Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui    22 Novembre 2020 - 6 Kislev 5781
IN CARCERE PER OLTRE TRENTA ANNI 

Pollard potrà lasciare gli Usa, Israele esulta 
Il messaggio di Rivlin: "Ti aspettiamo a casa"

Dopo oltre trent’anni il giorno tanto atteso da Jonathan Pollard è arrivato. La fine della libertà condizionata e la possibilità di lasciare gli Stati Uniti per Israele. Presto inizierà infatti per lui un nuovo capitolo, dopo aver passato metà della vita in carcere con l’accusa di spionaggio a favore di Israele.
“Abbiamo sentito il suo dolore per tutti questi anni e abbiamo sentito la responsabilità e l’obbligo di arrivare alla liberazione di Jonathan Pollard” ha commentato il Presidente d’Israele Reuven Rivlin, affermando che il paese “aspetta lui e la sua famiglia a casa”. Dall’ufficio del Premier Benjamin Netanyahu è stata invece diffusa una nota in cui si afferma che “Il primo ministro si è impegnato per il rilascio di Pollard per molti anni e ha lavorato instancabilmente per il suo ritorno”.
Pollard, che ha oggi 66 anni e che dal 1995 è cittadino israeliano, fu riconosciuto colpevole di aver divulgato il contenuto di alcune migliaia di documenti classificati come “segreti” sulle attività di intelligence svolte dagli Stati Uniti, principalmente nel mondo arabo. L’incursione di Israele dell’ottobre 1985 nel quartier generale di Tunisi dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina, azione in cui furono uccise circa 60 persone, fu ad esempio pianificata con informazioni di Pollard (almeno secondo documenti della Cia desecretati nel 2012). Malgrado la solida amicizia tra i due paesi, la sua vicenda è rimasta a lungo un punto d’attrito tra i governi di Washington e Gerusalemme, a qualunque bandiera o colore politico essi appartenessero.

(Nell'immagine Jonathan Pollard con la moglie)

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LA CONFERENZA ORGANIZZATA DA ECJC E JDC

"Dall'Europa maggior impegno
per tutelare la vita ebraica"

“Sentiamo spesso, dai politici, affermazioni di questo genere: ‘Un’Europa senza ebrei non sarebbe più Europa’. Eppure lo stesso si approvano leggi che mettono a rischio il nostro futuro. In particolare per quanto riguarda la Shechitah, la macellazione rituale, che molti vorrebbero mettere al bando non per una questione comunque mal posta di diritti degli animali, ma per altri motivi alimentati da altre fonti. A partire dalla retorica populista”. 
Si discute anche di futuro ebraico in Europa durante il primo e-summit per leader ebraici in svolgimento in queste ore su impulso dello European Council of Jewish Communities e dell’American Joint Distribution Committee. A portare questa riflessione rav Pinchas Goldschmidt, il presidente della Conferenza dei rabbini europei nell’ambito di una sessione in cui si è confrontato con Katherina von Schnurbein, coordinatrice contro l’antisemitismo della Commissione europea, e il vicepresidente del World Jewish Congress Maram Stern. Numerose, ha rilevato rav Goldschmidt, le insidie che gli ebrei d’Europa si trovano ad affrontare. A destra come a sinistra. Con un terrorismo islamico tornato ad essere particolarmente aggressivo. “È l’Islam politico che dobbiamo contrastare, non l’Islam in sé” ha comunque sottolineato il rav. 

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L'INCONTRO ORGANIZZATO DALL'AMBASCIATA AMERICANA IN VATICANO

"La risposta all'antisemitismo è nella Memoria"

“Per superare tante forme deplorevoli di odio abbiamo bisogno della capacità di coinvolgerci insieme nella memoria. La memoria è la chiave per accedere al futuro ed è nostra responsabilità trasmetterla in modo dignitoso alle giovani generazioni”.
Sono state le parole del segretario di Stato vaticano Pietro Parolin a chiudere la conferenza “Never Again: Di fronte all’ascesa globale dell’antisemitismo” organizzata dall’ambasciata americana presso la Santa Sede. Molti gli spunti emersi nell’ambito della conferenza, introdotta dall’ambasciatrice Callista Gingrich (nell’immagine). 
Nell’occasione il cardinale Parolin ha citato una corrispondenza da poco ritrovata, avvenuta tra la fine del 1915 e l’inizio del 1916, tra il suo predecessore Pietro Gasparri e l’American Jewish Committee, rivoltosi alla Chiesa per una condanna di violenze antisemite in corso durante il primo conflitto mondiale. 
Gasparri, intervenendo a nome di papa Benedetto XV, avrebbe in quel contesto rassicurato l’organizzazione ebraica sul fatto che il papa “considera tutti gli uomini come fratelli e insegna ad amarsi gli uni con gli altri” e “si oppone a ogni violazione del diritto naturale”. 
Un diritto – affermerebbe il documento – “che dovrebbe essere osservato e rispettato in relazione ai figli di Israele come per tutti gli uomini”.

