Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui               17 Giugno 2021 - 7 Tamuz 5781
LE SCELTE DELLA ISRAEL START-UP NATION

Il campione di Israele al Tour de France:
"Realizzo il sogno della mia vita"

Continuano gli annunci in casa Israel Start-Up Nation. Nelle scorse ore è arrivato quello più significativo, almeno a livello simbolico. Al Tour de France ci sarà infatti anche l’israeliano Omer Goldstein, 25 anni ad agosto. Nonostante la giovane età, ha già vinto il titolo nazionale sia in linea che a cronometro. Correrà proprio con questa casacca: quella di campione nazionale, con una grande Stella di Davide al centro.
Goldstein, che è all’esordio al Tour, ma ha già corso una Vuelta, sarà tra i gregari al servizio del capitano Michael Woods. Ma avrà, all’occorrenza, licenza di attaccare. Un po’ come hanno fatto i suoi compagni di squadra al Giro d’Italia, animando molte tappe della corsa e ottenendo, con Alessandro de Marchi, anche una storica maglia rosa.  
Così il manager del team Rick Verbrugghe nel rendere pubblica la sua convocazione: “Omer è sempre pronto a lanciarsi in nuove sfide, senza paura. Lo abbiamo selezionato perché potrà dare molto alla squadra, in questo Tour. Il suo compito principale sarà quello di assistere Woods. Ma potrà anche essere il nostro uomo da fughe, se l’occasione si presenterà. Anche nelle tappe di montagna di fascia media potrà essere protagonista”. Per Goldstein si realizza l’obiettivo di una vita: “Sogno questo giorno – ha affermato – da quando sono bambino”. 
Della partita sarà anche l'irlandese Daniel Martin, vincitore al Giro della tappa montana più difficile e ormai un veterano al Tour (dove correrà per la nona volta nella sua carriera). Per ora sono quattro i nomi annunciati dal team di Sylvan Adams: il canadese Woods, che avrà i galloni di leader; Chris Froome, gregario di lusso, che ci sarà nonostante i guai fisici che lo hanno falcidiato; il giovane e combattivo Goldstein. 

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L'ESPERTO ISRAELIANO RAZ ZIMMT A PAGINE EBRAICHE

"Iran, elezioni farsa: strada spianata per Raisi"

“Anche a costo di minare ulteriormente la fiducia dei cittadini e il principio della rappresentanza popolare, la Guida Suprema Ali Khamenei e i suoi fedelissimi sono impegnati a mantenere il controllo sui diversi centri di potere”. L’ayatollah e i suoi seguaci non vogliono lasciare nessuno spazio vuoto, spiega a Pagine Ebraiche Raz Zimmt, analista israeliano esperto di Iran. Preparano il terreno a quando Khamenei non ci sarà più e sgomberano il campo da qualsiasi avversario futuro. Per questo la lista dei candidati alle prossime elezioni presidenziali in Iran, fissate per domani, si è assottigliata sempre di più. Tra i sette ammessi dal Consiglio dei Guardiani vi era solamente un politico di area "riformista". Ma il 16 giugno Mohsen Mehralizadeh ha annunciato di essersi ritirato. E la strada per il grande favorito, Ebrahim Raisi, capo dell’apparato giudiziario, sembra spianata. In un’atmosfera però di grande disillusione da parte degli iraniani, che speravano con Rohani in un miglioramento delle proprio condizioni. Con il cambio al vertice, poco cambierà per Israele, evidenzia Zimmt, perché comunque a tirare le fila sarà sempre Khamenei. “Sarà lui a decidere ad esempio se si potrà siglare un accordo sul nucleare” evidenzia l’esperto israeliano, che si occupa di Iran per il prestigioso Institute for national security studies. 

Qual è l’atmosfera che si respira in Iran alla vigilia di queste elezioni?
Fondamentalmente c’è un senso di disperazione. La gente non vede davvero il senso di andare a votare. Le elezioni lì non sono mai state pienamente libere e democratiche. Ma direi che questa è la prima volta in cui non c’è alcun tipo di competizione. Hanno deciso di squalificare non solo la maggior parte dei candidati, ma anche funzionari iraniani conservatori di alto rango come Ali Larijani. Di fatto hanno spianato la strada a Raisi verso la vittoria. Tutto questo aumenta il senso di frustrazione dei cittadini iraniani, già profondamente delusi dalla cattiva gestione dell’attuale presidente Rohani. 

