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IL DOSSIER DI PAGINE EBRAICHE

Anziani, saggi testimoni del tempo

Una quindicina di anni fa il giovane illustratore spagnolo Paco Roca scelse di disegnare una coppia di anziani per una pubblicità. “Non sono belli da guardare”, la secca bocciatura dell’agenzia pubblicitaria per cui aveva realizzato le tavole. L’episodio portò Roca a lanciarsi in un progetto proprio: disegnare un graphic novel dedicato solo agli anziani. Il risultato fu Arrugas (Rughe, pubblicato in Italia da Tunué), un racconto delicato e carico di empatia della vita all’interno di una casa di riposo, di uomini e donne che cercano di fuggire dalla struttura e dalla senilità. “La motivazione che mi ha spinto a disegnare è stata cercare di capire cosa sentivano in quel momento della loro vita, vivendo in una società che non pensa molto agli anziani”, spiegava Roca. Un’affermazione per certi versi diventata ancor più vera in questa pandemia, quando alcuni hanno cercato di dirci che il coronavirus in fondo non è così terribile perché si porta via soprattutto i nostri anziani, i non produttivi. “Raggiunta una certa età si viene dati per scontati, se non superflui. Eppure gli anziani, i nonni, in questo paese sono un sostegno economico alle famiglie: con le loro pensioni aiutano i più giovani. Chi ha figli può contare su di loro per tenere i bambini” sottolinea il vicepresidente UCEI Giorgio Mortara, che ha curato per l’Italia ebraica il Servizio sociale territoriale, progetto che dà molta attenzione agli anziani. “Le famiglie sono molto legate ai propri nonni e genitori, ma poi il pensiero allargato diventa: ‘noi paghiamo le vostre pensioni, ma noi non le vedremo mai’. E si creano contrasti, l’idea di futuro rubato e di divisioni tra generazioni. Dovremmo, anche nelle nostre Comunità, costruire un dialogo solido tra giovani e anziani. Entrambi ci guadagnerebbero”, spiega Mortara, tra le voci protagoniste del dossier di novembre dedicato proprio agli anziani e al nostro rapporto con la terza età. La crisi innescata dalla pandemia ha evidenziato, ad esempio, alcune problematiche legate al sistema dell’assistenza dedicata a questa fascia della società.

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LA CAUTELA DEL GOVERNO NEL RIAPRIRE IL PAESE

Israele e la terza ondata da evitare

Il secondo doloroso lockdown ha funzionato in Israele con una verticale diminuzione dei contagi da coronavirus (nell'immagine, l'evoluzione della curva da settembre a metà ottobre). La guardia però deve rimanere alta, tanto che i media del paese in questi giorni parlano già di rischio di terza ondata. “La morbilità è in aumento e stiamo facendo gli stessi errori dell'ultima volta”, titola il più venduto quotidiano d'Israele Yedioth Ahronoth. Un virgolettato che arriva da una voce autorevole, quella di Moshe Bar Siman Tov, direttore del Ministero della Salute durante la prima fase della pandemia. “Ci sono segnali che indicano una terza ondata. Dobbiamo pensare a come tenere il più possibile sotto controllo il tasso di infezione”, l'avvertimento dell'ex funzionario. Negli ultimi giorni c'è stato un leggero aumento nei dati legati al contagio: in particolare, nelle ultime 24 ore, su 38.722 tamponi, l'1,9% delle persone testate è risultata positiva, in leggero aumento rispetto all'1,6% del giorno precedente. Le autorità israeliane hanno fissato il 2% come livello di guardia per cui la situazione al momento viene considerata sotto controllo. Il governo sta però valutando la possibilità di introdurre un coprifuoco per diminuire la circolazione delle persone. L'attenzione è però concentrata sull'evitare di commettere nuovi errori, pur cercando di dare respiro all'economia e far tornare a una forma di normalità il paese: il governo sta valutando un coprifuoco per facilitare l'ingresso nella terza fase delle riaperture diurne. Per evitare di muoversi con troppa fretta, intanto, gli scienziati israeliani stanno studiando cosa è andato storto e cosa ha portato il governo a dover decidere per il secondo lockdown. “Come siamo arrivati a guidare la classifica dei casi Covid-19? Cosa ha causato la seconda ondata, perché è andata così male e l’isolamento sta funzionando?”, le domande su cui ha lavorato Eran Segal, scienziato del prestigioso Weizmann Institute.

