Machshevet Israel
Aron Lutwak
L’8 del mese ebraico di Kislev 5781 è mancato negli States Aron Lutwak. Probabilmente nessuno di coloro che mi stanno leggendo lo ha mai conosciuto o incontrato. Ne scrivo in questa rubrica, dedicata al pensiero ebraico, non perché fosse un pensatore o un dotto dell’ormai sconfinato scibile che va sotto la categoria di Jewish studies. Sebbene non fosse uno studioso in senso tecnico-professionale, ha reso un eccezionale servizio a un gran numero di studiosi professionisti nel mondo ebraico (talmudisti, storici, filosofi, insegnanti e scrittori di giudaismo) dedicandosi per cinquant’anni pieni a procurar loro i migliori “scholarly books” su queste materie, prima in Israele e poi a New York (la città più ebraica al mondo, fuori da Israele). Era quello che, in inglese, si chiama un book dealer, ma chiamarlo ‘commerciante di libri’ è ridicolo: sulla 116sima strada di Manhattan – dove le nostre vite si sono incrociate per una manciata di anni – al confine con il campus della Columbia University, a una decina di isolati dal Jewish Theological Seminary, Aron Lutwak aveva impiantato il miglior negozio di libri ebraici accademici, nuovi e usati, in America. Ma ancora: dirlo un ‘negozio’ non rende l’idea: era una mecca dei libri ebraici di qualità, un centro culturale, un luogo dove potevi incontrare il meglio dell’intellighenzia ebraica newyorkese. Lo aveva chiamato Ideal Bookstore, e solo lì, in tutta America, si potevano trovare e acquistare testi in inglese, in ebraico e in tedesco altrimenti irreperibili, oppure reperibili soltanto in prestito o in consultazione – se c’erano – nelle biblioteche universitarie.
Gli anni Novanta del secolo scorso erano ancora senza Amazon, ma il meglio dei ricercatori in ogni settore degli studi ebraici conosceva quest’indirizzo e aveva il telefono di Aron, il quale era un mago nel trovare questo specifico genere di libri accademici di cui i veri studiosi non possono fare a meno. Riforniva il mondo accademico ebraico degli Stati Uniti importando libri nuovi editi dalle university press israeliane (Magnes Press dell’università ebraica, Bar Ilan, Ben Gurion…), ma scovava quelli ‘usati’ nelle migliori biblioteche private di studiosi o rabbini da poco scomparsi (che gli eredi non vedevano l’ora di vendere) e li rimetteva sul mercato: ci doveva vivere, naturalmente, ma in tal modo ha favoprito gli studi a migliaia di accademici, offrendo fonti e risorse per la ricerca, contribuendo cioè – restando dietro le quinte – alla scholarship ebraica contemporanea in un modo davvero unico.
Ho lavorato per sei mesi, tutti i giorni tranne shabbat e domenica, in quel negozio a fianco di Aron. Seminascosto in un grande piano rialzato, Ideal Bookstore era un luogo magico – vi ho detto chi era il mago – degno di un racconto di Bernard Malamud, dove ho assistito a lunghe discussioni in ebraico tra Aron e lo storico Yosef Haim Yerushalmi, un cliente habitué, o tra Aron e molti docenti del vicino seminario rabbinico conservative… Aron ara abilissimo soprattutto a trovare i cosiddetti sifrè yitzkor, ovvero libri-raccolte di documenti su ogni famiglia e singolo luogo di vita ebraica nell’est Europa, distrutti dai nazisti nel corso della seconda guerra mondiale. Lui stesso un sopravvissuto alla Shoah, capiva l’importanza di far arrivare negli States questi strani ‘libri’, in realtà autentici memoriali di un mondo cancellato dall’odio antisemita, e di metterli nelle mani di studiosi e di consapevoli bibliotecari (capaci di leggere l’yiddish) perché nessun frammento di quel mondo – la yiddishkeit – scomparisse del tutto. Aron Lutwak era nato nel 1934 a Czernowitz, cittadina il cui nome si può scrivere in ben sette modi diversi, melting pot di lingue e di fedi, che ha dato i natali anche a Paul Celan e Aharon Appelfeld. La sua prima lingua era stata il tedesco, ma aveva studiato nelle scuole rumene; aveva dovuto imparare l’ebraico, e poi l’inglese; approdato infatti in Israele, aveva subito ‘aperto’ il suo business librario e messo su famiglia. Dopo il divorzio, si era trasferito a New York per farsi nuovi affetti e continuare a vendere libri, quelli seri, quelli che i ricercatori cercano e non sanno dove trovare, per fare da ponte tra le università israeliane e i circoli accademici dell’ebraismo americano. Poi arrivarono internet, e sulla 116sima piombò il caroaffitti: insieme, gli tolsero ossigeno professionale. Per un po’ mise il suo bookstore on line, ma i tempi erano cambiati.
Nel ‘suo’ catalogo elettronico di libri fuori-catalogo gli studiosi trovavano quel che altrove era introvabile. Lui stesso era divenuto un catalogo vivente di libri ebraici, i cui titoli e autori ed editori stavano tutti nella sua testa, come avviene per il protagonista di Auto da fè di Elias Canetti. Infine, per me Aron è stato anche un amico e un mentore, pieno di humour, e il miglior insegnante di parolacce in diverse lingue. Ha fatto da testimone al mio matrimonio, ha retto il tallit come kuppà e la nostra ketubbà porta la sua firma… ma questa è una storia privata, e tale deve restare.
Massimo Giuliani, Università di Trento
(21 gennaio 2021)