Jonathan Sacks, rabbino | Ciò
che rende il Tanakh così speciale è la sua totale franchezza quando si
parla di umanità. Tutti i suoi eroi - Mosè, Aronne, Isaia, Geremia –
hanno conosciuto momenti in cui si sono sentiti come dei falliti, degli
"impostori". Hanno avuto i loro momenti di oscura disperazione. Ma
hanno continuato ad andare avanti. Si sono rifiutati di essere
sconfitti.
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David
Bidussa,
storico sociale
delle idee | Tra
un missile e l’altro ho ripreso a leggere «Iliade, il poema della
forza» un testo che Simone Weil scrive nel 1937 avvertendo che la
guerra si avvicina. La forza è un’illusione, scrive, perché tutti
credono di potere quello che vogliono e non vogliono capire che non
tutto è in loro potere. Una visione disincantata della guerra. Non so
se è vero, o almeno se è sempre stato vero. Ma è utile tenerlo a mente.
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I missili Usa contro Assad
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Nella
notte tra venerdì e sabato è arrivato l’annunciato attacco degli Stati
Uniti – a cui hanno partecipato Gran Bretagna e Francia – contro il
regime di Assad in Siria. Secondo il Pentagono i missili – oltre 100 –
hanno colpito il programma di armi chimiche siriano (La Stampa). Scopo
dell’attacco, fare in modo che Assad rinunci al suo arsenale chimico
ma, scrive il Corriere raccontando le dinamiche dell’operazione, non è
ancora chiaro se il dittatore abbia recepito il messaggio. Forte del
sostegno di Russia e Iran, che hanno attaccato Washington dopo il raid,
Assad ha ostentato sicurezza, facendosi ritrarre mentre passeggia per
il palazzo presidenziale proprio poche ore dopo il raid congiunto
guidato dagli Usa (Corriere). La partita ora dovrebbe spostarsi alle
Nazioni Unite dove la tensione Russia-Stati Uniti è piuttosto alta:
l’ambasciatore russo Vasily Nebenza ha dichiarato: “Questo attacco
distrugge il sistema delle relazioni internazionali e rischia di
destabilizzare l’area”. Parole a cui ha risposto l’ambasciatrice Usa
Nikki Haley: “La Russia maneggia il potere di veto come Assad il sarin.
Se la Siria userà ancora le armi chimiche, noi torneremo a colpire.
Abbiamo già il colpo in canna”.
Siria, lo scontro tra Israele e Iran. Secondo Guido Olimpio (Corriere),
il vero duello in Siria ora è quello tra Israele e Iran. Gerusalemme
vuole convincere, spiega Olimpio, Mosca ad abbandonare l’alleato
iraniano, che costituisce una minaccia vitale per Israele: “Gli
attacchi periodici che Israele ha condotto contro target iraniani sul
suolo siriano rispondono a esigenze tattiche e strategiche: devono far
capire al Cremlino che nessuno scherza. – scrive Olimpio – Sembra
difficile che Mosca possa rinunciare all’asse con Teheran, almeno nel
breve, però è consapevole del pericolo. I ripetuti contatti tra lo
‘zar’ e gli israeliani lo sottolineano”. Contatti dovuti anche
all’opinione di Gerusalemme rispetto all’efficacia dell’azione
americana, scrive Repubblica. Secondo il quotidiano, Israele “è molto
perplesso sul tipo di impegno scelto da Donald Trump, con Francia e
Gran Bretagna. Un attacco che sembra occasionale, su siti chiaramente
svuotati dai siriani, a fronte di un impegno politico di Usa ed Europa
che rimane molto vago, così come vago è l’impegno futuro in termini
militari nella partita che si continuerà a giocare in Siria”. Una
partita che, secondo Fabio Nicolucci (Messaggero), propende a favore
della Russia e dei suoi alleati.
L’Italia senza governo e la politica internazionale. L’Italia non è
stato tra i paesi coinvolti nell’attacco al regime di Assad, ha
spiegato il Primo ministro uscente Gentiloni. “Il raid a Damasco, e
l’incubo di uno scontro Usa-Russia, hanno innescato un cambio di marcia
nella vicenda del governo. – scrive Repubblica – Il timing è quello che
il capo dello Stato aveva annunciato alla fine delle consultazioni: le
decisioni fra mercoledì e giovedì (martedì è fissato il dibattito al
Senato sull’attacco in Siria). Ma dà il senso di un clima pesante”.
Mattarella sta sondando il terreno per la fattibilità di un governo
destra-Movimento Cinque Stelle. E da destra arriva l’appello di
Berlusconi sulle colonne del Corriere affinché l’Italia si doti di “un
governo autorevole per una mediazione tra Stati Uniti, Mosca e Ue”.
