Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui     4 Maggio 2020 - 10 Iyar 5780
LA RACCOLTA FONDI 

La crisi e l'Italia ebraica, Israele si mobilita

“La famiglia non lascia mai nessuno indietro”. È con questo slogan che negli scorsi giorni è stata lanciata in Israele un’iniziativa per raccogliere fondi per le famiglie che si trovano in difficoltà economiche a causa dell’emergenza sociosanitaria. La raccolta fondi online è promossa da Ha’ruach Ha’Israelit (Spirit of Israel) in collaborazione con l’Agenzia Ebraica e l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ed è nata su iniziativa spontanea di varie personalità che in passato hanno ricevuto aiuto dal nostro paese e, si legge, "si sono fatte avanti per sostenere l’ebraismo italiano”.

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IL VIDEOPILPUL DI QUESTA SERA 

L'Italia e la fase due, gli spazi da ripensare
Anche nel segno di Yona Friedman

Nell’Italia di domani serviranno coraggio e visione. E soprattutto la capacità di ripensare modelli consolidati per ridefinire il nostro rapporto con l’ambiente, le città, i luoghi di aggregazione. Un grande maestro potrà essere d’aiuto a chi avrà il compito di intervenire sugli spazi urbani e la loro fruibilità.
Da poco scomparso, con le sue “Utopie realizzabili” (titolo del suo volume più celebre) l’architetto Yona Friedman ha indicato una strada audace, una terza via che torna di straordinaria attualità ora che tutto il mondo affronta l’inizio di una nuova delicatissima fase.
La ripercorriamo nel videopilpul di questa sera (in onda alle 22.30 sui canali social UCEI e Pagine Ebraiche) in compagnia del suo più autorevole studioso italiano, Manuel Orazi, che è autore assieme a Friedman del volume The Dilution of Architecture pubblicato nel 2015 da Park Books e responsabile della collana di Architettura della casa editrice Quodlibet.
L’occasione per ricostruire il segno lasciato da questo formidabile teorico che ha sempre guardato all’urbanistica “dal basso”, dal punto di vista dei più deboli e vulnerabili, ma anche per raccontare una vita fatta di scelte importanti. La resistenza antinazista in Ungheria, i dieci anni di vita in Israele segnati anche dall’esperienza del kibbutz. E poi l’insegnamento in numerose università americane, le collaborazioni con Onu e Unesco. E l’intensa attività saggistica che l’ha portato a spaziare in varie materie comprese fisica, sociologia e matematica.

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IL VIDEOPILPUL CON FABIO LOPES NUNES 

"Con l'emergenza città da ricalibrare"

“Trovo giusta la decisione a Milano del Comune di ripartire dipingendo per terra una nuova ripartizione della strada. Sono a favore della compartimentazione, così i pedoni e i ciclisti hanno più spazio rispetto alle automobili. Gli automobilisti non apprezzeranno ma questo è il percorso: in città occorre muoversi a piedi”. Lo spiega a Pagine Ebraiche, ospite dell'ultimo videopilpul, l’architetto Fabio Lopez Nunes che per ventidue anni è stato direttore del Parco delle Groane ed è stato a capo del progetto Ciclabilità del Comune di Milano.

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DIDATTICA A DISTANZA 

Da Filone all'esilio in Singer, il Diploma UCEI in remoto

“La riflessione filosofica ebraica sulla Shoah” e “Romanzi dell’emigrazione ebraica in America”. Sono i temi dei due corsi del Diploma Universitario Triennale in Studi Ebraici UCEI, tenuti rispettivamente da Massimo Giuliani e Roberta Ascarelli, che l’Unione ha recentemente aperto al pubblico. Molto positivi i riscontri di queste settimane di insegnamento in remoto.

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Il mondo di domani 
Ci siamo adattati ormai all’idea che il mondo di dopo non sarà come prima, che dovremo cambiare le nostre percezioni, le nostre abitudini, le nostre priorità. La crisi economica ci porterà a famigliarizzare con una povertà sconosciuta alle generazioni del dopoguerra, almeno in Occidente; i rapporti con i nostri cari, con i nostri amici cambieranno, sono già cambiati. Due mesi sono bastati per travolgere il nostro mondo. Il tempo, un tempo sospeso in cui tutto o quasi si è fermato, è anche stato un tempo che ha segnato cambiamenti velocissimi.
 
