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LA SCOMPARSA DEL GRANDE STUDIOSO E LEADER EBRAICO 

Amos Luzzatto (1928-2020)

“Il mio nome esatto è Amos Michelangelo Luzzatto, figlio di Leone Michele e di Emilia Lina Lattes. La mia famiglia è molto composita. I Luzzatto sono originariamente ebrei veneti, giunti, pare, dalla Lusazia, rintracciabili alla fine del XV secolo fra Venezia, il Friuli e il Veneto orientale. La lapide della tomba sul punto più elevato del cimitero ebraico di Conegliano Veneto appartiene a un Luzzatto e ne presenta lo stemma: un gallo che tiene tre spighe in una zampa, sormontato da una mezzaluna e da tre stelle a cinque punte”.
In Conta e racconta: memorie di un ebreo di sinistra, pubblicato nel 2008 da Mursia, Amos Luzzatto fa il bilancio di una vita appassionante e piena di sfide. Una vita nel segno delle radici, delle molte straordinarie storie e dei molti straordinari antenati di cui conserva la memoria. Dal nonno materno, il rabbino e intellettuale Dante Lattes, al poeta, esegeta ed ebraista Samuel David Luzzatto, suo trisavolo, che fu conosciuto anche come Shadal. Tra i suoi cugini il grande intellettuale triestino Giorgio Voghera.
Il racconto privato e l’impegno civile di un protagonista a tutto campo della società italiana. Amos Luzzatto, sia il suo ricordo di benedizione, ci ha lasciato in queste ore: aveva 92 anni. La Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni ha immediatamente preso contatto con la Comunità di Venezia e i suoi familiari, esprimendo vicinanza e partecipazione al lutto. 
L’occasione di quel libro memorabile era il traguardo degli 80 anni, che compiva proprio in quei giorni. Fresco il ricordo dell’esperienza alla guida dell’Unione, di cui era stato presidente per due mandati consecutivi. Una stagione di intenso lavoro a difesa del pluralismo e delle libertà di tutti. Un impegno per il quale non si è mai risparmiato. “Rappresentare politicamente gli ebrei italiani – racconterà a Pagine Ebraiche in una intervista del 2015 che vi riproponiamo di seguito – ha significato per me difendere e valorizzare l’Intesa con lo Stato. Ma anche dare significato al nostro essere minoranza, una realtà che assieme ad altre minoranze possa offrire concretezza in Italia al pluralismo democratico non sempre adeguatamente sostenuto”. E poi, aggiungeva l’ex presidente UCEI, “fare ogni sforzo per poter esprimere in maniera unitaria il vissuto e le opinioni così diverse fra loro del pubblico ebraico”. E ancora “coltivare la realtà ebraica europea, mantenere uno stretto rapporto con la realtà di Israele, religiosa e laica, senza atteggiarsi a rappresentanti della politica israeliana, funzione che in un mondo democratico ed evoluto spetta ai cittadini israeliani e agli organi che si sono dati”.
Medico e scrittore, Luzzatto era nato nel 1928 a Roma e nel ’39 era emigrato con madre e nonni nell’allora Palestina mandataria, il futuro Stato di Israele. Sarebbe tornato in Italia sono nel 1946. Ha guidato l’Unione dal 1998 al 2006 e, tra i vari impegni in campo ebraico, è stato anche presidente della Comunità di Venezia e direttore della Rassegna Mensile d’Israel. Tra i libri di cui è autore, oltre all’autobiografia uscita con Mursia, ci sono “Ebrei moderni” (Bollati-Boringheri, 1989); “Sinistra e questione ebraica” (Editori Riuniti, 1989); “Oltre il Ghetto” (con David Bidussa e Gadi Luzzatto Voghera) (Morcelliana, 1992); “Annali Einaudi – Storia degli ebrei d’Italia, vol. II” (Einaudi, 1997); “Leggere il Midrash” (Morcelliana, 1999); “Una vita tra ebraismo, scienza e politica” (Morcelliana, 2003); “Il posto degli ebrei” (Einaudi, 2003); “La leggenda di Concobello” (Mursia, 2006); “Hermann” (Marsilio, 2010).

