Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui               21 Gennaio 2021 - 8 Shevat 5781
LA SCOMPARSA DI UN GRANDE MAESTRO 

Rav Vittorio Della Rocca (1933-2021)

Per molti è stato semplicemente il "Morè". Un grande Maestro di ebraismo e umanità. Rabbino, chazan e docente, Rav Vittorio Haim Della Rocca è stato un punto di riferimento per diverse generazioni di ebrei romani. 
Segnato dalla Shoah che gli portò via il padre Rubino deportato ad Auschwitz e mai più tornato, si era dedicato agli studi rabbinici sin da giovane e, in questa veste, avrebbe poi vissuto da protagonista i momenti più importanti di storia recente della Comunità ebraica capitolina, che ricordava con orgoglio essere la più antica della Diaspora. 
"Ricordo bene l’emozione del giorno in cui, appena adulto, cominciai a spulciare nell’archivio della Comunità per ragguagliarmi sulle origini della famiglia Della Rocca. Nessuno come noi ha il culto delle proprie origini. Dunque non ci potrà stupire più di tanto di fronte a un ragazzo che, a un’età in cui di solito si hanno in testa tutt’altre cose, sacrifica per un po’ esperienze ed emozioni d’altro genere e preferisce mettersi a rovistare nella storia della sua famiglia", scrive nella sua appassionante biografia Chiedi a tuo padre e te lo dirà: un rabbino di Roma si racconta, pubblicata nel 2015 dall'editore Salomone Belforte. 
Un periodo di grande impegno divulgativo, segnato anche dalla collaborazione con Pagine Ebraiche e dalla nascita di una rubrica mensile,, un suggestivo viaggio nei luoghi di questa presenza, che ha appassionato con aneddoti intriganti e poco conosciuti migliaia di lettori. 


 

Rav Della Rocca, che aveva conseguito il titolo di maskil nel 1959 e la semikhà con il titolo di chakham nel 1982, era a sua volta padre di un rabbino, rav Roberto Della Rocca, direttore dell’area Cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Nel segno della continuità, il nipote Eitan appena poche settimane fa è diventato maskil. 
“Nella Parashah che mi è stata affidata - ci aveva raccontato poco dopo - spicca tra i vari temi quello dell’importanza della continuità. Ho spesso riflettuto su quanto ciò sia vero e, mentre la stavo cantando, non ho potuto fare a meno di emozionarmi. Ho pensato alla nostra storia di famiglia. Al bisnonno Rubino, deportato ad Auschwitz e mai più tornato. A suo figlio, mio nonno Vittorio Haim, che ha intrapreso gli studi e la carriera rabbinica. A mio padre Roberto, che ha fatto la stessa scelta". 
I funerali di rav Vittorio Haim Della Rocca, la cui scomparsa è pianta in queste ore dalla Comunità ebraica di Roma e da tutto l'ebraismo italiano, si terranno domani venerdì 22 alle 10.30 davanti al Tempio Maggiore, per proseguire poi al cimitero del Verano. 
Sia il suo ricordo di benedizione. 

(Nell'immagine in alto il rav Vittorio Della Rocca in una foto recente, in basso con la moglie Rossana e i figli Roberto e Jonatan)

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LA TESTIMONIANZA / 1

Da duemila anni, con orgoglio, Benè Romi

Ricordo bene l’emozione del giorno in cui, appena adulto, cominciai a spulciare nell’archivio della comunità per ragguagliarmi sulle origini della famiglia Della Rocca. Nessuno come noi ha il culto delle proprie origini, e gli ebrei che si ritrovano a leggere queste pagine lo sanno bene. Dunque non ci potrà stupire più di tanto di fronte a un ragazzo che, a un’età in cui di solito si hanno in testa tutt’altre cose, sacrifica per un po’ esperienze ed emozioni d’altro genere e preferisce mettersi a rovistare nella storia della sua famiglia. Sono nato a Roma il 1 novembre 1933, il 12 di Cheshvan 5694 secondo il calendario ebraico, da Elisabetta Moscati e Rubino Della Rocca. Ciò che volevo scoprire era soprattutto a quando risalisse l’insediamento della mia famiglia paterna a Roma, se provenisse da Eretz Israel, la Terra Promessa, dopo la distruzione del Secondo Tempio di Gerusalemme, o vi fosse giunta nel 1492 con l’espulsione degli ebrei dalla Spagna. Un’infantile soddisfazione mi gonfiò il petto: i Della Rocca frequentavano Schola Nova e Schola Tempio – due delle Cinque Sinagoghe, o Cinque Scholae, ognuna con i propri riti specifici in base alla provenienza, sorte a Roma nel 1555 quando papa Paolo IV, su esempio di quanto accaduto una ventina di anni prima a Venezia, aveva ordinato che anche a Roma gli ebrei fossero confinati in un apposito ghetto – entrambe di rito italiano o benè Romi, cioè “figli di Roma”. E questo significava una cosa ben precisa: la famiglia di mio padre era giunta qui dalla terra d’Israele.

