Francesco Lucrezi, storico
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La
ricorrenza della Festa della donna, lo scorso 8 marzo, ha dato
occasione, in tutto il Paese, a una molteplice serie di manifestazioni,
svolte in vari contesti sociali e culturali, destinate a "fare il
punto" sullo stato di avanzamento della lunga e faticosa battaglia per
l'emancipazione femminile, con una ricostruzione dei diversi successi,
più o meno significativi, raggiunti nei vari Paesi, e delle molteplici
resistenze che ancora, com'è ben noto, si frappongono a tale
fondamentale battaglia di civiltà.
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Giorgio Berruto
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La
notizia era di quelle che finiscono su giornali e telegiornali di tutto
il mondo e infatti, non senza alcune imprecisioni e semplificazioni, è
stato proprio così. Neanche a dirlo, ha avuto grande risalto sui media
israeliani. Mi ha lasciato perplesso, dunque, non vederla riportata
neanche di sfuggita su questo notiziario che pure, comprensibilmente, è
di solito attento a monitorare quello che accade in Israele. Unica
parziale eccezione l’articolo di David Sorani
pubblicato martedì nella sezione delle opinioni, in cui però il
riferimento a quanto è accaduto è poco più di uno spunto per una
riflessione personale su alcuni dei motivi teorici della contesa.
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Il passo falso di Tajani
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Hanno
suscitato più di una reazione le parole del presidente
dell’Europarlamento Antonio Tajani, che ieri questo ha detto di Benito
Mussolini (l’occasione è stata una intervista con il programma
radiofonico La Zanzara): “Fino a quando non ha dichiarato guerra al
mondo intero seguendo Hitler, fino a quando non s’è fatto promotore
delle leggi razziali, a parte la vicenda drammatica di Matteotti, ha
fatto delle cose positive per realizzare infrastrutture nel nostro
Paese, poi le bonifiche. Da un punto di vista di fatti concreti
realizzati, non si può dire che non abbia realizzato nulla”. Questo,
scrive La Stampa, “è il bignami pasticciato di Tajani, oggi
vicepresidente di Forza Italia, un passato giovanile nel fronte
monarchico, che ieri in tanti hanno rievocato con gusto”.
Preoccupano le nuove iniziative del gruppo terroristico Hezbollah, di
cui Israele ha svelato nelle scorse ore le ultime trame. “Una milizia
locale – spiega La Stampa – armata e addestrata, pronta a ricevere
razzi come quelli piazzati in Libano. È quanto sostiene l’Intelligence
militare israeliana, che ha scoperto il cosiddetto Golan File, una
operazione segreta della milizia sciita libanese”.
Prosegue il viaggio europeo del Corriere in vista del voto di maggio.
La puntata odierna è dedicata alla Polonia e alla vita dei suoi
cittadini ebrei. “Gli ebrei sono tornati a essere polacchi. O i
polacchi a cercare le loro origini ebraiche” si legge
nell’approfondimento, che raccoglie diverse testimonianze. Un viaggio
dal 1968, quando una comunità già devastata dalla Shoah diventò
pressoché invisibile, fino agli anni Novanta, quando la terza
generazione – si legge – “ha rotto il silenzio e l’oblio, e ora alleva
la seguente nella consapevolezza della propria identità”.
“Bosnia, un nuovo negazionismo?”. È la domanda che si pone Avvenire,
parlando dell’iniziativa dei governanti serbi che in febbraio hanno
istituito due commissioni “che sembrano funzionali a svalutare i
crimini ormai certi verso i musulmani di Srebrenica nel 1995”. A capo
di entrambe due storici israeliani.
Incredibile inciampo per la squadra Decoro del Comune di Roma, che a
caccia di slogan antisemiti sui muri cittadini ha per errore cancellato
una storica scritta elettorale del 1948 alla Garbatella. Il Messaggero
riporta la reazione del capo operaio: Pensavamo fosse uno sfottò per la
campagna elettorale, per le europee, una specie di presa in giro: vota
Garibaldi! Sa quante ne cancelliamo di scritte politiche ogni giorno?
Contro Salvini, contro Renzi, contro Di Maio. E chi se l’aspettava
tutto questo chiasso, in fondo sempre un graffito è, pure se del
dopoguerra, mica è un affresco, un’opera d’arte”.