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l'indagine swg commissionata dall'ucei
Mondo ebraico e società,
cosa pensa l'opinione pubblica
Riparte
l'indagine commissionata all'istituto di ricerca Swg dall'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane sull'orientamento dell'opinione pubblica nei
confronti dell'ebraismo italiano e sulla sua percezione del mondo
ebraico, dei suoi valori, della sua cultura. All'indagine, già
effettuata una prima volta nel 2014, è possibile partecipare
rispondendo a un semplice questionario online (clicca qui per partecipare alla ricerca).
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la riunione del tribunale rabbinico
Bet Din del Centro Nord Italia,
l'eredità del rav Giuseppe Laras
"In
questi mesi ci siamo occupati di diverse questioni e tanti sono gli
argomenti e gli spunti di riflessione, dalle cose fatte, alle
problematiche in corso sino ai progetti futuri”. Parole di rav David
Sciunnach, presidente del Tribunale rabbinico del Centro Nord Italia
nel corso della prima riunione dalla scomparsa di rav Giuseppe Laras
זצ''ל. Rav Sciunnach, che da Laras ha ereditato la guida del Tribunale
rabbinico, ha ricordato come, nonostante l'enorme lutto sofferto
dall'ebraismo italiano, i lavori del Bet Din non si siano mai fermati,
operando al servizio delle persone, spesso dolenti, e dei bisogni delle
piccole comunità del Centro Nord Italia, come pure del Mezzogiorno. La
riunione si è tenuta alla presenza di sette membri del Tribunale
rabbinico: oltre a Sciunnach, erano presenti rav Elia Richetti, rav
Roberto Della Rocca, rav Adolfo Locci, rav Alberto Sermoneta, rav Mino
Bahbout e rav Yishai Hochman (da Israele). Collegati per via
telematica, rav Giuseppe Momigliano da Genova, rav Pierpaolo Pinchas
Punturello da Gerusalemme, rav Amedeo Spagnoletto da Firenze, rav
Alessandro Meloni da Trieste e rav Ariel Finzi da Napoli. Leggi
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qui roma
Israele 70, i Maestri a confronto
Si
avvicina l'appuntamento con l'anniversario per i 70 anni dalla nascita
dello Stato di Israele, che a Roma sarà celebrato mercoledì prossimo
con una grande festa al Portico d'Ottavia. L'occasione
dell'anniversario, i tanti temi e spunti che solleva, da diverse
prospettive, sono stati al centro in queste ore di un approfondimento
al Collegio Rabbinico Italiano.
L'incontro è stato moderato e introdotto dal coordinatore del Collegio,
rav Gianfranco Di Segni, che ha evidenziato come il numero 70 abbia
diverse allusioni. Settanta sono le nazioni del mondo e i giudici del
Sinedrio e settanta sono gli anni dell'esilio babilonese dopo la
distruzione del Primo Tempio, che hanno poi portato alla ricostituzione
dello Stato ebraico e alla ricostruzione del Santuario di Gerusalemme.
L'incontro è stato aperto dai saluti della Presidente dell'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, che ha ricordato come nella
dichiarazione d'indipendenza firmata nel maggio 1948 non fosse presente
in maniera esplicita un riferimento al Signore Iddio, bensì solo un
vago accenno alla fiducia nella "Rocca di Israele" (tzur Israel), che
ognuno poteva intendere a seconda della propria attitudine. A seguire i
saluti della Presidente della Comunità Ebraica romana Ruth Dureghello,
che ha ribadito l'importanza di celebrare lo Yom haZikkaron per
ricordare tutti i caduti a difesa dello Stato ebraico immediatamente
prima del Yom haAtzmaut. Leggi
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Un’altra Europa |
La
piena e “rotonda” vittoria di Viktor Orbán alle elezioni politiche
ungheresi dell’8 aprile scorso segna un ulteriore passo
nell’identificazione dei tratti costitutivi di un’Europa diversa da
quella che l’Unione continua invece a professare pubblicamente come
unica possibile. Più che lo scontro tra due opzioni distinte
(federalisti contro sovranisti), è semmai l’inarrestabile logoramento
della formula delle Comunità continentali ad essere al centro del
processo politico che da quasi un decennio ha investito i paesi
dell’Est e che ora si preannuncia come esportabile anche in quelli
occidentali. Già l’Austria ne ha data manifestazione in tal senso ma
nulla vieta di pensare che la stessa Germania potrebbe esserne
interessata, prima o poi. Su Orbán si possono nutrire le più accese
perplessità ma non si può negare che abbia raccolto un notevole
consenso tra i suoi connazionali. Domenica scorsa più del 70% degli
aventi diritto (quasi cinque milioni e mezzo su otto milioni di
ungheresi) si sono recati alle urne, consegnando al Fidesz, l’Unione
civica ungherese, il 48,90% dei consensi (134 seggi dei 199 che
compongono il parlamento monocamerale), seguito da Jobbik, Movimento
per un’Ungheria migliore (25 seggi) e poi dal Partito socialista (20
seggi).
Claudio Vercelli
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