Purim Shenì, la tradizione recuperata
Firenze ricorda i fatti del 1790
Non abbiamo dati certi ma potrebbero essere trascorsi più di due secoli da quando si era festeggiato a Firenze per l’ultima volta il Purim Shenì, un Secondo Purim: si tratta di giorni di festa (talvolta preceduti da un digiuno) in cui si ricorda un evento storico in cui i contemporanei percepirono un incombente e serio pericolo per la loro incolumità e ritennero che un intervento divino li salvò.
Una ricorrenza stabilità per celebrare la salvezza avvenuta nel giugno del 1790 quando un gruppo di contadini della campagna, che contestavano il governo di Pietro Leopoldo, riversò il proprio malcontento contro alcuni ebrei benestanti fiorentini aggredendoli e derubandoli. L’intervento dei verdurai locali e soprattutto delle autorità civili e religiose riportò la calma dopo giornate vissute con viva preoccupazione dalla comunità e dai suoi rappresentanti. Di questa salvezza, il rabbino Daniel Terni giunto a Firenze nei mesi seguenti, reputò opportuno tramandare la memoria istituendo un rituale che includeva un digiuno alla vigilia e poi inni e testi in lode a Dio da recitare ogni anno con letizia.
La Comunità ebraica di Firenze, grazie all’idea del proprio rabbino capo sensibile e attento a conservare le tradizioni, ha colto l’occasione di questo anniversario per incontrarsi in giardino in sicurezza ascoltando gli interventi di Lionella Viterbo, rav Amedeo Spagnoletto, da poco nominato direttore del Meis, e del rav Gadi Piperno, che hanno illustrato aspetti storici, religiosi e folcloristici di una antica tradizione. È seguita una cena tutti insieme ma nel rispetto delle distanze, in un clima sereno e di speranza in un pieno recupero delle attività.
Emanuele Viterbo
(21 giugno 2020)