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L'APPROFONDIMENTO DEDICATO A RENZO GATTEGNA

“Giornali autorevoli, confronto civile:
l’eredità di un grande leader”

La figura di Renzo Gattegna, la sua intuizione di dar vita a giornali ebraici autorevoli e in grado di lasciare un segno nella società senza sudditanza e complessi, sono state al centro di un approfondimento andato in onda nelle scorse ore.
L’ambizione di Gattegna, ha ricordato il direttore della redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Guido Vitale, non è stata quella di realizzare bollettini parrocchiali, ma di rivolgersi alla società italiana “con un messaggio capace di offrire a tutta l’opinione pubblica una angolatura e una prospettiva ebraica”.
In quel solco ideale, con le sue idee lungimiranti e un impegno di lavoro determinato, sono nate e sono state sviluppate “testate giornalistiche stampate, come il giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche, il giornale di cronache comunitarie Italia Ebraica, il giornale ebraico dei bambini DafDaf” e “testate online, siti, notiziari quotidiani”.
“Renzo Gattegna – ha ricordato il giornalista ai microfoni di Radio Vaticana – ha compiutamente rappresentato una generazione che ha saputo raccogliere le testimonianze e la tradizione dei padri, ha saputo trasmetterla e ha saputo rappresentare uno sguardo limpido e trasparente sul mondo. Ha saputo rivolgersi non solo al mondo interno di una minoranza, ma all’intera opinione pubblica italiana. Ha preservato ed esercitato la capacità che ha consentito agli ebrei italiani di attraversare oltre due millenni di storia”.
“Il suo segno – ha concluso – resta la capacità di restare uniti nel rispetto di identità diverse, di accettare e sopportare la diversità degli altri senza mai rinunciare alla propria identità, di praticare il confronto sincero e di far sì che questo rimanga sempre in termini civili e costruttivi”.

(Nel disegno di Giorgio Albertini l’ex Presidente UCEI Renzo Gattegna insieme al direttore della redazione giornalistica Guido Vitale)

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L'INIZIATIVA ONLINE ORGANIZZATA PER IL 19 NOVEMBRE 

Aldo Zargani, il ricordo a un mese dalla scomparsa

“Rimasi folgorato da quella lettura. Non riuscii a staccarmi da quel libro. Fui subito convinto che l’autore fosse in uno stato di grazia nel momento in cui lo scrisse. Uscì nel 1995 quando l’Italia riscopriva le memorie delle leggi antiebraiche, dell’antisemitismo fascista, della Shoah. Era diverso da tutti gli altri. Era la storia di un ebreo italiano nel Novecento”.
Alberto Cavaglion descriveva con queste parole Per violino solo, La mia infanzia nell’Aldiqua. 1938-1945, il primo straordinario libro di Aldo Zargani. A un mese dalla scomparsa, amici e familiari ne ricorderanno opere e percorso di vita nel corso di un incontro che si svolgerà giovedì 19 novembre alle 20.30 sulla piattaforma Zoom. Moderati da Laura Quercioli Mincer, interverranno il rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni; Marco Belpoliti, Università di Bergamo; Alberto Cavaglion, Università di Firenze; Mirna Cicioni, Università di Monash (Australia); Luigi Grazioli, caporedattore di Doppiozero; rav Gianfranco Di Segni, direttore de
La Rassegna Mensile di Israel. Seguiranno brevi interventi e testimonianze.

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IL VOLUME PRESENTATO NELL'AMBITO DEL CORSO TRIENNALE IN STUDI EBRAICI UCEI

Rinascimento, una prospettiva ebraica

Grazie all’opera di artisti e intellettuali, nel Rinascimento emerge una consapevolezza inedita del divenire storico che favorisce il culto del nuovo nelle arti, in letteratura, in filologia e nelle scienze. Un fermento che vide protagonista anche il mondo ebraico.
Di questo tema si occupa il nuovo studio dello storico Giuseppe Veltri, Il Rinascimento nel pensiero ebraico, recentemente pubblicato dalla casa editrice Paideia e oggetto nelle scorse ore di un confronto online nell’ambito delle attività del Diploma universitario triennale in studi ebraici dell’UCEI.
In evidenza nel saggio i momenti salienti del dibattito del tempo: la coscienza storica del divenire e la secolarizzazione, la funzione della poesia dantesca come ponte fra mondo ebraico e mondo cristiano, l’uso del volgare come simbolo del connubio delle diverse tradizioni, la nascita del criticismo, l’atteggiamento scettico come strategia e sintomo della crisi politica e intellettuale, il dibattito sull’immortalità dell’anima. Temi su cui si hanno portato un contributo, moderati da Myriam Silvera, il rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma e direttore del Collegio Rabbinico Italiano; Shulamit Furstenberg Levi (Istituto Lorenzo De’ Medici di Firenze); Guido Bartolucci (Università della Calabria) e Alessandro Guetta (INALCO, Parigi).