Ci sono segnali che questa frustrazione si trasformi in manifestazioni contro il governo?
No. In realtà, non prevedo manifestazioni. La situazione è diversa dal 2009, quando c’era un senso di speranza e aspettative che qualcosa potesse cambiare. La gente aveva votato per i riformisti e, usciti i risultati, si era accorta delle manipolazioni elettorali. La speranza allora si era trasformata in grandi proteste di piazza. Oggi, purtroppo, non ci sono più aspettative o speranze. L’obiettivo delle manifestazioni, che ci sono, non è più il cambio del processo politico, ma il miglioramento della situazione economica. E penso che manifestazioni di questo tipo, vista la condizione del paese, proseguiranno.

Con un nuovo presidente cambierà qualcosa sul fronte delle trattative per trovare con gli Stati Uniti una nuova intesa sul nucleare? 
Le decisioni riguardanti la politica estera dell’Iran in generale e la sua politica nucleare in particolare non sono decise dal presidente. Piuttosto sono in mano alla Guida Suprema Khamenei e al Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale. Quindi, se Khamenei vuole davvero tornare alla via del JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action), non ha molta importanza chi sia il presidente. 

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LA CERIMONIA 

Avvocati espulsi nel '38, la ferita e il ricordo
Memoria nel nome di Giacomo Levi Civita

Oggi il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Padova, alla presenza delle autorità giudiziarie e cittadine, nonché della Comunità ebraica, ha dedicato un busto a Giacomo Levi Civita, già presidente dell’Ordine ma anche sindaco, senatore e difensore di ideali di conoscenza e libertà.
Il busto è stato posizionato all’interno della sala conferenze della sede dell’Ordine, nel tribunale di Padova. Inoltre, vicino all’aula della Corte d’assise, è stata posta una targa a memoria dei 15 avvocati radiati dalle leggi antiebraiche nel 1939.
In questo modo, è stato spiegato, l’Ordine intende riparare a una ferita dolorosa della propria storia riportando alla memoria dei propri iscritti quanto avvenuto anche a Padova, in un passato non troppo lontano. “Quei nomi sono stati cancellati in virtù di leggi dello Stato, ma noi oggi dobbiamo saper riconoscere l’inganno della legalità che sottende ed interessi personali e di parte”, spiega il presidente dell’Ordine degli avvocati Leonardo Arnau.


“Ricordiamo che nei regimi totalitari avvocati e giornalisti sono i primi ad essere eliminati in virtù del loro messaggio di libertà e uguaglianza, siamo convinti che non debba scendere l’oblio su questi avvocati e siamo altresì sicuri che deve risuonare forte il monito ‘mai più'”. Gianni Parenzo, presidente della Comunità ebraica: “La memoria della storia ci porta con dolore alle leggi razziste in cui maestri e maestre, professori, docenti, avvocati vennero cancellati dagli albi, nel silenzio della società civile e degli intellettuali dell’epoca che addirittura giustificarono questa decisione: una decisione dolorosa che tutti noi ebrei abbiamo vissuto sulla nostra pelle”.

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PAGINE EBRAICHE GIUGNO 2021

Leo Strauss, una filosofia in esilio

“Un ortodosso decisamente ateo”. Così nel 1952 da New York Hannah Arendt scrive di Leo Strauss, suo collega alla New School, al vecchio maestro Karl Jaspers, che in Germania ha appena terminato di leggere La critica della religione in Spinoza, che Strauss aveva pubblicato a Berlino nel 1930, libro che inaugurò la sua difficile carriera di “filosofo in esilio”. L’apparente ossimoro della Arendt ben coglieva il nodo centrale di questo raffinatissimo pensatore, che dissimulò il suo ebraismo dietro lo studio dei classici greci e latini (Platone e Senofonte anzitutto) e che, di contro, cercò ostinatamente la filosofia negli classici del pensiero ebraico (Maimonide, Yehudà HaLevi, Moses Mendelssohn) arrivando alla conclusione, a suo giudizio filologicamente certa, della totale inconciliabilità tra la sfera della Torah, ossia Gerusalemme, e la sfera della ricerca razionale, incarnata da Atene.