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IL LUTTO

Lucetta Jarach Guastalla (1938-2020)

Lucetta Jarach Guastalla si è spenta ieri a Torino, dove era nata nell’infausto anno delle leggi razziste da cui era sfuggita insieme ai suoi genitori e alla sorella Paola, scappando in Svizzera, dove la famiglia Jarach venne a contatto con Luigi Einaudi. 
Nel documentario “Luigi Einaudi. Diario dell'esilio svizzero" il regista Villi Hermann ripercorre le tappe dell'esilio durato 14 mesi. L'8 settembre 1943, temendo di finire ostaggio nelle mani dei nazifascisti, Einaudi (economista, intellettuale liberale, professore e rettore dell'Università di Torino e futuro presidente della Repubblica) fu costretto a lasciare le sue colline di Dogliani e la sua Torino occupata dalle camicie nere e dalla Wehrmacht; raggiunse la Svizzera, attraversando a dorso di mulo il passo del Col Fenêtre in Valle d’Aosta. 
“È la fuga dei popoli dinanzi al barbaro" scrive Einaudi nel Diario dell'esilio, pubblicato nel 1997, dove annota giorno dopo giorno le difficoltà pratiche della vita quotidiana, ma anche una fittissima rete di incontri con personalità della storia italiana e svizzera. Il documentario del 2000, ispirato dal libro, riporta tra le varie testimonianze quella di Lucetta Jarach.

(Nell'immagine, prima a sinistra, Lucetta Jarach Guastalla con i parenti Jarach e Disegni alla presentazione del libro sul nonno “Cesare Jarach (1884-1916) Un economista ebreo nella grande guerra”)

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IL CONGRESSO NAZIONALE IN CORSO 

"Italia-Israele, legame forte e speciale"

Avvicinare le nuove generazioni all’ebraismo, alla storia d’Israele e alla Memoria. Farlo attraverso lo sport. È la sfida del progetto “1945-2020: Campioni del Calcio e la Shoah", presentato quest’oggi nell’ambito del 31esimo Congresso Nazionale della Federazione delle Associazioni Italia-Israele.
È stato il presidente nazionale Giuseppe Crimaldi ad illustrarne le finalità in apertura di videoconferenza. Un intervento di bilancio e di riflessione sull’anno che va concludendosi. “Eccoci ancora una volta qui. Uniti e forti dei nostri sentimenti di amicizia verso Israele e il suo popolo. Più convinti che mai – ha sottolineato Crimaldi – della funzione che ciascuno di noi svolge in una nazione spesso poco attenta ai valori che esprimiamo da volontari nel tendere un ponte oltre l’altra sponda del Mediterraneo e in un’Europa sempre più scossa dai sovranismi, dai suprematismi e dai nazionalismi ciechi e da quel sordo rumore di fondo dell’antisemitismo che torna a farsi sempre più forte e minaccioso”.

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L'immagine di Trieste
Di Jan Morris, morta venerdì a 94 anni, molti hanno detto che il suo Trieste o del nessun luogo (il Saggiatore) non sia la realtà di Trieste, ma solo il profumo che un “non nativo” crede di trovarvi. Può essere. Io penso che comunque a noi resta una immagine dell’idea di diaspora che, in epoca di appartenenze gelose, mi tengo stretta.
                                                                          David Bidussa
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La condizione pandemica
La grandi crisi di trasformazione hanno un solo pregio, per così dire, ossia quello di fare cadere i veli di ipocrisia. Così per il lungo tempo della pandemia SARS-CoV-2, che dice più di quello che vorremmo ascoltare. Poiché la voce della verità – che poi è semplicemente quella della nuda e cruda realtà – ci obbliga a confrontarci con i dati di fatto. Impietosi, in quanto tali. In quanto ci impongono di cercare di capire lo spirito dei tempi che stanno sopravanzando. 
Claudio Vercelli
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