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L'INIZIATIVA DELLA FONDAZIONE MUSEO DELLA SHOAH DI ROMA

Infanzia rubata, la mostra in digitale

“La cultura non si ferma”. È il messaggio cui aderisce la Fondazione Museo della Shoah di Roma con l’attivazione di un progetto virtuale che, anche in queste settimane di chiusura, “permetterà ai visitatori, agli studiosi, agli insegnanti e agli studenti di continuare nelle attività dedicate alla memoria della Shoah”. Ad essere visitabile a distanza è la mostra “Shoah. L’infanzia rubata”, inaugurata lo scorso 27 gennaio a cura dell’Associazione Figli della Shoah, con un virtual tour che permette di visitare online l’esposizione, attingendo a contenuti multimediali, e di “camminare” all’interno della sede espositiva alla Casina dei Vallati. Tra le possibilità offerte dal virtual tour, lanciato nelle scorse ore, alcuni video in cui le guide volontarie della Fondazione illustrano i pannelli della mostra.

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Setirot - Lealtà
Non sono certamente io a poter aggiungere alcunché sulla straordinaria figura e sui profondissimi insegnamenti del Rav Jonathan Sacks z”l. Voglio tuttavia condividere l’emozione che mi suscitarono alcune sue parole, lette non ricordo dove. L’argomento era Pesach, e in specifico mi colpì il ragionamento sul rashà, il figlio ribelle o cattivo che dir si voglia della Haggadà. Commentando quel "voi" e non "noi" usato dal rashà durante le domande rituali dei sedarìm, il Rav insegna che l’ebraismo è essere in comune. Questo è il principio che il bimbo ribelle nega. Perché l’ebraismo si indirizza agli individui. E nemmeno si indirizza all’umanità intera.
Stefano Jesurum
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Machshevet Israel - Semiotica ebraica
“Per una semiotica delle Scritture ebraiche” è il sottotitolo programmatico del volume Il resto è interpretazione (da poco edito da Salomone Belforte di Livorno) che raccoglie ricerche e riflessioni, svolte nell’arco di vent’anni, dall’autore: Ugo Volli, stimato docente dell’Università di Torino e impegnato su più fronti nel mondo ebraico, certamente tra i maggiori esperti di semiotica, disciplina analitica che affonda le sue radici nell’opera di Aristotele ma è stata definita come tale solo nell’ultimo secolo, in equilibrio instabile ma creativo tra linguistica e filosofia.  
Massimo Giuliani
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La menzogna a fin di bene
C’è stato un tempo in cui i moralisti (intesi come studiosi di problemi etici) si ponevano domande del tipo se sia lecito mentire consapevolmente se questo serve a una causa considerata eticamente superiore. Oggi ci facciamo meno scrupoli e non ci poniamo nemmeno domande del genere; tuttavia è difficile eliminare del tutto certe remore che, in determinate situazioni, si presentano sotto forma di cattiva coscienza o di una sensazione sia pur vaga di non essere del tutto in regola con le regole (appunto) del gioco.  
Valentino Baldacci
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Spuntino – In fin dei conti
"Vayheyù Chayè Sarà ..." (= E la vita di Sara fu di cento anno, venti anno, sette anni, gli anni della vita di Sara) (Gen. 23:1). Il primo verso della parashà, usando il plurale "anni" solo per le unità (sette) ma non per le decine e centinaia (che insieme, forse non a caso, ammontano agli auspicabili centoventi), ci suggerisce che la quantità non implica necessariamente buona qualità, al contrario, è più rimarchevole chi, minimizzando, osserva un profilo basso. Rashì, spiegando la ripetizione della combinazione "vita di Sara" all'inizio e alla fine dello stesso versetto, commenta che i 127 anni di Sara erano tutti buoni in egual misura. 
Raphael Barki
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