(Il disegno è di Giorgio Albertini)

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L'INTERVISTA CON PAGINE EBRAICHE 

"Non rinunciamo alla speranza"

Varcato il ponte degli Scalzi, dall’altra sponda del Canal Grande bastano ancora solo pochi passi. Dopo tanti anni in prima linea, alla guida di molte istituzioni ebraiche e della stessa Unione, Amos Luzzatto lascia sempre meno volentieri la sua appartata abitazione veneziana. Lui che ha a lungo influenzato l’immagine dell’ebraismo italiano oggi resta lontano dalla scena pubblica e preferisce dedicarsi alle tante riflessioni che hanno segnato il suo itinerario. Ma nel ritorno ai grandi temi che gli sono cari, nell’analisi e nello studio che offrono ancora risultati fecondi, come questa sua ultima guida al pensiero di un grande ebreo italiano come Dante Lattes, di cui riportiamo uno stralcio nelle pagine che seguono, al di là del gusto per lo studio che ha accompagnato la sua vita, traspare ancora il desiderio di interpretare la società attuale, i problemi vivi che attraversa l’Italia ebraica di oggi.
“Oggi – accoglie così il visitatore – sono solo un privato cittadino che studia ancora, scrive ancora ed è pronto ad esprimersi con quei pochi amici che pensano valga ancora la pena di ascoltarlo”.

È necessario mettere avanti tanta prudenza, ancora sulla soglia di casa?
Sono tempi difficili, meglio guardare la realtà in faccia e non farsi troppe illusioni. 

L’ottimismo è un sentimento che oggi ha ancora diritto di cittadinanza?
Si corre il rischio di fare molti passi indietro. Ma non dobbiamo cedere, dobbiamo superare il sospetto reciproco, e non lasciare spazio all’inimicizia, nemmeno nelle piccole cose.

Per esempio?
Nella prima stagione di Israele e nella prima generazione del sionismo la conoscenza del mondo circostante era considerata un fattore strategico fondamentale. Se penso ai miei anni a scuola, si studiava l’arabo. Oggi non più. Un grande presidente dello Stato di Israele come Itzhak Navon è stato un maestro straordinario di cultura araba. Tornare nella Gerusalemme liberata dopo la guerra dei Sei giorni e poter leggere i nomi delle strade in arabo, è stato un sentimento che ci ha donato una forza incredibile. Oggi cresce la tentazione della contrapposizione, della prova di forza. E Israele e la Diaspora rischiano di depauperare il loro vero potenziale di forza, che è fatto di cultura e di capacità politica di mediazione.

A proposito di mediazioni, gli anni della presidenza UCEI videro anche un ruolo attivo nella discussa visita a Gerusalemme dell’allora vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini. Un momento storico nel recupero delle relazioni con un esponente di spicco del mondo politico del postfascismo.
Ho incontrato Fini più volte per comprendere la sua istanza di visitare assieme Gerusalemme e lo Yad Vashem. Nel corso dei nostri colloqui fece un tentativo di lettura delle leggi razziste del 1938 come una concessione a Hitler. Lo contestai subito, perché lo sciovinismo esasperato del regime fascista conteneva in sé tutte le premesse per sviluppare il razzismo. Ma gli ricordai anche come molti esponenti ebraici italiani furono fascisti e traditi dal fascismo, tanto da far ipotizzare nel 1935 una sfortunata operazione diplomatica da parte dell’Unione delle comunità israelitiche di allora nei confronti dell’Organizzazione sionistica mondiale perché Londra rinunciasse alle sanzioni contro l’Italia. La delegazione era composta dal letterato ed educatore Dante Lattes e dal poeta Angiolo Orvieto. Nessun politico e nessun diplomatico. Il loro insuccesso contribuì a convincere Mussolini che conveniva cinicamente cambiare cavallo.

Una lezione importante anche per i leader ebraici italiani dei giorni nostri?
La mia presidenza dell’UCEI è un capitolo che potrà forse capire qualcuno di quelli che mi sono stati molto vicini. Rappresentare politicamente gli ebrei italiani ha significato per me difendere e valorizzare l’Intesa con lo Stato italiano. Ma anche dare significato al nostro essere minoranza, una realtà che assieme ad altre minoranze possa offrire concretezza in Italia al pluralismo democratico non sempre adeguatamente sostenuto. Poi fare ogni sforzo per poter esprimere in maniera unitaria il vissuto e le opinioni così diverse fra loro del pubblico ebraico. E ancora coltivare la realtà ebraica europea. Mantenere uno stretto rapporto con la realtà di Israele, religiosa e laica, senza atteggiarsi a rappresentanti della politica israeliana, funzione che in un mondo democratico ed evoluto spetta ai cittadini israeliani e agli organi che si sono dati.