Si tratta di dissidio profondo, che Strauss ha triangolato come rapporto dialettico continuo e inquieto tra filosofia, politica e religione; ma che resta un rapporto fecondo sebbene la modernità tra XIX e XX secolo lo abbia soffocato con lo storicismo, ossia il relativismo interpretativo, che è la ‘bestia nera’ contro cui Strauss ha lottato la sua intera vita, nelle tappe del suo esilio: da Berlino a Parigi, da Londra a New York, e negli anni del ‘successo’ negli Usa da Chicago ad Annapolis. Carlo Altini, storico della filosofia e massima autorità mondiale negli “studi straussiani”, non poteva scegliere titolo migliore per la di lui biografia intellettuale. 

Massimo Giuliani

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IL CONFERIMENTO DELLA CITTADINANZA ONORARIA ANCHE SUI CANALI UCEI

Assisi si inchina ai Testimoni della Shoah:
"Memoria è anche responsabilità"

“Con la propria testimonianza di vita contribuiscono ogni giorno a coltivare la fraternità, per costruire un futuro fatto di collaborazione e difesa dei più deboli, per crescere nel bene reciproco, per dissodare il terreno su cui cresce l’odio, seminandovi pace, per rendere il nostro Paese un luogo migliore”.
Un impegno per la Memoria e nel segno anche di una immensa passione civica quello svolto dai Testimoni della Shoah. Il Comune di Assisi ha voluto riconoscerlo nel modo più solenne, attraverso il conferimento della cittadinanza onoraria per la pace a tutti i sopravvissuti italiani ancora in vita.
Un atto “doveroso” e “sentito”, sottolinea la sindaca Stefania Proietti. E questo perché la Memoria, afferma, “deve essere, oltre che un valore per il rispetto del nostro passato, anche una responsabilità di ognuno, in primis delle istituzioni”.
La cerimonia, in programma questo pomeriggio alle 17, è stata organizzata dall’amministrazione cittadina, insieme al Museo della Memoria della Diocesi e all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Dopo i saluti del sindaco Stefania Proietti interverranno il vescovo Domenico Sorrentino, la presidente UCEI Noemi Di Segni, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi, alcuni dei Testimoni presenti. Di altri saranno letti i messaggi.
L’evento sarà fruibile in streaming. Anche attraverso il canale social e la webtv UCEI.

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LA PRESENTAZIONE A TRIESTE

Auschwitz-Roma, Israele-Roma: i due viaggi di Tosca

“Quale emozione! I bei canti patriottici sgorgano dalle nostre gole! È veramente commovente questo viaggio! Vi sono prigionieri che tornano in patria dopo 4-5-6-7 anni di dura guerra; che come me non hanno notizie da tanto tempo dei propri cari! I cuori sono pieni di gioia e di tristezza! Cosa ci aspetterà al nostro ritorno? Ritroveremo le nostre case? I nostri cari? La guerra con il suo terrore quale impronta avrà lasciato sulle nostre case? Tutto per noi è un triste punto interrogativo. L’ansia è viva in tutti, il nostro pensiero è lontano, laggiù alla cara Patria tanto desiderata”.
È il 14 giugno 1945. Tosca Di Segni Tagliacozzo si appresta a far ritorno a Roma dopo l’inferno di Auschwitz. Il desiderio immenso di riabbracciare i quattro figli Umberto, Fausto, Sergio, Armandino. Lo farà, ma non subito. Dovrà infatti raggiungerli nell’allora Palestina mandataria, il futuro Stato di Israele, dove nel frattempo sono emigrati. Non sarà però, per Tosca, una sistemazione definitiva. Le difficoltà di integrazione non mancano e il cuore, alla fine, le dice comunque Italia. E così ripartirà.
Il ritorno di Tosca. Auschwitz-Roma. Eretz Israel-Roma (ed. Zamorani), curato dalla nipote Giordana e basato su memorie e lettere di famiglia, racconta la storia di questa donna forte e combattiva. Ma è anche l’occasione, partendo da questa specifica vicenda, per affrontare snodi e scelte di un periodo complesso. Che furono di Tosca e dei tanti che intrapresero quel viaggio.

