PAGINE EBRAICHE - L'INTERVISTA
Due cugini e il senso della Memoria

“Perché lo facciamo? Per rispettare la necessità della Storia, che non ha bisogno soltanto di accadimenti straordinari ma vive della vita segreta delle persone, del riflesso che i grandi fatti hanno su quanti ne sono stati vittime ed eroi insieme”.
Stefano Piperno e Claudio Bondì, nati entrambi nel 1944, sono due cugini e il simbolo di uno spaccato molto peculiare della Roma ebraica. In Perché ci siamo salvati, appena pubblicato dalla casa editrice Marsilio, hanno scelto di rapportarsi con le vicende delle loro famiglie nell’arco di tempo che va dalla prima stretta antisemita del fascismo alla Liberazione.
Lo hanno fatto attraverso una fitta corrispondenza in cui emerge un mondo borghese fatto di tradizioni e sfumature oggi in parte perdute. Ciascuno con il suo punto di vista, ciascuno con il suo modo di leggere i fatti del passato e farli rivivere nel presente.
Un libro stimolante impreziosito dalla postfazione firmata da uno dei figli di Stefano, il noto letterato Alessandro Piperno. In compagnia sua e dei due autori, e con la collaborazione dello storico sociale delle idee David Bidussa, abbiamo affrontato il testo e i suoi molti spunti.

Stefano, la prima domanda è per lei. Come mai è saltata fuori questa idea in famiglia? Perché scrivere un libro e perché scrivere un libro così particolare?
L’idea non è nata recentemente. Io e Claudio abbiamo avuto vite diverse nonostante un’infanzia in comune, molto vicina, anche sui banchi di scuola. A prepararci al Bar Mitzvah, la maggiorità religiosa ebraica, è stato lo stesso maestro. Le nostre sono state famiglie unite.
Tutto è nato dal diario del padre di Claudio, lo zio Maurizio, che giaceva in un angolo da vario tempo. Lo conoscevamo solo parzialmente. A un certo punto ci siam detti: leggiamolo per bene e vediamo cosa esce fuori.
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LA RICHIESTA DEL MINISTERO DELLA SALUTE E LE PREOCCUPAZIONI DEL GOVERNO
Israele e l'aumento dei contagi da Covid-19
"Gli ospedali si preparino con urgenza"

Gli ospedali israeliani si preparino con urgenza a riaprire i reparti per i pazienti contagiati dal coronavirus. È il messaggio inviato nelle scorse ore dal ministero della Salute d'Israele ai direttori degli ospedali del paese. Sale infatti la preoccupazione alla luce del progressivo aumento dei contagi da Covid-19 e il paese prende le sue precauzioni. Parlando nella riunione settimanale del governo, il Primo ministro Benjamin Netanyahu ha definito scure le previsioni legate ai dati dei contagi e fatto un appello alla cittadinanza a cambiare le proprie abitudini per evitare ulteriori lockdown. “Se non cambiamo immediatamente il nostro comportamento riguardo alle mascherine e al rispetto del distanziamento sociale, dovremo tornare alla chiusura”, ha detto Netanyahu, parlando nuovamente della necessità di “appiattire la curva”.
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LA SCOMPARSA DELL'ACCADEMICO ISRAELIANO
Zeev Sternhell (1935-2020)

Sopravvissuto alla Shoah, un'autorità in merito allo studio del fascismo, voce di primo piano della sinistra israeliano e attivista per la pace. Così i media israeliani e internazionali ricordano in queste ore Zeev Sternhell, noto accademico israeliano, scomparso all'età di 85 anni. A lungo editorialista di Haaretz, Sternhell vinse nel 2008 il prestigioso Premio Israele per le sue ricerche nell'ambito delle scienze politiche.
Nato nel 1935 a Przemysl, in Polonia, era erede di una famiglia ebraica benestante. Durante la seconda guerra mondiale sua madre e sua sorella furono assassinate dai nazisti (suo padre era morto in precedenza). Lui si salvò dopo essersi nascosto con lo zio e la zia a Leopoli. Dopo la guerra si trasferì in Francia e prima del diploma, nel 1951, decise di emigrare in Israele da solo, spinto da convinzioni sioniste. “La guerra d'indipendenza accese la mia immaginazione - raccontò Sternhell - la scelta di fare l'aliyah fu personale. Derivava sia dalla storia sionista della mia famiglia sia dalla mia volontà di partecipare alla costruzione dello Stato ebraico”.
(Nell'immagine, la foto pubblicata dalla figlia di Zeev Sternhell, Yael, come ultimo saluto e con la dedica: "Mio padre, amorevole e amato")
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NEL VIDEOPILPUL IN ONDA STASERA, L'INDAGINE SWG
Il Paese e il piano per la ripresa,
cosa pensano gli italiani