Rav Vittorio Haim Della Rocca - Chiedi a tuo padre e te lo dirà 

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LA TESTIMONIANZA / 2

La famiglia, la cosa più importante

In un pomeriggio afoso, alle 18.45 del 12 agosto 1960, nacque il nostro primogenito. Nella speranza che fosse un maschio, avevamo già scelto il nome. Mio padre, nei momenti di allegria, diceva spesso a mia madre: “Sai, non mi piacerebbe che il nostro nipotino si chiamasse Rubino come me… Roberto! Mi piace Roberto…”. E così chiamammo il nostro primo figlio, rispettando il desiderio del nonno che non ha potuto conoscere. Fin dal nome, io e Rossana abbiamo deciso insieme tutto ciò che ha riguardato i nostri figli, la loro crescita ed educazione. Abbiamo cercato di inculcare loro il valore del rispetto, dell’amicizia, il senso profondo di appartenenza a una comunità, attenti a che riconoscessero l’importanza dello studio e delle buone letture, senza rinunciare a qualche svago. Attraverso i nostri figli, nel corso degli anni, ha potuto ulteriormente cementarsi l’affetto, la stima e il rispetto tra me e mia moglie, insieme alla capacità di condividere tanto i momenti felici quanto quelli difficili. Sono stati di grande aiuto in tutto ciò i miei suoceri, il modo in cui mi hanno accolto fin dal primo momento come un figlio. Il padre di Rossana, Lello Piattelli, provava un effetto addirittura possessivo nei miei riguardi. Era noto nell’ambiente ebraico per la sua grande bontà e il suo amore verso Eretz Israel. Ricordo i tanti sabati mattina trascorsi insieme, dopo la tefillà. Se per un qualunque motivo, un’emergenza, un parente o un amico che richiedeva la mia presenza altrove, ero costretto a salutarlo e allontanarmi, mio suocero metteva su un’espressione contrita da cui trapelava tutto il dispiacere per non poter gustare come al solito quelle due ore mattutine in mia compagnia. Sì, mi voleva bene. E gliene volevo anch’io. Jonatan, il nostro secondo figlio, è nato il 5 gennaio 1965, corrispondente al 2 di Shevat, una giornata miracolosa per noi ebrei romani, chiamata Mo’èd di Piombo. 

Rav Vittorio Haim Della Rocca - Chiedi a tuo padre e te lo dirà 

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LA TESTIMONIANZA / 3

La minaccia fascista e le parole del rav Toaff

Rav Elio Toaff è riuscito a costruire un rapporto duraturo e a guadagnarsi notevole rispetto da parte di autorità e istituzioni di primissimo piano, sia in Italia che nel resto d’Europa. Nel corso del nostro lungo sodalizio, punteggiato di momenti non sempre facili, ho potuto apprezzare le sue notevoli capacità diplomatiche e ho conosciuto qualcosa in più del suo carattere. Ricordo un particolare episodio risalente al 1958. Ci si preparava alle elezioni politiche, che all’epoca significavano anche accesi comizi nelle piazze. L’onorevole Arturo Michelini, del Msi, aveva infiammato gli animi di migliaia e migliaia di simpatizzanti in un comizio al Colosseo. Molti giovani ebrei, non solo del Ghetto, ma provenienti da vari quartieri di Roma, si erano mobilitati e radunati, pronti a fronteggiare eventuali azioni dimostrative o aggressioni, dopo che già i fascisti avevano profanato le lapidi poste ai lati dell’entrata della sinagoga, sul lungotevere, dedicate ai deportati nei campi di sterminio e alle vittime delle Fosse Ardeatine. Anche se era venerdì sera, rav Toaff e io uscimmo di casa per calmare quei giovani ed evitare che la tensione degenerasse in uno scontro violento. In quell’occasione, però, Toaff pronunciò una frase significativa: “Si può essere una volta stupidi, due volte stupidi, ma non tre volte!”. Lo ripeté a voce alta ai nostri ragazzi. E penso avesse ragione: con i tipi violenti non si può essere sempre concilianti ed educati.

