulmani, realtà politico-religiosa
considerata un nemico da Egitto e Arabia Saudita in primis. A Doha,
inoltre, ha trovato rifugio dal 2012 il leader del gruppo terroristico
di Hamas Khaled Meshaal ma sembra che ad alcuni rappresentanti del
movimento sia stato chiesto nelle scorse ore di lasciare il Paese. “Le
accuse al Qatar di favorire il terrorismo potrebbero essere rivolte
anche all’Arabia Saudita e alle altre monarchie del Golfo. – scrive
Alberto Negri sul Sole 24 Ore – Quindi per i sauditi si tratta di
trovare un capro espiatorio del terrorismo jihadista per poter
contrastare il suo vero rivale nel Golfo, l’Iran”. Sole 24 Ore,
Corriere e Repubblica ricordano poi come il Qatar abbia fatto molti
investimenti a livello internazionale e in particolare in Italia: nel
nostro Paese, dai grattacieli a Milano ai terreni in Costa Smeralda, la
famiglia Al Tahani ha un giro di affari da 6 miliardi di euro.
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l'incontro in sinagoga Trieste, la visita di Serracchiani
'Voi un punto di riferimento"
“La
Comunità ebraica di Trieste ha un ruolo rilevante non solo per la città
ma tutta la regione, come punto di riferimento storico, culturale,
religioso e come componente incancellabile della nostra identità
collettiva”. Lo ha affermato la presidente del Friuli Venezia Giulia,
Debora Serracchiani, incontrando i vertici della Comunità ebraica nei
locali comunitari e in sinagoga. Un incontro che arriva a dieci anni da
una precedente visita dell’allora governatore Riccardo Illy e durante
il quale è stato sottolineato il carattere aperto, dinamico e in
costante dialogo con le istituzioni della Comunità.
”È importante che la Comunità continui ad avere una scuola ebraica, che
tenga alti i livelli della formazione e accompagni lo sviluppo di tutti
i bambini che la frequentano. Per la Regione è significativo poter
collaborare a migliorare e offrire sempre più servizi e possibilità ai
nostri ragazzi e alle loro famiglie” ha sottolineato la Presidente
Serracchiani, accolta in sinagoga da una delegazione guidata dal
Presidente della Comunità ebraica Alessandro Salonichio e dal rabbino
capo Alexander Meloni. Nella delegazione, tra gli altri, anche i
Consiglieri Nathan Israel, Davide Belleli e Livio Vasieri.
(Foto di Giovanni Montenero)
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la consegna in campidoglio Fondazione Museo della Shoah,
a Venezia il Premio Simpatia “Una grande gioia per tutti coloro che collaborano e hanno collaborato con la Fondazione. A qualsiasi titolo”.
Non nasconde la soddisfazione Mario Venezia, Presidente della
Fondazione Museo della Shoah di Roma, tra i vincitori dell’edizione del
2017 del Premio Simpatia. Ideato dallo studioso della romanità Domenico
Pertica e conosciuto ormai come “l’Oscar Capitolino”, il Premio è stato
dedicato quest’anno alle vittime del recente terremoto che ha colpito
il Centro Italia. Ma non ha mancato di toccare, come di consueto, le
diverse facce e le diverse sfide che investono la società italiana. Non
ultima quella di una Memoria viva e consapevole.
“La soddisfazione è ancora più significativa se si pensa al livello
degli altri premiati di questa edizione. Dalle forze dell’ordine ai
protagonisti della difficile ripartenza di Amatrice” sottolinea
Venezia, che ha ricevuto il riconoscimento dalle mani di Paola Saluzzi
e Pino Strabioli nella Sala della Promoteca del Campidoglio.
“L’incentivo – aggiunge – è a fare ancora meglio, a guarda avanti.
Parto dall’esperienza in corso, con la mostra ‘Sport, sportivi e Giochi
olimpici nell’Europa in Guerra (1936-1948)’ allestita fino a luglio
alla Casina dei Vallati in collaborazione con il Memoriale della Shoah
di Parigi. Una collaborazione prestigiosa, preludio a una nuova
iniziativa che organizzeremo in futuro in Francia e a una serie di
eventi collaterali che presto annunceremo. E poi c’è il 2018,
l’ottantesimo anniversario dalla promulgazione delle Leggi Razziste.
Saremo protagonisti, con diversi appuntamenti”.
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al via domani il convegno ucei Lingue e linguaggi ebraici
Gli studiosi a confronto “Le lingue degli ebrei: problemi e metodi”.
È il titolo di un convegno in due giornate che sarà ospitato mercoledì
7 e giovedì 8 giugno nei locali del Centro Bibliografico dell’Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane.
Pensato nei suoi diversi momenti da un comitato
scientifico-organizzativo composto da Raffaella Di Castro, Laura
Minervini, Alessandra Veronese e Fabrizio Franceschini, il convegno
riprende e approfondisce il tema delle lingue e dei dialetti ebraici
proposto in occasione dell’ultima Giornata Europea della Cultura
Ebraica e affrontato, sempre al Centro Bibliografico, nel corso dei
lavori del convegno “Yafet nelle tende di Shem. L’ebraico in
traduzione” dello scorso autunno.
Ad essere esplorati una serie di problemi legati alla definizione e
alla ricostruzione delle “giudeolingue”. Qual è il denominatore comune
delle varietà ‘giudaiche’? È semplicemente l’uso da parte degli ebrei?
Risiede piuttosto nel rapporto fondamentale con l’ebraico, serbatoio
lessicale e modello stilistico? E l’ebraico stesso, antico e moderno,
in che posizione si colloca? I singoli studiosi coinvolti saranno
chiamati a rispondere, a partire dalle loro specifiche competenze.
I lavori si apriranno domani, alle 15.30, con i saluti istituzionali e
gli interventi di Cyril Aslanov, Ida Zatelli, Fabrizio Franceschini,
Riccardo Contini, Dorota Hartman e Raffaele Esposito.
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Dentro o fuori
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Liberare
Totò Riina o farlo morire in carcere? Usargli la crudeltà da lui
riservata alle vittime delle sue stragi, oppure scegliere umanità e
regole da cui lo Stato trae la propria legittimità sui cittadini? È
ancora un capomafia pericoloso oppure un vecchio criminale ormai
dimenticato dai suoi? Osservarlo mentre crepa in carcere sarebbe un
godimento, una vendetta o una prova di giustizia? Sembra un caso di
scuola, è certamente una vicenda estrema, eppure è da questi episodi
che si capisce come una società pensa, evolve o regredisce.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Storia di un complotto
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Ernesto
Sabato scrisse, nell’ambito del suo capolavoro “Sobre héroes y tumbas”
una “Relazione sui ciechi” (Informe sobre ciegos) dove spiega che ci
sono ciechi e ciechi, dacché taluni sono una mera manovalanza, mentre
altri valgono quanto Kierkegaard e Proust e formano una Setta che
controlla il mondo.
Per il sommo scrittore argentino, si trattava di una metafora;
sennonché, ho scoperto che, così come vi è un rapporto fra Diritto e
Letteratura, ve n’è un altro sulle profezie auto realizzantesi o che si
auto adempiono (self fulfilling prophecies) ed il suddetto capolavoro.
Emanuele Calò, giurista
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