Un decennio è trascorso da allora. Quale valutazione è possibile dare?
Se ho agito con successo non posso dirlo. Questo giudizio spetta agli altri.

Amos Luzzatto non è solo uno studioso, un leader ebraico a riposo, ma anche un osservatore attento della drammatica attualità di questi mesi e un grande conoscitore della realtà di Israele. Che impressione lascia questa difficile stagione?
La questione di fondo in tanti anni non è cambiata. Ricordo quando avevo dieci anni e vivevo nell’antico quartiere di Tel Aviv chiamato Sharona, non lontano dall’attuale grande teatro Habima. Al di là dell’aranceto c’era la difficilissima convivenza con gli arabi. C’erano i Templari tedeschi che avevano immaginato, mentre in Germania prevaleva il nazismo, una loro salita in Israele per affermare fanatici ideali estranei all’ebraismo. C’era la consegna rigorosa di chiudere molto bene a sera le finestre perché durante la notte ci si sparava. Che cosa è cambiato da allora? Il dilemma per noi ebrei credo sia sempre lo stesso. Vogliamo riaffermare le nostre sacrosante ragioni, o vogliamo un accomodamento di pace? Dobbiamo andare d’accordo con i nostri diritti e con la nostra storia, o dobbiamo andare d’accordo con il mondo? Israele è un’isola di democrazia circondata dall’oceano islamico. Deve cercare il compromesso o deve andare fino in fondo e che vinca il migliore? La risposta non ce l’ho. E forse non ce l’ha nessuno. Ma nel frattempo qualcosa possiamo fare.

Cosa?
Per esempio arrivare a un chiarimento vero con il mondo cristiano. Fare del cosiddetto dialogo qualcosa di reale e di sentito dalla collettività. E anche questo, seppur possibile, non è facilmente praticabile. Negli incontri del dialogo si fanno affermazioni significative. Ma quanta parte dell’universo cattolico può essere rappresentata realmente dagli incontri di Camaldoli? Anche qui la risposta non è semplice. Ma il dialogo fra le genti e fra le religioni, in particolare con i cristiani, se seriamente praticato, può rappresentare un granello di ottimismo.

Guido Vitale, Pagine Ebraiche, aprile 2015

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LO STRAORDINARIO LIBRO-TESTIMONIANZA USCITO PER GLI 80 ANNI 

"Io, un ebreo di sinistra: ecco la mia storia"

Il mio nome esatto è Amos Michelangelo Luzzatto, figlio di Leone Michele e di Emilia Lina Lattes. La mia famiglia è molto composita. I Luzzatto sono originariamente ebrei veneti, giunti, pare, dalla Lusazia, rintracciabili alla fine del XV secolo fra Venezia, il Friuli e il Veneto orientale. La lapide della tomba sul punto più elevato del cimitero ebraico di Conegliano Veneto appartiene a un Luzzatto e ne presenta lo stemma: un gallo che tiene tre spighe in una zampa, sormontato da una mezzaluna e da tre stelle a cinque punte. Il tutto dovrebbe essere verde su campo bianco. Mi si dice che siano le armi di un Comune tedesco, che forse si chiamava Freihahn. Però, io non ho trovato né il Comune né lo stemma nell’araldica tedesca. A dire il vero, ho cercato molto poco.
Il nostro cognome si scrive Luzzatto o Luzzato, destino comune di analoghi cognomi veneti, ad esempio Boatto o Boato (ma una mia amica, migrata in Piemonte, è diventata Boat e molti la credono per questo di origini inglesi… e marinare). In alcuni testi in lingua tedesca è scritto «Luzatto». In una targa stradale in Israele si legge «Lutzato». I lettori facciano come preferiscono, a me basta che non mi creino complicazioni con i miei documenti di identità.
L’origine del cognome, come ho già detto, sarebbe da ricercare nella regione del Sud-Est della Germania, detta in tedesco «Lausitz», in sorabo (la lingua della popolazione slava originaria, ora diventata minoranza) «Lužica», in latino «Lusatia». Qualcuno, forse uno storico, mi aveva escluso tale ipotesi, sostenendo che non risultavano insediamenti ebraici in quella zona. Quando vi sono andato in gita (o in pellegrinaggio?) con alcuni amici di Berlino, abbiamo parcheggiato, per puro caso, a Lüben (o Lübbenau), la cittadina principale di questa regione agricola, proprio accanto alla targa della strada, che si chiamava «Judengasse». Avevo trovato il «documento»!