Rav Vittorio Haim Della Rocca - Chiedi a tuo padre e te lo dirà 

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L'EVENTO UCEI-ANED 

Memoria e ricerca, nel nome di Grazia

Nell’agosto del 2019 ci lasciava Grazia Di Veroli. Nata a Roma nel 1961, al tempo vicepresidente della sezione romana dell’Aned, aveva dedicato anni di impegno appassionato alla trasmissione della Memoria e di una solida consapevolezza civica alle nuove generazioni. Per ricordarla UCEI e Aned hanno lanciato la scorsa estate un bando per cinque borse di studio relative a tesi di laurea dedicate all’occupazione nazifascista, alla Resistenza e alle deportazioni.
Un concorso i cui cinque vincitori saranno proclamati quest’oggi alle 18, nel corso di un evento che sarà trasmesso in streaming anche sul canale social UCEI.
L’occasione per ricordare la vita e le battaglie di una donna straordinaria, autrice anche di libri e collaboratrice di film, documenti e mostre.

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27 GENNAIO - QUI ROMA 

"Memoria sui social, il nostro impegno con i giovani"

“La sfida di quest’anno sarà quella di impiegare nuovi strumenti e di adattare il linguaggio per raggiungere alcune fasce d’età, penso in particolare ai più giovani, sui social, un luogo in cui tradizionalmente non si affrontano temi di questa portata e che, in molti casi, si rivelano insidiosi. Allora dovremo stimolare maggiore consapevolezza su ciò che è stato e trasmettere in maniera nuova ed efficace il testimone della Memoria”.
È quanto dichiara Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma, annunciando il programma di iniziative per il 27 gennaio. Un’edizione del Giorno della Memoria segnata da vari appuntamenti in streaming. Tra i quali una conversazione della stessa Dureghello con Sami Modiano, uno degli ultimi sopravvissuti di Auschwitz ancora in vita. 

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27 GENNAIO - QUI VENEZIA 

"Al lavoro per far crescere la consapevolezza"

Nel segno delle pietre d’inciampo il ricco calendario di eventi organizzati a Venezia per il Giorno della Memoria. Momento centrale delle iniziative che ruoteranno attorno alla data del 27 gennaio sarà infatti la posa di 15 stolpersteine che vanno ad aggiungersi alle 105 già disseminate in città dal 2014 ad oggi. L’occasione per parlarne è stata data da una conferenza stampa svoltasi nelle scorse ore cui sono interventi il presidente del Consiglio comunale Ermelinda Damiano, di Paolo Navarro Dina, in rappresentanza della Comunità ebraica, e Giovanni Sbordone, direttore Iveser.

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Setirot - Lecito e illecito
Liliana Segre, senatrice a vita della Repubblica, in piena pandemia, novantenne, parte da Milano e va a Roma a fare ciò che ritiene il proprio dovere. All’apparizione nell’aula del Senato è una ovazione, in parte anche dai banchi dell’opposizione. Politicamente, il resto è storia, una storia di polemiche. Si discute sull’opportunità dell’esistenza stessa della carica, e a scendere sul “diritto” di partecipare a votazioni dirimenti per la sopravvivenza o meno di un governo. Confrontarsi, in democrazia, è più che lecito, è salutare. Illecite, ignobili, vergognose sono le parole di odio, di scherno che subito invadono il mefitico mondo del web.
Stefano Jesurum
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Crisi politica e di sistema
La conclusione della crisi politica aperta con le dimissioni delle ministre di Italia Viva non può nascondere che essa segna un nuovo passo verso una crisi complessiva del sistema politico. E’ vero che il sistema politico italiano appare simile a quei malati che sembrano costantemente sull’orlo di una crisi irreversibile e che poi, in un modo o nell’altro, riescono sempre a venirne fuori; ma, per restare in questa specie di metafora, si tratta pur sempre di una vita grama e sempre a un passo della catastrofe.
Valentino Baldacci
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Spuntino - Uomini e alberi
La piaga delle locuste, che incontriamo all’inizio della parashà di Bò, sembra avere infastidito più delle altre il faraone. Infatti egli si rivolge drammaticamente a Mosè urlando: “Allontana da me questa morte!” (Es. 10:17). Perchè per il faraone questa piaga era così terribile da essere paragonata addirittura alla morte? Forse che le altre piaghe non avevano avuto conseguenze altrettanto pesanti? Secondo la narrativa del Testo le locuste consumarono voracemente tutto ciò che non era stato già distrutto dalla piaga precedente, la grandine.
 
Raphael Barki
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Machshevet Israel - Aron Lutwak 
L’8 del mese ebraico di Kislev 5781 è mancato negli States Aron Lutwak. Probabilmente nessuno di coloro che mi stanno leggendo lo ha mai conosciuto o incontrato. Ne scrivo in questa rubrica, dedicata al pensiero ebraico, non perché fosse un pensatore o un dotto dell’ormai sconfinato scibile che va sotto la categoria di Jewish studies.
Massimo Giuliani
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