In edicola con il Corriere la biografia che Vincenzo Barone ha dedicato
ad Albert Einstein. “Centoquarant’anni fa nasceva il fisico a cui si
deve la teoria della relatività. Non è accettabile – si legge –
metterlo sotto accusa per l’avvento delle armi nucleari”.
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opinioni a confronto
'Tajani, su fascismo parole gravi'
“Fino
a quando non ha dichiarato guerra al mondo intero seguendo Hitler, fino
a quando non s’è fatto promotore delle leggi razziali, a parte la
vicenda drammatica di Matteotti, ha fatto delle cose positive per
realizzare infrastrutture nel nostro Paese, poi le bonifiche. Da un
punto di vista di fatti concreti realizzati, non si può dire che non
abbia realizzato nulla”.
Fanno discutere le parole del presidente del Parlamento europeo Antonio
Tajani, così intervenuto ai microfoni del programma radiofonico La
Zanzara. Le abbiamo fatte commentare a tre studiosi di quel periodo
storico.
Afferma Gadi Luzzatto Voghera, direttore della Fondazione Cdec di
Milano: “Ho una preoccupazione forte: che il binomio
fascismo/antifascismo possa diventare uno degli argomenti di questa
campagna elettorale, trasformando un tema storico in una rissa
permanente”.
A meravigliare Luzzatto Voghera è il fatto che il presidente
dell’Europarlamento intervenga a programmi come La Zanzara “dove chi
partecipa, lo fa a suo rischio e pericolo”.
Per il direttore del Cdec non è in discussione l’antifascismo di
Tajani. “Ma fa un po’ ridere – afferma – il permanere dell’idea che
sotto il fascismo le costruzioni fossero ben fatte e i treni
arrivassero in orario. Tutto questo, al netto della leggenda, non ha
comunque nulla a che fare con il fascismo in quanto regime, ma come
amministrazione. Dire che Mussolini ha fatto anche cose buone non ha
quindi alcun senso”.
Amareggiata Anna Foa: “Non è la prima volta che si sentono dire certe
cose, ma naturalmente fanno sempre impressione. Non liquiderei quanto
accaduto come un semplice incidente di percorso”.
Per Foa le parole pronunciate non sono state casuali, ma un maldestro
tentativo “per recuperare voti a destra in campagna elettorale”. Grave,
aggiunge, anche per l’incarico che Tajani ricopre, “che non parli di
molte cose accadute prima del 1938: anni di spietata dittatura, la
soppressione del Parlamento, la soppressione delle libertà, la pratica
del confino”. Tajani si definisce antifascista. Ma per la studiosa
questo non è possibile “perché il fascismo mostrò il suo volto già da
molto prima delle leggi razziste”.
Così Marcello Pezzetti, storico della Shoah in queste ore impegnato a
Skopije per una conferenza sulla diplomazia italiana di fronte alla
persecuzione organizzata con il supporto della Fondazione Museo della
Shoah di Roma: “Chi ha un ruolo come quello non può parlare a caso e
deve valutare ogni ripercussione di quel che dice. Non bisogna
sottovalutare questo episodio, non dobbiamo considerarla una scemata”.
Per Pezzetti le parole di Tajani “giustificano oggi la rinascita dei
nazionalismi, perché giustificare Mussolini significa accreditare i
vari piccoli novelli dittatori, da Orban a Kaczynksi, che imperversano
in Europa”. E quando il nazionalismo ha il vento in poppa, osserva lo
studioso, “per le minoranze son sempre problemi".
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qui milano
"Giardino dei Giusti, un esempio
per la difesa dei diritti umani"
“Il
Giardino dei Giusti è un simbolo della Milano più autentica. Una città
antifascista e medaglia d'oro della Resistenza, pragmatica e
tollerante. Siamo sempre stati aperti al mondo credendo nei valori
democratici”, così il sindaco di Milano Giuseppe Sala aprendo la
cerimonia al Monte Stella per l'apposizione di quattro nuove targhe in
onore di altrettanti Giusti: Istvan Bibò, Simone Veil, Wangari Maathai
e Denis Mukwege. Veil, prima donna presidente del parlamento europeo, e
Bibò, intellettuale ungherese, ha ricordato Gabriele Nissim, presidente
dell’associazione Gariwo, sono “figure esemplari dell’impegno in difesa
della dignità umana contro l’intolleranza generata da populismi e dai
nazionalismi che agitano tante nazioni”. “Quest’anno, ha poi aggiunto
Nissim, “abbiamo voluto onorare chi in Africa si è battuto e si batte
per la tutela dell’ambiente, la democrazia e la pace, come Wangari
Maathai e Denis Mukwege”, entrambi premi Nobel per la pace,
rispettivamente nel 2004 e nel 2018.