Amos Luzzatto – Conta e racconta: memorie di un ebreo di sinistra

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LA CURATELA DEL VOLUME DEDICATO AL GRANDE RABBINO E PENSATORE

Dante Lattes, uno sguardo privato

Nel 2015 il secondo volume della collana Modernità ed ebraismo pubblicata da Bonanno editore e dall’associazione di cultura ebraica Hans Jonas proponeva un’antologia degli scritti del grande pensatore e rabbino italiano Dante Lattes, curata e introdotta da Amos Luzzatto.
Qui di seguito uno stralcio dall’introduzione. 

Scrivere di Dante Lattes è per me come fare un pezzetto della mia stessa autobiografia. Ero infatti il suo unico nipote, cresciuto e allevato in casa sua dopo la crudele infermità mentale che mi aveva sottratto il padre all’età di due anni.
E tuttavia si tratta persino per me di un’impresa non facile, perché egli era una persona che parlava molto poco di se stessa, che pareva attribuire pochissima importanza alle proprie esperienze personali; in molti casi poteva fornire ricordi più significativi di esperienze che lo avevano visto osservatore o spettatore di quelle che lo avevano visto come protagonista.
Ci teneva a ricordarsi di discendere da una famiglia ebraica di lontana origine provenzale, della quale menzionava l’antenato Bonnet de Latés. Fra gli antenati in Italia ricordava anche un medico presso la corte papale; sapeva che i suoi antenati erano poi stati espulsi dallo Stato della Chiesa ma non si era curato di sapere quando e perché. Sapeva che si erano rifugiati subito oltre i confini, nella cittadina di Pitigliano, rocca degli Orsini, appartenente al Granducato di Toscana. Della sua infanzia a Pitigliano narrava soltanto di essere stato colpito alla fronte da un sasso gettatogli da un ragazzo dal ponte di accesso alla cittadina; e ne mostrava quasi soddisfatto la piccola cicatrice residua.
Ricordava sempre quando, ancora ragazzo, i suoi si trasferirono a Livorno, facendo un viaggio in treno che a quei tempi era lunghissimo e comportava persino uno o più cambi.
Il padre, sarto, era molto povero ma chi lo conobbe lo descriveva come un uomo gioviale, cameratesco, e, all’occasione,buon bevitore, socievole e scherzoso, al riparo di un pizzetto biondo che era il suo biglietto da visita.
A Livorno Dante Lattes aveva fatto i suoi studi, frequentando le Scuole ebraiche e il Collegio rabbinico sotto la guida del filosofo e cabbalista Elia Benamozegh, rampollo di una nota famiglia ebraico-marocchina.

Amos Luzzatto - Cultura ed etica ebraica. Scritti scelti di Dante Lattes

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IL SEGNO LASCIATO DAI SUOI MOLTI SCRITTI 

Le tante pagine di un ebreo italiano

Le tante anime che dimorano in Amos Luzzatto possono essere catturate sulla carta: scorrendo i cataloghi che raccontano la sua prolifica attività di scrittore si incorre in triple identità, idee e interessi che rivelano la personalità di uno dei più autorevoli esponenti dell’ebraismo italiano. Cosa significa essere ebreo? Cosa vuol dire, poi, essere un ebreo italiano? Ed essere un ebreo italiano di sinistra? Sono queste le domande a cui Luzzatto dà una risposta personale raccontando la propria esperienza di figlio di un socialista, bambino cacciato dalla scuola per colpa delle leggi razziste, poi rifugiato in Israele, e infine medico di successo, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e attivo testimone dell’evoluzione del paese in continua lotta tra emancipazione e una costante paura del diverso dai contorni medievali. Sono numerosi i libri che portano la sua firma, a cominciare forse da quello più onnicomprensivo, Conta e racconta. Memorie di un ebreo di sinistra, edito da Mursia nel 2008, in concomitanza con i suoi 80 anni. Un esperimento letterario che, per sua stessa ammissione, non può essere definito un’autobiografia: “Questo è il mio percorso culturale e politico, quindi è giocoforza solo una parte della mia biografia. Per esempio non c’è accenno alla mia attività professionale di medico”. 
Il ruolo degli ebrei nella società dell’Europa costituisce poi la riflessione di Luzzatto nel libro Il posto degli ebrei, pubblicato nel 2003 da Einaudi (per la stessa casa editrice ha pubblicato Autocoscienza e identità ebraica, contenuto in Storia d’Italia), i cui fini sono esplicati dalla stessa copertina con la frase “L’identità di un gruppo umano è fatta di molte storie, di mille sfaccettature. La storia degli ebrei ne è un esempio cruciale. Imprescindibile, per immaginare un nuovo continente europeo e un Occidente diverso”. Un viaggio che esplora le reazioni ebraiche ai grandi cambiamenti che hanno stravolto la storia dell’Europa e che, a partire dal tema dell’assimilazione, si interroga sulla capacità dell’Occidente di accogliere il diverso e le minoranze. Ma chi è l’ebreo? Questa la domanda del libro intervista Se questo è un ebreo di Marco Alloni, pubblicato da Aliberti. Il confronto si apre con il quesito più naturale: “Perché si sa così poco degli ebrei?”, Luzzatto risponde: “O sono loro che non vogliono farsi conoscere o sono gli altri che non vogliono conoscerli. Io sono del parere che sono le popolazioni – la gente di cultura, ma anche tutti coloro che hanno gestito il potere nella società europea durante tutte queste generazioni, durante tutti questi secoli di convivenza con il popolo ebraico – che cercano e hanno cercato di non vedere il fenomeno degli ebrei che vivevano e vivono accanto a loro. E aggiungerei che a mio avviso cercano, e hanno cercato, di non vedere tale fenomeno perché molte volte hanno avuto e hanno paura di specchiarsi in questa realtà. Un realtà che per loro è sempre imbarazzante. Imbarazzante perché è difficile capre come questa gente, alla quale io appartengo, sia arrivata a sopravvivere fino al giorno d’oggi”. 