Anna Foa
Oltremare - Liberazioni
Altro che Liberazione: il 4 maggio del 2020 sarà molto più ricordato, almeno per qualche anno, di molti dei 25 aprile precedenti (tolto il primo, che tanto son ben pochi ormai a ricordare per averlo vissuto, ma questa è tutta un’altra questione). E mentre gli italiani si preparavano a mettersi finalmente delle scarpe a forma di scarpa, con la suola e tutto, e a uscire a riveder le stelle, pardon il sole, qui in Israele ieri sera il telegiornale parlava già di tutte le nuove (vecchie) libertà che già stanno arrivando per gli israeliani.
Daniela Fubini
Pessimismo della ragione, ottimismo della volontà
L’inizio della fase 2, la tanto agognata riapertura, coincide con un aumento dell’incertezza e della paura. Lasciare le nostre tane, prigione ma anche protezione, è un salto nel vuoto, ed è normale che le nostre reazioni siano incerte e altalenanti.
In attesa di soluzioni da parte della scienza medica, dobbiamo affidarci alla capacità nostra e di chi ci governa di assumere la responsabilità individuale e collettiva del prossimo futuro.
 
Viviana Kasam
Pagine Ebraiche 24, l'Unione Informa e Bokertov sono pubblicazioni edite dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. L'UCEI sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Le testate giornalistiche non sono il luogo idoneo per la definizione della Legge ebraica, ma costituiscono uno strumento di conoscenza di diverse problematiche e di diverse sensibilità. L’Assemblea dei rabbini italiani e i suoi singoli componenti sono gli unici titolati a esprimere risoluzioni normative ufficialmente riconosciute. Gli utenti che fossero interessati a offrire un proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo comunicazione@ucei.it Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: comunicazione@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio "cancella" o "modifica". © UCEI - Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.
Immagini
L'immagine del Presidente Mattarella che sale da solo, nel deserto intorno a lui, i gradini dell'Altare della Patria per celebrare il 25 aprile, ha emozionato me come la maggior parte degli italiani, allo stesso modo in cui tutti eravamo rimasti colpiti e commossi dall'immagine di papa Francesco da solo in preghiera nella piazza San Pietro deserta. Cosa c'è in queste immagini che tocca le nostre corde emotive più profonde? Cosa suscita il rapporto che si viene a creare fra la solitudine delle piazze e dei monumenti deserti, e l'immagine di un potente della terra che da solo svolge il suo compito di pastore e di guida? Ci sentiamo più protetti o più in pericolo? Ci affidiamo, credo, a quell'uomo solo che si pone ai nostri occhi come esempio, come guida, come protettore. La sua solitudine rende più facile la nostra. Grazie, papa Francesco. Grazie, Presidente Mattarella.
Anna Foa
Oltremare - Bowling
Facile dire che passano le settimane e siamo tutti in lockdown, e nessuno sa più dire che giorno è (cosa verissima, a tutte le latitudini e longitudini). Il fatto è però che in Israele noi abbiamo una specie di orologio a parete che suona rumorosamente ogni mese, di norma verso la metà del mese ebraico, e ci porta ogni volta una data da festeggiare o da commemorare. I festeggiamenti prevalgono, per essere onesti. Ma quello che sta facendo questo lockdown israeliano è paragonabile a una pista di bowling, dove il lanciatore non è l'epico Jesus dei fratelli Cohen ma il lockdown personificato, e i birilli sono le nostre sacerrime e plurime feste primaverili. Purim se l'è ancora cavata, il lanciatore lo ha mancato clamorosamente. Tutti sono ancora andati in sinagoga ad ascoltare la storia di Ester, una storia di unificazione del popolo ebraico sotto una leadership femminile, e risultante salvezza; cose dell'altro mondo naturalmente, buone per una fiaba. Molti - ma non tantissimi - sono perfino andati a festeggiare come se tutto fosse normale, e non ci fosse in sala una palla pronta a rotolare senza pietà contro ogni assembramento. Ma già a Purim si capiva che il lanciatore di palle da bowling aveva imparato a prendere bene la mira, e infatti Pesach è stata presa in pieno: uno strike bello e buono e via, tutti i birilli a casa, separati ma uniti dalla consapevolezza temporanea che era meglio così. E siccome siamo un popolo che tende all'ottimismo (altrimenti Israele non esisterebbe proprio) appena passato Pesach è girata voce che il lanciatore se ne stava andando e che non c'era già quasi più pericolo di essere atterrati tutti di nuovo.
Errore. Il lockdown ha colpito ancora, e questa volta ha fatto un doppio strike: tutti a casa sia per Yom HaZikaron, questa sera e domani, che per Yom Hatzmaut, domani sera e mercoledì. Certo, è stato facilitato dal fatto che la commemorazione e la celebrazione sono per motivi inspiegabili così appiccicate l'una all'altra, e quindi se cade una via anche l'altra. Ma di fatto, domani nessun israeliano potrà andare a portare un sassolino o un fiore alle tombe dei caduti, e l'indomani nessuno potrà inondare i parchi e le spiagge trasformando tutta Israele in un enorme grigliata nazionale, come succede normalmente. La prossima data disponibile per il bowling è Lag BaOmer, quando già da oggi i più cauti anticipano che sarà improbabile poter fare gli enormi falò tradizionali, e questa potrebbe essere in effetti una minuscola buona notizia. L'ultima cosa di cui abbiamo bisogno, bowling a parte, è la solita lista di preziosissimi boschi irrimediabilmente bruciati dalla dalla poca sicurezza con cui vengono fatti i falò. Lag BaOmer cada pure. Basta che poi la palla si fermi lì.