Cosa pensano gli italiani del piano per la ripresa del Paese? Quali sono le iniziative più condivise? E quali invece meno?
Ne parliamo con Riccardo Grassi, direttore di ricerca dell’istituto Swg, che assieme alla redazione presenta l’ultima indagine sugli italiani e la percezione della crisi.
La conversazione sarà trasmessa questa sera alle 22.30 sui canali social Pagine Ebraiche e UCEI e, in versione audio, nella sezione Pagine Ebraiche da ascoltare del portale www.moked.it.
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QUI FIRENZE
Purim Shenì, la tradizione recuperata
Non abbiamo dati certi ma potrebbero essere trascorsi più di due secoli da quando si era festeggiato a Firenze per l’ultima volta il Purim Shenì, un Secondo Purim: si tratta di giorni di festa (talvolta preceduti da un digiuno) in cui si ricorda un evento storico in cui i contemporanei percepirono un incombente e serio pericolo per la loro incolumità e ritennero che un intervento divino li salvò.
Una ricorrenza stabilità per celebrare la salvezza avvenuta nel giugno del 1790 quando un gruppo di contadini della campagna, che contestavano il governo di Pietro Leopoldo, riversò il proprio malcontento contro alcuni ebrei benestanti fiorentini aggredendoli e derubandoli. L’intervento dei verdurai locali e soprattutto delle autorità civili e religiose riportò la calma dopo giornate vissute con viva preoccupazione dalla comunità e dai suoi rappresentanti. Di questa salvezza, il rabbino Daniel Terni giunto a Firenze nei mesi seguenti, reputò opportuno tramandare la memoria istituendo un rituale che includeva un digiuno alla vigilia e poi inni e testi in lode a Dio da recitare ogni anno con letizia.
Emanuele Viterbo
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QUI MILANO - LA VISITA DEL PREFETTO
"Nel Giardino dei Giusti, un messaggio di rispetto"
“Di fronte ai Giusti, all’Albero delle Virtù ci si può sentire un po’ inadeguati, perché siamo tutti esseri umani e tutti possiamo aspirare a essere Giusti, ma facciamo i conti con la nostra limitatezza”. Così il prefetto di Milano Renato Saccone visitando per la prima volta il Giardino dei Giusti di Milano, nato nel 2003 e frutto della collaborazione tra Gariwo, Comune di Milano e Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Accompagnato dal presidente di Gariwo Gabriele Nissim, il prefetto ha spiegato di guardare al Giardino dei Giusti non solo come un luogo: “c'è lo spazio, c’è il tempo, c’è la natura e la cura della natura ma anche tanta spiritualità”. Durante la visita a cui ha preso parte il vicepresidente UCEI Giorgio Mortara, il prefetto ha ricordato le difficili settimane della pandemia e sottolineato come l'emergenza abbia travolto in particolare il personale sanitario.
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Rassegna stampa
Trump riparte tra virus e proteste
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Tutto, subito, senza fatica

Alla prima difficoltà gli ebrei in giro per il deserto si lamentano. Vogliono tornare in Egitto, oppure fanno una rivolta fintamente egualitaria convinti che ognuno decide per sé. Lo abbiamo letto ieri, torneremo parlarne sabato prossimo a proposito di Còrach.
Il fascino del "tutto, subito, senza fatica" è un evergreen.
David Bidussa
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Il "cilindro"
 C’è da chiedersi quanto tempo ancora durerà la polemica sulla statua milanese dedicata ad Indro Montanelli. Come molte delle cose del nostro tempo, poiché viaggia per non poca parte sui social network, dopo una grande fiammata iniziale, in plausibilità si attenuerà per poi essere archiviata. Insieme ad altre vicende divisive che si sono susseguite nel corso del tempo. Ovvero, ad altre ancora che, prevedibilmente, seguiranno. (Per un momento - abbiate la cortesia di merito - sospendiamo la polemica sulla persona che è stata, anche, un personaggio pubblico).
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