(Nell'immagine Amos Luzzatto con il figlio Gadi, attuale direttore della Fondazione Cdec)

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Rassegna stampa

Le incognite sulla scuola
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Ticketless - Love is not tourism
“L’amore non è turismo” è il nome scelto da un movimento sovranazionale che sta tentando di sollevare il problema delle coppie forzatamente separate che non possono ricongiungersi viste le restrizioni negli spostamenti internazionali. Mentre per le coppie italiane il sacrificio non è durato tantissimo, e si sono lette davvero troppe cronache piagnucolose, per le altre non si vede una soluzione nel breve periodo. In Italia si è fatta carico del problema la mai abbastanza lodata senatrice Emma Bonino, una delle poche voci autorevoli del Parlamento italiano. Se, come sembra, la sua volontà sarà esaudita nel prossimo decreto del Presidente del Consiglio sarebbe una notizia di cui rallegrarsi, ma troverebbe conferma un dato che allegro non è: l’amore, nella graduatorie delle priorità della nostra società, arriva per ultimo. Addirittura dopo la scuola, non c’è che dire. Prima è naturalmente il cibo e il lamento connesso dello chef pluristellato, poi le discoteche. La storia e la cultura ebraica puntano da secoli sulla scuola, che come mi è capitato già di scrivere vive grazie al respiro degli studenti, ma non dimentichiamo che da Qoheleth in giù il mondo va avanti e rincorre la felicità grazie alle tenerezze degli innamorati. In fondo l’insegnamento altro non è che un frammento di un discorso amoroso.
Alberto Cavaglion
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Lo scontro rientrato
Con le ultime dichiarazioni apparse sui media sembra fortunatamente rientrato lo scontro fra il commissario per il governo israeliano alla lotta al coronavirus, l’ormai celeberrimo Ronnie Gamzo, e il Rosh HaYeshiva, rav Haim Kanievsky, tra le massime autorità haredim in Israele. Dico fortunatamente perché lo scontro scienza/religione non è certo inedito nella storia, ma, a veder bene, appartiene più al passato e presente di altre tradizioni che quella ebraica.
Davide Assael
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Periscopio - Gianpaolo Santoro (1953-2020)
La scomparsa di Gianpaolo Santoro, mancato negli scorsi giorni, priva il mondo dell’informazione di una voce libera, indipendente, credibile, di alta autorevolezza e di raro spessore morale. Collaboratore di numerose testate, negli ultimi anni ha diretto, con rara efficacia, il giornale online Italia Israele Today, organo ufficiale della Federazione delle Associazioni Italia-Israele. 
Francesco Lucrezi
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Pagine Ebraiche 24, l'Unione Informa e Bokertov sono pubblicazioni edite dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. L'UCEI sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti che fossero interessati a offrire un proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo comunicazione@ucei.it Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: comunicazione@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio "cancella" o "modifica". © UCEI - Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.
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