Daniela Fubini
Controvento - Donne e petizioni 
Parlavo nei giorni scorsi con un paio di amiche che stimo, sulla necessità che la ripartenza tenga conto delle donne. Non per una questione di quote. Ma perché è necessario un drastico cambiamento di prospettiva se vogliamo salvare il pianeta e quindi l’umanità. È infatti necessario passare dall’ottica della conquista e del saccheggio, che ha dominato i due millenni appena finiti, a un’ottica di conservazione e valorizzazione delle risorse: la sfida del terzo Millennio. Ed è proprio questa l’ottica femminile, per ragioni biologiche, storiche e socioculturali: siamo noi che diamo la vita e che la proteggiamo, che tradizionalmente amministriamo la famiglia facendo bastare e le risorse disponibili, riutilizzando gli scarti, risparmiando per mandare i figli a scuola, che curiamo la pulizia e la bellezza dei nostri ambienti domestici e siamo capaci di sacrifici per migliorare il futuro. Siamo noi che sappiamo pensare a organizzazioni diffuse e non verticistiche, che sappiamo costruire solidarietà e alleanze tra singoli e tra popoli, che ci spendiamo per costruire il bene comune e investiamo in salute, non in armi. Questo know how - che non è in contrasto con le capacità di pensiero e di achievement che ha portato tante donne alle vette della politica, dell’industria, della scienza, della cultura, dell’arte - è ciò che serve ora per immaginare il mondo dopo Covid.  In queste settimane abbiamo visto i mari ripopolarsi, i cieli tornare limpidi, le città senza spazzatura. Quello che sembrava un disastro ecologico senza scampo è parso arrestarsi di colpo, e ne abbiamo goduto. Ora si deve capire come coniugare la ripresa allo sviluppo sostenibile, mettendo a frutto l’esperienza del lock-down che ci ha insegnato a consumare meno, a lavorare a distanza, a riscoprire tempi più lenti e rispetto degli altri. Non basta riaprire: è necessario avere ben chiaro in mente un modello per far ripartire l’economia e il turismo senza ripetere gli errori del passato.
E invece… La task force per la Fase 2, il comitato di esperti in materia economica e sociale che affianca Vittorio Colao, è composta da 19 membri, di cui solo quattro donne, peraltro molto qualificate e tutte esperte di sviluppo sostenibile. Ma che peso possono avere, di fronte a 15 uomini provenienti dall’establishment, quello cioè che ha creato il mondo che conosciamo? Ma ben più grave è la situazione del Comitato Tecnico Scientifico di supporto alla Protezione Civile recentemente costituito per gestire l'emergenza Covid-19 e composto di 21 esperti tutti uomini, come se in Italia non ci fossero donne sufficientemente preparate per poter dare il loro contributo alla gestione dell'emergenza. Per questo da Valeria Poli, professore ordinario di Biologia Molecolare all’Università di Torino e presidente della Società Italiana di Biofisica e Biologia Molecolare, insieme a Paolo Pinton, professore ordinario di Patologia Generale all’Università di Ferrara e presidente dell’Associazione di Biologia Cellulare e del Differenziamento, hanno creato una petizione da far pervenire a tutti i parlamentari, ai ministri, al Presidente del Consiglio, al capo protezione civile, e ai presidenti delle istituzioni che hanno espresso questi esperti. La petizione può essere letta e firmata qui. Non amo le petizioni, dubito della loro efficacia e ritengo che spesso esprimano le aspirazioni di una parte ristretta della società. Ma questa mi sembra doverosa e necessaria, e invito le mie lettrici e i miei lettori a firmarla. Sì, anche i lettori: perché tener conto dell’ottica femminile è nell’interesse di tutti. Soprattutto in questo momento.
Viviana Kasam
La fase 2, le minoranze e il lutto 
Dunque la “fase 2” consentirà la partecipazione di congiunti, sino a 15 persone, ai funerali. Bacchettate dalla CEI a Conte, per lo stallo sulle messe, con conseguente corsa a mettersi al riparo di ministri e politici vari e anche dello stesso premier per rassicurare che, a breve, ci sarà un protocollo per riaprire i luoghi di culto, con le cautele peraltro già immaginabili. Ne usufruiranno anche le altre fedi, in virtù del meccanismo di ricaduta, ma la laicità a scartamento ridotto di questo paese emerge anche in questo aspetto: non vi è infatti nota di un tavolo di lavoro con le rappresentanze di tutte le fedi ma ci si confronta, subendone il peso politico, con il solo soggetto “maggioritario”. Limite della politica, non certo della CEI che ben esercita il proprio ruolo. Ciò che però colpisce la mia attenzione è che si dia tanta considerazione ai funerali, insieme alla ripresa di liturgie partecipate, e si sorvoli, tranne sparuti appelli e qualche articolo sparso, sul fatto che di Covid-19 si continui a morire soli, aspetto che in altri paesi è stato, nel limite del possibile, affrontato o almeno discusso seriamente. Lo trovo ulteriormente triste, conscio di essere assai in minoranza.
Gadi Polacco
 