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lo Yashar di Candia e il grande scienziato
Yosef, l'allievo di Galileo
Il
12 marzo del 1610 Galileo Galilei pubblicò a Venezia nel Sidereus
Nuncius le prime osservazioni celesti effettuate con il cannocchiale
che lui stesso aveva “inventato dopo aver ricevuto l’illuminazione
della grazia divina”, ossia dopo aver saputo che “era stato costruito
da un certo Fiammingo un occhiale, per mezzo del quale gli oggetti
visibili, pur distanti assai dall’occhio di chi guarda, si vedevan
distintamente come fossero vicini”. Grazie a queste notizie arrivate
dall’Olanda, Galileo si era ingegnato per “giungere all’invenzione di
un simile strumento”, basandosi sulla dottrina delle rifrazioni. Nel
giro di pochi mesi il cannocchiale avrebbe consentito a Galileo di
trovare prove, a ritmo quasi travolgente, a favore del sistema
copernicano (eliocentrico), contrapposto a quello
tolemaico-aristotelico (geocentrico). Galileo fece osservazioni
astronomiche della Luna (che si rivelò non essere liscia e perfetta
come si pensava), di Venere, di Marte, della Via Lattea, delle nebulose
e, in particolare, di “quattro pianeti detti Astri Medicei non mai
finora veduti”, ossia i satelliti di Giove.
Gianfranco Di Segni, Collegio rabbinico italiano
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Setirot
- Limiti |
Ma
che cosa ci sta succedendo? C’è un limite? E qual è? Dove si fermerà
l’asticella del consentito? In Eretz sono in piena campagna elettorale,
ok, ok. I toni ovviamente si alzano, ok.
Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Viviane Fine |
In
occasione del mese dedicato alla storia delle donne, il Milken Archive
ha scelto di presentare una serie di biografie di diverse musiciste
ebree, di diverse epoche e diversi luoghi della diaspora.
Tra queste vi è la figura davvero interessante di Viviane Fine (1913 –
2000), ebrea americana che inizia a comporre a soli tredici anni,
seguendo i corsi di armonia di Ruth Crawford. Le sue prime opere sono
influenzate dall’atonalità europea e solo anni dopo Viviane sceglierà
altre vie e armonie più tonali.
Maria Teresa Milano
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Decoro urbano |
Così,
nell'attuale rovesciamento kafkiano di situazioni e di valori, cade
un'altra certezza, quella dei vandali ignoranti che non solo imbrattano
ma spesso lo fanno senza cognizione di causa, come gli ignoranti
razzisti (o i razzisti ignoranti) che diversi anni or sono hanno
deturpato i muri della cittadina di Abu Gosh con slogan anti arabi,
dimenticando tra le altre cose la locale resistenza filo ebraica
durante la guerra di indipendenza di Israele, quando la cittadina araba
fu non solo l'unica formalmente neutrale durante l'assedio di
Gerusalemme, ma fece in realtà persino accedere alla città diversi
convogli ebraici ed aiutò a fare arrivare i rifornimenti - insomma, se
vuoi proprio essere razzista, almeno non prendertela con gli arabi
sbagliati.
Sara Valentina Di Palma
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L’antisemitismo antirazzista |
Ho
atteso di proposito che passasse un po’ di tempo prima di esprimere la
mia opinione sulla manifestazione contro il razzismo del 2 marzo scorso
a Milano. Una manifestazione che mi è sembrata segnata da una profonda
contraddizione: è infatti giusto e doveroso reagire e prendere
posizione contro il razzismo, un razzismo diffuso, che trova molte
forme per manifestarsi, nella vita quotidiana come nelle affermazioni
di alcuni uomini politici. Ma quale razzismo?
Valentino Baldacci
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