(Nell’immagine di Giovanni Montenero l’autrice all’Antico Caffè San Marco di Trieste, adiacente alla sinagoga, dove nelle scorse ore ha presentato il suo libro su iniziativa della sezione locale dell’Adei e della Comunità ebraica triestina)

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L'ITINERARIO VIRTUALE 

Memorie ebraiche, tra Arezzo e Monte San Savino

Viaggiare, stando comodamente seduti di fronte al proprio computer o smartphone, è una delle prerogative diventate usuali durante la pandemia. L’Asset, l’associazione che raccoglie gli ex allievi e i tanti amici della Scuola ebraica di Torino, ha così condiviso con un pubblico da tutta Italia un tour virtuale, guidato da Axel Castigli, ad Arezzo e a Monte San Savino. 
La visita alla bellissima città d’arte e alla piccola e vicina Monte San Savino hanno accompagnato i turisti virtuali in una vera e propria scoperta, anche più vasta e approfondita di quanto succede di norma in una visita reale, non soltanto delle bellezze architettoniche e museali delle due città toscane, ma anche delle tracce dell’antica presenza ebraica in entrambi i luoghi.

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L'APPELLO DEL RABBINO CAPO D'INGHILTERRA E DEL COMMONWEALTH

"Giochi invernali, non si resti indifferenti
davanti al massacro degli uiguri"

L'attenzione degli appassionati di sport è catalizzata, in questi giorni e settimane, dagli Europei di calcio. Più in là arriveranno, ancor più globali, le Olimpiadi di Tokyo. Occasioni di ripartenza, di ritrovata normalità. Lo sport che unisce.
Ma non è vero sport se calpesta i diritti, le persone, la dignità. Qualcosa che non tutti sembrano aver colto. Spostando l'agenda appena un po' avanti, emerge infatti che nel 2022 saranno almeno due gli appuntamenti internazionali a dir poco controversi. I Giochi invernali in programma a febbraio in Cina. E i Mondiali, sempre di calcio, che si terranno a fine anno in Qatar. Due manifestazioni da bollino rosso.
"Lo sport è tale se unisce e ispira. Facciamo sì che i Giochi invernali si trasformino in una piattaforma di solidarietà verso la popolazione uigura piuttosto che in uno strumento per distrarre il mondo dalla spaventosa ingiustizia che stanno subendo". L'appello, con riferimento al massacro in atto contro la minoranza di fede islamica, è del rabbino capo d'Inghilterra e del Commonwealth rav Ephraim Mirvis. Poche parole, un messaggio chiaro.
"Partecipare ai Giochi senza protestare contro queste atrocità sarebbe un inaccettabile atto di indifferenza" ha sottolineato il rav, che ha fatto propria la battaglia di un'organizzazione ebraica che si sta impegnando per rompere il muro del silenzio su questa drammatica vicenda.

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La sfilata delle bandiere
E così anche la Sfilata delle Bandiere a Gerusalemme è passata senza dar luogo a incidenti particolarmente gravi. Ma è bene dire subito che la Sfilata di quest’anno è stata qualcosa di molto diverso da quelle che si sono tenute in passato in occasione di Yom Yerushalayim, il Giorno di Gerusalemme dedicato al ricordo della riunificazione della città con la guerra del 1967.
Valentino Baldacci
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Spuntino – Parole d'alta quota
All’inizio della parashà di questa settimana, Chukkàt, D-o si rivolge a Mosè ed Aronne dicendo: “zot chukkàt ha-Torà” (questa è la legge della Torà) (Num. 19:2). Il Rav Chidà spiega il collegamento di questo versetto con la conclusione del brano precedente: “ve-et kodshè benè Yisrael lo techallelù ve-lo tamutu” (e non profanerete le cose sante dei figli di Israele e non morirete). 
Raphael Barki
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