L’Unione più vicina
In questo tempo sospeso, straniante e distanziante si ha più tempo da dedicare agli amici via telefono o attraverso diverse piattaforme. Nelle varie applicazioni sono nati gruppi - taluni un po’ perditempo - che trasmettono e amplificano informazioni varie e iniziative. Quelle dell’UCEI per me sono state una bellissima rivelazione perché ho avuto la percezione della volontà dell’UCEI di avvicinarsi al suo “popolo”. Per deformazione professionale (faccio l’archivista) ho l’abitudine di leggere sempre il profilo istituzionale degli enti in cui entro in contatto, perché colgo l’essenza della sua missione e cerco di capire che cosa posso aspettarmi. Che cosa fosse l’Unione ovviamente lo sapevo benissimo, ma ho verificato che lo sapevo senza conoscerla in realtà. La mia era una conoscenza superficiale perché mai frequentata. Una UCEI lontana, distante, istituzionale. Un Ente altro, di altri, di eletti, di rappresentanti di altre 21 istituzioni. Se il primo impatto con la Home page dell’Unione è algido, istituzionale, rivolto più all’esterno che all’interno, il periodo Covid mi ha permesso di scoprire un volto più pratico e “amico” dell’UCEI. Una Unione che unisce anche noi ebrei sparpagliati in Italia. Vivendo poi in una città che purtroppo di ebraico non ha nulla, se non la storia della tragedia legata all’uccisione di tutti gli ebrei 500 anni fa con l’accusa di omicidio rituale per la morte del piccolo Simone, è dolce il sapore di un ente sovraordinato alle Comunità territoriali che ci coinvolge, che racconta e ci racconta, che ci permette di ripassare la storia (magari anche apprendendo qualche particolare sfuggito); un Ente che entra a casa nostra e ci intrattiene religiosamente o laicamente per un’oretta, il tempo giusto che permette ai più di mantenere la concentrazione senza bisogno di pause gastronomiche, telefoniche o fisiologiche (e mi riferisco solo agli sbadigli naturalmente!). Una UCEI che si auto-invita nelle nostre case per tenerci compagnia in questi lunghi giorni, caratterizzati dalla sete di rapporti sociali, seppur virtuali; una UCEI che ci permette di ascoltare interventi profondi e interessanti mentre siamo in pigiama o mentre stiriamo, lavoriamo a maglia, facciamo un solitario o guardiamo il video senza sbattere le palpebre per assorbire meglio le immagini. E ci permette anche di curiosare, cosa che a me piace moltissimo, lo sfondo di chi sta parlando, la luce della stanza, la persiana chiusa, la libreria con libri d’arte o di storia (mai romanzetti, avete notato?), libri in verticale o in orizzontale perché ce ne stanno di più, l’oggettistica, l’argenteria, la camera da letto con angolo pc, lo studio caotico pieno di fascicoli e scartoffie ancora in attesa di trovare pace (e scusate, la mia deformazione professionale è sempre in agguato), quadri antichi e contemporanei, qualche citofono, poche piante verdi, nessun vaso di fiori. Inquadrature dal basso verso l’alto (generalmente sono i telefonini) o inquadrature più professionali di pc dotati di telecamera; persone che parlano guardando se stesse ed immaginando noi a casa; video che hanno più il suono di trasmissioni radiofoniche che televisive. Una UCEI che si avvicina ai pigri della lettura attraverso i video e che potrebbe impegnare diverse ore per leggere tutti gli articoli della stampa ebraica, nazionale e internazionale. Una UCEI quale vero e proprio servizio pubblico per chi vi si dedica. L’ideale sarebbe una Unione più slegata da Facebook, ma grazie UCEI, continua così a lungo, anche quando questo orrendo virus sarà sconfitto: ci trovi sempre per un’oretta la domenica mattina o la sera dopo cena!
Anna Guastalla
 
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